Le Idee

Travaglio esalta i 5 stelle tenta di – travagliare Salvini –

Travaglio esalta i 5 stelle tenta di - travagliare Salvini - 

Che Travaglio sia un ottimo giornalista e che come polemista dia il meglio di se non lo scopriamo certo oggi, ma l’ultimo suo articolo apparso sul Fatto Quotidiano fa riflettere. Prendendo spunto dai recenti contrasti tra di Maio e Salvini il prode Marco compie una azione manichea. Da una parte i buoni (i 5 stelle) e dall’altra i cattivi (la Lega). Tutte le leggi proposte dai 5 stelle ed approvate sono il massimo dell’intelligenza, dell’efficienza e della moralità. Tutela leggi proposte dalla lega ed approvate sono dei favori ai delinquenti e aiuti agli speculatori. Poiché per approvare queste leggi di cui Travaglio parla sono necessari i voti di entrambi i partiti, una domanda sorge spontanea. Come mai la Lega non ha alcun merito avendo contribuito a far approvare queste meravigliose leggi proposte dai 5stelle? E come mai i 5 stelle non hanno alcun demerito avendo contribuito a far approvare queste schifose leggi proposte dalla Lega? Ma c’è di più; i buoni e i cattivi non sono solo i politici dei due partiti ma anche i rispettivi elettori. Coloro che votano 5 stelle sono degli illuminati che amano difendere gli interessi di tutto il popolo, coloro che invece nell’urna mettono la croce sul simbolo della Lega sono dei delinquenti e dei corrotti che vogliono tutelare i loro sporchi interessi. A essere generosi sono degli stupidi che si lasciano facilmente ingannare,

Sono opinioni che non condivido ma rispetto, e rispetto Travaglio anche quando va un po’ sopra le righe appellando Salvini con l’epiteto non proprio gentile di Cazzaro Verde. Capisco anche che abbia esultato alla sprovveduta azione di incriminazione portata avanti dal procuratore di Agrigento e che ci sia rimasto male quando il procuratore di Catania ha ritenuto che non essendoci nessun reato la pratica andava archiviata.

Però questi paladini della democrazia e della libertà mi devono spiegare perché sia lecito esprimere una incondizionata approvazione se ad essere attaccati sono i loro avversari politici e come mai invece se i giornalisti criticano Di Maio e company essi sono pennivendoli se uomini e puttane se donne. Minacciano pesantemente i funzionari del Ministero dell’Economia perché svolgono con indipendenza il loro compito e non si piegano ai dictat della loro parte politica.

Facciamo attenzione a tutti quelli che sono convinti di stare dalla parte del giusto e ci credono con fede religiosa. Non vorrei proprio che ci costringano, naturalmente per il nostro bene, a far proprie le loro idee.

di Achille Lucio Gaspari

 

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Democrazia e libertà di stampa

Democrazia e libertà di stampa

I giornali e i giornalisti che vivono secondo i principi dell’onnipotenza della stampa al di sopra e contro lo Stato, al di sopra e contro la Società devono sparire o piegarsi all’ordine nuovo. I giornali che lottano contro lo Stato non devono avere più la libertà di compiere la loro nefanda azione antipopolare. I giornalisti che si ritengono intangibili despoti del famigerato “quarto potere” devono deporre la penna.

Chi secondo voi ha pronunciato queste parole? Di Maio o Di Battista? Se mi dite uno dei due avete sbagliato. Queste parole le ha pronunciate nel 1930 Ermanno Amicucci, segretario del sindacato nazionale fascista dei giornalisti.

Se qualcuno si è ingannato è perché è rimasto colpito dall’attacco scomposto che entrambi gli esponenti dei 5 stelle hanno lanciato contro i giornalisti dopo l’assoluzione di Virginia Raggi.

Il sillogismo: io ho ragione perché rappresento il popolo e chi non la pensa come me commette un errore in malafede e poiché io governo e impersono il potere esecutivo dello Stato, chi non condivide le mie posizioni è contro lo Stato. Questa è la quintessenza del potere dittatoriale in uno stato totalitario. Questa dolorosa evenienza l’Italia l’ha vissuta durante il regime fascista e ora è potentemente vaccinata contro queste distorsioni del populismo; questa malattia della democrazia non può assolutamente recidivare.

Per chi ritiene che sto esagerando, vorrei ricordare che ben cinque volte il presidente Mattarella è intervenuto in difesa della libertà di stampa e da uomo moderato e prudente qual è lo ha fatto perché tirato per la giacca.

Se qualche giornalista scrive il falso e travisa le notizie ci sono i tribunali penali e civili che possono intervenire. Se un giornale anche non di partito, ha una sua linea editoriale e si colloca in una posizione critica contro il governo, contro qualche partito o contro qualche personaggio politico, ha il diritto e ritengo anche il dovere di farlo. Non accettiamo di adeguarci al pensiero unico che qualcuno vorrebbe imporci. Dobbiamo essere vigili e combattivi anche contro le parole per impedire che si passi dalle parole ai fatti.

Per ora non corriamo certo gravi pericoli, ma si sappia che la stragrande maggioranza dei cittadini ha nel cuore le parole con cui Dante descrive Catone l’Uticense dicendo “libertà va cercando che è si cara come sa chi per lei vita rifiuta”

di Achille Lucio Gaspari

 

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4 novembre 1918-2018 Cento anni dalla fine della grande guerra

4 novembre 1918-2018 Cento anni dalla fine della grande guerra

Le premesse della Triplice Alleanza.

Nel 1861 l’Italia aveva raggiunto la sua unità, ma mancava una intera regione, il Veneto passata agli austriaci con il trattato di Campoformio. La Prussia intanto si sviluppava rapidamente dal punto di vista culturale, economico, industriale e militare. Presto sarebbe diventata la Grande Germania. L’Italia approfittò di questo espansionismo prussiano che per ora si dedicava al Centro Europa (ma nel 1870 avrebbe pesantemente sconfitto la Francia ponendo fine al regno di Napoleone III°) stipulando una alleanza politico militare, ed entrambe le nazioni dichiararono guerra l’Austria. Al contrario di quanto accadde nel 1940, questa volta l’alleanza con i tedeschi funzionò molto bene. Nonostante le sconfitte italiane a Custoza sulla terra e a Lissa sul mare, la vittoria prussiana a Sadowa pose fine vittoriosamente alla guerra. Nel trattato di pace fu stabilito che il Veneto sarebbe passato alla Prussia (gli austriaci non si ritenevano sconfitti dall’Italia) e quest’ultima lo avrebbe consegnato all’Italia come infatti avvenne.

 

La triplice alleanza

Fortunatamente le nazioni dopo grandi tensioni e contrasti sanno trovare, molto di più dei singoli uomini in particolar modo se parenti, punti di incontro su comuni interessi. Prussia ed Austria trovarono convergenze di interessi e stipularono una alleanza politica e militare. L’Italia fu in qualche modo trascinata dalle decisioni della Germania; aveva bisogno di una sicurezza ai propri confini ed entrò in questo consorzio di nazioni che si costituì come Triplice Alleanza. L’Italia infatti, ultima delle nazioni europee cominciò a coltivare interessi coloniali in Africa, in Somalia, in Eritrea e in Libia. Dopo le sfortunate e mal organizzate spedizioni che si conclusero con le sconfitte di Adua e di Dogali, le cose andarono meglio nella guerra Italo –turca, che fruttò la conquista della Libia e delle isole del Dodecaneso. L’Austria non era un paese di cui fidarsi molto. Quando nel 1908 si verificò l’immane sciagura del terremoto di Messina e Reggio Calabria che causò oltre ottantamila morti, molte forze dell’Esercito Italiano furono spostate al Sud per portare soccorsi. Venne allora in mente al generale Conrad, capo di stato maggiore dell’esercito austriaco, di attaccare di sorpresa per riprendersi il Veneto e magari qualche cosa di più. I piani militari erano pronti da tempo, ma l’imperatore Francesco Giuseppe non autorizzo l’iniziativa di Conrad nel timore che ad un insuccesso si sarebbe aggiunto il biasimo internazionale. La Triplice Alleanza era una alleanza anche militare che obbligava i contraenti ad entrare in guerra se uno di essi avesse subito una aggressione. Non era previsto un simile automatismo nel caso il conflitto fosse determinato dall’azione di una delle potenze contraenti.

 

La deflagrazione del conflitto e la neutralità italiana.

L’episodio di Sarajevo verificatosi il 28 giugno 1914 che causò l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando erede al trono dell’Austria e di sua moglie Sofia per mano del terrorista bosniaco Gavrilo Princip , suscitò una grave tensione tra Austria e Serbia perché gli austriaci ritennero che l’atto terroristico fosse stato deciso e pianificato in Serbia. L’Austria presentò una richiesta-ultimatum alla Serbia; quasi tutte le richieste furono accolte, ma non essendoci stata una capitolazione totale l’Impero Asburgico si apprestò a compiere una azione militare contro la Serbia. La Russia, tradizionale alleata dei Serbi mobilitò l’esercito a scopo di minaccia. All’epoca la mobilitazione militare era una operazione complessa che richiedeva circa un mese. Un esercito pronto al combattimento avrebbe potuto prevalere facilmente contro un avversario impreparato. Per questa ragione mobilitarono anche la Germania e l’Austria e in conseguenza di questo mobilitò anche la Francia. I regnati che erano tra di loro cugini (gli imperatori di Austria e Germania, lo Zar della Russia e il Re d’Inghilterra) non erano intenzionati a farsi guerra e non lo erano neanche i rispettivi governi; i militari però presero la mano a tutti e fecero precipitare le cose fino alla guerra che la Germania dichiarò alla Russia il primo Agosto. Seguirono le dichiarazioni incrociate di Austria, Francia e Inghilterra. Il 3 Agosto l’Italia dichiarò la sua neutralità. Poiché la guerra era stata scatenata dall’Austria e dalla Germania l’Italia non aveva alcun obbligo statutario di intervenire e un intervento a fianco degli imperi centrati non era neanche nei suoi interessi.

 

I dieci mesi di neutralità dell’Italia.

Molte forze politiche in Italia erano contro un qualsiasi tipo di intervento e auspicavano un mantenimento della neutralità. I socialisti sostenevano che si trattava di una guerra scatenata da interessi capitalistici ed era contro le aspettative del proletariato operaio e contadino. Tranne l’eccezione di alcuni socialisti riformisti come Leonida Bissolati, questa posizione si mantenne anche durante il conflitto con una intensa propaganda disfattista. Anche successivamente alla conclusione vittoriosa della guerra queste posizioni non solo non mutarono ma si fecero più violente. Mio nonno Ettore mi raccontò di aver assistito a questa scena nel 1919. Un grande invalido, mutilato ed insignito di medaglia d’oro era seduto ad un bar in quella che è oggi la Galleria Alberto Sordi a Roma. Due socialisti lo insultarono, lo fecero oggetto di sputi e infine lo aggredirono scaraventandolo a terra. E questa manifestazione di intolleranza non era l’eccezione ma anzi la regola del comportamento dei socialisti. Gran parte dei cattolici e soprattutto le gerarchie erano contrari alla guerra. Questo atteggiamento era in parte motivato da un sentimento di pacifismo insito nella dottrina, ma anche nella ancora non digerita annessione di Roma all’Italia e alla fine del potere temporale dei Papi. Da questo stato d’animo derivò che alcuni cappellani militari dei gradi più elevati, durante il conflitto si prestarono a svolgere attività di spionaggio in favore della corona austriaca. Posizioni favorevoli al neutralismo furono espresse anche dal gruppo di liberali che faceva capo a Giolitti il quale ebbe a dire che con la neutralità l’Italia avrebbe potuto ottenere parecchio. Le rivendicazioni dell’Italia erano ben conosciute; con i nomi di Trento e Trieste si intendeva dire che si voleva portare il confine al Brennero ed ottenere il controllo di tutta l’Istria fino al golfo del Quarnaro già indicato da Dante come territorio italiano e definito come il luogo “dove il dolce si suona” Trattative in effetti furono stabilite con l’Austria durante gli ultimi mesi del 1914 e i primi del 1915. In cosa consisteva questo parecchio di Giolitti? Trento, ma non il confine al Brennero; Gorizia ma non Trieste che sarebbe stata costituita in città libera. Queste erano le concessioni che il regno asburgico era disposto a fare, ma solo dopo la vittoriosa conclusione della guerra. Tra gli interventisti c’erano i nazionalisti che consideravano questa come la quarta guerra di indipendenza conclusiva del Risorgimento, i futuristi che consideravano la guerra come “sola igiene del mondo” capace di eliminare i parassiti, di far affermare i super uomini e di dare una spinta decisiva al progresso. I più equilibrati erano i liberali che valutavano come inaffidabili ed inaccettabili le proposte dell’Austria e quindi il Governo Italiano stipulò a Londra il 26 aprile 1915 un patto con Francia, Inghilterra e Russia per una guerra comune contro gli imperi centrali, dopo aver stabilito le proprie rivendicazioni. Il patto era segreto; bisognava preparare l’opinione pubblica e in qualche modo anche i deputati che avrebbero dovuto ratificarlo. Il prestigio e le capacità oratorie di D’Annunzio furono determinanti. Il 4 maggio, dallo scoglio di Quarto dove in quella stessa data era partita la Spedizione dei Mille il poeta tenne un memorabile discorso. Altro discorso D’Annunzio tenne a Roma il 17 maggio, tra gran concorso di pubblico sulla scalinata dell’Araceli. Esortò i presenti ad andare a Piazza Montecitorio per impedire l’ingresso alla Camera ai deputati contrari all’intervento e a conclusione sguainò un sciabola che disse essere appartenuta a Nino Bixio. Il sole del tramonto romano illuminò la lama con i suoi raggi rossi, scatenando l’entusiasmo dei presenti

 

Il 24 maggio 2015 l’Italia entra in guerra.

Lo sforzo bellico richiesto all’Italia fu impressionante. Si trattava di equipaggiare, addestrare e mettere in campo quasi cinque milioni di uomini- Furono necessari migliaia di cannoni e di bombarde; decine di migliaia di mitragliatrici, milioni di munizioni. La marina venne potenziata; anche se non ancora costituita in arma autonoma l’aviazione fece la sua comparsa sui campi di battaglia. Si dovette organizzare una efficiente sanità militare con ospedali da campo, ospedali militari e centri di riabilitazione per i mutilati. Un esercito che prima si muoveva a piedi e a cavallo fu motorizzato con motociclette, automobili, camion ed entrarono in linea le prime autoblinda armate. Era una guerra totale e l’impegno della Nazione fu totale. L’apparato industriale si ampliò e si rimodernò; le donne sostituendo gli uomini nelle fabbriche e nei campi svolsero un ruolo fondamentale che fu loro riconosciuto nella società in modo ampio.

Il punto dolente era costituito dalla mentalità antiquata dello stato maggiore, dalla mancanza di un moderno metodo di addestramento e dalla scarsa considerazione per le privazioni, le sofferenze e l’incolumità dei soldati. Il fronte si estendeva per seicento chilometri, dallo Stelvio al mare. L’esercito assunse uno schieramento offensivo, ma non essendo possibile avanzare sulle Alpi il piano strategico fu di avanzare lungo la direttrice delle valli slovene in direzione di Lubiana. Dopo alcune limitate avanzate, così come si era verificato sul fronte occidentale, i due eserciti si impantanarono in una guerra di trincea. Cadorna, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, legato a concezioni antiquate, decise per una guerra di logoramento dell’esercito austro-ungarico programmando dal maggio 15 all’agosto 17 ben undici spallate sull’altipiano carsico, ciascuna delle quali costò un numero impressionante di morti e di feriti con limitatissimi vantaggi territoriali. In pratica si ottenne solo la conquista della città di Gorizia e dell’Altipiano della Bainsizza. Terribili erano le condizioni di vita dei soldati di fanteria nell’umido delle trincee, tormentati dai topi e dai parassiti. Eroici gli sforzi degli Alpini che trascinarono pesanti pezzi di artiglieria fino a tremila metri di quota, e che pagarono un prezzo elevatissimo in vite umane per conquistare o difendere una vetta; e quando non era il piombo nemico a falciare questi valorosi soldati era il freddo, la tormenta e le valanghe. Le bellissime canzoni che nacquero in questo periodo parlano di sacrificio, di amore per la patria, ma anche per la mamma e la fidanzata lontana. Sentimenti semplici e veri che ancora ci commuovono quando li sentiamo evocati dai cori degli alpini. Nel 1916 Conrad scateno una grande offensiva nel Trentino con l’obbiettivo di conquistare le valli di pianura. Questa offensiva ebbe il nome in codice di”Straffexpedizion” ciò è spedizione punitiva . Una bella faccia tosta da parte di chi ci rinfacciava di aver cambiato alleanza, mentre in tempo di pace si preparava ad attaccare di sorpresa l’alleato. Ma la punizione la presero loro e ad infliggerla furono le divisioni alpine

 

Caporetto e la battaglia di arresto

Caporetto è un nome che evoca ancora oggi un sentimento di disfatta irreparabile, ma le cose non andarono in modo totalmente disastroso. Quali le cause della sconfitta? In un comunicato stilato il 28 ottobre 1917, fatto poi modificare dal Governo, Cadorna attribuisce tutta la colpa alla viltà dei soldati e alla propaganda disfattista dei socialisti. Se si guardano le cifre brute i fatti sembrano dargli ragione. La Seconda Armata,la nostra armata, più potente forte di novecentomila uomini fu annientata. Trecentocinquantamila prigionieri, quattrocentomila sbandati, ma solo undicimila morti; l’armata quindi non aveva combattuto e risponde al vero che alcune compagnie si arresero senza sparare un colpo al grido di “viva l’Austria”

L’attacco nemico fu sferrato dalla XIV armata austro tedesca al comando del generale Otto Von Bulow. Il piano operativo era stato ideato dal suo Capo di Stato Maggiore generale Kraf Von Demelsingen. La operazione consisteva nel radunare il grosso delle forze nella conca di Tolmino e Plezzo, sfondare verso Caporetto attraversando l’Isonzo e spingersi verso la pianura veneta. I battaglioni erano ben addestrati e potentemente armati; avevano inoltre goduto di due mesi di riposo. Nella organizzazione tedesca i reparti avevano una notevole autonomia decisionale sotto il comando di ufficiali giovani e ben preparati. Diversa era la situazione italiana. I reparti si erano logorati nella conquista dell’altipiano della Bainsizza avvenuto in agosto. Niente riposo e scarsi reintegri. Le riserve erano tenute molto lontano dalle prime linee. Gli ufficiali erano patrioti entusiasti ma carenti di preparazione; la dotazione di mitragliatrici non era abbondante. Non ci fu alcuna sorpresa come lo Stato Maggiore volle far credere. I nostri servizi di spionaggio che erano molto efficienti, avvertirono sin dall’inizio di settembre che una grossa offensiva era in preparazione, e via via che i giorni passavano, anche con le informazioni ottenute da numerosi disertori il piano fu completamente svelato. Si conosceva il luogo e la data dell’attacco, che era stata stabilita per il 24 ottobre. Note anche le modalità: violento attacco di artiglieria dalle due della notte anche con granate a gas, e poi attacco rapido lungo le valli trascurando i caposaldi in quota che vistisi accerchiati sarebbero caduti da se. Tra i più intraprendenti in questa azione di infiltrazione che lo portò a conquistare rapidamente anche Lavarone fu un giovane tenente Erwin Rommel che pubblicò nel dopoguerra un libro di successo “fanterie all’attacco” dove spiegava i nuovi principi della guerra di movimento. Principi che poi adottò nella seconda guerra mondiale al comando della VII divisione corazzata in Francia e al comando dell’Africa Corp. in Libia.

Il generale Capello, comandante della seconda Armata, al corrente di tutto, era convinto di poter arrestare facilmente l’offensiva e poi con un contrattacco poderoso sfondare le linee nemiche, incamminarsi verso Vienna e vincere da solo la guerra. Per questa ragione, senza ascoltare le raccomandazioni di Cadorna che gli ordinava di assumere una disposizione difensiva, mantenne invece la disposizione offensiva dell’armata, avanzando i grossi calibri di artiglieria con l’ordine di non rispondere al fuoco di distruzione ma agire quando le fanterie avversarie fossero passate all’attacco. Il fuoco avversario distrusse le linee di comunicazione, l’attacco con i gas asfissianti fece molte vittime e quando le fanterie sbucarono dalla fitta nebbia era ormai troppo tardi per un efficace fuoco di artiglieria. Il generale Badoglio, comandante del XXIV corpo d’armata avrebbe dovuto svolgere un ruolo difensivo determinante, invece fu del tutto latitante e fu uno dei maggiori responsabili della sconfitta. Riuscì però a nascondere le sue responsabilità. Nei verbali della Commissione Parlamentare d’inchiesta istituita dalla Camera dei Deputati per appurare le responsabilità del disastro, i fogli che trattano del suo ruolo risultano strappati. Mussolini lo nominò successivamente capo di Stato Maggiore e il re Vittorio Emanuele II addirittura Capo del Primo Governo Post Fascista!

Nel pomeriggio del 24 molti reparti austro tedeschi avevano già attraversato l’Isonzo, e le truppe di riserva che arrivavano dopo marce estenuanti si trovavano le strade ingorgate da soldati sbandati che si ritiravano abbandonando le armi. In questo caos fino al 27 ottobre gli alti comandi non si resero conto della gravità del cedimento del fronte. E’ evidente che soldati provati da tante perdite, circondati, senza ordini, con i comandi di divisione e di corpo d’armata abbandonati dai responsabili, non potevano far altro che arrendersi, ritenendo che essendo per loro finita la guerra avevano ottenuto di salvare la vita. Non si immaginavano la spaventosa realtà dei campi di prigionia austriaci dove tantissimi trovarono la morte per la fame e per le malattie. Dopo una fase di grave confusione Cadorna recuperò il suo sangue freddo e trasformò la rotta in una ritirata organizzata. Nel frattempo ci fu una riunione del Comando Interalleato; l’Italia richiese la restituzione di alcuni gruppi di artiglieria inglese che erano in servizio sul fronte italiano ed erano stati ritirati in agosto. Ma non ne ottenne la restituzione. Chiese anche che alcune divisioni franco-inglesi fossero spostate sul fronte italiano per portare soccorso ma la risposta fu che la situazione era troppo rischiosa per gli alleati. Bisognava prima stabilizzare il fronte e poi la cosa poteva essere discussa. Consigliarono di ritirarsi fino almeno all’Adda se non al Mincio per difendere Milano. Cadorna aveva invece approntato una linea di difesa dal Grappa al mare accorciando la lunghezza del fronte di quasi metà lunghezza. Poté così sopperire alla mancanza della seconda armata, salvando tutte le altre armate che si ritirarono senza subire perdite; preziosa fu l’azione di rallentamento dell’avanzata nemica messa in atto dalla III armata al comando di S.A.R. il Duca di Aosta che assunse il compito di difendere la linea del Piave. L’avanzata nemica si arrestò contro la barriera creata sul monte Grappa e sul Piave; quegli stessi soldati tacciati con faciloneria da Cadorna di viltà, difesero con coraggio ed eroismo il nuovo fronte. Ignote mani vergarono su muri diroccati le frasi “meglio vivere un giorno da leoni che cento da pecora” e “tutti eroi, o il Piave o tutti accoppati” Fu richiamata anche la classe del 99 e i ragazzi diciassettenni in prima linea furono tra i più determinati e coraggiosi. Le canzoni “monte Grappa tu sei la mia patria” e “il Piave mormorò” nate in quei giorni ci trasmettono tuttora una forte emozione.

 

Gli atti di eroismo e la riscossa

Numerosissimi furono gli atti di eroismo e tante le medaglie al valore assegnate. Comincerei col ricordare Cesare Battisti, Fabio Filzi e Nazario Sauro. Italiani nati in territorio italiano occupato dagli austriaci, disertarono l’esercito imperiale e si arruolarono in quello italiano per contribuire a redimere le loro terre natali. Presi prigionieri e sottoposti ad un processo farsa furono condannati a morte per impiccagione. Affrontarono il loro destino con coraggio. Gli austriaci filmarono le esecuzioni e ne diffusero i filmati come monito. Le macabre immagini mostrano la fermezza e determinazione di quegli eroi e ricoprirono di vergogna e di vituperio quanti avevano preso la decisione di infliggere quell’ingiusto supplizio e di mostrarlo. Gli alpini si coprirono di gloria sulle vette dei monti e non meno coraggiosi si mostrarono i bersaglieri, autori di imprese incredibili come quella della conquista del Monte Nero. Oggi tutti gli eserciti hanno delle truppe speciali in grado di compiere missioni quasi impossibili. I primi ad organizzare una simile forza furono gli Italiani che crearono il corpo degli Arditi. Innumerevoli gli episodi guerreschi eroicamente portati a termine da questi militi che erano contraddistinti dalle Fiamme Nere sulle mostrine; andavano all’assalto con pugnale e bombe a mano perché quasi sempre i loro assalti venivano combattuti corpo a corpo. Grande fu il contributo degli aviatori, per tutti vale ricordare il Capitano Francesco Baracca pilota di caccia che si fregiava di 34 vittorie. Fu ucciso da un colpo di fucile mentre mitragliava a bassa quota le trincee nemiche durante la battaglia del solstizio. Il cavallino nero, rampante in campo giallo che adornava il suo velivolo (era un ufficiale di cavalleria), fu dalla madre dato in dono ad Enzo Ferrari; ancora oggi galoppa sulle rosse di Maranello e spesso vince. Anche la Marina contribuì in modo sostanziale. Luigi Rizzo al comando di un MAS (un motoscafo veloce armato di siluri) attaccò da solo una intera squadra navale austriaca affondando in due episodi diversi le corazzate Wien e Santo Stefano. Un decreto reale dovette modificare una legge che impediva di attribuire ad un soldato più di tre medaglie al valore per potergli tributare oltre ad una di bronzo, una d’argento ed una d’oro una seconda medaglia d’oro. Il grande professore di chirurgia, dalla cui scuola indirettamente derivo, Raffaele Paolucci, da giovane ufficiale medico mise a segno una impresa straordinaria. Fu infatti il primo sommozzatore a portare a termine una azione d’attacco penetrando in un porto nemico; dopo una nuotata di sette ore violò il porto di Pola trascinandosi dietro una mina con cui affondò la corazzata Viribus Unitis ,le cui ancore ornano ancora oggi il Ministero della Marina a Roma. Ne dimenticheremo il nostro conterraneo, Capitano di Corvetta Andrea Bafile che con i suoi marinai combatté a terra per difendere la linea del Piave e perse la vita per salvare i suoi uomini rimasti circondati su una isoletta del fiume. Le sue spoglie riposano in una grotta della Maiella Madre che guarda verso l’azzurro del mare. La propaganda è sempre stato un mezzo molto importante in pace e in guerra. Nessun paese belligerante ebbe un personaggio del calibro di Gabriele D’Annunzio che con le sue imprese in mare come la beffa di Buccari ,e in aria come il volo su Vienna sostenne il morale delle nostre truppe e depresse quello dei nemici.

Nella primavera avanzata del 1918 le risorse degli imperi centrali erano alla fine. Un ultimo grande sforzo per vincere la guerra fu fatto dalla Germania sul fronte occidentale e dall’Impero Austro-Ungarico in Italia. Il quindici giugno gli asburgici scatenarono una grande offensiva in montagna e sulla linea del Piave dove riuscirono in qualche punto a varcare il fiume e a costituire alcune teste di ponte che furono però annientata nel giro di una settimana. Ci fu una stasi delle operazioni durante la quale entrambi gli eserciti si prepararono al confronto definitivo.

 

La battaglia di Vittorio Veneto e la vittoria

A conclusione della ritirata sul Piave, Cadorna fu sostituito nel ruolo di Comandante Supremo da Armando Diaz e al Governo Salandra subentrò il Governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando. La collaborazione tra Governo e Stato Maggiore Generale rafforzò sia l’esercito che il fronte interno. La produzione industriale bellica raggiunse volumi mai visti prima in Italia e il morale dell’Esercito si rafforzò; nessuno dubitava più della vittoria. Determinante fu il contributo del re Vittorio Emanuele III che secondo lo statuto albertino era il capo supremo delle forze armate. Lo si vide spessissima al fronte, ma il contributo più importante lo diede nelle conferenze con gli alleati dove seppe far valere le posizioni politiche della Nazione. Non sorprende quindi che nella battaglia del solstizio la vittoria arrise ai nostri colori. Ora si trattava di concludere la guerra. Diaz riteneva che la battaglia finale si sarebbe svolta nella primavera del 1919, ma il presidente Orlando, nel timore che un improvviso crollo della Germania e quindi un inaspettato armistizio ci potesse cogliere con le truppe nemiche sul nostro territorio, non fidandosi affatto delle posizioni che gli alleati avrebbero assunto al tavolo della pace, esortò Diaz a passare all’offensiva il più presto possibile. Il Comando Supremo decise che l’attacco sarebbe iniziato il 24, ottobre, anniversario dello sfondamento di Caporetto. Il piano era di far attaccare sul Grappa e sul Montello la IV armata del generale Giardino in modo da richiamare sul luogo le riserve schierate dietro il Piave dove si sarebbe verificato l’attacco principale con direttrice Vittorio Veneto. Le cose sembravano mettersi male; sui monti gli austriaci resistevano con tenacia e le perdite erano pesanti da entrambe le parti. Il Piave in piena aveva travolto i ponti di barche lanciate dai genieri. Il 27 la situazione cominciava a migliorare su tutta la linea quando arrivò da parte degli austriaci una proposta di armistizio di questo tenore. Le ostilità si sarebbero immediatamente interrotte e gli italiani avrebbero permesso all’esercito austriaco di ritirarsi indisturbato fino alle posizioni occupate il 23 maggio 1915. Quando la proposta fu resa nota allo stato maggiore la risposta di Diaz fu l’ordine di intensificare il fuoco di distruzione di tutte le artiglierie. Il 28 ottobre la linea austriaca cedette di schianto e iniziò una velocissima avanzata delle nostre truppe spesso precedute da reparti di cavalleria; i nemici lasciavano nelle nostre mani decine di migliaia di prigionieri ed enormi quantità di armi e di materiali. Il giorno trenta si presentarono al comando d’armata dei plenipotenziari austriaci per chiedere l’immediata sospensione delle ostilità. Non tutti gli obiettivi erano stati raggiunti; bisognava guadagnare tempo. Il comando d’armata disse di non avere il potere di intavolare una trattativa e che si sarebbe informato su chi avrebbe avuto questa facoltà. Nel frattempo gli austriaci venivano condotti altrove. Le trattative partirono a rilento e si conclusero il giorno 3 novembre a Villa Giusti. Le azioni militari sarebbero state sospese alle 15 del 4 novembre. C’era il tempo per arrivare al Brennero e per occupare Trieste dove sbarcarono i bersaglieri dell’undicesimo reggimento. La mattina del quattro novembre per le strade di Roma c’era un gran fermento. La notizia della Vittoria si andava rapidamente diffondendo e una gran massa di persone si radunò in Piazza del Quirinale sotto il balcone da cui apparve il re, preceduto dalla bandiera tricolore per annunciare la vittoria. Si concludeva così il nostro Risorgimento

 

Dopo il 4 novembre 1018

Nel biennio 19-20 ,il così detto biennio rosso ci fu un tentativo delle forze di sinistra di ripetere la rivoluzione bolscevica. Sembrava quasi una colpa aver combattuto e vinto; ma questa non era l’opinione della stragrande massa della popolazione. Nel 1921 si decise di onorare tutti i caduti, erano stati 650.000, tumulando nel Vittoriano, altare della Patria il corpo di un caduto ignoto. Nel duomo di Aquileia erano allineate undici bare. Una madre triestina che aveva perso il figlio in guerra e il cui corpo non era stato identificato fu prescelta per indicare quale bara doveva essere sepolta nel Vittoriano. Vestita di nero, con un velo che le copriva il volto passò lentamente davanti alle bare, quindi si inginocchiò davanti ad una di esse e la toccò con le mani restando in raccoglimento. Quella bara, deposta su un affusto di cannone, fu da un treno speciale trasportata da Aquileia a Roma. In tutte le stazioni accorreva una enorme quantità di gente; il treno veniva ricoperto di fiori mentre le persone si inginocchiavano togliendosi il cappello o velandosi i capelli. Le bandiere e i labari si inchinavano reverenti. Il feretro fu inumato con una grande cerimonia il 4 novembre 1921. Chi vuol rivivere questo episodio commovente ed edificante può vederlo su Yutube. Il Fascismo si impossessò del mito della vittoria edificando una miriade di monumenti in ricordo dei caduti. Tra le tante cose errate fatte dal regime, questa fu una di quelle giuste.

Nel secondo dopoguerra questa, che dovrebbe essere la nostra festa laica più importante fu soppiantata dalla festa della Liberazione del 25 aprile. Certamente l’epopea partigiana ha avuto un grande valore morale di riscatto dalla dittatura e dalla occupazione dello straniero. Dal punto di vista militare come è ovvio la forza preponderante fu messa in campo dagli eserciti alleati. Si trattò comunque anche di una guerra civile e molti di coloro che nel primo dopoguerra la festeggiavano erano stati però favorevoli all’occupazione a cui Trieste fu sottoposta dalle milizie di Tito. Questa festa in tono minore fu soppressa nel 1977 a causa della seconda crisi petrolifera e della conseguente austerità, ma in realtà non ci fu mai il desiderio di festeggiarla con l’orgoglio con cui l’otto maggio gli Alleati celebrano la vittoria sulla Germania Nazista.

 

Il 4 maggio oggi a cento anni di distanza

Questa mattina la festa della Vittoria è stata celebrata a Trieste in Piazza dell’Unità d’Italia di fronte al Capo dello Stato e alle più alte autorità civili e militari. Al molo era attraccata accanto alla nave San Marco, la nuova fregata Luigi Rizzo che porta il nome dell’eroe. Nella Piazza sfilava un gruppo di militari in rappresentanza dell’Esercito, dei Carabinieri, dell’Aeronautica e della Marina. Per ultimi a passo di corsa i bersaglieri dell’undicesimo reggimento che cento anni fa erano stati i primi a mettere i piedi sul suolo di Trieste, e mentre risuonavano le note dell’inno nazionale in cielo sfrecciava la pattuglia acrobatica tricolore. Mi auguro che non si debbano attendere altri cento anni per vivere una simile cerimonia.

 

 

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Di Maio, Salvini e la manina misteriosa

Di Maio, Salvini e la manina misteriosa

 

A Porta a Porta Di Maio rivela che una manina misteriosa ha modificato il decreto fiscale introducendo un condono non deciso nel Consiglio dei Ministri; il documento inviato al Quirinale è dunque un falso e il giorno seguente egli si sarebbe recato in Procura a presentare una denuncia. Ma in procura poi Di Maio non è andato, così come non avviò la procedura per mettere in stato d’accusa il Presidente della Repubblica dopo aver dichiarato che lo avrebbe fatto. Di Maio dunque, al contrario di quello che lancia il sasso e nasconde la mano, lancia la mano e nasconde il sasso. E’ un vero peccato che questa denuncia non ci sia stata perché la magistratura avrebbe potuto spiegarci cosa è davvero accaduto. Salvini dice che Conte dettava gli articoli e Di Maio, che fungeva da segretario, li scriveva. Il vice presidente grillino nega e dichiara di non essere un bugiardo. Probabilmente quando Luigi si è accorto che quell’articolo veniva contestato da molti dei suoi e dalla base dei propri elettori si è inventato un modo per far credere che non ne sapeva niente e per ottenere la cancellazione del famigerato articolo 9.

 

Le differenze non giustificano questo modus operandi

Il Movimento 5 Stelle e la Lega sono assai diversi per cultura, per filosofia politica, per stratificazione sociale e geografica del loro elettorato. Il governo giallo-verde non è una alleanza politica ma un contratto di convenienza. Le differenze tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano erano ancora più forti dal punto di vista ideologico, ma durante il periodo in cui collaborarono realizzando il noto compromesso storico mai si giunse a scene disdicevoli come questa recentemente verificatasi tra i due alleati di governo. Ma allora, solo per citare qualche nome, da una parte c’erano Berlinguer, Napolitano e Ingrao e dall’altra Moro, Andreotti e De Mita. Era l’epoca di Maldini, Rivera e Riva; oggi ci tocca andare avanti con Biraghi, Barella e Insigne. Ma fino a quando?

Cinque anni o sette mesi?

Quando qualcuno ha paventato le dimissioni di Conte e una crisi di governo Salvini ha subito dichiarato: non è successo nulla; andremo avanti per cinque anni. A queste affermazioni si può dare lo stesso credito che diamo a quelle di Pallotta quando il Presidente della Roma dichiara che non venderà nessun giocatore e che renderà la sua squadra la più forte del mondo. Quindi per ora si va avanti. Conte per dimettersi deve ricevere l’ordine da Di Maio; motu proprio non lo farà mai perché è impossibile vincere per due volte ad una super lotteria! Lega e Cinque Stelle per ora non spezzano l’alleanza. Il partito di Di Maio non è compatto e ad un secondo tentativo il candidato presidente del Consiglio probabilmente non sarebbe lui, quindi Luigi tira la corda ma non fino a farla spezzare; ha ancora qualche risultato da portare a casa, ma lo stesso vale per Salvini. Entrambi hanno una meta da raggiungere costituita dalle elezioni europee. Dopo questo appuntamento il contratto potrebbe essere rimesso in discussione. Tutto dipenderà da quanto ciascuno di loro avrà realizzato del proprio programma, quali nuovi contrasti saranno sorti e soprattutto quale sarà stato l’esito della consultazione elettorale europea.

I motivi di una eventuale rottura e le soluzioni possibili.

Un grave declassamento del rating dell’Italia ed una esplosione dello spread non determineranno una caduta del governo come accadde al Ministero Berlusconi e la soluzione la ha già esposta Savona; la manovra economica sarà modificata ed entrambi i partiti lanceranno questo appello ai propri elettori.” La nostra manovra economica era bellissima e proprio per questo i burocrati europei del Partito Popolare e del Partito Socialista ci hanno scatenato contro le società di rating e gli speculatori internazionali. Per riconquistare la nostra indipendenza economica doppiamo cacciarli via. Votateci alle prossime elezioni europee e potremo fare quanto promesso ed anche di più” La rottura, quando ci sarà, si verificherà sui programmi ancora da realizzare. Investimenti, tunnel, autostrade ecc. Per Salvini l’unica soluzione sarà costituita da nuove elezioni da sostenere con una alleanza di centro destra. Sarà però essenziale che in questo raggruppamento i ruolo di Berlusconi sia assolutamente marginale ed ininfluente. Troppo a lungo il Cavaliere ha governato in modo inefficace curando solo i suoi interessi economici; se gli si desse ancora voce in capitolo potrebbe causare l’allontanamento da Salvini di molti elettori. Il Movimento 5 Stelle ha invece oltre alla competizione elettorale anche l’opzione di un governo con il PD, opzione difficilissima da realizzare ma non impossibile. Per ora e chissà per quanto una opposizione credibile non esiste per cui, almeno per un altro poco di tempo, questo governo, nonostante i contrasti interni avrà una vita parlamentare abbastanza tranquilla.

 

di Achille Lucio Gaspari

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La manovra del Governo giallo-verde

La manovra del Governo giallo-verde
La macroeconomia spiegata ai bambini dell’asilo
 
Una famiglia non dovrebbe spendere più di quanto guadagna ma non è sempre così.
La famiglia del nostro esempio possiede un ristorante ma per andare avanti ha bisogno di più denaro di quanto guadagna e chiede un prestito alla banca A.Dovra’ pagare Un interesse supponiamo del 3% perché nessuno presta i soldi gratuitamente,anzi vuole guadagnare e chiede un interesse prorzionale a rischio di perdere il capitale. La nostra famiglia dovendo restituire il prestito alla banca A chiede in prestito una uguale somma alla banca B e così di seguito.Avra’ sempre un debito e continuerà a pagare gli interessi.A un certo momento la famiglia decide di allargare il ristorante,questo comporterà una spesa maggiore per cui chiederà alla banca C una somma maggiore.A questo punto cosa accadrà? Ci sono varie possibilità 
1)gli affari vanno bene,il ristorante guadagnerà di più e la famiglia potrà in seguito ridurre il proprio debito
2) la banca si fiderà di meno e chiederà alla famiglia un interesse maggiore ,diciamo il 6%L’esborso maggiore per interessi si mangerà quello che si è è ottenuto con l’aumento del debito e il ristorante non potrà essere allargato
3) la banca non si fiderà più, non presterà denaro e per restituire il debito la famiglia dovrà vendere il ristorante.
Esiste una ultima possibilità:la famiglia otterrà il permesso di stampare banconote;tutto risolto?  Niente affatto. Il denaro è una merce come qualsiasi altra merce ad esempio l’oro. L’oro vale tanto non perché è bello ed utile ma perché ne esiste in limitate quantità.Sefosse abbondante come il mare non varrebbe nulla.La stessa cosa vale per il denaro;più banconote si stampano e meno vale ciascuna banconota.Questo meccanismo si chiama inflazione; dove prima ci voleva una banconota per comprare un chilo di pane adesso c’è ne vogliono due.
Veniamo ora alla manovra del Governo.Per aumentare le pensioni minime,dare il reddito di cittadinanza,mandare prima in pensione i lavoratori e abbassare le tasse,il governo non avendo fondi disponibili chiede un ulteriore prestito,cioè aumenta il debito.Ritiene che queste disposizioni aumenteranno l’occupazione e lasceranno più soldi nelle tasche degli italiani che potranno spendere di più;questo oltre a migliorare la condizione dei meno abbienti farà aumentare la ricchezza complessiva cioè il Prodotto Interno Lordo(pil) con cui in futuro sarà possibile ridurre il debito.Se questo meccanismo non si metterà in moto o se il mercato avrà meno fiducia bisognerà aumentare la quantità degli interessi da pagare per far sì che il mercato ci presti più soldi e questo fatto potrebbe ulteriormente impoverirci. Come fa lo stato a farsi prestare il soldi? Emette dei certificati di  credito (bot,bpt) su cui paga degli interessi.Chi è il mercato? Sono i risparmiatori e le banche italiane,gli i stranieri e la banca europea. Cosa è lo spread.? La differenza tra gli interessi che laGermania paga sul suo debito che è considerato sicuro e quanto paga l’Italia. Se gli investitori ritengono i nostri titoli meno affidabili vorranno un interesse maggiore e lo spread aumenterà .Non solo dovremo pagare più interessi ma aumenterà il costo del denaro;imprese e cittadini pagheranno più interessi per il denaro preso in prestito e l’economia andrà peggio rendendo tutti più poveri. Se gli investitori perderanno la fiducia non vorranno sottoscrivere nuovo debito e alla scadenza vorranno indietro il loro capitale;non avendo l’Italia fondi sufficienti a questo andrebbe in default ,direbbe la fatidica frase : non ti pago.Uno potrebbe dire come Salvini mene frego degli stranieri anche se poi non avendo più prestiti dovremmo tirare la cinghia dei pantaloni. Ma attenzione molto bot e bpt li hanno le banche italiane che salterebbero in aria con i nostri conti correnti e li hanno anche molti piccoli risparmiatori che si troverebbero con i loro risparmi tramutati in un pugno di foglie secche 
Potrebbe però scattare all’improvviso durante un fine settimana il piano B di Savona.Uscita dall’Europa e dall’euro e ritorno alla lira.La condizione della famiglia che si stampa i soldi! La lira varrebbe pochissimo rispetto all’euro e la sovranità monetaria non ci salverebbero così come sta accadendo alla Turchia,all’Argentina e al Venezuela. Per quanto si possano aumentare gli stipendi i prezzi aumenterebbero di più.Noi abbiamo bisogno di importare carne,grano,materie prime ed energia.Per pagare queste cose dovremo esportare i nostri prodotti finiti che costerebbero di meno all’ester solo in fase iniziale perché poi dovremmo incorporarci i maggiori costi delle importazioni.Altrimenti faremmo gli affari di Maria Calzetta ,una signora che a fine ottocento vendeva a Roma panini al prosciutto e aveva una fila sterminata di clienti perché li vendeva a due soldi mentre i concorrenti li vendevano a quattro.Pero’ a lei un panino costava tre soldi.
Questa viene definita la manovra per il popolo;se però le cose dovessero andare male i ricconi non ci perderebbero nulla perché porterebbero i loro capitali all’estereo,ammesso che non lo abbiano già fatto.Il popolo resterebbe invece come don Falcuccio che stava con una mano davanti è una di dietro perché si era dovuto vendere calzoni e mutande.
Come andrà a finire? Aspettiamo ed incrociamo le dita.
 
di Achille Lucio Gaspari

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Il trapianto di volto⁩

Il trapianto di volto⁩
Al trapianto di volto eseguito al Policlinico Sant Andrea di Roma era stata data una enorme risonanza mediatica con dichiarazione dei curanti che tutto era andato bene;sembra invece che l’intervento sia fallito per un rigetto iper acuto. Altra possibilità è che si siano ostruite le micro anastomosi vascolari. Essendo stato uno dei primi ad introdurre in Italia la tecnica micro chirurgica con numerosi rimpianti di arti e ricostruzioni di nervi, posseggo le conoscenze scientifiche per giudicare l’episodio.
La realizzazione dell’intervento ha dimostrato che la equipe possiede una notevole capacità tecnica in micro chirurgia; la scelta di eseguire questo tipo di intervento è però molto criticabile per le seguenti ragioni: affinché un viso abbia un aspetto gradevole i muscoli mimici devono potersi contrarre in modo naturale, altrimenti l’effetto visivo è quello di un volto paralizzato. Nervi non sono fili elettrici che funzionano appena collegati. Bisogna aspettare che si verifichi la rigenerazione nervosa che procede, se tutto va bene, alla velocità di un millimetro al giorno. Il nuovo viso sarebbe rimasto paralizzato a lungo prima di riprendere una incerta funzione. Il problema maggiore è ben conosciuto: è il pericolo di rigetto essendo la pelle il tessuto più soggetto a questa complicanza. Per far tollerare un simile tipo di trapianto, quando ci si riesce, bisogna somministrare al paziente alte dosi di immunosoppressori che favoriscono l’insorgere di infezioni e di tumori e possono danneggiare i reni. Questa è la ragione per cui è giustificato il trapianto dei soli organi vitali. In passato trapianti di mani sono falliti proprio per queste ragioni e noi ci siamo astenuti dal praticare simili interventi non per mancanza di capacità tecnica ma per conoscenza dei problemi. L’aspetto più negativo è stato quello di mettersi sotto le luci della ribalta senza neanche aspettare l’esito del decorso post operatorio. Gli studiosi non sono né attori ne politici in cerca di notorietà; i risultati del proprio lavoro vengono affidati alle riviste scientifiche. 
di Achille Lucio Gaspari

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Le dimissioni di Rapino

Le dimissioni di Rapino

Le dimissioni di Marco Rapino alla fine sono arrivate e sono state comunicate con una bella lettera ricca di passione politica ,di giusta autocritica e di speranza per il futuro. Sarebbe stato meglio se fossero state presentate molto tempo prima e accompagnate anche da quelle dei segretari provinciali. E’ evidente che non è tutta colpa di Rapino e degli altri componenti delle segreterie. Molto si deve anche al fatto che la gestione della regione non ha incontrato l’approvazione degli elettori, ma anche al trend del partito a livello nazionale. Anche nel 2013 i risultati elettorali si erano discostati dalle previsioni che vedevano il PD primo partito in Abruzzo e la coalizione vincente. Il primo posto invece lo conquistò il Movimento 5 stelle e il PDL ottenne il primato regionale come coalizione. Questo insuccesso costò la dolorosa bocciatura dell’ex presidente del Senato, essendo stato Marini collocato nella lista dietro la Pezzopane. Si trattò però di un insuccesso limitato; il PD fu battuto di una incollatura ma si riscattò nelle successive elezioni europee e regionali. Il 4 marzo il colpo è stato durissimo e sarebbe stato necessario rimescolare da subito le carte del partito a livello regionale. Capire le cause dell’insuccesso, preparare gli opportuni correttivi e metterli in opera per avere qualche positivo riscontro negli elettori è una operazione difficile ,che richiede tempo e coraggio, ma di tempo non ce n’è molto e con le dimissioni di D’Alfonso, cosa facilmente prevedibile, il nuovo cimento elettorale sarebbe giunto molto presto.

IL RUOLO DI LEGNINI

Corre voce che Legnini potrebbe essere il prossimo candidato PD alla presidenza della Regione e certamente il partito potrebbe chiedergli di accettare la candidatura. Dobbiamo quindi chiarirci le idee su questo personaggio. In un mondo dove uno vale uno e la mia incompetenza vale la sua preparazione, Giovanni Legnini è una risorsa da preservare. Alle doti innate di intelligenza, sensibilità politica ,onestà intellettuale aggiunge un curriculum che ne fa almeno a livello regionale (per volersi limitare nel giudizio) il miglior prodotto della classe politica espressa da tutti i partiti. Con esperienza in entrambi i rami del parlamento, è stato relatore della legge finanziaria ,incarico difficile e di grande prestigio che ha assolto brillantemente. Nei governi Letta e Renzi è stato membro del governo come sottosegretario. Designato dal Parlamento come membro del CSM con voto plebiscitario, ne è stato eletto Vice Presidente, ruolo che sul piano pratico corrisponde alla presidenza reale così come il Cardinale Vicario svolge le effettive funzioni di Vescovo di Roma in sostituzione del Santo Padre. La vice presidenza del CSM è un compito difficile e di grande responsabilità. Bisogna armonizzare le posizioni dei membri togati che sono espressione delle correnti del ANM con quelle dei membri laici designati dal Parlamento. I compiti delle varie commissioni e del Plenum sono molteplici ed impegnative. Legnini in questo compito ha mostrato di saper mantenere la calma, di avere doti diplomatiche di notevole spessore e di sapersi proporre come mediatore alla ricerca di un giusto equilibrio quando talvolta ,sia i politici che i magistrati eccedono nelle parole e nei comportamenti. Il suo lavoro è stato dal Presidente Mattarella considerato molto prezioso, e questo posso affermarlo con forza ,avendone avuto contezza quando mi capitò di essere ricevuto dall’Inquilino del Quirinale.

NEANCHE CRISTIANO RONALDO PUO’ FAR VINCERE UNA SQUADRA DEBOLE.

Per quanto la politica sia l’arte del possibile ,pensare che il PD possa di nuovo aggiudicarsi la presidenza della regione Abruzzo significa credere che la politica sia l’arte dell’impossibile. Il primato se lo contenderanno il Movimento 5 stelle che ha quasi raddoppiato i voti ottenuti nel 2013 e ha messo in campo un buon candidato come Sara Marcozzi e il Centro Destra unito che sarà un osso duro avendo entrature in molti gangli del potere e potendo contare sull’apporto di numerose ed agguerrite liste civiche.

Se davvero il PD pensa che Legnini sia una risorsa non può sacrificarlo in una impresa suicida. Il Vice Presidente del CSM con la correttezza che lo caratterizza, per rispetto del suo ruolo si è completamente estraniato fino ad ora dalla contesa politica. Potrebbe invece essere un ottimo candidato alla Segreteria del PD. Cosa ha Zingaretti, di cui si fa un gran parlare ,più di Giovanni Legnini? Solo un fratello che è un attore famoso. Anzi se guardiamo al curriculum ed alla personalità il nostro politico vale molto di più

LE ELEZIONI EUROPEE

Le elezioni europee di maggio non si prospettano rosee per il gruppo socialista. Come insegnava Remo Gaspari è in particolar modo nelle elezioni con sistema proporzionale ,che le buone candidature sono molto importanti per il conseguimento del successo e un personaggio come Legnini ricco di esperienza e di cultura giuridica, buon conoscitore della lingua inglese ,potrebbe non solo essere un candidato capace di trascinare i colleghi al successo ma anche un membro del Parlamento Europeo di notevole prestigio.

di Achille Lucio Gaspari

 

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Il Csm, Salvini e il rischio eversione

Il Csm, Salvini e il rischio eversione 

L’Associazione Nazionale Magistrati, il segretario del PD, perfino gli alleati grillini hanno rimproverato Salvini per le sue parole e i suoi atteggiamenti che sarebbero un attacco alla indipendenza della Magistratura. 

Vediamoli allora questi atteggiamenti e controlliamo queste parole eversive.

L’antefatto

Salvini ricevuta la busta contenente l’avviso di garanzia speditagli dal Procuratore di Palermo la ha aperta in diretta FB .Dove sta il gesto irriverente? Anzi si può dire che sia stato un complimento alla correttezza della Procura. Non raramente, e addirittura frequentemente quando si tratta di politici, siano pure capi di Governo , l’avviso di garanzia viene comunicato alle redazioni dei giornali prima di essere ricevuto dall’interessato che ne apprende l’esistenza a mezzo stampa. Salvini ha mostrato che nel suo caso si era tenuta una procedura corretta. Prima di aprire la busta ha specificato che ha grande rispetto per la Magistratura e per il lavoro che svolge, e che eventuali critiche sono rivolte alla singola persona e non all’intera organizzazione. Ha poi detto che ritiene di aver agito nell’interesse dei cittadini alla sola finalità di difendere gli italiani che rappresenta come Ministro dell’Interno. 

 

Cosa avrebbe dovuto fare? 

Dichiararsi colpevole e pentito come facevano gli arrestati rinchiusi nel carcere della Lubianka quando venivano interrogati da Beria durante l’era di StalinQuelli lo facevano perché sapevano che dichiararsi innocenti, come in effetti erano,  significava condannare alla morte anche le loro famiglie. Non siamo a questo punto in Italia e la libertà di parola e di giudizio dovrebbe essere garantita. Ma così si attenta alla indipendenza della Magistratura dicono i magistrati con le loro organizzazioni e anche quei partiti che sono più vicini ad alcune correnti della magistratura, vicinanza ideologica spesso comprovata da opportune candidature nelle elezioni amministrative e politiche. 

 

Magistrati e potere esecutivo 

Quando invece si attenta alla libertà del potere esecutivo da parte di alcuni magistrati? Ma non è mai successo viene detto dai difensori d’ufficio delle procure. Lascio stare il discusso periodo di Mani Pulite e anche la persecuzione giudiziaria di Berlusconi ,che pure ci ha messo del suo per farsi perseguire, e cito soltanto due esempi.

 

Storia passata ed esemplare 

Molti anni fa un Ministro della Sanità emise un decreto, su suggerimento dei tecnici del Ministero che facevano riferimento ad una recente pubblicazione scientifica, per abbassare le concentrazioni di acido erucico allora consentite nell’olio di colza in quanto sostanza tossica. La Comunità Europea intervenne per far ripristinare il livello precedente di concentrazione della sostanza perché trattavasi di materia comunitaria  e non era consentita una legislazione nazionale autonoma. Alla revoca del decreto intervenne il pretore di Trento che incriminò il Ministro per abuso d’ufficio e si stava preparando a processarlo nonostante che: il decreto era stato emanato a Roma e Trento non aveva la competenza territoriale, essendo in ipotesi un reato ministeriale la competenza era del Tibunale dei Ministri di Roma, essendo il ministro un parlamentare coperto da immunità, non poteva essere processato ma si doveva chiedere l’autorizzazione alla Camera dei Deputati. Come vogliamo chiamare questa iniziativa giudiziaria? Sembra un tentativo ,per quanto goffo, di ledere l’indipendenza del Potere Esecutivo. Assolutamente no ,dissero coloro che danno sempre ragione alla magistratura, si è trattato di un semplice errore. 

 

Magistrati e azioni disciplinari 

Bene se furono errori sono della stessa dimensione di un medico che pensa che gli uomini abbiano due cuori e un solo rene. Non gli fu comminato neanche un richiamo disciplinare. Più recentemente alla Università Luiss di Roma un magistrato che aveva fatto parte del CSM presentò un libro in cui parlava della attività che questo organismo svolge per le mancanze disciplinari dei magistrati. La frase più asettica pronunciata fu che nel palazzo del CSM la cosa più vera sono i fiori falsi di plastica. Salvini si è anche permesso di dire che i magistrati non sono scelti dal popolo, lui come gli altri parlamentari invece lo sono. Non è forse vero? Probabilmente intendeva anche un’altra cosa  e ciò è che in Italia i magistrati fanno tutti parte dello stesso Ordine e oggi lavorano per la procura, domani fanno parte del collegio giudicante. 

 

L’esempio Americano

Negli Usa ,che sono la più antica democrazia repubblicana, il Procuratore Distrettuale che rappresenta l’accusa non fa lo stesso mestiere del giudice, è invece un avvocato e viene eletto dal popolo proprio come i deputati e i senatori. Un principio affermato con forza dalla Rivoluzione Francese è la anti democraticità dei tribunali speciali, quelli per intenderci che erano composti da religiosi e giudicavano i preti e quelli composti dai nobili che giudicavano i signori per quei reati che invece erano competenza dei normali tribunali se gli imputati erano dei semplici cittadini. Nel nostro ordinamento questi tribunali speciali non esistono ,ma se un magistrato è accusato da un pubblico ministero e che è un collega ,e giudicato da altri colleghi ,questo non dà l’impressione di essere un tribunale speciale? 

 

Poteri e cittadini 

Per carità, nessuno vuole dire che esistono parzialità o favoritismi, ma la moglie di Cesare dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, anche il più malevolo e ingiustificato. Negli Stati Uniti il Procuratore Distrettuale non è un giudice , ma un avvocato eletto dai cittadini, e nel processo penale il Giudice governa il dibattito ma non giudica; si limita a chiedere ad una giuria di cittadine :colpevole o innocente? In questo modo ogni cittadino ,a prescindere dal lavoro che svolge,è giudicato da altri cittadini che sono suoi pari.

Quando Salvini pensa a una riforma di tutta la giustizia ,quindi anche di quella civile con le sue incredibili lungaggini, pensa forse anche ai conflitti che dal 1993 in modo ricorrente contrappongono politica e giustizia e al modo di risolvere questo clima con una tutela reale dell’indipendenza dei tre poteri dello stato.

di Achille Lucio Gaspari

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Il mondo è cambiato. Ma tu sei disposto a fare altrettanto?

Il mondo è cambiato. Ma tu sei disposto a fare altrettanto?

Chi vi scrive è un ventiquattrenne, studente di Giurisprudenza e con zero prospettive per il futuro. Ma con una speranza.

Era necessario inserire questo preambolo per introdurvi al pensiero che vorrei snocciolare e fornirvi la giusta chiave di lettura, oltre che instillarvi un po’ di empatia (o di antipatia, fate vobis) con cui condire le prossime righe di questo “articolo”.

Oramai siamo nell’era dell’ultra-informazione e dell’omni-connettività. La società è sempre più veloce, sempre più frenetica. Ogni secondo è fondamentale per stare al passo di chi è al tuo fianco, pronto a farti lo sgambetto proprio per derubarti di quel fondamentale secondo.

In questo mondo, dal perenne annaspare, o si impara a nuotare e stare a galla, oppure ci si rassegna ad annegare. 

Un ritornello costante degli ultimi anni che sento spesso, purtroppo anche fra i miei coetanei abruzzesi, è “non si trova più il lavoro” o, ancor peggio, “ci rubano il lavoro”. Ebbene io vi rispondo: “Non si trova? Createlo. Ve lo rubano? Scippatelo a vostra volta”. In questo contesto sempre più globalizzato, dove bastano un paio di click o di tap per sapere cosa sta accadendo in Guatemala, o a Tokyo, o a Reykjavik, perché fossilizzarsi ad archetipi di pensiero obsoleti, stagionati 35 anni e che non superano il palmo dal naso?

Qualcuno potrebbe ribattere additando la troppa leggerezza con la quale sto affrontando il discorso, ma vi rispondo che, sostanzialmente, è facile. La tecnologia ce lo permette, l’informatizzazione della società ce lo agevola. Non andare a cena nella trattoria di zio Gino solo perché il compare Ferdinando ti ha assicurato che si mangia bene, usa Google e TripAdvisor. Leggi le recensioni di tutti coloro che vi hanno mangiato. Natale si avvicina e non hai la minima voglia di fare code chilometriche alle casse del centro commerciale più vicino? Ordina i regali a domicilio su Amazon, su Ebay o su un qualsiasi altro sito, fra i milioni esistenti, di e-commerce.

Stesso discorso posso applicarlo al mondo del lavoro accennato poc’anzi. Hai un idea per avviare la tua impresa? Falla conoscere al mondo. Sfrutta i social, non per avere visibilità sulla vita del tuo compagno di banco al liceo, ma per dare visibilità alla tua idea. Se è valida e sarai abile nel creargli il giusto contesto, vedrai che il successo arriverà. Non riesci a finanziarla? Lancia una startup e abbraccia il crowdfunding. Basta il tuo progetto, sarà la piattaforma e la community a finanziartelo se saprai far breccia nei loro interessi.

Leggerezza, facilità, comodità, agevolazione, ecc. Certo, sono tutti termini rassicuranti, ma è altrettanto vero che trovare l’idea giusta non è affatto semplice, ovviamente. Così come farla fruttare. La connettività ci viene incontro, ma la scintilla deve pur partire da noi stessi. Inoltre la dinamicità di questo fantastico contesto socio-culturale ha anche i suoi lati negativi: ad esempio, la grande velocità con cui potrebbe esplodere la suddetta idea è direttamente proporzionale alla sua velocità d’implosione. E sicuramente le criticità non finirebbero qui, ma l’impostazione che voglio dare a queste poche righe dev’essere ottimista, perché dipende da noi e dal nostro modo di approcciarci a questo nuovo mondo isterico e bulimico la conseguente sopravvivenza in esso.

Per cui, non fate stagnare la vostra curiosità, non imponete limiti ai vostri orizzonti e, soprattutto, abbiate il coraggio e la fermezza di credere in ciò che immaginate.

La mia speranza? Essere anch’io all’altezza di tutto ciò.

 

di Paolo Colazilli

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Salvini indagato, quando i pm scendono in campo 

 

Salvini indagato, quando i pm scendono in campo 

 

Il procuratore della Repubblica di Agrigento ha contestato a Salvini ben tre ipotesi di reato; è una cosa da far perdere il sonno. Prima di entrare in argomento desidero fare una riflessione. 

 

Reati e sicurezza dei cittadini 

Chiunque commette un reato lo fa per trarne qualche vantaggio. Chi ruba un oggetto o se lo tiene o lo vende e ne usa il ricavato; questo è il suo vantaggio. L’azione di Salvini è invece amico personale giudizio unito a quello dei suoi sostenitori e tanti cittadini,  a vantaggio dei cittadini italiani e per essere più precisi a vantaggio del loro portafoglio, della loro sicurezza e della loro salute.

 

I costi per la collettività 

 I seicentomila clandestini portati in Italia dallo scellerato accordo stipulato dal governo Renzi costano per vitto, alloggio e anche ricarica del cellulare ben 5 miliardi di euro l’anno alle nostre tasche, cifra che potrebbe essere risparmiata o utilmente usata per aiutare i 5 milioni di cittadini che versano in condizione di povertà assoluta. Impedire che questo numero aumenti significa impedire un aumento dell’esborso. 

 

Delinquenti e carceri 

Le carceri italiane sono per metà piene di detenuti stranieri; certamente anche gli italiani commettono reati ma quanto incide su 60 milioni di abitanti il numero dei carcerati italiani? E’ a tutti evidente la sproporzione tra stranieri residenti e stranieri incarcerati. Se poi il conto si fa tra tutti i clandestini e quei clandestini che commettono reati la proporzione peggiora. E neanche tutti questi personaggi sono in galera; il nigeriano che ha sezionato la ragazza a Macerata era uno spacciatore noto alla polizia, il senegalese che pochi giorni fa ha violentato una quindicenne a Iesolo è noto alle forze dell’ordine per i suoi comportamenti. Salvini si adopera per rimpatriare tutti coloro che commettono reati ed evitare che da gommoni e barconi sbarchino altri sconosciuti di cui non sappiamo nulla. E’ noto che malattie infettive mai presenti in Italia oppure scomparse come la scabbia e la tubercolosi sono riapparse e quest’ultima in forma più aggressiva perché resistente a molti antibiotici. Anche sulla nave Diciotti c’erano persone affette da scabbia e tubercolosi. I soccorritori e anche i non pochi visitatori compreso il nostro procuratore si erano ben premuniti dal contagio. I centri di identificazione hanno le porte girevoli come gli alberghi; quanti sono i clandestini scomparsi di cui non si conosce ne il nome ne lo stato di salute? Chi conosce il problema si è premunito e difeso ma gli ignari cittadini? Ecco come è tornata la tubercolosi in Italia che non è più la malattia dei poeti e degli artisti ma è il morbo della povera gente. 

 

Le accuse a Salvini

Viene contestato a Salvini l’arresto arbitrario e il sequestro di persona, ma su quella nave nessuno è stato arrestato ne sequestrato. A prescindere dal fatto che qualcuno o è arrestato arbitrariamente o è sequestrato e le due cose insieme non possono coesistere, si è solo impedito di scendere a terra a delle persone sconosciute, alcune anche malate di malattie contagiose e prive di documenti. Provate voi senza documenti ad entrare negli USA, in Russia, in Cina ed in ogni altra nazione senza parlare dell’Australia. Non vi faranno varcare la frontiera e se arrivate per nave e il controllo di dogana viene fatto a bordo come talvolta accade, non vi faranno scendere a terra e nessun giudice si sognerebbe di contestare al ministro competente i reati di arresto illegale e sequestro di persona. L’accusa più fantasiosa, secondo chi difende politicamente Salvini,  è il reato di abuso di ufficio, articolo 323 del codice penale: salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico ufficiale che nello svolgimento delle funzioniintenzionalmente procura a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto….. Se si tratta di danno ingiusto arrecato ai migranti allora è ricompreso nel sequestro di persona che è un reato più grave, se invece è un vantaggio patrimoniale cosa ci ha guadagnato in denaro Salvini?

 

E i cittadini italiani?

 Se invece il vantaggio patrimoniale è dei cittadini italiani che si risparmiano qualche spesa in più ,allora altro che ingiusto, per Salvini ci vuole una medaglia

Il danno Salvini tenta di arrecarlo agli affari dei trafficanti di uomini e alle ong che ci collaborano. Tenta di interrompere il flusso di denaro che arricchisce chi sfrutta il lavoro nero e le varie cooperative che lucrano sull’accoglienza; cerca di ostacolare la criminalità organizzata  che assolda e utilizza i clandestini.  anche molto fastidio alla Unione Europea fino ad oggi abituata a trattare l’Italia da servo sciocco.

I magistrati si preoccupano della indipendenza della Magistratura e della garanzia di godere di un potere soggetto solo alla legge; in questo sono tutti d’accordo come si può constatare dalle odierne prese di posizione nel CSM. Anche il potere esecutivo dovrebbe essere indipendente e tutelato nella sua indipendenza, ma mentre i magistrati sono tutti uniti per tutelare le loro prerogative i politici dei vari partiti si attaccano senza quartiere e credendo di conquistare il potere invece lo lacerano perché solo l’unione fa la forza.

 

Riflessioni di un ignorante in giurisprudenza 

Le procure hanno una competenza territoriale; fino a quando la nave non è attraccata al molo di Catania  i migranti non potevano scendere ;gli ipotetici reati si sono verificati quindi a Catania. Come mai la competenza se la è attribuita la procura di Agrigento?  Ma c’è da chiedersi il nostro procuratore ha aperto fascicoli sui trafficanti di uomini? E qui non parlo degli scafisti ma dei caporioni. Se non ci sono fascicoli come mai? E se ci sono ,sono contro ignoti ignoti ignoti? Se il potere giudiziario fosse usato non a fini di giustizia ma per costringere un altro potere dello stato si potrebbe configurare il reato descritto dall’articolo 338 :Minaccia ad un corpo politico dello stato. Chi lo dovrebbe contestare? Evidentemente un’altra procura. Io non ci crederei. Prima o poi altre elezioni ci saranno. Potrebbe anche capitare che il nostro bravo procuratore sia candidato, con la Lega non credo, ma forse con il PD o con LEU. Nessuna dietrologia però perché sarebbe solo una coincidenza e qualsiasi cittadino, qualunque sia il suo lavoro, ha il diritto di avere le sue opinioni politiche.

 

Un appello al ministro 

Caro ministro presto la mia penna a tantissimi cittadini patrioti per lanciare un appello. Sei nel giusto. Continua a difendere  gli interessi dei cittadini italiani. Ora l’alleanza di governo funziona ma tu lavora per conquistarti la maggioranza. In questo modo senza ricorrere a mediazioni o avere permessi potrai realizzare il programma del tuo partito, riforme comprese.

 

di Achille Lucio Gaspari

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