Le Idee

Dalle mele all’internet del futuro: il computer quantistico

 Dalle mele all’internet del futuro: il computer quantistico

Due delle più grandi rivoluzioni scientifiche del XX secolo sono state la meccanica quantistica e la teoria dell’informazione. La meccanica quantistica descrive la natura a livello di dimensioni atomiche ed è alla base della teoria della microelettronica, dei semiconduttori e delle tecnologie fotoniche. La teoria dell’informazione invece si occupa di informazioni e stabilisce un quadro di come queste debbano essere processate e comunicate in modo efficiente. L’unione di queste due discipline porta a quella che oggi viene chiamata Quantum Information Science (QIS).

L’articolo non è volutamente impostato sul formalismo matematico, ma si pone l’obiettivo di dare a tutti una panoramica dello stato dell’arte di questa tematica.

 

Perche’ le mele?

La mela e il concetto d’informazione sono da sempre intimamente correlate. Nella storia recente, Alan Turing, uno dei padri dell’informatica, ideatore della “Macchina di Turing” e precursore di tutti gli studi sull’intelligenza artificiale, si suicidò nel 1954 mordendo una mela avvelenata, in tono col proprio carattere eccentrico e prendendo spunto dalla fiaba di Biancaneve da lui apprezzata fin da bambino. Come tributo ad Alan Turing, la mela morsa divenne il simbolo di Apple, una delle più note case produttrici al mondo di sistemi operativi, personal computer, software e multimedia, con sede a Cupertino, nel cuore della Silicon Valley. Il nome Apple, tuttavia pose un problema legale alla società di Cupertino, che nel 1989 fu querelata per violazione dei diritti sul copyright dalla casa discografica del celeberrimo gruppo musicale dei Beatles, la “Apple Records”, anch’essa emblema di un’informazione musicale che cambiò il corso della musica.

Partendo dall’inizio, vi è innanzitutto l’associazione alla mela biblica, simbolo della conoscenza in quanto, pare contenesse, l’informazione del bene e del male. Successivamente Isaac Newton si ritrovò ad aver a che fare con una mela in caduta da un albero: un evento già osservato infinite volte, ma per Newton fu la rivelazione sull’informazione relativa alle leggi che governano la gravitazione universale.

La meccanica di Newton, infatti, può prevedere con precisione straordinaria il movimento non solo dei pianeti, ma, in maniera perfettamente analoga, di un qualsiasi altro oggetto o sistema meccanico macroscopico, purché si conoscano esattamente le forze che agiscono sul sistema in questione, è possibile, infatti, sapere, con precisione arbitraria, in ogni istante posizione e velocità della mela che cade dall’albero.

Verso la fine del XIX secolo sembrava che l'edificio concettuale della fisica fosse ormai completato. Solo alcuni fenomeni, apparentemente marginali, erano al di fuori del quadro interpretativo della fisica classica, ma il convincimento di quasi tutti gli scienziati dell'epoca era che prima o poi anche questi trovassero un’interpretazione all'interno della fisica classica. Ma non fu così: nel mondo microscopico, a livello di atomi e particelle elementari, i comportamenti fisici erano assai bizzarri ed assolutamente inconcepibili per i nostri ragionamenti razionali dettati da un’evoluzione umana basata sul riscontro dei nostri sensi verso oggetti di dimensioni visibili.

Per meglio capire questi aspetti è sufficiente “entrare nella mela” e fare un viaggio ideale al suo interno, giù verso l’infinitamente piccolo, ossia passando per la sua struttura di catene molecolari, entrando negli atomi costituenti, sino ad incontrare la nube di elettroni che circonda il nucleo di ogni singolo atomo.

Sarà possibile stabilire la posizione e la velocità in ogni istante di un elettrone contenuto nella mela, come accadeva per la mela stessa? La risposta è negativa ed il motivo è semplice: se si illumina con luce solare o artificiale una mela per vedere dove essa si trovi, non c’è problema, perché questa non si muove, ma se, a scala sub-atomica, si cerca di illuminare un suo elettrone, anche con un solo fotone, l’impatto di quest’ultimo lo fa allontanar via; in altre parole: se si cerca di determinare l’informazione sulla posizione dell’elettrone, si perde l’informazione sulla sua velocità e viceversa.

Quanto appena esemplificato prende il nome di principio di indeterminazione di Heisemberg che recita appunto: “non è possibile conoscere simultaneamente la velocità e la posizione di una particella con certezza”. È fondamentale comprendere che questa condizione di indeterminismo non è dovuta a una conoscenza incompleta da parte dello sperimentatore dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca del sistema. Il principio di indeterminazione, seppur ammesso “obtorto collo” per via della naturale propensione dell’uomo ad avere certezze, è in qualche modo ancora accettato, ma, a livello sub-atomico accadono altri due fenomeni sconcertanti: il dualismo onda-particella e l’entanglement (1). Il primo stabilisce che, mentre nella fisica classica un corpo e un’onda sono due entità ben distinte, nel mondo sub-atomico, regolato dalla meccanica quantistica, le particelle elementari, come l'elettrone o il fotone, mostrano una duplice natura, sia corpuscolare che ondulatoria.

L’entanglement è invece un fenomeno ancor più inquietante della meccanica quantistica, anche perché è stato ampiamente dimostrato per via sperimentale, e consiste nel fatto che è possibile realizzare un sistema costituito da due particelle il cui stato quantico sia tale che, qualunque sia il valore di una certa proprietà osservabile assunto da una delle due particelle, il corrispondente valore assunto istantaneamente dall'altra particella sarà opposto al primo, anche qualora le particelle fossero separate da anni-luce di distanza. Ma la mela è anche informazione: quanti bit di informazione ci sono in una mela? La risposta è relativamente semplice: la meccanica quantistica limita il numero degli stati in cui le particelle della mela si possono trovare, perciò il numero di bit racchiusi in questo frutto è dato dal prodotto del suo numero di atomi moltiplicato per pochi stati possibili per ciascun atomo. Ne consegue un numero piuttosto grande, rappresentante qualche milione di miliardi di miliardi di “bit zero” e “bit uno”: questa è la mela!

Quando un sistema fisico, come appunto una mela, è dotato di energia finita ed è confinato in una regione finita di spazio, per le leggi della meccanica quantistica esso può esistere solo in un numero finito di stati e quindi può registrare una quantità finita d’informazione, ossia di bit. Per dirla con le celebri parole del fisico Rolf Landauer: “L’informazione è fisica”.

A questo punto sorge spontanea, almeno ai fisici e ai matematici, una seconda domanda: se la quantità di informazione che ogni bit della mela registra è sempre la stessa, è così anche per l’importanza dell’informazione registrata? Indubbiamente no! Un bit che ci dice che cosa ci sia in un certo posto nel DNA della mela è molto più importante di quello che ci informa sullo stato di agitazione termica di uno dei suoi atomi di carbonio.

Ma c’è un modo rigoroso, matematico, di quantificare l’importanza dell’informazione contenuta in un bit? La risposta è affermativa perché l’importanza di un bit può essere pesata in funzione di come il suo contenuto vada a cambiare il valore di altri bit attorno a sé. Ovviamente per condurre questo tipo di analisi, indipendentemente dal fatto che l’oggetto in questione sia una mela, oppure una rete di telecomunicazioni a crittografia quantistica (2), gli attuali metodi di computazione classici basati su “bit” divengono assolutamente inefficienti in termini di tempo e risorse. Occorre allora ricorrere alla computazione quantistica, basata sugli stessi strani effetti accennati a scala sub atomica nella mela, quali dualismo onda-particella, entanglement e registrazione dell’informazione espressa in qubit (quantum bit), i cui aspetti concettuali ed implementativi saranno oggetto della presente trattazione.

 

  1. Il termine viene a volte tradotto in italiano con “non separabilità” o “intreccio”

  2. La crittografia è il metodo per rendere un messaggio "incomprensibile" in modo da non poter essere decifrato da terzi non autorizzati a leggerlo. La c.q. utilizza le propietà della meccanica quantistica, quali il dualismo onda – particella e l’entanglement.

 

Cos’è un computer quantistico?

Spiegare cosa sia un computer quantistico senza ricorrere all’uso intensivo del formalismo matematico ad esso sotteso è una sfida intellettuale impegnativa. La ragione è che il computer quantistico funziona su fenomeni di pertinenza della meccanica quantistica che, come descritto in precedenza, è quanto di meno intuitivo per noi umani. Sostanzialmente, la meccanica quantistica si distingue in maniera radicale dalla meccanica classica, in quanto non esprime mai certezze, ma si limita a esprimere la probabilità di ottenere un dato risultato da una certa misurazione. Nel nostro mondo macroscopico la fisica classica fornisce certezze sulle misurazioni e sulle osservazioni che effettuiamo, ma quando scendiamo nel microcosmo (atomi, elettroni, fotoni ed altre particelle elementari), la fisica classica va in crisi e lascia spazio a quella quantistica, basata appunto sulla probabilità e mai sulla certezza.

La teoria quantistica, dunque, non ci dice mai se il valore è “1” oppure ”0”, ma descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori: ciascuno di detti valori è abbinato a uno di tali stati ed è associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione. Un esempio semplice, ma di potente intuitività, è il seguente: se si guarda attraverso il vetro di una finestra, su di esso non si vede solo il paesaggio esterno, ma anche la propria immagine riflessa. La ragione di questo curioso aspetto è dovuta al fatto che la luce è costituita da fotoni, ossia particelle elementari soggette alle leggi della meccanica quantistica. Per quanto detto, ne consegue che i fotoni che colpiscono, dall’esterno o dall’interno, il vetro della finestra hanno una probabilità di attraversarlo, ma hanno anche una probabilità di venire riflessi. Queste probabilità determinano quindi una curiosa “sovrapposizione” di realtà, cosicché sul vetro, il paesaggio e il volto dell’osservatore coesistono allo stesso tempo nello stesso luogo. Possiamo quindi affermare che la sovrapposizione contiene tutti i possibili casi, ma non equivale ad alcuno di essi (fig.1).

Continuando con l'esempio, ad un certo punto l'osservatore deciderà di concentrarsi sul panorama esterno e farà questo mettendo a fuoco i propri occhi su una distanza maggiore, ossia egli deciderà una "misurazione" di ciò che più gli interessa, facendo "collassare" la precedente sovrapposizione d'immagini su di una precisa "soluzione" che è il panorama. Migrando questi concetti fondamentali al mondo dei computer possiamo ripetere un ragionamento analogo. Il computer “classico”, ad esempio quello impiegato per scrivere il presente articolo, appartiene ad una logica classica, dove le unità fondamentali dell’informazione, chiamati “bit” sono governati da certezze: si sa in ogni momento se un certo bit vale “0”, oppure “1” e in quale locazione di memoria esso è memorizzato. Nel computer “quantistico” tutto ciò non è possibile e, al posto dei “bit”, avremo dei “qubit”, contrazione di quantum bit, il termine coniato da Benjamin Schumacher per indicare il bit quantistico, ovvero l'unità di informazione quantistica. In particolare una particella quantistica, eletrone, fotone, etc. ha una specie di dono dell’ubiquità, fatto questo paradossale per la meccanica classica. Su questo principio si basa il qubit l’informazione può essere sia 1 sia 0 allo stesso tempo.

Questi qubit sono rappresentati dagli stati di particelle elementari, come elettroni, fotoni, etc.

Si prenda ad esempio l’elettrone: a seconda se il proprio senso di rotazione su se stesso (detto spin) sia orario o antiorario, si dice che esso ha “spin giù” oppure “spin su”. Nel mondo classico, quindi nel dominio delle nostre dimensioni, una trottola che gira su se stessa o è “spin su”, oppure “spin giù”, mentre nel mondo quantistico lo spin può essere in uno stato di sovrapposizione, ossia in una qualsivoglia combinazione delle due direzioni, per esempio il 40% “spin su” e il 60% “spin giù”. L'intero sistema è, quindi, un aggregato incredibilmente complesso di sovrapposizioni di tutte le possibili combinazioni di spin di ciascuna particella.

Procedendo per l’analogia con l’esempio della sovrapposizione delle immagini sul vetro della finestra, a differenza di un bit classico che può solo contenere l’informazione “0” oppure “1”, il qubit può teoricamente contenere sovrapposti tutti i possibili stati compresi tra 0 e 1, ossia infiniti stati. Si sarebbe così tentati di concludere che un solo qubit, almeno in linea di principio, possa tranquillamente contenere una quantità d’informazione pari a tutto lo scibile umano. In termini pratici, però, non è così, perché interviene un altro poco intuitivo principio della meccanica quantistica: quando si effettua un’osservazione (misura) su un sistema quantistico che è in sovrapposizione di stati questo “collassa” su un solo preciso valore. Va tenuto presente, infatti, che l'esito della misurazione dello stato di un qubit può essere soltanto 0 oppure 1. Quindi, dalla misurazione di un qubit, è possibile ottenere la stessa quantità di informazione rappresentabile con un bit classico.

 

La potenza elaborativa di un computer quantistico

Ma se dalla misurazione di un qubit è possibile ottenere la stessa quantità di informazione rappresentabile con un bit classico, perché si afferma che un computer quantistico è enormemente più veloce e potente di un computer classico? La risposta si percepisce iniziando a confrontare la differenza tra i registri (3) di bit classici e quelli di qubit quantistici.

Si inizi col considerare un registro classico composto da 3 bit. Un registro a 3 bit classico può contenere esattamente “uno” degli 8 diversi numeri possibili: in altre parole esso può trovarsi in una delle otto possibili configurazioni 000, 001, 010, 011, 100, 101, 110, 111. Un registro quantistico composto da 3 qubit è in grado di contenere “tutti” gli 8 diversi numeri possibili contemporaneamente in una “sovrapposizione quantistica”. Il fatto che 8 numeri differenti possano essere fisicamente presenti in contemporanea nello stesso registro è una diretta conseguenza delle proprietà dei qubit e ha delle grandi implicazioni dal punto di vista della Teoria dell'Informazione. Se fossero aggiunti più qubit al registro, la sua capacità di memorizzare informazioni crescerebbe in maniera esponenziale: 4 qubit possono immagazzinare fino a 16 numeri allo stesso tempo, e in generale N qubit sono in grado di conservare 2N numeri contemporaneamente. Un registro di 265 qubit, composto essenzialmente di soli 265 atomi, sarebbe capace di memorizzare “tutti” i possibili 2265 valori! Per tentare di capire quant’è grande 2265 valori, ossia un numero seguito da settantanove zeri, è sufficiente sapere che il numero stimato degli atomi dell’intero universo è notevolmente inferiore al suddetto numero!

Quando si rende necessario eseguire un calcolo quantistico molto complesso, composto da molti passaggi e quindi più operazioni sui registri, il vero vantaggio del computer quantistico inizia a manifestarsi: quando un registro contiene una sovrapposizione di molti numeri differenti, infatti, un calcolatore quantistico è in grado di effettuare operazioni matematiche su tutti loro contemporaneamente, allo stesso costo in termini computazionali dell'operazione eseguita su uno solo dei numeri. E il risultato sarà a sua volta una sovrapposizione coerente di più numeri. In altre parole: è possibile eseguire un massiccio calcolo parallelo ad un costo computazionale irrisorio rispetto a quello richiesto dai computer classici, che avrebbero bisogno per compiere la stessa operazione di ripetere il calcolo 2N volte o di poter contare su 2N processori paralleli. Si evince che questa macroscopica differenza di potenzialità tra computer classico e computer quantistico risiede nell’altissimo grado di parallelizzazione di quest’ultimo per via del fenomeno quantistico della sovrapposizione degli stati. Per rendersi conto della potenza di un computer quantistico si può fare l’esempio del tempo necessario per fattorizzare un numero. Per “fattorizzare un numero” n si intende trovare un insieme di numeri tali che il loro prodotto dia il numero originario n. Attualmente, per fattorizzare un numero di 300 cifre con un computer “classico” occorrerebbero alcune decine di migliaia di anni, mentre con uno quantistico sarebbero sufficienti pochi secondi. Da questo esempio si evincono le potenzialità applicative del quantum computing: crittografia, intelligenza artificiale, scienza dei materiali, farmacologia, etc.

 

(3) Nei calcolatori elettronici un registro è una piccola parte di memoria utilizzata per velocizzare l'esecuzione dei programmi fornendo un accesso rapido ai valori usati più frequentemente

 

Applicazioni pratiche

 

GOOGLE E D-WAVES SYSTEMS: nasce il motore di ricerca quantistico

Il processore quantistico a 128 qubit realizzato da D Wave Systems, non è sfuggito ai Google Labs. Ne è scaturita subito una collaborazione che ha portato alla realizzazione di un algoritmo dalle prestazioni incredibili. Il colosso di Mountain View ha affermato che un primo esemplare sarebbe già stato prodotto ed usato. Google ha rivelato che, dopo tre anni di lavoro sugli algoritmi quantistici, e sfruttando i qubit di D Waves Systems, un nuovo algoritmo è in grado di riconoscere e catalogare in maniera del tutto automatica gli oggetti partendo da immagini fisse o in movimento. Basato sulle potenzialità di accelerazione promesse dall'algoritmo probabilistico noto come algoritmo di Grover, il lavoro degli ingegneri di Mountain View, sempre in coppia con D Waves, permetterebbe velocità di ricerca e classificazione mille volte più performanti di quelle eseguite su una potente architettura di computing tradizionale. Questo risultato consente ad un'ipotetica macchina di valutare, ad esempio, un oggetto tramite una telecamera e ricercare tutti gli oggetti simili a quello registrato, addirittura di visualizzare una parte di video e ritornare tutte le informazioni circa il titolo del film, gli attorI etc, oppure visionare le riprese di una telecamera che ha registrato un reato e fornire immediatamente i dati dell'indiziato!

 

Il teletrasporto fotonico: dalla fantascienza alle reali applicazioni

È opportuno citare anche le applicazioni di comunicazione quantistica ottica Terra - spazio, in particolare tra satelliti che potenzialmente potrebbero permettere comunicazioni quantistiche su scala globale. In questo modo si supererebbero i limiti attuali della trasmissione in fibra ottica attestati sul centinaio di chilometri. Il tutto è basato sul concetto di entanglement e teletrasporto fotonico. Tale fenomeno permette di ricreare in modo perfetto, in un punto diverso dello spazio, un qubit, ad esempio un fotone, il cui stato è sconosciuto a chi deve eseguire la trasmissione. In sostanza si trasporta lo stato quantistico del primo qubit su di un altro qubit, in modo che lo stato iniziale e quello finale siano uguali, pur riferendosi a qubit diversi.

Recentemente il Politecnico della California ha annunciato di avviare una serie di esperimenti sull'ipotesi di teletrasporto di oggetti inanimati. Come spesso accade, una tecnologia nata dall'immaginazione degli autori di fantascienza (il famoso teletrasporto della serie televisiva "Star Trek") si trasforma in un campo di studio della scienza e della tecnologia. Il principio del teletrasporto è già stato testato con successo su particelle elementari e successivamente su singoli atomi. Con l’esperimento del California Institute of Technology (Caltech) si vuole ora sperimentare il teletrasporto su oggetti “più complessi”. Gli esperimenti saranno condotti dallo scienziato Darrik Chang, che tenterà di teletrasportare alcune sfere di silicio del diametro di pochi nanometri. Il sistema di teletrasporto proposto da Chang si basa sull'utilizzo della luce laser. Una singola sfera di silicio contiene milioni di atomi. Se l'esperimento di Chang andasse bene, si aprirebbe un nuovo campo di studio sulla materia e l'ipotesi del teletrasporto potrebbe diventare in futuro una realtà della tecnologia.

 

 

Conclusioni

C’è oggi molto fermento sul tema della computazione e della comunicazione quantistica, sia a livello accademico, sia a livello di implementazione e commercializzazione di sistemi di telecomunicazione quantistica. Sebbene è qui impossibile riportare in modo esaustivo tutti gli attori coinvolti, a livello internazionale. Si segnalano i gruppi di Ginevra, Vienna, Erlangen, Monaco Cambridge, Waterloo, Singapore. Anche in Italia vi è un’intensa attività in ambito accademico, molto apprezzata a livello mondiale. Non a caso infatti IBM ha riconosciuto lo “IBM Faculty Award”, un premio legato a ricerche innovative nel campo dell'Informatica Quantistica e della Scienza dei Servizi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e al Politecnico di Milano. Molto attivi anche i gruppi “Quantum Information Theory Group” presso l’università di Pavia, il “Quantum Optics Group” presso l’Università la Sapienza di Roma e l’Università di Padova. Per la parte commerciale legata alla crittografia quantistica, IdQuantique (Università di Ginevra) e MagiQ (New York) hanno entrambe in vendita un modello commerciale ormai stabile. Altre aziende, quali Toshiba e NEC, hanno progetti di sviluppo che potrebbero anche presto portare nuovi modelli sul mercato. Per l'Italia è da segnalare il laboratorio di ottica quantistica presso ELSAG (gruppo Finmeccanica) a Genova che conduce dal 2006 un progetto di ricerca e sviluppo in crittografia quantistica. Dinanzi a questa miriade di iniziative pratiche e teoriche si può ragionevolmente supporre che nel presente decennio (2011–2020) le computazioni e le comunicazioni quantistiche usciranno progressivamente dai laboratori per trovare concreta applicazione: gli operatori di telecomunicazioni dovranno quindi prestare grande attenzione a questa rivoluzione tecnologica epocale e ai conseguenti nuovi servizi a valore aggiunto che ne scaturiranno. In merito ad una previsione temporale più dettagliata sulla messa in campo delle reti quantistiche, si preferisce concludere l’articolo con una celebre ed ironica frase di uno dei padri della fisica quantistica Niels Bohr "Fare previsioni è molto difficile, soprattutto quando si tratta del futuro!" Tenendo invece conto che la presenza di questo articolo è come un pugno in un occhio all’interno della veste molto artistica ed umanistica di questa rivista, concludiamo con una celebre ed attualissima frase di Albert Einstein: “Perché questa stupenda scienza applicata che risparmia lavoro e rende la vita più facile ci porta così poca felicità? La risposta è semplice: perché non abbiamo ancora imparato a farne un uso assennato!” (da un discorso al California Institute of Technology, Pasadena, febbraio 1931). E noi aggiungiamo: dopo 80 anni, non abbiamo ancora imparato!

Figura 1

 

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Nasce il Movimento Animalista Abruzzo

 

Nasce il Movimento Animalista Abruzzo

La situazione in Abruzzo non è sicuramente drammatica come in tante altre realtà del sud Italia ma presenta molte criticità che devono essere risolte. Per quanto riguarda i cani, il fenomeno del randagismo vero e proprio interessa ancora soltanto alcune zone periferiche e montane. Nel resto del territorio il problema principale è rappresentato dai cani di proprietà, spesso lasciati vagare liberi, senza microchip e in tantissimi casi senza sterilizzazione. Questo comporta la nascita di cucciolate “indesiderate” che vengono abbandonate. Quando va bene, per gli animali, questi abbandoni avvengono nei pressi dei canili gestiti da volontari. In altri drammatici casi, i cuccioli vengono trovati in condizioni disastrose in campagna o addirittura nei cassonetti dell’immondizia. Quello che manca purtroppo è un controllo da parte delle istituzioni (asl e polizie locali) sui cani di proprietà e sarebbe auspicabile un incentivo, economico ma anche e soprattutto culturale, alla sterilizzazione quanto meno delle femmine. Sappiamo infatti che la sterilizzazione, oltre a essere l’unica “cura” per il randagismo e la piaga degli abbandoni, può essere un ottimo modo per prevenire diverse malattie gravi che possono colpire i cani, sia maschi che femmine.

Cosa succede quindi ai cuccioli abbandonati o ai cani vaganti senza microchip? Vengono, come previsto dalla legge, ricoverati presso i canili/rifugi convenzionati con i Comuni. E questa è una vera e propria nota dolente della nostra regione. Nonostante la 281/91 e la Legge Regionale prevedano che ogni Comune sia dotato di un proprio canile o convenzionato con un canile esistente, moltissimi Comuni disattendono queste norme e non prevedono né un canile di proprietà né una convenzione. In altri casi, invece, alcune amministrazioni stipulano convenzioni con canili decisamente sovraffollati (anche oltre il limite consentito dalla Legge Regionale pari a 250 cani), che non accettano la collaborazione di volontari e che in alcuni casi possiamo definire lager. Anche in questo caso è necessario un maggior coinvolgimento delle istituzioni, in particolare dei Comuni , per garantire il benessere degli animali di loro proprietà e il rispetto delle leggi a loro tutela. Non brillano per efficienza, a loro detta per mancanza di personale, nemmeno i canili sanitari gestiti dalle ASL dove si verificano troppo spesso casi di epidemie o morti sospette. In tutto questo scenario si distinguono alcuni rifugi gestiti da varie associazioni nazionali o locali, dove il benessere degli animali e le adozioni sono l’obiettivo principale, ma le strutture sono a dir poco precarie e i Comuni di riferimento non prevedono i necessari investimenti per sistemarle come invece è previsto dalla Legge Regionale.

Il vero “problema randagismo” in Abruzzo è attualmente rappresentato dai gatti. La nostra regione è in assoluta emergenza da questo punto di vista e pochissimo, se non proprio nulla, viene fatto a tal proposito dalle istituzioni e tutto viene lasciato in mano ai volontari. Anche in questo caso, il vagantismo degli animali di proprietà e la scarsa considerazione della sterilizzazione – vista da molti come “contro natura” – hanno creato e continuano a creare una situazione drammatica con decine di gattini soccorsi ogni giorno dai volontari nelle circostanze più disparate. A questo si aggiunge la pochissima disponibilità della ASL a occuparsi dei gatti, sia per quanto riguarda le sterilizzazioni sia per quanto concerne il loro soccorso. La Legge Regionale infatti, già migliorata in tanti punti grazie all’impegno delle associazioni animaliste, è ancora carente in questo senso e deve essere rivista e modificata. A rendere il tutto ancora più difficile è l’assoluta mancanza, in tutta la regione, di una struttura dove poter sistemare i felini, in particolare se bisognosi di cure, una volta recuperati dal territorio. In tutto l’Abruzzo non esiste un gattile che possa essere utilizzato dai volontari per ospitare i gatti che, per vari motivi, in alcuni casi non è possibile rilasciare in libertà.

Un’altra emergenza che sta vivendo la nostra regione in molte zone riguarda i molossoidi in generale e i pitbull in particolare. Sappiamo che spesso, purtroppo, questi cani vengono scelti dalle persone sbagliate e per i motivi sbagliati. C’è tutto un mondo di microcriminalità che si nasconde dietro la riproduzione e il commercio incontrollato di questi animali, con conseguenti ripercussioni sul loro benessere. Nel migliore dei casi, infatti, questi cani finiscono in mano a persone inesperte e incapaci di gestirli che, una volta passato l’entusiasmo del cucciolo, decidono di disfarsene e rinunciano alla proprietà, consegnando il cane al canile della loro città dove potrebbe restare a vita. In molti altri casi, questi cani vengono utilizzati per attività illecite come combattimenti, una realtà ancora purtroppo molto presente in alcune aree della nostra regione. Anche in questo caso è necessaria una maggiore attenzione da parte delle forze dell’ordine per ristabilire la legalità e tutelare questi animali.

Infine, vorrei chiudere questo intervento con una piccola nota positiva riguardo alla nostra regione, anche se forse ha poco a che fare con l’argomento di questa manifestazione. L’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise fa un ottimo lavoro per la salvaguardia della biodiversità e degli animali selvatici, tra cui lupi, orsi e cinghiali. Purtroppo però lo stesso rispetto per i selvatici non viene dimostrato dalle amministrazioni locali delle altre aree della regione. A causa dell’inverno molto rigido, alcuni cinghiali si sono riversati sulle zone costiere dove i sindaci non hanno esitato a emettere ordinanze per il loro abbattimento. Come Movimento Animalista Abruzzo abbiamo già chiesto un maggiore rispetto e l’adozione di misure alternative.

In conclusione, il Movimento Animalista Abruzzo si impegnerà a sensibilizzare e coinvolgere le pubbliche amministrazioni affinché tutelino maggiormente gli animali di cui sono direttamente responsabili (cani e gatti) e tutti gli animali selvatici presenti nella nostra regione.

 

Francesco Properzi Curti

Coordinatore Movimento Animalista Regione Abruzzo

 

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Unione dei Comuni, Di Renzo: in montagna si sopravvive unendo servizi e idee

"Unirsi per sopravvivere, avere il coraggio di uscire dall'isolamento per condividere con gli altri Comuni quasi tutto, questa non è scelta semplice ma una strada obbligata e, anche in questo modo, riducendo e tagliando tutto, riusciamo a malapena a dare ai cittadini solo i servizi essenziali". Tiziana Di Renzo, vice sindaco di Lama dei Peligni, promotrice  dell'Unione dei Comuni della vallata dell'Aventino, é una amministratrice animata da  entusiasmo e passione, ma ammette: "sono troppe le persone anziane che rimangono nei piccoli paesi, mentre i giovani vanno via in cerca di migliori occasioni di vita e di lavoro, ma ora lasciamo il paese anche le famiglie che hanno bimbi piccoli che preferiscono andare altrove dove ci sono più servizi".

Malgrado questo scenario così negativo, lei però non dispera. Cosa le da forza a resistere?

"Sono stata eletta dai cittadini e amministro un piccolo comune montano Lama dei Peligni, ma la mia esperienza è simile a centinaia di altri amministratori sparsi in Italia che vivono in aree appenniniche. La crisi ha travolto le aree interne, i Comuni se vogliono dare ancora dei servizi ai loro cittadini devono unirsi. Le esperienze fatte in altre Regioni del Nord, penso alla Lombardia, alla Toscana, che noi spesso seguiamo sia per le iniziative sul lavoro che sulla sanità, hanno fatto scelte razionali e i frutti si vedono. Anche noi abbiamo fatto questo passo ma le difficoltà sono tante, anche a poter offrire servizi di base".

Quali sono quelli che riuscite ad offrire?

"In primo luogo la scuola, perché rappresenta il futuro, senza di essa non rimarrebbe più nessuno, poi i servizi socio assistenziali, i vigili urbani associati, il servizio urbanistica e l'economato. A livello sanitario siamo riusciti ad ottenere il potenziamento del distretto sanitario, e l'arrivo di una ambulanza per il servizio di 118. Non molto ma sono le cose essenziali"

I Comuni che si sono uniti sono sette, riuscite a cooperare?

"Dobbiamo per forza, lo Stato garantisce poco, così siamo costretti a rivolgerci alla Regione e all'Unione europea dove possiamo partecipare a dei bandi. Il problema maggiore sono gli anziani e i giovani, cerchiamo di dare un aiuto ai primi e trovare una via d'uscita per i ragazzi".


Le risorse da dive arrivano?

"Sembra quasi incredibile, ma siamo fermi a tanti anni fa, ad esempio, c'è chi sfrutta il bosco, chi un poco di turismo, chi qualche attività estrattiva e minuscole realtà artigiane e imprenditoriali. Insomma poche cose mentre le uscite sono tante"

Avranno un futuro le aree montane?

"La crisi delle aree montane è evidente, ma bisogna ragionare come territori e sempre meno come singoli Comuni. Come minuscoli Municipi non riusciremo mai ad uscire dalla crisi. Il prossimo passaggio deve essere la fusione a cui si dovrà arrivare gradualmente, ma quello sarà il futuro". 

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Non solo parole in gioco

C’è una parola in giapponese Komorebi per cui non esiste una traduzione in italiano. E’ una di quelle parole che si devono avvertire con il cuore e con l’esperienza. Non si comprenderebbero altrimenti! Komorebi è la luce soffusa, leggera e sottile del sole che filtrando fra gli alberi e lungo i sentieri dà serenità, bellezza, pace, armonia. In una sola parola, tanti significati ed emozioni.
Ce ne vorrebbe un’altra specifica per riuscire a catturare le varie sensazioni del lettore di fronte ad un libro che ci “ prende”, quella voglia di sottolineare espressioni quasi ci appartenessero o che creano in noi déjà vu o ricordi di eventi che si è vissuto. Un’ unica parola capace di suggerire immediatamente la voglia di far piegoline per lasciare tracce da ricontattare non appena si finiscono i capitoli, quella sorta di effetto “Barnum” per cui ci si immedesima in un profilo psicologico generico, quell’aggrapparsi al dubbio e all’intuizione per conoscere il finale che l’autore ha pensato. Un’unica parola per racchiudere quella sensazione del tempo e dello spazio fermo mentre tuttavia scorre, perché si è assorti, perché si è presenti ma nello stesso tempo assenti, immersi nei propri pensieri, nelle proprie domande, nelle parole di altri.
Ci vorrebbe un’altra parola infine per cogliere tutte le sfumature di emozioni che intervengono quando si condivide una propria solitaria lettura con altri.
Dall’8 maggio con cadenza mensile presso la Biblioteca Comunale di San Valentino si tengono gruppi lettura. Il primo testo scelto e’ stato Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse, classico e moderno allo stesso tempo.
La storia si snoda nel medioevo leggendario del cattolicesimo monastico ma potremmo trovare le anime e gli interrogativi che lo percorrono in ogni epoca, in ogni spazio. Nella storia di forte amicizia fra il dotto e mistico Narciso e l’artista geniale e vagabondo Boccadoro vi è l’eterna lotta fra eros e logos, fra arte e religiosità alla ricerca di armonia e integrazione.
Due frasi estrapolerò dal libro per sottolineare la bellezza di questo romanzo insieme simbolico e picaresco:

« Non è il nostro compito quello d'avvicinarci, così come non s'avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento. »

« Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? »

In un gruppo lettura non si fa critica letteraria, la si può anche fare ma non è quello il fine principale. Si legge da soli e poi si condividono davanti ad un the caldo o un caffè – sono ben accetti anche dolcetti </p data-src= Leggi Tutto »

Giugno 2017: Gent. Sig. Trump

Donald Trump, eletto 45° presidente degli USA con due chiarissimi e potenti slogan “Make America great again”, “America first”, oggi, all’inizio del mese di giugno 2017, a cento anni dalla partecipazione degli USA alla prima guerra mondiale, annuncia l’uscita degli USA dai Trattati di Parigi.

Nel 2015 si tenne a Parigi una conferenza sul clima. Allora tutti i paesi partecipanti adottarono il primo accordo universale, giuridicamente rilevante, sul clima del pianeta. I governi presenti concordarono di prendere provvedimenti per limitare l’aumento medio della temperatura, e ridurre i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo John Kerry è una vergogna per gli USA essere usciti unilateralmente dagli accordi di Parigi sul clima che sono di fatto estremamente flessibili, e permettono ad ogni paese di fare i suoi piani, liberamente e senza alcuna limitazione della sovranità. A giustificazione dell’uscita dai trattati di Parigi, il presidente Trump dichiara: “Sono stato eletto dai cittadini di Pittsburgh, non da quelli di Parigi”.

La citazione di questa città della Pennsylvania mi permette di dare un taglio personale a queste riflessioni. Un secolo fa, mio nonno Silvestro Medoro insieme con i suoi compaesani provenienti da Assergi, un paesino alle falde del Gran Sasso, ed anche insieme a tanti irlandesi, in una mistura etnica molto americana, estrasse il carbone dalle miniere della Pennsylvania che fornivano la necessaria energia alle acciaierie di Pittsburgh. Il tempo è passato, sono passate due guerre mondiali, la guerra del Vietnam e l’attacco delle Due Torri.

Gent. Sig. Trump, non si è accorto di quanto tempo è passato dai tempi delle miniere di carbone, e di quante trasformazioni ci sono state a Pittsburgh? Oggi a Pittsburgh gli altiforni non ci stanno più, questa città è diventata la capitale della tecnologia medica più avanzata, a emissioni zero. La città ha votato Hillary per l’80%, e il sindaco di questa città, Bill Peduto ha dichiarato: “Come sindaco di Pittsburgh posso assicurare che seguiremo le linee guida dell’accordo di Parigi per il nostro popolo, la nostra economia e il nostro futuro.” Come lui, la città di New York, tanti sindaci, lo stato della California, numerose aziende e famosi manager.

Sig. Trump, lei, insieme a tutti quelli che lo hanno portato alla Casa Bianca, sta facendo la figura dell’ignorante ottuso, ciecamente legato a ristretti interessi di bottega, a tradizioni antiche, chiuso e impenetrabile a ogni fatto o idea che non stia già da più di 50 anni sotto il suo bel pagliaio biondo/rosso.

Mi dispiace tanto, per quarant’anni ho insegnato la lingua inglese nei licei italiani, avendo l’America come punto di riferimento principale della mia cultura nel senso più ampio del termine: lingua, letteratura, musica, spettacolo, mode. Lei vuole fare l’America grande? Faccia attenzione, se ne è capace. Cito solo un giornale americano, tralasciando quelli europei che non rientrano nella sua cultura. Business Week ritrae un’America che si specchia da sola mentre sta per essere sommersa dall’acqua. Troppo difficile per lei il mito di Narciso, forse qualche volenterosa insegnante di letteratura inglese glielo ha raccontato a suo tempo, ma lei lo ha dimenticato, anzi seppellito sotto una sontuosa eredità paterna e affari non sempre ben chiari, fonti di macroscopici conflitti d’interesse nell’esercizio delle sue odierne funzioni.

Città come New York, Washington, Montreal e Parigi si tingono di verde, non sono antiamericane, sono anti Trump. E dunque, per tanti motivi personali parteciperò con il cuore o personalmente, ove possibile, a tutte le manifestazioni contro questa sua vergognosa decisione. Non contro l’America, ma sicuramente contro Trump.

 

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D’Angelo: fotografo la vita, da Sebrenica ad Aleppo quante ingiustizie contro l’umanità

"Ogni luogo può avere il suo fascino, anche i luoghi considerati brutti possono avere una dimensione estetica, la differenza non è dove ti trovi, ma chi hai davanti, le persone, i loro volti, le loro storie, le loro voci e i silenzi  danno luce e speranza alla vita e al pianeta che abitiamo". Luciano D'Angelo, fotografo tra i più rappresentativi in Italia, un lunga carriera di reportage per il Turing club, Airone, per l'editore Conde Nast, collaboratore di National Geographic, ha lavorato per Einaudi, per Eni, Quantas, e numerose compagnie di Stato. Nel suo ruolo di fotografo si è spinto in territori di frontiera sulle orme dei Berberi, e poi in Turchia, Siria, Marocco, Etiopia, Algeria, Libia, Kudistan. "Ci sono posti dove le persone le puoi capire con un solo sguardo, quando gli occhi si incrociano c'è tutta l'umanità, la storia, i desideri, le sconfitte, la saggezza del silenzio e la forza dell'anima".

Cosa colpisce un grande fotografo come lei?

"Il mistero dell'incontro umano. I luoghi emanano storia, cultura, bellezza o decadenza. L'uomo invece è incontro, e le mie foto gravitano in questa forza magnetica della esperienza umana. Cogliere la dignità, l'etica, l'eroismo nelle piccole cose che svelano grandi gesti"

Può farci qualche esempio?

"I bimbi e le donne della Etiopia che devono fare chilometri per rifornirsi di un poco di acqua. Lo sguardo di un uomo berbero che solo con l'intensità degli occhi, del loro linguaggio mi ha fatto cogliere la fierezza, la dignità e l'eroismo di essere liberi, di aver lottato per la libertà. Da questo incontro, ad esempio, è nata una mostra: "Amazigh" che in berbero significa uomo libero. Gli incontri se sono veri ti cambiano, ti arricchiscono profondamente, io ho avuto molto".

Quali posti ha sentito più intensi?

"Alcune zone della Turchia dove sono stato dieci volte, nel Kurdistan, in punti dove il Tigri e l'Eufrate si incontrano. Una visione indimenticabile. La città di Aleppo in Siria che ho visitato tante volte, stretto amicizia con persone straordinarie, molte delle quali hanno studiato in Italia. Aleppo era una città da sogno, e oggi mi addolora profondamente vederla rasa al suolo. E, ancora, Sebrenica, dove ho conosciuto le donne che subirono violenze indicibili, sono stato loro ospite. In ogni cosa c'è il mistero della vita, della sua fragilità, della lotta, dell'ignoto, della grandezza dell'uomo, della sua forza e del suo dolore. Come fotografo per me questo è il bello, saper cogliere questa luce umana che da calore, colore, significato all'esistenza".

Cos'è la fotografia per lei?

"La foto è un viaggio verso la vita, verso la compressione dell'altro. Spesso da noi ci lamentiamo delle banalità del quotidiano mentre non sappiamo nulla dell'eroismo silenzioso di tante persone. Noi apriamo il rubinetto ed esce acqua, milioni di persone invece devono lottare duramente per averne un po' per dissetarsi. La foto è testimonianza della sfida e dei sacrifici umani".

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Violenza alle donne. Il Centro Ananke: da noi tanti casi famigliari, ma in molte si ribellano

Violenza alle donne. Il Centro Ananke: da noi tanti casi famigliari, ma in molte si ribellano


Un fenomeno sommerso, violenze che durano anni, taciute e che spesso sfociano in drammi familiari. Doriana Gagliardone, del direttivo di Ananke il centro anti violenza donne, è una veterana nel difficile cammino di incontro, e "ricostruzione del sè" di quante hanno subito maltrattamenti e poi sono riuscite ad uscire dal tunnel e rifarsi una vita, senza mariti o partner violenti.

Come è nato il centro Ananke?

"Lo sportello anti violenza è stato aperto nel 2005, subito dopo siamo diventati centro anti violenza, ossia una struttura disponibile 24 ore su 24, con delle operatrici, con la capacità di seguire da vicino chi ne fa richiesta. Molte donne si avvicinano in modo riservato e noi garantiamo l'anonimato e riusciamo a dare un sostegno per anni. Ma la donna ha sempre una piena autonomia sulla scelta che intende fare".

Dove e come si attuano le violenze?

"È un fenomeno sommerso che nella maggior parte dei casi riguarda le relazioni intra famigliari e sono il 90% delle storie che arrivano al nostro centro. La violenza si consuma all'interno della casa, il violento e maltrattante aleggia trae mura domestiche, no si tratta della violenza dello straniero, ma quasi sempre è un maltrattamento che arriva dal marito, dal compagno da un ex partner".

Cosa proponete e fate verso chi si rivolge da voi?

"Il centro segue la donna in un percorso di uscita dalla violenza  che può durare anche anni, non è semplice. Le dinamiche sono complesse. Le figure all'interno di un centro anti violenza sono diverse, ma quella centrale è l'operatrice di accoglienza che segue la storia della donna e con lei progetta, fin dove è possibile, un nuovo percorso di vita, le scelte sono fatte insieme alla donna.  Si tratta sempre di questioni delicate e intime, ma poco a poco la donna si apre e ti racconta la sua storia. Il nostro impegno è rafforzare la sua autonomia, la ricostruzione del sé e il riconoscere di avere subito violenza. Poi subentrata la  capacità di uscire fuori da una vicenda sentimentale e famigliare senza di lui".  

Dove nasce la violenza?

"La violenza è spesso frutto della cultura e dei modelli e ruoli dominanti. Non parliamo di semplici conflitti che possiamo considerare normali all'interno di una vita di coppia, ma di violenza esercita con le umiliazioni verbali, psicologiche, e talvolta con la forza. Un tunnel sempre più inaccettabile per molte donne che riescono a ribellarsi".

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Il Masterplan delle aree portuali

 

Il Masterplan delle aree portuali

Il Masterplan delle aree portuali di seguito illustrato costituisce un indirizzo di pianificazione di un contesto infrastrutturale e urbano di valore strategico per il futuro della città:

  • intanto per il ruolo economico e sociale che queste aree rivestono nel vasto sistema urbano di cui sono un riferimento, inserito nel territorio più ampio del medio adriatico;

  • per il "genius loci" identitario di luogo di incontro e di conflitto tra gli elementi naturali e quelli artificiali presenti e per la qualità infrastrutturale e dell'architettura anelate e necessarie che da sempre raccontano questo particolare territorio della costa adriatica;

  • soprattutto per lo sviluppo della cultura della sostenibilità e dell'innovazione possibile nel campo della mobilità e delle energie rinnovabili, nella direzione di una concreta "smart city".

Il Masterplan delle aree portuali contestualizza i programmi infrastrutturali previsti, e in parte finanziati, dalle istituzioni regionali e locali per l'ambito portuale della città di Pescara considerando anche la formidabile opportunità della rigenerazione delle aree dismesse dell'ex Mercato Ortifrutticolo denominato "Cofa".

Le infrastrutture progettate e finanziate dalla Regione in quest'area strategica per il futuro della città riguardano essenzialmente la realizzazione dei nuovi moli del porto canale di Pescara deviati e prolungati fino al superamento della famigerata "diga foranea" ed il collegamento, a cura dell'ANAS, dello stesso porto con l'asse attrezzato che attualmente scende fino a Piazza della Marina.

La realizzazione dei nuovi moli prevede la costruzione di una Piazza sulla riva sinistra del fiume, all'altezza della "Madonnina", in corrispondenza dello "slargo" esistente in quella zona del porto canale. Al di sotto della suddetta Piazza, il piano prevede la costruzione una vasca di laminazione del troppo pieno della centrale di sollevamento delle acque reflue del collettore rivierasco. La vasca, di circa 20.000 metri cubi di capienza, impedirà lo sversamento diretto nel fiume e poi nel mare dei reflui fognari del collettore nei giorni di pioggia e costituirà un elemento utile al concreto disinquinamento del mare. Il piano inoltre prevede la verifica della fattibilità di una seconda vasca di laminazione, di circa 50.000 metri cubi, in funzione di un pur parziale contenimento dell'innalzamento delle acque del fiume in caso di piena, attraverso la semplice copertura della porzione di canale esistente che verrà abbandonato in seguito alla realizzazione dei nuovi moli, in luogo del suo riempimento.


Risulta inoltre di sicuro interesse, ciò che è largamente prevedibile si realizzi a ridosso del molo nord del porto canale, una volta costruiti i nuovi moli. E' prevedibile infatti che nel giro di pochi anni si sviluppi, in modo completamente spontaneo e autonomo, un accrescimento sabbioso, così corposo da prolungare la spiaggia fino alla diga foranea. Il risultato sarà la creazione di un'area naturale speciale, per la sua condizione urbana, utile sia alla balneazione che alla tutela di habitat naturali di flora e fauna della costa.

Il presente Masterplan configura l'assetto definitivo delle banchine e delle barriere a mare del nuovo porto previste dal nuovo prg del porto recentemente approvato, con una leggera correzione del braccio di levante, qui configurato in modo da impedire ai venti proventi da est (il Levante, lo Scirocco, ecc.) di penetrare all'interno del bacino portuale rendendo insicuri i rientri e gli stessi attracchi.

Sul molo di levante esistente e a ridosso del muro di separazione del porto turistico con quello commerciale, invece, allo scopo di produrre energia rinnovabile e pulita, sono previsti impianti di minieolico sia di tipo verticale che di minipale. Saranno studiati per essere realizzati anche innovativi impianti capaci creare energia rinnovabile dallo sfruttamento dei flussi e dei movimenti ondosi in corrispondenza delle barriere artificiali dei moli e delle dighe foranee a mare.

Per aiutare la locale capitaneria di porto al controllo portuale e doganale, il piano prevede la realizzazione di una struttura in pilastri, travi e pareti di legno e vetro posta al di sopra del muro di separazione del porto turistico, nella sua parte iniziale.

Il resto del progetto sviluppa l'idea di un "hub" della mobilità sostenibile da realizzare nelle aree dell'ex Cofa. L'insieme delle proposte qui contenute configurano l'idea di Pescara città innovativa e intelligente.

 

 

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Fahrenheit 451

Fahrenheit 451

«Le idee non sono di nessuno» disse.

Disegnò in aria con l'indice una serie di cerchi continui, e concluse: «Volano lì in giro, come gli angeli.» da " Dell'amore e d'altri demoni"

di Gabriel Garcia Marquez

  • Tommaso, sotto le note improvvisate di un Jazz di strada, mi dice che lui non scriverà più. Ha appena finito di leggere La macchia umana di Philip Roth[1]e nulla gli sembra sia più da comporre. In realtà lo dice ogni volta che un libro, … puntualmente tatuato di caffè e tediato da mille piegoline, gli urla muto la sua anima. …Si, scriverà ancora-penso io senza dirglielo -…anche quelli che considera pezzi brutti e metriche sterili … Tutti possiamo creare bellezza. Ce ne dimentichiamo per un po’[2]ma poi l’esigenza di dire e di fare, rompe ogni proprio pregiudizio o esitazione. Poi comunque anche Philip Roth cercò di uscire dall’ impasse del suo capolavoro e ne scrisse molti altri… Zuckerman scatenato, Everyman etc etc.

    I libri, Tommaso, un pò li nasconde, un pò li passa perché altri ne conservino qualche stralcio. Ne è quasi ingordo e dopo averli letti, uno strano vezzo: scrive Fahrenheit 451 [3]sull'occhiello. Questo Montag l’avrebbe salvato!!! * Ha troppi pacchetti d'immagine da digerire e cosi mi racconta che per esempio delle città che visita, ricorda solamente alcune scritte pubblicitarie, quasi fosse Rotella[4].Di Boston ad esempio, la seguente: sei davvero te stesso quando non ti vede nessuno. Lo slogan apparteneva ad una nota marca cosmetica ma Tommaso, con la sua mania di mescolare fantasia e realtà, pensava fosse un suggerimento da salvare dal Big Brother che George Orwell aveva piazzato li a controllare la città già dal 1984[5]. La realtà non è come sembra…puntualmente sentenzia e subito si immedesima in Neo l'Eletto", in grado di decodificare i vari Matrix.[6]Concluderà la guerra contro le macchine e contro la burocrazia che ha preso il sopravvento in ogni attività dell'uomo.Combatterà contro il cinismo spietato dei potenti che uccide chi tenta di ribellarsi e i pochi che ancora riescono a sognare come in Brazil E poi immagina scegliere la vita "di fuori" per non cadere nella bruttura di chi vive dentro il mondo sicuro di Code 46.[7] Tommaso dice che si può imparare tanto dagli errori anche solo da quelli immaginati nei suoi amati libri e film. A volte però la realtà supera decisamente la fantasia!!! 

    [1] Philip Roth scrittore americano contemporaneo, ha vinto il Premio Pulitzer nel 1997 per Pastorale americana.[2] ispirato a “Sanremo beauty” di Massimo Gramellini, vicedirettore della Stampa: Che la bellezza non è solo uno zigomo, un capitello,un tramonto. La bellezza è la creatività in qualsiasi forma si esprima. Il disegno di un bambino è bello anche quando è brutto, perché nel farlo il bambino ha usato energia creatrice. Crescendo ci si vergogna di creare: si preferisce distruggere, deridere, insultare. Così si finisce per credere che la creatività sia un dono riservato a pochi eletti: gli artisti.

    [3] Fahrenheit 451 è la temperatura a cui la carta si accende per combustione spontanea e dà il titolo all'omonimo libro di Ray Bradbury. Vi si descrive una società in cui leggere o possedere libri è considerato un reato,per contrastare il quale è stato istituito un apposito corpo di vigili del fuoco impegnato a bruciare ogni tipo di volume. Montag è il pompiere protagonista che infrangendo il divieto di leggere i libri, si muoverà per salvarli.[4]. Famosi i décollages di Mimmo Rotella con la tecnica dello strappo manuale.[5] Il racconto 1984 di George Orwell illustra l'ingranaggio di un governo totalitario. Al vertice del potere politico c'è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile,che nessuno ha visto di persona. Questo libro ha ispirato anche Brazil un film del 1985 diretto da Terry Gilliam.[6]Matrix è un film di fantascienza del 1999 scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski, dove un mondo che sembra reale è solo un paravento per nascondere la realtà vera.[7] Codice 46 è un film britannico del 2003 di M. Winterbottom dove si descrive una società divisa tra coloro che vivono "dentro", nelle città ad alta densità, mentre i poveri sottoproletari vivono "al di fuori". L'accesso alla città è fortemente limitato e regolamentato.

 

 

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La processione dei Misteri di Lanciano

 

La processione dei Misteri di Lanciano

La Settimana Santa di Lanciano risale almeno al XVII secolo. All’epoca, l’Arciconfraternita Morte e Orazione (nata nel 1608, ma attiva sin dal secolo precedente con il titolo di Confraternita della Buona Morte) organizzava già la sacra rappresentazione del martirio di Cristo (Le Confraternite della Settimana Santa). Alla fine del Settecento, invece, prende forma l’odierna processione dei Misteri, che prevede la sfilata degli strumenti della Passione: l’Angelo dell’Angoscia, con calice e lancia; gli strumenti della cattura nell’Orto degli Ulivi; la colonna della flagellazione con i flagelli insanguinati; il gallo; la mano di Malco; la colonna con la corona di spine; lo straccio di porpora ed il catino di Pilato; il Volto Santo; la colonna con clamide, dadi, mantello e chiodi; la scritta della Croce con lancia, spugna e scala.

La processione si svolge il Venerdì Santo nella suggestiva cornice della città vecchia: oltre ai Misteri, affidati ai bambini, alla cerimonia partecipano anche la scultura lignea del Cristo Morto (XVIII secolo) e le statue delle tre Marie vestite a lutto: la Madonna Addolorata, Maria di Magdala e Maria di Cleofa. I basamenti su cui sono appoggiati i Misteri e le altre statue processionali (che i siciliani chiamano vare e gli spagnoli pasos), a Lanciano e in Abruzzo sono detti talami: è famosa l’omonima processione che si svolge ad Orsogna, sempre in provincia di Chieti, il Martedì di Pasqua (La Settimana Santa in Abruzzo).

La sacra sfilata lancianese è aperta dalle insegne dell’Arciconfraternita e dalla Pannarola (un vessillo triangolare nero, dalla cui cima si dipanano lunghe corde tenute dai bambini), seguita dagli oggetti della Passione. Due lunghe file di confratelli proteggono la Via Crucis dell’ignoto Cireneo e precedono il feretro del Cristo Morto e le statue delle tre Marie. La figura del Cireneo (un confratello particolarmente devoto, scelto in segreto dal Priore dell’Arciconfraternita) impersona l’immagine del Cristo sofferente con la Croce. Egli percorre le strade della città scalzo, in segno di penitenza, incappucciato e ammantato dal sacco nero. Una struggente cerimonia che è accompagnata dalle musiche sacre dei maestri Ravazzoni, Masciangelo e Bellini e impreziosita da alcuni dettagli barocchi (come le lanterne che illuminano il passo lento del Cireneo).

di Daniele Di Bartolomeo


 

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