Le Idee

Paventata abolizione della democrazia

Paventata abolizione della democrazia

Il candido maître à penser del Movimento Cinquestelle, visionario futurologo per eredità paterna, nei ritagli di tempo sottratti alla “roussoviana” attività di lottizzazione delle nomine delle grandi aziende di Stato, aggiunge una perla teorica al florilegio di madornali castronerie sedicenti avveniristiche che dovrebbero caratterizzare l’Eden tecnologico degli anni, e decenni, a venire: l’abolizione secca del Parlamento - la sacra Istituzione della Liberaldemocrazia garante della sovranità popolare - a vantaggio di una fantomatica ed egualitaria partecipazione delle masse all’esercizio del potere per il tramite di anonimi click su portali telematici a servizio del pubblico di utenti.

In tempi di regnante semplificazione, sarebbe forse anacronistico, magari pretenzioso, ma non del tutto inutile, tratteggiare un sunto scolastico di lungo periodo di storia del pensiero politico - dall’antichità a Tocqueville - per delineare l’approdo della civiltà occidentale alla democrazia rappresentativa, enucleandone i sui tratti istituzionali fondamentali e ricordandone le sue imprescindibili funzioni, non nascondendone peraltro limiti e difficoltà.

Che miserabile sistema politico sarebbe quello incardinato su brutali ordalie telematiche aizzate ad arte su temi immessi nell’agenda politica da oligarchie, opache e autoreferenziali, al solo fine di sviare, condizionare, suscitare subdolamente quella sola parte del corpo elettorale disposta a lasciarsi irretire in un gioco di apparente e inebriante esercizio della sovranità - mediante la brutale, rozzamente riduttiva e plebiscitaria espressione di assensi e dissensi - lontana anni luce dalla possibilità non solo di incidere nel vivo delle questioni, ma finanche di comprenderle a fondo, di renderle evidenti per l’opinione pubblica attraverso una discussione di merito complessa, ma necessaria.

Senza la mediazione di corpi intermedi capaci di dare voce a tutta la ricchezza plurale della società e al vario articolarsi dei suoi interessi; senza la presenza di partiti in grado di aggregare tali interessi e armonizzarli in una visione del paese e in una proposta di governo; senza un confronto sociale serrato tra imprenditori e lavoratori; senza l’espressione peculiare delle articolazioni territoriali della Repubblica; senza la insostituibile mediazione di una classe dirigente, inevitabilmente rappresentativa, non esisterebbe più democrazia, resterebbe solo una forma di autoritarismo demagogico.

Due facili obiezioni potrebbero essere mosse tuttavia: si tratta solo di affermazioni paradossali, di svagate e brillanti provocazioni destinate a cadere nel vuoto. Ma che cosa sarebbe accaduto se, ad esempio sotto la presidenza della Repubblica di Alessandro Pertini, un rappresentante di una forza politica presente in Parlamento avesse avuto l’ardire di dichiararsi favorevole all’abolizione dello stesso, seppur in un indeterminato futuro? E l’altra: stante la politica irreparabilmente corrotta, ogni alternativa, anche la più strampalata e irreale, acquisirebbe legittimità.

Ora, la discussione sulla “riforma della politica” deve certo poter animarsi in un contesto di libertà di espressione, ma logorare il discorso pubblico con ipotesi strampalate aliene da ogni logica di base e palesemente stridenti con lo sviluppo storico della democrazia italiana non contribuisce certo a realizzare quella trasformazione del paese decantata a parole dai movimenti populisti.

 

di Alessandro D'Ascanio

 

 

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Marchionne un uomo del popolo

 

Marchionne un uomo del popolo

Il 2 novembre 2011 mi recai presso la cappella di famiglia nel cimitero di Gissi. Tra i molti omaggi floreali notai una bellissima corona di fiori sul cui nastro era scritto FIAT_FCA. La cosa mi sorprese perché Gianni Agnelli, Umberto Agnelli e Susanna Agnelli con i quali Remo Gaspari aveva avuto rapporti di amicizia e collaborazione (Stabilimento Sevel in Val di Sangro ad esempio) purtroppo all’epoca erano scomparsi. Questo omaggio è poi proseguito sino al 2 novembre 2017. Informatomi venni a sapere che l’iniziativa era sta presa personalmente da Sergio Marchionne. Questo grande manager, il più grande capitano di industria della Italia moderna era entrato in FIAT nel 2004 quando l’azienda era in grave crisi economica ed industriale. I debiti con le banche erano notevoli, la produzione di automobili era caratterizzata da modelli antiquati, di scarsa qualità, offerti soprattutto nel mercato nazionale. Marchionne ha rivoluzionato l’organizzazione societaria, ha acquisito e riportato al successo la Crysler fondando la FCA. Maserati, Ferrari e Alfa Romeo hanno prodotto modelli ricercati in tutto il mondo. Che il merito sia esclusivamente di Marchionne è dimostrato da come le borse valori hanno reagito alla drammatica notizia della sua scomparsa. L’amministratore delegato della FCA torna in Italia nel 2004 quando Remo Gaspari è fuori dalla politica da dieci anni e la Democrazia Cristiana non esiste più. Per capire questo rapporto di stima reciproca e di amicizia bisogna fare un passo.

Sergio Marchionne figlio di un Maresciallo dei carabinieri nasce a Chieti nel 1952 e quivi frequenta le scuole elementari e medie; emigra con la famiglia in Canada nel 1966 quando il miracolo economico italiano sta arrivando a trasformare l’Abruzzo. Remo Gaspari è sottosegretario da 4 anni (allora i sottosegretari contavano) e viene percepito come un giovane leader di un partito che a Chieti otteneva nelle elezioni percentuali altissime. Marchionne conosce dai racconti del padre e in parte per i suoi ricordi la situazione dell’Abruzzo del dopo guerra. Non avendo mai reciso il cordone ombelicale con la sua terra di origine ne osserva il notevole sviluppo socio economico e valuta i meriti di coloro che hanno favorito questa rinascita. Entrambi sono mossi dalla curiosità di incontrarsi e così il giovane manager di successo e il vecchio politico che ha contribuito a questo sviluppo si incontrano, si parlano, si stimano vicendevolmente e nasce una solida amicizia. Mio padre non mi ha mai parlato di Marchionne e tutto quello che so lo ho appreso da collaboratori e amici di Remo Gaspari con cui si era confidato. La simpatia è rafforzata da quella che entrambi considerano una comune origine. Entrambi abruzzesi della provincia di Chieti, entrambi con una storia di emigrazione; Sergio infatti emigrò in Canada ove poté prepararsi culturalmente. Remo studiò in Italia con l’aiuto economico del padre emigrato. Entrambi provenienti dal popolo; Marchionne figlio di un maresciallo dei carabinieri, Gaspari figlio di un sarto e di una contadina. Entrambi ritenevano che il popolo esprime in questo paese le energie migliori ,che le proprie origini non vanno dimenticate e vanno anzi valorizzate senza cadere però nell’ideologia classista perché per distribuire la ricchezza prima bisogna crearla. Quanto al maglioncino da cui Marchionne non si separava mai Gaspari pensa che era un modo per ricordare ed onorare le origini umili della sua famiglia. Questo glielo avrà confidato Sergio? Chi lo sa?

di Achille Lucio Gaspari

 

 

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La Libia ha porti sicuri?

La libia ha porti sicuri?

 

Prima di rispondere a questa domanda che contrappone il Governo Italiano alla Unione Europea vorrei, a costo di ripetermi ,affrontare prima il problema dell’accoglienza.

L’accoglienza dell’individuo ingiustamente perseguitato è un dovere dello stato democratico. Ce lo testimonia Euripide nella tragedia Gli Eraclidi, rappresentata ad Atene nel 430 avanti Cristo. Nè la religione cristiana ,nè gli epigoni post marxisti ci hanno dunque insegnato questo comportamento “politically correct” . Nel mondo classico si parla del diritto di asilo per i perseguitati. Non si fa menzione di quelli che oggi chiamiamo migranti economici. O all’epoca non c’erano o non erano ritenuti titolari del diritto di asilo. Chi sicuramente non c’era è il bieco scafista, la nave della Organizzazione non Governativa e la cooperativa che ospita in cambio di una lauta remunerazione. La questione è morale, politica ma soprattutto pratica. Bisogna stare attenti a non fare la fine del filosofo che camminando con la testa in aria per ammirare l’armonia delle sfere celesti, non si accorge della buca davanti ai suoi piedi e ci cade dentro.

La buca ,anzi la voragine è rappresentata dai 5 miliardi di poveri presenti nel mondo . Attraverso una ben organizzata rete di trasporti che fa capo alle spiagge della Libia arrivano non solo dall’Africa, ma sia pure in numero minore, da tutto il mondo. Gli ultimi arrivi in Italia provengono anche dal Nepal dove non ci sono guerre ne persecuzioni. Per emigrare, a disposizione dei nepalesi c’è l’India ,l’Indocina, la Cina, la Russia asiatica ;sono tutti territori molto più vicini. Neanche a pensarci. La meta sono i porti italiani. E qui si presenta il problema pratico dei numeri. Tutti vogliono venire in Europa che è descritta come il paese di Bengodi dal ventre molle dove è facile entrare. Nel suo comizio a Montesilvano Salvini (ma sarà proprio così?) ha detto che alcuni africani ospiti di un albergo hanno inscenato una manifestazione bloccando una strada perché nelle stanze del loro albergo i televisori non erano forniti di Sky. Questo per dimostrare le false aspettative da cui sono motivati.

E’ evidente che la migrazione non può essere la soluzione; è necessario un impegno mondiale ma l’ONU che è costituito da circa 200 nazioni parla molto e fa poco o niente. L’Europa deve avere una visione comune. La soluzione non può essere il blocco della via turca e delle frontiere con la Grecia e l’Italia ,tanto quelli vengono dal mare ,che se la vedano loro. Bisognerà stabilire su basi scientifiche esaminando le condizioni geografiche ,demografiche e politiche quanti altri se ne possono accogliere oltre quelli già arrivati, perché fossero anche tutti tutelati dal diritto di asilo un miliardo di persone (naturalmente è una iperbole) qui da noi non possono starci. E quando si dice calcoliamo il numero intendo dire il numero che può essere accolto in termini economici sostenibili ,che si può impiegare con regole corrette, e che possano essere culturalmente integrati . Tutti noi rifiutiamo il razzismo ma il multi culturalismo è un’altra cosa. Questa Europa si fonda sui valori filosofici, culturali e giuridici del mondo classico; ha radici profondamente cristiane. La libertà, la democrazia rappresentativa, il libero mercato , la libertà di parola e di opinione, la parità di genere, la laicità dello stato. Non siamo disposti a rinunciare a questi valori; per noi la sottomissione della donna, la infibulazione, la supremazia della religione sulla legge, la poligamia non sono valori multiculturali, sono disvalori. La indeterminazione di Eisenberger è valida per la fisica quantistica in cui non si può sapere come si muove e dove sta una molecola di gas in un dato momento; si può solo sapere dove potrebbe statisticamente essere. Per i valori morali la indeterminazione dei multiculturalisti è un pericolo.

I paesi di Visegard fanno i furbi e mettono le mani avanti ma alla lunga potrebbero avere ragione loro. Una redistribuzione allevia la insostenibile condizione dell’Italia ma se non si metterà un freno la situazione sarà peggiore per tutti perché gli scafisti non si fermano davanti a nulla. Sono loro che li mettono su imbarcazioni insicure allestendo gli equipaggi anche con donne e bambini per creare maggiore disagio morale fondandosi sul nostro desiderio di evitare tragedie. La Repubblica Ceca ha parlato del metodo Australia. In cosa consiste questo metodo? Anche in quei mari c’era una organizzazione di scafisti che però è stata sbaragliata. Stabilito che in Australia si entra solo per via legale è stato sufficiente respingere qualche barcone, avvertire nei luoghi di imbarco che l’arrivo clandestino era impossibile e potenziare le ambasciate nei paesi da cui legittimamente si può presentare domanda di immigrazione ,che l’organizzazione degli scafisti si è dissolta per mancanza di clienti

Basterebbe per qualche tempo riportare tutti in Libia (migliorando la condizione di permanenza temporanea), render noto nei paesi di origine che la strada illegale è impercorribile mentre ci saranno quote annuali di accoglimento delle richieste di immigrazione. E’ una cosa possibile? E’ una cosa che si può fare ma non ci credo neanche se la vedo. Troppi sono gli interessi economici, troppi questi fiumi d’oro che dovrebbero essere inariditi.

Non è la prima volta che l’Europa cade sotto i colpi dei barbari. Per risollevarsi dopo Odoacre ci sono voluti mille anni. Dovremmo tutti pensare al futuro lontano dei nostri pronipoti; invece pensiamo all’arrivo di Cristiano Ronaldo ,ma forse è meglio così.

 

 

di Achille Lucio Gaspari

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Il Merlo di Repubblica ha fischiato ancora

 Il merlo di repubblica ha fischiato ancora

Francesco Merlo deve avere una ossessione per Salvini. Molti di noi hanno visto il film “Lui è tornato”,ci ha fatto sorridere e ci siamo divertiti perché Mussolini non può tornare ed è assolutamente improbabile che compaia un suo emulo. Forse Merlo non la pensa così e se avesse visto il film potrebbe aver avuto incubi notturni in cui “Lui” gli stazionava ai piedi del letto con la faccia di Salvini

La storia della nave Diciotti ha stimolato i suoi timori e nell’articolo di ieri su La Repubblica paragona Salvini ad uno schiavista che anela vedere tutti i negri incatenati dal momento che si era augurato che coloro che avevano commesso reati fossero ammanettati D’altra parte si sa che Salvini è un razzista ed uno schiavista. E’ notorio che i suoi antenati facevano commercio di schiavi e lui continua la tradizione di famiglia. Una considerazione però va fatta; gli schiavisti andavano a prendere la gente di colore in Africa e la portava nel proprio paese per sfruttarne il lavoro. Salvini invece è uno schiavista alla rovescia; vuole che gli abitanti dell’Africa se ne stiano a casa loro e siano aiutati dove si trovano e questo per la semplice ragione che è il modo migliore per aiutarli. Coloro che guadagnano meno di due dollari al giorno sono nel mondo 5 miliardi e il loro numero cresce. Non c’è modo di ospitarli ed aiutarli tutti qui da noi ;l’unica opzione valida è sostenerli nei loro paesi. Merlo ipotizza che la storia delle minacce è tutta una invenzione, un bel trucco per portare indisturbati in Italia queste persone con un bel marameo al Ministro dell’Interno.

Mi è appena entrata nell’orecchio una pulce che mi dice: chi favorisce il trasferimento di queste persone in Italia non aiuta per caso i trafficanti di uomini? E questi trafficanti sono dei buoni samaritani o sono i nuovi schiavisti? E queste persone una volte arrivate da noi che fine fanno? Per alcuni che trovano lavoro o che stanno in albergo a guardare la televisione ce ne sono troppi che vengono sfruttati dalla delinquenza organizzata autoctona e straniera nel lavoro nero, nella prostituzione e nel traffico di droga.

Chi parla in favore dei porti aperti e della accoglienza generalizzata potrebbe inconsapevolmente favorire questi sporchi affari.

 

di Achille Lucio Gaspari

 

 

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Conviene cambiare il nome all’Università di Chieti?

Conviene cambiare il nome all’Universita’ di Chieti?

 

Essendo stato professore nell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti penso di aver titolo per entrare nella discussione sull’opportunità di modificare il nome di questa università.

Conosco il rettore Caputi da tantissimi anni, lo stimo e ne sono amico; dissento però sulla sua proposta. La motivazione del cambio del nome consisterebbe nel fatto che ampliandone i riferimenti geografici sarebbe più facilmente riconoscibile dalle istituzioni straniere. La parola Adriatico è troppo generica; se ne potrebbero fregiare anche le università di Bari ,Ancona e Trieste. Il nuovo nome: Università Gabriele D’annunzio dell’Adriatico Chieti-Pescara è davvero un po’ troppo lungo ,non facilita certo il ricordo mnemonico. Il punto però è un altro; una università diviene nota nel panorama accademico internazionale per l’eccellenza degli studi che vi si praticano, per la qualità della ricerca scientifica, per la notorietà dei suoi docenti; non c’è altro modo per farsi conoscere ed apprezzare. Il nome è un elemento del tutto secondario.

Il rispetto della tradizione non lo meritano soltanto le istituzioni fondate nel medioevo. Le università abruzzesi, sia pur nate dopo la metà dello scorso secolo, hanno rappresentato uno straordinario volano per la crescita culturale ed economica della regione, risultato conseguito con una storia gloriosa.

La Università Gabriele D’Annunzio di Chieti è nata come libera università con il contributo del Comune e della Provincia. In strutture approssimative si sono impegnati docenti di grande livello, i comitati che hanno preceduto la costituzione delle facoltà erano costituiti da insigni maestri, e i Presidi delle neo costituite Facoltà sono stati personaggi indimenticabili come il preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia Francesco Antonio Manzoli . Per sette volte la legge di statizzazione fu portata in parlamento da parlamentari della Democrazia Cristiana con la forte opposizione del Partito Comunista. Alla fine questa università che aveva sedi a Chieti, Pescara e Teramo divenne una università statale e come l’Università dell’Aquila si giovò di una legge che riservava particolari risorse alle Università di nuova istituzione. E’ una storia di difficoltà e di delusioni ma anche di grande impegno e di grandi speranze, coronata alla fine da un notevole e meritato successo. Il suo nome, Università Gabriele D’Annunzio di Chieti è scolpito nel cuore di quanti ci hanno lavorato e studiato. E’ un nome noto, apprezzato e rispettato nel mondo accademico nazionale e internazionale. Mantenersi ancorati all’attuale denominazione non è per me una questione di miope campanilismo e ed infatti non sostengo che si debba nella denominazione citare solo Chieti perché è stato Municipio romano e sede ,al tempo di Augusto, della III legione. E’ solo una questione ,caro Magnifico, di amorevole rispetto di una storica tradizione che merita di essere conservata.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

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Chi per primo rompera’ il contratto?

Chi per primo rompera’ il contratto?


Il codice civile definisce in modo preciso l’ istituto giuridico del contratto. Si tratta di un accordo tra due soggetti che perseguono interessi diversi e che trovano su alcuni aspetti degli interessi comuni su cui accordarsi. Visto che in questi giorni se ne parla, un esempio è quello del contratto tra la Juventus e Cristiano Ronaldo. La prima ha interesse a servirsi delle prestazioni sportive del giocatore e quest’ultimo a ricevere un compenso per le sue prestazioni che ha come termine quattro anni. Quasi tutti i contratti hanno infatti un termine temporale. Movimento 5 stelle e Lega non sono alleati; hanno ideologie diverse e il loro bacino elettorale differisce per tessuto sociale e localizzazione geografica. La Lega ha a lungo governato con il Centro Destra in posizione subalterna a Berlusconi. Il movimento 5 stelle ha come obiettivo di governare da solo. Il contratto ideato da di Maio ha lo scopo di consentire ai 5 stelle di governare e alla Lega di affrancarsi dalla tutela di Forza >Italia. Entrambe le forze politiche devono realizzare almeno parte delle proprie promesse e subdolamente ostacolare l’altro contraente a realizzare le proprie. Tre sono i capisaldi della Lega: una nuova legge sulla legittima difesa che non costa nulla ma produce pochi voti, la questione migranti che fa addirittura risparmiare e produce tantissimi voti e la flat tax che produrrebbe tantissimi voti ma costa molto. Per i 5 stelle le realizzazioni elettorali sono molto costose ,a cominciare dal reddito di cittadinanza che non può essere realizzato con fondi europei. Salvini ha iniziato in modo deciso con la questione dei migranti e nei sondaggi i suoi consensi sono lievitati. Di Maio è passato al contrattacco con il Decreto Dignità che va incontro ai suoi elettori e penalizza quelli della Lega, ma l’attacco più devastante è quello esploso nelle ultime ore sul problema dei migranti. Qui non si tratta di posizioni ideologiche; basterebbe entrare in un bar e sentire come la pensa la gente su questa questione. E’ proprio questo strumento di consenso che i 5 stelle vogliono distruggere. Così ieri una nave della guardia costiera va a prelevare una settantina di migranti provenienti da paesi dove non ci sono ne guerre ne persecuzioni da un rimorchiatore italiano e li porta in Italia. Nel frattempo la ministra della Difesa dichiara che i porti devono stare aperti e che le navi delle ONG svolgono un lavoro meraviglioso. E’ come se Ronaldo volesse incamerare lo stipendio mensile ma accampasse in continuazione malesseri immaginari per non scendere in campo. La cosa non potrà andare per le lunghe ma chi ha più remore a rompere sarà Di Maio che teme la concorrenza di Fico. La lega invece è compatta dietro Salvini. Sarà quest’ultimo a far saltare il banco quando le circostanze saranno a lui più favorevoli.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

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Salvini e i soldi della Lega

Salvini e i soldi della Lega

Tutti noi, che purtroppo non siamo ragazzi, ci ricordiamo bene i deputati della Lega Nord che agitavano il cappio in parlamento mentre il pentapartito si sfaldava sotto i colpi di Mani Pulite .Non gridavano allora che la democrazia era in pericolo. Al contrario chiedevano una simbolica pena capitale per i rei e ,visto che la Magistratura facendo il suo dovere stava sgombrando il campo davanti a loro e a Forza Italia, erano ben contenti di quella inchiesta. Ora però non accettano che la Cassazione sentenzi la restituzione dei soldi sottratti allo Stato dalla lega di Bossi. Gridano all’attacco contro la democrazia e vogliono essere ricevuti dal Capo dello Stato. Ritengono questo attacco ancora più grave perché volto ad eliminare il primo partito. Qui, cari amici non ci siamo; voi siete il terzo partito politico, primo solo nei sondaggi di adesso, e attenzione perché se continuerete a fare errori di questo tipo ,il primo posto alle elezioni lo vedrete, come diceva mia nonna, con il binocolo alla rovescia.
Mi meraviglio del saggio ed accorto Salvini che le distanze da Bossi (queste cose erano note da tempo) le avrebbe dovute prendere prima del 4 marzo invece di riportarlo in Parlamento. Dovrebbe anche esortare il ministro Centinaio a non servirsi di argomenti in passato usati ed abusati da Berlusconi. E poiché ho nominato Centinaio, ciò che si deve restituire allo Stato non sono bruscolini ma centinaia di migliaia di euro, per la precisione quarantanove milioni.
Il partito del segretario Salvini si appresta a cambiare nome. Non più lega Nord per la secessione della Padania ,ma semplicemente Lega. Se questa modifica è conseguente al cambiamento degli obiettivi politici del partito che da forza regionale mira a trasformarsi in una forza nazionale, ben venga questo nuovo nome. Se invece si trattasse di un trucchetto da avvocato Azzeccagarbugli per evitare la dovuta restituzione ,allora non ci siamo.

Caro Salvini, hai chiuso i porti e hai fatto bene ,ora apri il portafoglio (della Lega) e restituisci allo Stato questi denari che appartengono a tutti noi.

di Achille Lucio Gaspari

 

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Le capacita’ oratorie di Salvini e l’omelia del parroco di Villa Rosa

Le capacita’ oratorie di Salvini e l’omelia del parroco di Villa Rosa

Ognuno di noi dovrebbe esprimere giudizi solo su argomenti di cui ha competenza; nessuno mi negherebbe, io penso ,il diritto di valutare le capacità di un chirurgo ;poiché al giorno d’oggi si dice che uno vale uno e chiunque può parlare di qualunque cosa, pur non essendo né un retore né un oratore voglio cimentarmi nel valutare le capacità oratorie di Salvini. Qualche esempio di buon oratore l’ho anche avuto. Remo Gaspari era ritenuto un ottimo oratore politico e dava il meglio di se nel dibattito e nel confronto di opinioni ove portava la sua esperienza di avvocato penalista.

Salvini lo ho sentito spesso tenere comizi e discorsi nel parlamento italiano e in quello europeo e ho valutato molto positivamente le sue capacità. Mi ha colpito in modo particolare la sua presenza martedì sera ad una trasmissione tele visiva su la 7. Come si dice a Roma “lo avevano messo in mezzo” due giornalisti di sinistra che seduti ai suoi lati lo tempestavano con domande di stampo accusatorio dove le affermazioni più graziose erano se si sentisse responsabile delle morti per annegamento che si verificano tra i migranti clandestini. Tranquillo, sorridente, non ha mai perso la calma e ha replicato con precisione e con dovizia di argomenti. Un linguaggio chiaro e diretto ,un modo di porgersi sicuro ma mai altezzoso e presuntuoso ,anzi simpaticamente alla mano. L’effetto sugli ascoltatori non prevenuti deve essere stato dirompente. Se la trasmissione era stata concepita per metterlo in difficoltà, visto l’esito, gli organizzatori si saranno morsi le mani. Certamente aveva la forza della logica e della verità, però quando uno ha ragione i suoi buoni argomenti deve saperli esporli con efficacia e Salvini lo ha fatto egregiamente.

Don Federico il parroco di Villa Rosa nella sua omelia ha espresso a riguardo dei migranti le sue convinzioni che sono quelle della dottrina cristiana; è il suo mestiere e ha fatto bene a parlare così. Poiché siamo in uno stato laico avrebbe dovuto risparmiarsi di dare consigli e proferire ammonimenti al Ministro dell’Interno che intelligentemente non se l’è affatto presa perché ben sa che Gesù disse-date a Cesare quel che è di Cesare. Il nostro caro reverendo ha anche esortato i fedeli ad accogliere in casa la mendicante che era alla porta della chiesa più che a darle qualche euro. E’ questa la vera accoglienza! Poiché l’esempio vale più della parola ,sarebbe una bella notizia se apprendessimo che ad ospitarla ha provveduto lui stesso.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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Le parole di Fico sulle Ong

Le parole di Fico sulle Ong

Narra Virgilio nell’Eneide che i Greci finsero di ritirarsi dalla guerra e lasciarono sulla riva del mare un enorme cavallo di legno nel cui ventre era nascosto un gruppo di valorosi guerrieri. I Troiani ritenendolo un dono per gli dei decisero di portarlo dentro la città; l’unico che si oppose fu Laocoonte che pronunciò la famosa frase”timeo Danaos et dona ferentes” non mi fido dei Danai (greci) anche quando portano doni.

Fico ha elogiato lo straordinario lavoro di salvataggio delle navi delle ONG e ha esortato ad aprire a loro i porti . Io come Laocoonte non mi fido e cerco di spiegare il perché. Il trasporto dei migranti in Italia nel 2017 ha fruttato ai trafficanti circa un milione e mezzo di euro. A questa cifra vanno aggiunti i cinque miliardi che ogni anno l’Italia spende per il mantenimento dei rifugiati. Questi soldi finiscono nelle tasche delle cooperative di assistenza e i 35 euro per assistito devono essere ben remunerativi se Buzzi(uno dei capi di mafia capitale) in una intercettazione dice che questo affare è più remunerativo del traffico di droga. Un buon tornaconto lo devono avere anche le organizzazioni di assistenza laiche e religiose e anche i proprietari di quegli alberghi che così mantengono tutte le stanze occupate 365 giorni all’anno. E non finisce qui perché le organizzazioni malavitose sfruttano il lavoro di queste persone nel lavoro nero, nel traffico di droga e nello sfruttamento della prostituzione .Le navi delle ONG hanno contribuito ad incrementare questi guadagni trasportando in Italia nel 2017 circa 47.000 persone con un ulteriore aumento di ricavi per i trafficanti di circa quattrocentomila dollari soltanto per l’incremento del numero dei clandestini ,ma in realtà il vantaggio per i trafficanti è molto maggiore. Precedentemente dovevano procurarsi delle barche in grado di navigare sino alle coste della Sicilia senza la possibilità di recuperarle. Con l’ausilio delle navi delle ONG che si fanno trovare al limite delle acque territoriali libiche acquistano a poco prezzo gommoni di fabbricazione cinese con motori poco potenti e imbarcano poco carburante. Dopo il trasbordo recuperano motori, gommoni e salvagenti da riusare in un successivo viaggio. Tutti noi vorremmo non vedere più immagini di naufragi e la presenza di queste navi non solo è uno stimolo per aumentare gli imbarchi ma una causa di maggiore pericolosità per i migranti. I trafficanti utilizzano mezzi insicuri stipandoli all’inverosimile senza alcun rispetto per la vita umana sapendo che questi mezzi devono navigare solo per poche miglia; quando il Procuratore della Repubblica di Catania iniziò a svelare i sospetti rapporti tra trafficanti e ONG fu furiosamente attaccato da molti politici, taluni anche con responsabilità di governo. Forse era stato toccato qualche nervo scoperto. Certamente non tutti i Danai celano insidie e la maggioranza dei buonisti è sincera di cuore ,ma come disse Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina. Io spero però che per punire il mio peccato non sorga dal mare un gigantesco serpente per divorarmi, come accadde a Laocoonte.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

 

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Chi ha vinto e chi a perso a Bruxelles

Chi ha vinto e chi a perso a Bruxelles

Prima di esaminare i risultati della riunione tenutasi a Bruxelles con la partecipazione dei 28 stati della Unione Europea vorrei commentare le parole pronunciate recentemente in una trasmissione televisiva da Giachetti ,esponente PD sconfitto dalla Raggi nella competizione per l’elezione a sindaco di Roma.

Giachetti ha detto-trovo che sia profondamente immorale la distinzione tra chi fugge dalle guerre e chi fugge dalla fame; i nostri emigranti infatti fuggivano dalla fame- Rischio di ripetermi ,ma è sempre una questione di numeri. Se i clandestini fossero pochi e fosse possibile accoglierli ed integrarli tutti si potrebbe evitare di fare questa distinzione che è prevista dai trattati internazionali. Poiché i numeri sono elevati e coloro che hanno diritto alla protezione internazionale sono solo il 7% dei richiedenti asilo, questa distinzione è giusto farla. Se a fuggire da guerre e persecuzioni fossero decine di milioni di persone ,la distinzione non avrebbe più senso ;in una casa dove vivono dieci persone se ne potrebbero ospitare due o tre in più, ma una volta saturati i posti disponibili si dovrà cercare un’altra casa. In altre parole non è possibile che tutti coloro che vogliono abbandonare l’Africa e in minor numero l’Asia, abbiano come destinazione soltanto l’Europa .Il paragone con i nostri emigranti è inaccettabile ed offensivo. Noi abruzzesi abbiamo in tantissime famiglie il ricordo di parenti emigranti e sappiamo bene la lunga e difficile trafila per essere ammessi in paesi immensi e semi disabitati come il Canada ,l’Argentina e l’Australia dove hanno duramente lavorato. I clandestini economici ,quelli fuggiti per fame, sono graditi ospiti dei nostri alberghi e si godono rilassati le trasmissioni televisive; i nostri emigrati invece lavoravano nelle miniere di carbone e in 136 persero la vita nel disastro di Marcinelle l’otto agosto 1956.

Veniamo ora alla riunione di Bruxelles; chi ha vinto? Sicuramente i paesi del gruppo Visegard che hanno ottenuto che i ricollocamenti si facciano solo su base volontaria e i paesi del Nord che hanno ottenuto che gli accordi di Dublino non si toccano e se ne riparlerà in seguito purché la decisione venga presa all’unanimità. Anche alla Francia non è andata male perché i Centri di Identificazione e Ricollocamento saranno realizzati nei paesi che accettano di ospitarli e comunque questi paesi sono quelli di primo approdo come l’Italia mentre la Francia non lo è. La Germania ha pareggiato perché ha ottenuto uno stop ai movimenti secondari e ha espresso l’esigenza di rinviare nei luoghi di primo approdo ,che è quasi sempre l’Italia ,quelli ora presenti in Germania. Per ora Conte ha detto di no ma sino a quando manterrà questa posizione negativa? Non è un mistero che sotto l’imput di Di Maio il nostro Presidente del Consiglio si appresta a chiedere fondi europei da utilizzare per il reddito di cittadinanza. Ci aspetta quindi un “do ut des” che in questo caso va tradotto come “ se me li dai(gli euro) me li riprendo(i migranti sbarcati in Italia che ora sono in Germania)”? L’Italia ha ottenuto solo enunciazioni di principio e cambiali su cui è scritto pagherò ma non è scritto quando. Secondo voi quindi chi ha perso? Mi pare evidente. I successi il Governo li ha ottenuti quando ha fatto da solo costringendo con le sue decisioni a far aprire i porti di Malta e della Spagna. Se si desiderano altri successi bisognerà continuare a fare da soli. Per il nostro Paese ,sulla questione dei migranti clandestini, l’Europa non esiste.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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