L’Osservatorio

Fuochi d’artificio, 9 mila imprese impegnate nel settore

Fuochi d'artificio e feste all'aperto caratterizzano l'estate italiana in molte localita' turistiche. Sono impegnate in questo settore circa 9 mila imprese nazionali, +1,5% in un anno, +12% in cinque. Emerge da un'elaborazione Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati registro imprese a marzo 2018, 2017 e 2013. E' la Campania la prima regione per specializzazione in fabbricazione di fuochi d'artificio con una settantina di imprese a cui si aggiungono una ventina di attivita' che organizzano solo eventi con fuochi pirotecnici (su un centinaio di italiane). In particolare, Napoli ha 25 imprese di fabbricazione, Caserta 19 e Salerno 15 su 187 nazionali. Seguono la Sicilia (31 imprese di produzione) con Catania (14) e Messina (11), l'Abruzzo (20) con L'Aquila (9). Se pero' consideriamo anche le imprese che organizzano attivita' di intrattenimento varie, tra cui spettacoli viaggianti, giostre e allestimento di spettacoli pirotecnici, e' la Lombardia a balzare in testa con 1.174 attivita' in totale (+2,7% rispetto al 2017, +23,8% dal 2013), seguita da Campania e Lazio con oltre mille. Tra le province, prima Roma con 845 imprese, seguita da Napoli (503), Milano (433) e Torino (311). 

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Le famiglie italiane sono indebitate in media di 20.549 euro

 Le famiglie italiane sono indebitate per un importo medio pari a 20.549 euro. Nell'insieme, i 'passivi' accumulati con le banche e gli istituti finanziari ammontano a quasi 534 miliardi di euro. Le cifre, elaborate dall’Ufficio studi della Cgia, sono riferite al 31 dicembre 2017.Dal 2014 l’andamento è in costante crescita; in questi ultimi 3 anni il debito è aumentato di 40,6 miliardi di euro (+8,2 per cento) e in gran parte è riconducibile al fatto che gli istituti di credito sono tornati a prestare i soldi alle famiglie italiane. Tra la fine del 2016 e la fine del 2017, ad esempio, gli impieghi bancari alle famiglie consumatrici per l’acquisto delle abitazioni sono aumentati dell’1,9 per cento, mentre i dati del credito al consumo, includendo anche le finanziarie, indicano un +8,3 per cento.Il ruolo economico delle famiglie italiane è importantissimo: il 60 per cento circa del Pil nazionale è riconducibile ai consumi dei nuclei familiari. E l’eventuale aumento dell’Iva potrebbe compromettere ulteriormente la tenuta economica di queste ultime, soprattutto di quelle ubicate nelle realtà più in difficoltà del Paese. "Anche se fosse solo selettivo - dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - l’eventuale aumento dell’ Iva peggiorerebbe, in particolar modo, la situazione economica delle famiglie meno abbienti. Segnalo, inoltre, che nemmeno l’operazione meno Irpef più Iva sarebbe a saldo zero. I 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area, tra i quali i disoccupati e coloro che percepiscono una pensione di invalidità, non avrebbero alcun benefico dall’introduzione della flat tax. Per contro, subirebbero un aumento dei prezzi di beni e servizi che toglierebbe loro ulteriore liquidità". Alla fine del 2017, segnala l’Ufficio studi della Cgia, le famiglie più 'esposte' con le banche abitavano in Lombardia. Al primo posto scorgiamo quelle residenti nella provincia di Milano, con un debito di 29.595 euro; al secondo posto quelle di Monza-Brianza, con 29.078 euro e al terzo posto le residenti a Lodi, con 27.631 euro. Appena fuori dal podio troviamo Como: il debito medio ammontava a 27.501 euro.Negli ultimi posti della graduatoria nazionale, invece, riscontriamo le famiglie residenti nel profondo Sud, come quelle di Reggio Calabria, con un debito di 10.301 euro, quelle di Vibo Valentia, con 9.411. Le famiglie meno indebitate d’Italia, infine, sono ubicate a Enna, con un 'rosso' che si è attestato a 9.169 euro (vedi Tab.1).Come vanno interpretati i risultati emersi a livello territoriale? "Premesso che le aree provinciali più esposte ai debiti sono quelle che registrano i livelli di reddito più elevati - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - è evidente che anche in queste zone tra gli indebitati vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, le forti esposizioni bancarie di questi territori, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti in questi ultimi anni nel settore immobiliare, non destano particolari problemi che, invece, si riscontrano in altre aree del Paese, in particolar modo nel Mezzogiorno".È altresì utile fare una riflessione sulle famiglie più disagiate: "La maggiore incidenza del debito sul reddito - conclude Zabeo - si riscontra nelle famiglie economicamente più deboli, vale a dire in quelle a rischio esclusione sociale che, statisticamente, sono tornate a crescere paurosamente, visto che gli effetti della crisi hanno accentuato, anche da noi, il divario tra poveri e ricchi".Per indebitamento medio delle famiglie consumatrici italiane, tiene a precisare l’Ufficio studi della Cgia, si intende quello originato dall’accensione di mutui per l’acquisto di una abitazione, prestiti personali, prestiti contro la cessione dello stipendio, aperture di credito in conto corrente (in genere forme di credito al consumo).Sono inoltre incluse altre forme tecniche di prestito che, come indicato dalla Banca d’Italia, non sono specificate nelle statistiche (ad esempio, carte di credito, prestiti su pegno ecc.) 

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Ferragosto positivo il turismo italiano

Ferragosto all'insegna dell'ottimismo per il turismo italiano. Per il ponte tra il 12 ed il 15 agosto è stato già riservato l'88% delle camere offerte online dal nostro sistema ricettivo, con punte del 93% nelle località balneari. Un dato che conferma l'andamento positivo della stagione dal punto di vista dei numeri dei visitatori: per il trimestre estivo giugno-agosto si prevedono 218,9 milioni di presenze, 4,5 milioni in più dell'estate record dello scorso anno. È quanto emerge dalle rilevazioni e dalle analisi condotte da Cst per Assoturismo Confesercenti. Dal monitoraggio dei principali Online Travel Agency, emerge che in media l'88% delle camere disponibili online è già stato prenotato; ma valori più alti sono attesi per le locali balneari (93%) e per le località lacuali (91%). Bene anche le destinazioni montane, con tassi d'occupazione media intorno al 90%. Le città d'arte sono all'84%, mentre le località termali si fermano al 65%. Tra le regioni, le più prenotate sono la Sardegna (93% della disponibilità già riservata) e il Trentino Alto Adige e la Liguria (92%). A contribuire alla crescita è la domanda estera, orientata soprattutto alle città d'arte, mentre quella italiana rimane più debole, concentrata in particolare nei fine settimana presso le località balneari. Una situazione che sta causando momenti di difficoltà durante il restante periodo settimanale in alcune aree costiere regionali. 

Anche nelle località balneari, comunque, ad aumentare sono soprattutto i turisti stranieri, mentre la domanda italiana rimane ferma rispetto allo stesso periodo del 2017. ''Preoccupano i segnali di indebolimento della domanda turistica italiana, dovuti a un generale rallentamento dei consumi delle famiglie'', commenta Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti. ''Quest'anno sono aumentati soprattutto i flussi di visitatori stranieri, che hanno premiato città d'arte e località balneari. Una conferma dell'appeal esercitato sui mercati esteri dal prodotto Italia, anche grazie alla varietà e alla qualità dei servizi offerti dalle imprese. Che però continuano a soffrire i problemi di sempre tra cui una pressione fiscale troppo alta che, insieme alle tariffe, erode i margini''

Le buone performance del ponte di Ferragosto confermano il trend positivo dell'estate 2018. Secondo le stime Cst per Assoturismo tra giugno e agosto sono attese 218,9 milioni di presenze turistiche, cioè circa 4,5 milioni in più rispetto al 2017 (+2,1%). A trainare sono proprio i flussi degli stranieri, per i quali si prevede un aumento del 2,6% delle presenze, mentre quelle dei nostri connazionali dovrebbero crescere solo dell'1,6%. Il trend dovrebbe essere uniformemente distribuito tra le diverse tipologie di imprese ricettive (+2,1% l'alberghiero e +2% l'extralberghiero). Nel primo comparto è atteso un +1,4% di italiani e un +3% di stranieri; nel secondo le stime indicano +1,9% di italiani e +2,2% di stranieri.

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Si paga più la bottiglia che il pomodoro.

 Si paga più la bottiglia che il pomodoro. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui costi di produzione. In una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml, in vendita mediamente a 1,30 euro, oltre la metà del valore, circa 53%, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, mentre il 18% è il costo di produzione industriale. Il 10% è il costo della bottiglia, solo l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro. A questi si aggiungono, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e, infine, il 2% per la pubblicità. Secondo la Coldirettiesiste un evidente squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera, favorito anche da pratiche commerciali sleali. Tra questi citano i casi di aste capestro online al doppio ribasso, che mettono in difficoltà gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione. “Occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera. Dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli, pagati sottocosto pochi centesimi, spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità” ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo

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Fatturato delle aziende in aumento del 5,8 per cento

Il 2017 e' stato un anno di svolta per l'industria italiana, un periodo che ha segnato un recupero dei fondamentali delle imprese del paese. Un anno di 'risveglio' che - in base anche alle prospettive che si hanno di fronte - si deve fare in modo che non vada sprecato. Nel 2017, infatti, le piu' importanti imprese industriali e di servizi italiane hanno aumentato il fatturato del 5,8%, interrompendo un quadriennio di cali consecutivi, ha certificato l'Area Studi di Mediobanca nel suo tradizionale rapporto annuale sui dati di bilancio che per la 56esima edizione ha aggregato quelli di 2.075 aziende che compongono il 50% del fatturato industriale e manifatturiero nazionale, il 37% di quello dei trasporti e il 41% della distribuzione al dettaglio. Lo scorso anno e' stato positivo sia per le esportazioni, cresciute del 7,1%, sia per quanto riguarda la dinamica delle vendite domestiche (+5,2%). Se si allargasse il confronto al 2008, emergerebbe allora che il 2017 potrebbe considerarsi come l'anno in cui ormai si e' arrivati quasi ai livelli pre-crisi: il fatturato aggregato e' adesso solo uno 0,6% inferiore a quello totalizzato nel 2008, con dinamiche pero' molto diverse tra mercato interno (-10,4%) ed esportazioni, che sono aumentate nel decennio esaminato del 25,2%

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Coldiretti, -50% di produzione miele Made in Italy nel 2018

 Il caldo riduce notevolmente la produzione di miele made in Italy con un calo stimato del 50% rispetto alla media degli ultimi anni per l'effetto del clima pazzo che ha stressato le api e compromesso le fioriture. E' quanto afferma la Coldiretti sulla base di un primo monitoraggio sugli 1,2 milioni di alveari sparsi nelle campagne italiane che impegnano 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali. Siamo di fronte - sottolinea la Coldiretti - a un crollo a macchia di leopardo della raccolta, dalla Sicilia all'Abruzzo, dalla Liguria alle Marche fino alla Sardegna e alla Lombardia, con punte anche dell'80% in meno rispetto alla media per alcune tipologie. Gli effetti del clima - rileva la Coldiretti - aggravano cosi' il gia' pesante deficit registrato nel 2017 quando la produzione di miele Made in Italy e' risultata pari a circa 10 milioni di chili, uno dei peggiori risultati della storia dell'apicoltura moderna. Quest'anno il caldo record alternato a violente tempeste d'acqua, grandine e vento, dopo una primavera fredda e piovosa, sta condizionando il lavoro delle api sia nella gestione degli alveari sia nella raccolta del nettare - spiega la Coldiretti - con problemi sulle principali varieta' di miele: dal castagno al tiglio, dal girasole al millefiori, dal coriandolo all'acacia, dall'arancio alla melata.

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Cinquemila controlli della Guardia costiera in una settimana

Oltre cinquemila controlli sono stati effettuati dalla Guardia Costiera nell'ultima settimana di luglio. Grazie a questi servizi sono stati restituiti alla libera fruizione dei cittadini quasi 250 mila metri quadrati di spiagge occupati da privati o stabilimenti non autorizzati. E' questo il principale risultato dell'operazione condotta dalle direzioni marittime delle capitanerie di porto, promossa dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, nell'ambito dell'attività 'Mare sicuro 2018'. Come emerge dai dati, resi noti dal Mit, delle città dove risiedono i 15 comandi regionali delle Capitanerie di Porto (cui fanno capo circa 300 comandi territoriali, dunque ogni città rimanda all'intera regione), dai 5358 controlli totali, sono emersi complessivamente 385 illeciti, di cui 233 amministrativi e 152 penali. Novantre i sequestri, di cui 45 penali e 48 amministrativi. Le attrezzature sequestrate sono state 11.260. Complessivamente sono stati comminate sanzioni per 171.500 euro, di cui 60 mila irrogate dalla direzione marittima di Civitavecchia, che ha anche accertato il più alto numero di illeciti amministrativi (50). Il maggior numero di controlli è stato effettuato dalla direzione marittima di Ravenna (1320). Il comando di Pescara ha sequestrato, invece, il più alto numero di attrezzature (2357) e ha liberato 110mila metri quadri di spiaggia (l'area più estesa), seguito da quella di Reggio Calabria con 1951 attrezzature sequestrate e 97.660 metri quadri restituiti tornati spiaggia libera. La direzione marittima di Napoli ha, invece, riscontrato il più alto numero di illeciti penali (38) e registra il maggior numero di sequestri penali (27). I dati decisamente più alti relativi ad alcune regioni non vanno intesi, spiega il Mit, come un campione rappresentativo di una più diffusa condizione di illegalità ma sono riferibili soltanto ad aree di spiaggia libera controllate caratterizzate da una maggiore concentrazione e densità di utenza. 

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Industria, Istat: Produzione +0,5% a giugno, +1,7% annuo

A giugno 2018 l'indice destagionalizzato della produzione industriale aumenta dello 0,5% rispetto a maggio. Lo stima l'Istat, rilevando che nella media del secondo trimestre il livello della produzione rimane invariato rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a giugno 2018 l'indice è aumentato su base annua dell'1,7% (i giorni lavorativi sono stati 21 come a giugno 2017). Nella media dei primi sei mesi la produzione è cresciuta del 2,6% su base annua.

"La crescita congiunturale dell'indice destagionalizzato negli ultimi due mesi permette di recuperare la flessione di aprile, con un livello che a giugno si attesta sullo stesso di marzo", commenta l'istituto, aggiungendo che "in termini tendenziali si conferma l'espansione nei primi sei mesi dell'anno, il cui impulso tende tuttavia ad attenuarsi negli ultimi mesi". Sempre l'Istat pone l'accendo su come l'indice destagionalizzato dei beni strumentali abbia raggiunto a giugno "un livello elevato", sostenuto da quattro mesi di continua crescita congiunturale. Anche la dinamica su base annua conferma un marcato profilo di crescita per questo comparto.

L'indice destagionalizzato mensile mostra a giugno una crescita rispetto al mese precedente nei comparti dei beni strumentali (+1,4%) ed, in misura più contenuta, dei beni di consumo (+0,5%) e dei beni intermedi (+0,1%); una variazione negativa registra invece l'energia (-0,7%). Mentre gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano un’ampia crescita sull'anno per i beni strumentali (+5,4%). Più contenuto è l'aumento per i beni di consumo (+1,2%) e per i beni intermedi (+0,4 %), mentre diminuisce il comparto dell’energia (-3,9%).I settori di attività economica che registrano la maggiore crescita su base annua sono l'attività estrattiva (+12,5%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+11,8%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (+7,1%). Le maggiori flessioni si registrano invece nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-8,6%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-6,5%) e nella industria del legno, della carta e stampa (-4,2%). 

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Il caldo abbassa la produzione di latte delle mucche del 15 per cento secondo Coldiretti

 "Stress da caldo anche per gli animali nelle case e nelle fattorie dove le mucche con le alte temperature stanno producendo fino al 15% circa di latte in meno rispetto ai periodi normali". È l'allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti dell'innalzamento delle temperature nell'ultima settimana dalle stalle ai pollai, dove si registrano difficoltà nelle aree piu' colpite dall'afa. "Per le mucche - sottolinea la Coldiretti - il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi, oltre questo limite gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte. In soccorso nelle stalle - rileva la Coldiretti - sono già scattate le contromisure anti afa nelle stalle dove gli abbeveratoi lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale è arrivato a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi più freschi. In funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare a sopportare meglio la calura. Al calo delle produzioni di latte si aggiunge dunque anche - continua la Coldiretti - un aumento dei costi alla stalla per i maggiori consumi di acqua ed energia che gli allevatori devono sostenere per aiutare gli animali a resistere all'assedio del caldo". "A soffrire sono anche i maiali, che mangiano meno nonostante ventilatori, doccette e sistemi di raffreddamento misti con acqua e aria che lavorano a pieno regime mentre si segnalano difficoltà anche nei pollai dove - sostiene la Coldiretti - si è sta registrando un calo fra il 5 al 10 per cento nella deposizione delle uova". "Da seguire - sottolinea la Coldiretti - sono anche gli animali domestici con cani e gatti possono che possono soffrire l'eccesso di calore soprattutto perché sudano poco. Tutto questo può essere molto pericoloso e portare l'animale, in condizioni estreme, anche alla morte. E' molto importante fare in modo che stiano sempre al riparo dal sole e in luoghi ben areati. Se necessario, installare sistemi di ventilazione supplementari, ma soprattutto - consiglia la Coldiretti - garantire sempre dell'acqua e non lasciarli mai soli nelle macchine al chiuso"

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Roma è la città leader per il gelato

E' Roma la città leader in Italia per il gelato. A rilevarlo è l'analisi di mercato sul primo trimestre 2018 della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Dati alla mano-secondo i calcoli elaborati- nella Capitale sono presenti 1.423 attività e 4.336 addetti. Seguono Napoli per numero di gelaterie specializzate nella produzione e distribuzione (901) e Milano per addetti (2.918). Nella classifica delle dieci città con la maggiore concentrazione di gelaterie risultano poi esserci Torino, Salerno, Bari, Brescia, Palermo, Venezia, Messina e Catania con Nuoro e Lodi (+7,5%) e Teramo (+6,5%) che crescono più delle altre. Complessivamente nello Stivale le gelaterie, tra produzione e vendita, sono invece 19 mila con quasi 73 mila addetti impiegati e un fatturato annuale di 1,5 miliardi. Tra le località con la più alta redditività di settore, relativamente al 2016, al primo posto è Firenze con 358.896 euro. Seguono Terni (115.831), Milano (82.907), Roma (78.649), Bologna (68.718). Infine sul fronte consumi, relativamente all'estate 2018 e secondo stime Coldiretti, le alte temperature degli ultimi giorni avrebbero fatto fare un balzo agli acquisti di gelato del 30% con una preferenza per il prodotto artigianale

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