L’Osservatorio

Rapporto Agcom, internet è il mezzo piu’ amato dai pubblicitari

Internet è il mezzo piu' amato dai pubblicitari secondo la Relazione Agcom la pubblicità nel 2017 tiene ma solo grazie al web. La pubblicità sull'online cresce a due cifre e vale ora 2,2 mld (basti pensare che la raccolta pubblicitaria di quotidiani, periodici e radio assieme non arriva a 1,9 mld), mentre la televisione perde un 2% di ricavi. Il calo comporta comunque una significativa differenza tendenziale tra tv free (-3,5%) e tv pay (-0,2%). In generale, gli investimenti pubblicitari globali appaiono sempre più re-indirizzati dai media tradizionali alle piattaforme online, che complessivamente crescono di oltre il 12%. Google e Facebook "sono naturalmente i principali beneficiari di questo trend" ha affermato il presidente dell'Agcom. Che è tornato a sottolineare la crisi del comparto dell'editoria, che deve essere oggetto, dice, di una 'policy' dedicata. Il valore economico del settore dell'editoria quotidiana e periodica nel 2017 registra una ulteriore flessione: 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia il -5,2%. Il settore dei quotidiani in particolare registra una ulteriore contrazone dei ricavi, dell'8,9%. 

Il settore, ha detto Cardani illustrando la Relazione "nell'ultimo decennio ha perso all'incirca metà del suo peso economico". Ed "essendo qui in gioco non solo i destini di una filiera industriale, ma anche quelli di un bene di valore strategico e sociale quale l'informazione, la crisi di questo comparto e la contestuale ascesa di Internet quale tendenziale mezzo sostitutivo, si configura quale tema di policy che interroga in primis Governo e Parlamento e che richiede una riflessione di ampio respiro" ha osservato Cardani. Ai giornali si preferisce per molti versi internet (la cui credibilità nell'informazione è comunque ancora inferiore agli organi di stampa) e anche per la fruizione di video molti italiani puntano sullo streaming. Crescono in Italia gli accessi a banda larga e ultralarga da rete fissa: nel 2017 si è registrato un +3,8%. Gli abbonati broadband su rete fissa aumentano di circa un milione e raddoppiano gli accessi ultrabroadband (da 2,3 a 4,5 milioni). Alla base c'è la crescente domanda di contenuti video online su rete fissa (+30%). Il consumo di dati da parte degli utenti è cresciuto in misura ancora maggiore (+48% circa) nella telefonia mobile. 

A spiegare l'aumento di abbonati a internet veloce (sopra i 30 megabit) e superveloce, anche il diffondersi di servizi e copertura delle nuove reti (NGA che comprendono sia Fixed wireless access che broadband e fibra). Il numero totale di servizi all'ingrosso NGA è aumentato dell'80% in un anno e la copertura nel 2017 ha raggiunto l'87% delle famiglie, attestando così l'Italia al di sopra della media UE (80%). Cardani conia la definizione di 'tv liquida', che "è ormai una realtà 'consolidata'. Crescono le forme di accesso non tradizionali alla tv; in tal senso il 2017 può essere ricordato anche come l'anno della definitiva consacrazione della 'televisione liquida', con una stima di circa 3 milioni di cittadini che guardano abitualmente la tv in streaming e in numero 3/4 volte superiore (dai 9 ai 12 milioni n.d.r.) che scaricano abitualmente contenuti televisivi sui propri device". "La televisione tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta sia in termini di valore economico sia in termini di ascolti, con una audience media nel prime time serale stabilmente sopra i 25 milioni di contatti, come a fine 2016". Anche "la radio, come già nel 2016, registra segnali di tenuta e consolidamento delle proprie posizioni tradizionali sia in termini di ricavi complessivi (626 milioni di euro, -0,7%), sia in termini di audience"

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Istat, a maggio torna a crescere la produzione industriale

A maggio l'indice destagionalizzato della produzione industriale e' aumentato dello 0,7% rispetto ad aprile. Nella media del trimestre marzo-maggio la produzione e' diminuita dello 0,4% sul trimestre precedente. Lo ha reso noto l'Istat, informando che l'indice destagionalizzato mensile ha mostrato una crescita congiunturale in tutti i comparti. In particolare, hanno segnato variazioni positive l'energia (+1,2%), i beni intermedi (+0,9%), i beni strumentali (+0,4%) e i beni di consumo (+0,2%). Corretto per gli effetti di calendario, a maggio l'indice e' aumentato in termini tendenziali del 2,1%, poiche' i giorni lavorativi sono stati 22 come a maggio 2017. Nella media dei primi cinque mesi la produzione e' cresciuta del 2,8% su base annua. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a maggio 2018 variazioni tendenziali positive in tutti i raggruppamenti. Rilevanti gli incrementi per i beni strumentali (+3,1%), l'energia (+2,2%) e i beni di consumo (+2,1%) mentre piu' limitato e' stato l'aumento dei beni intermedi (+1,3%).

I settori manifatturieri che hanno registrato la maggiore crescita tendenziale sono la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+7,3%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+6,6%) e i macchinari e attrezzature n.c.a (+5,1%). Le maggiori flessioni sono state registrate invece nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (-1,6%) e della metallurgia e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-1,0%). 

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Casa, Istat: nel I trimestre prezzi in moderato calo, -0,4%

 Nel primo trimestre l'indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2017 (era -1,2% nel quarto trimestre 2017). Lo ha reso noto l'Istat. La flessione tendenziale "è da attribuire esclusivamente ai prezzi delle abitazioni esistenti che manifestano una variazione negativa pari a -0,8%, in attenuazione da -1,5% del trimestre precedente". I prezzi delle abitazioni nuove, invece, accelerano su base tendenziale passando dal +0,2% del quarto trimestre del 2017 al +1,3% del primo trimestre del 2018. Su base congiunturale la diminuzione è dovuta esclusivamente al calo dei prezzi delle abitazioni nuove (-1,3%), mentre quelli delle abitazioni esistenti registrano un aumento dello 0,2%. Il tasso di variazione acquisito dei prezzi per il 2018 risulta pari a -0,5%. "I dati recenti - è l'analisi dell'Istat - mostrano il consolidarsi della fase di moderata flessione dei prezzi delle abitazioni iniziata nel 2017, che ha interrotto la lieve ripresa del 2016, anno in cui si era registrato il forte incremento delle transazioni di immobili residenziali, evidenziato dai dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare-Omi dell'Agenzia delle Entrate (+18,4%) Non è stata infatti sufficiente la crescita dei prezzi delle abitazioni nuove per far tornare in territorio positivo le variazioni tendenziali dell'indice il cui andamento è sempre più determinato dalle abitazioni esistenti che pesano ormai per oltre l'80% nel calcolo degli indici del 2018".

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Dodici milioni di italiani rinunciano a curarsi per motivi economici

"Oltre 27 milioni di italiani desiderano aderire a un sistema sanitario mutualistico per evitare liste di attesa interminabili. Dunque dal sondaggio del Censis del 2016 sono ancora aumentati cittadini che vorrebbero un ritorno alla Cassa Mutua". E' quanto si legge in uno studio di Federcontribuenti-Fondosalute in cui si evidenzia come il sistema del mutuo soccorso, la famosa Cassa Mutua, è rimasta sempre nel cuore degli italiani. Inoltre nello studio emerge che 12 milioni di italiani rinunciano a curarsi per motivi economici e la rinuncia non riguarda solo gli anziani soli o con una pensione al minimo che sono stanchi delle lunghe attese per visite e ricoveri ma riguarda in particolare i giovani, una popolazione il cui stile di vita appare gia' di per sé allarmante, rileva Federcontribuenti-Fondosalute. In Italia, sempre secondo lo studio di Federcontribuenti-Fondosalute, il 24,8% dei giovani di età compresa tra 20 e 24 anni fuma, il 44,8% beve regolarmente alcolici fuori pasto e il 22,8% è in sovrappeso od obeso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità prevede un'epidemia globale di obesità in Europa entro il 2030

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In Italia ci sono 3,3 milioni di lavoratori in nero

In Italia ci sono 3,3 milioni di "lavoratori invisibili" che ogni giorno si recano nei campi, nei cantieri, nei capannoni o nelle case degli italiani per prestare la propria attività lavorativa. Pur essendo sconosciuti all'Inps, all'Inail e al fisco, gli effetti economici che producono questi soggetti sono importanti e pesantissimi. Secondo le ultime stime elaborate dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre, questo esercito di irregolari genera 77,3 miliardi di fatturato in nero all'anno, sottraendo al fisco un gettito di 42,6 miliardi di euro. Un importo, quest'ultimo, pari a oltre il 40% dell'evasione di imposta annua stimata dai tecnici del ministero dell'Economia e delle Finanze. Per contenere il fenomeno, secondo la Cgia bisognerebbe "ripristinare i vaucher". Dalle cifre emerse dall'elaborazione, la regione più a "rischio" è la Calabria che presenta 146 mila lavoratori in nero, ma un'incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,9%. Un risultato che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,2%). Questa situazione, secondo l'elaborazione della Cgia, si traduce in quasi 1,6 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato dalla Calabria. Segue la Campania che con 382.900 unità di lavoro irregolari "produce" un Pil in "nero" che pesa su quello ufficiale per l'8,8%. Le tasse che mediamente vengono a mancare in Campania ammontano a 4,4 miliardi di euro all'anno. Al terzo posto di questa graduatoria troviamo la Sicilia: con 312.600 irregolari e un peso dell'economia sommersa su quella complessiva pari all' 8,1%, le imposte e i contributi non versati sfiorano i 3,5 miliardi di euro all'anno. Il territorio meno interessato dalla presenza dell'economia sommersa è il Veneto: i 199.400 lavoratori in nero "causano" 5,2 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso (pari al 3,8%) che sottraggono al fisco quasi 2,9 miliardi di euro

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Risparmio, il 47% delle famiglie mette da parte soldi

Cresce il numero delle famiglie in grado di risparmiare così come sale il numero di quanti dichiarano di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente per il proprio tenore di vita. A conferma che la ripresa, lenta lo scorso anno, si consolida nel 2018. E quanto emerge dall'indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2018 curato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo e condotto la scorsa primavera su un campione di 1021 persone. In particolare, dallo studio emerge che sale oltre il 47% del campione il numero di famiglie in grado di risparmiare contro il 43,4% del 2017 mentre la percentuale di intervistati che dichiara di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente sale dal 60,8% al 63,6%. Far fronte agli imprevisti è la principale motivazione del risparmio, lo dichiara il 43% del campione, seguono i figli, 21%, la vecchiaia, 19,7% e la casa, 14%. "Dall'indagine emerge che c'è un grandissimo desiderio delle famiglie italiane di tornare alla normalità - commenta Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo - in particolare la crescita di intervistati che dichiara di avere un reddito sufficiente e l'incremento delle famiglie in grado di risparmiate ci dicono che è in miglioramento la fiducia nel futuro".

I risparmiatori italiani preferiscono il risparmio gestito alle obbligazioni che fino ad oggi sono state l'attività finanziaria più acquistata. A rilevare la fine della luna di miele dei risparmiatori con le obbligazioni è l'indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2018 curato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo e condotto la scorsa primavera su un campione di 1021 persone. Dallo studio emerge che a detenere le obbligazioni in portafoglio sono oggi il 19% degli intervistati contro il 29% del 2007 e, per i possessori, queste rappresentano ormai solo il 24% dell'attivo, erano il 36% nel 2015. L'analisi, rileva, poi, che dalle obbligazioni gli investitori intervistati sono usciti in due direzioni: liquidità, favorita dal tasso di inflazione inferiore all'1%, e risparmio gestito. In particolare, sottolinea l'indagine, nel 2018 il 21,4% del campione ha dichiarato il possesso di almeno una forma di risparmio gestito negli ultimi cinque anni. I sottoscrittori di fondi comuni sono risultati il 10,9%, erano il 7,2% nel 2015, quelli di Etf il 7,3% (2,3% nel 2015), quelli di polizze unit linked il 2,8%, il 2% nel 2015.

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Pil, frena ancora la crescita dell’economia

In Italia si prospetta "una nuova decelerazione, consolidando uno scenario di contenimento dei ritmi di crescita dell'economia". Lo rileva l'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia italiana. "La crescita dell'area euro - sottolinea l'Istat - rallenta ma continua il processo di riduzione della disoccupazione. In Italia prosegue la fase di debolezza dell'attivita' manifatturiera, accompagnata dal calo degli ordinativi e delle esportazioni, piu' diffuso nell'area extra Ue. Il mercato del lavoro si rafforza: l'occupazione aumenta e si riduce la disoccupazione. L'inflazione torna ad aumentare, mantenendosi comunque su ritmi inferiori a quelli dell'area euro".

Ad aprile, ricorda l'Istat, l'indice della produzione industriale ha segnato una diminuzione (-1,2% rispetto a marzo) riprendendo la tendenza negativa di inizio anno. Il calo e' stato diffuso tra tutti i comparti industriali ad eccezione dei beni strumentali (+0,7% rispetto al mese precedente). La variazione congiunturale della media del trimestre febbraio-aprile rimane negativa in tutti i raggruppamenti ad eccezione dell'energia. Anche i dati sul fatturato e gli ordinativi dell'industria evidenziano segnali di rallentamento. La spesa delle famiglie per consumi finali ha registrato un marcato aumento congiunturale (+0,8%), in forte accelerazione rispetto al trimestre precedente. La crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici e' stata moderata (+0,2%). Di conseguenza, la propensione al risparmio e' diminuita attestandosi al 7,6% (0,5 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente). Anche il potere di acquisto e' diminuito (-0,2%). Il commercio al dettaglio mantiene un profilo moderato: nel trimestre marzo-maggio le vendite misurate in volume hanno segnato una lieve diminuzione congiunturale (-0,2% rispetto al trimestre precedente).

I miglioramenti sul mercato del lavoro appaiono generalizzati. A maggio e' proseguito l'aumento del tasso di occupazione (+0,2% rispetto al mese precedente) trainato dalla ripresa della componente maschile (+0,3%) e dal costante incremento di quella femminile (+0,2%,). La crescita congiunturale dell'occupazione e' stata sostenuta tra i dipendenti (+0,7%), a sintesi di un aumento consistente della componente a termine (+2,1%) e, in misura inferiore, di quella permanente (+0,5%). Considerando il trimestre marzo-maggio, il tasso di occupazione e' congiunturalmente aumentato in tutte le classi di eta', ma in misura piu' accentuata nella classe 25-34anni e in quella 50-64 anni (rispettivamente +0,9% e +0,8%) La riduzione del tasso di disoccupazione, attestatosi a maggio al 10,7%, 0,3 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente, ha interessato sia la componente maschile sia quella femminile ma ha riguardato in misura piu' intensa le fasce di eta' inferiori ai 35 anni.

L'inflazione si conferma in decisa ripresa. In base alla stima preliminare dell'indice per l'intera collettivita', in giugno i prezzi al consumo registrano un incremento tendenziale dell'1,4% (+0,5% e +1,0% rispettivamente in aprile e maggio), il valore piu' elevato da maggio 2017. L'aumento rispecchia principalmente gli effetti diretti e indiretti dei rincari dei beni energetici legati alle maggiori quotazioni del petrolio e al concomitante deprezzamento del cambio dell'euro rispetto al dollaro. Inoltre anche i beni alimentari hanno evidenziato spinte al rialzo. Le pressioni dei fattori di costo interni si mantengono moderate come segnala il recupero molto contenuto della misura di fondo dell'inflazione (+0,6% su base annua escludendo energetici e alimentari, solo un decimo in piu' rispetto a maggio), guidato essenzialmente dai prezzi dei servizi (+1,0% in un anno; +0,9% in maggio), mentre per i beni industriali non energetici la dinamica risulta ancora appena negativa (-0,1% la variazione tendenziale).

A giugno l'indice del clima di fiducia dei consumatori ha mostrato un significativo aumento, recuperando il forte calo registrato a maggio, sostenuto dalla componente economica. Anche le aspettative sulla disoccupazione hanno segnato un deciso miglioramento. Nello stesso mese la fiducia delle imprese ha evidenziato un aumento piu' contenuto. Per le imprese manifatturiere, il livello della fiducia continua a diminuire, raggiungendo il livello minimo dei primi mesi del 2017, con un peggioramento sia delle attese di produzione sia dei giudizi sugli ordini. 

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Ocse, in Italia diminuisce la disoccupazione ma aumenta la povertà

“Le proiezioni Ocse suggeriscono che la tendenza positiva continuerà nei prossimi due anni”. In particolare la situazione del mercato del lavoro in Italia è "migliorata negli ultimi anni ma più lentamente che in altri paesi". Lo sostiene l'Ocse nelle prospettive 2018 sull'Occupazione.
In merito all'occupazione la percentuale della popolazione (al 50,9%) è aumentata di 2,3 punti percentuali dal livello più basso nel 2013 ed è quasi tornata al livello pre-crisi, il 51%.
Il tasso di disoccupazione in Italia è "sceso ma, all'11,2% nell'aprile 2018, rimane il terzo più alto tra i paesi dell'Ocse e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008". L'Ocse aggiunge che "i salari reali sono scesi dell'1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una media Ocse del +0,6% nello stesso periodo”.
Comunque l’Ocse spiega che i risultati del mercato del lavoro italiano cono "al di sotto della media Ocse in tutti gli indicatori, tranne per quanto riguarda la qualità del reddito da lavoro", quindi “non sorprende che, dato l'ancora elevato tasso di disoccupazione e l'incidenza di contratti a termine, il livello d'insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito) sia il quarto più alto tra i paesi Ocse, dopo Grecia, Spagna e Turchia”.
Inoltre l’Ocse rileva che in Italia “la povertà è aumentata: il 13,6% delle persone in età lavorativa vive in famiglie con un reddito inferiore al 50% del reddito medio. Erano il 10,7% nel 2006”.
“La stagnazione della produttività e una percentuale significativa di lavoratori a basso reddito con contratti temporanei e/o part-time involontario – aggiunge l'Ocse - contribuiscono a spiegare perché i salari reali in Italia scendano invece di risalire con la ripresa economica”.

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La classifica delle università italiane per il Censis

Finite le fatiche dell'esame di maturita' per molti studenti e' gia' arrivato il momento di pensare al percorso universitario. Un aiuto arriva dalle classifiche Censis, in tutto sono 63, delle universita' italiane che ogni anno attraverso un'analisi dettagliata orienta giovani e famiglie ad individuare con consapevolezza il percorso di formazione migliore. "Lo scorso anno, a dimostrazione che e' uno strumento utile per gli studenti, abbiamo avuto - spiega all'Agi Luigi Bellesi, curatore della classifica - un picco di contatti sul nostro sito. La sola classifica 2017 degli atenei statali e' stata visitata 218 mila volte". Dall'analisi Censis di quest'anno, basata sulla valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensione) relativamente alle strutture disponibili, sui servizi erogati, sulla capacita' di comunicazione 2.0 e sul livello di internazionalizzazione, e' emerso che proprio quest'ultimo punto si e' particolarmente consolidato. Sul fronte dell'offerta, la dimensione internazionale acquisisce un peso sempre piu' consistente. Nell'ultimo anno accademico, piu' di 44.000 iscritti (quasi il 4% del totale) sono stati in mobilita', studiando e sostenendo esami presso un ateneo estero, e piu' del 23% di loro lo ha fatto attraverso programmi di mobilita' internazionale diversi da Erasmus+, attivati grazie alla cooperazione internazionale dei singoli atenei. Questi ultimi, da parte loro, hanno ospitato oltre 29.000 studenti stranieri in mobilita'. Nel 2016 quasi il 9% dei corsi di studio erogati era interamente in lingua inglese, mentre il 13% dei corsi di studio prevedeva il rilascio del titolo doppio o congiunto (double/joint degree). Complessivamente il Censis ha stilato 63 classifiche: tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l'universita' di Bologna, con un punteggio complessivo pari a 91,2. Segue, come l'anno precedente, Firenze (86) a pari merito con Padova (che rispetto al 2017 guadagna una posizione, acquisendo, tra l'altro, 4 punti nella comunicazione e nei servizi digitali) e con La Sapienza di Roma (che sale di due posizioni, accrescendo di 4 punti l'indicatore sulle strutture per gli studenti). "Siamo molto soddisfatti che quest'anno - sottolinea Bellesi - La Sapienza di Roma si sia posizionata al secondo posto a pari merito con Firenze e Padova. La nostra classifica e' fatta per l'orientamento degli studenti e si basa molto sul contesto e l'ambiente, quindi significa che La Sapienza da questo punto di vista sta facendo molto bene". Al pari dello scorso anno, ultima in classifica, sempre tra i mega atenei statali, e' l'universita' di Napoli Federico II, preceduta in penultima posizione da Catania. L'universita' statale di Milano, infine, si conferma terzultima.

Dai mega atenei il Censis dedica una classifica ai grandi (quelli che hanno da 20.000 a 40.000 iscritti): al primo posto continua a guidare la classifica l'universita' di Perugia, tendenzialmente stabile rispetto lo scorso anno nei punteggi dei singoli indicatori, salvo una contrazione di 5 punti nelle strutture per gli studenti, totalizzando cosi' un punteggio complessivo pari a 93,8. Con 92 scala la graduatoria di tre posizioni l'Universita' della Calabria, collocandosi al secondo posto, grazie all'apprezzabile incremento di 22 punti per borse di studio e altri interventi in favore degli studenti e di 12 punti per la comunicazione e i servizi digitali. "La Calabria, rispetto lo scorso anno, ha fatto - racconta il curatore della classifica - un grande balzo in avanti. Cio' dimostra che e' un'eccellenza degli atenei del Sud che solitamente rispetto a quelli dell'Italia settentrionale hanno sempre meno attrattiva per gli studneti". Conferma la terza posizione - sempre per i grandi atenei - l'universita' di Parma con un punteggio pari a 90,6. Scivola al quarto posto, perdendo due posizioni in un anno, Pavia, con un punteggio complessivo di 87,8. New entry tra i grandi atenei statali e' Palermo, non piu' classificabile come mega ateneo a seguito della contrazione del numero di iscritti, occupando la settima pozione, preceduta da Modena e Reggio Emilia (sesta posizione con 84,8 punti) e da Cagliari (quinta posizione con 87,4 punti). Penultima tra i grandi e' Roma Tre con 76,6 punti. Segue, in ultima posizione, l'universita' della Campania Luigi Vanvitelli con 74,2 punti, nonostante il sensibile incremento di 12 punti registrato per le strutture per gli studenti. L'universita' di Siena, come lo scorso anno, e' in testa alla graduatoria dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio totale di 99. Guadagna la seconda posizione Sassari, con un punteggio di 98, sorpassando Trento (96,8). Quest'ultima guadagna punti per borse e altri interventi in favore degli studenti e internazionalizzazione, ma retrocede per gli altri indicatori. Stabile al quarto posto e' Trieste (91), seguita dall'universita' Politecnica delle Marche (88,4). New entry tra i medi atenei statali, per effetto dell'incremento di studenti iscritti, e' Macerata, che si colloca in ottava posizione (84,6). Chiudono il ranking rispettivamente all'ultimo, penultimo e terzultimo posto le universita' di Napoli L'Orientale e Parthenope, e l'universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro. Le classifiche del Censis proseguono, inoltre, con i piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti), dove primeggia nuovamente Camerino, con un punteggio complessivo di 91,4, cui segue Foggia, che totalizza 87,6 punti e sale di due posizioni, occupando quello che lo scorso anno era il gradino di Teramo, retrocessa al quarto posto e penalizzata in particolare dalla perdita di 18 punti nelle strutture per gli studenti. L'Universita' di Cassino sale dal quinto al terzo posto, continuando l'ascesa della graduatoria iniziata lo scorso anno. La penultima e l'ultima posizione sono occupate rispettivamente dall'universita' del Molise e dall'universita' del Sannio.

Stabile la speciale classifica dei Politecnici, guidata dal quello di Milano (91,2), seguito dallo Iuav di Venezia (89,0), secondo posizionato, e dai Politecnici di Torino e di Bari, rispettivamente terzo e quarto. Non riserva sorprese, infine, la classifica degli atenei non statali, sostanzialmente stabile nelle diverse classi dimensionali, ad eccezione del passaggio dai piccoli ai medi atenei dello Iulm di Milano. Tra i grandi atenei (oltre 10.000 iscritti) primeggia anche quest'anno l'Universita' Bocconi (95,6 punti), seguita dalla Cattolica (87,6). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) e' prima la Luiss (91,4), seguita dalla Lumsa (83,8). Tra i piccoli, piu' numerosi, la Libera Universita' di Bolzano (con un punteggio totale di 106,0) e' seguita dalla Liuc-Universita' Cattaneo (92,6). Concludono la graduatoria l'universita' Lum Jean Monnet, in ultima posizione, preceduta dall'Europea di Roma. Ad eccezione del passaggio dello Iulm dai piccoli ai medi atenei non statali, all'interno della graduatoria si confermano nel complesso le posizioni dello scorso anno. 

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Presentata l’App di Resto al Sud

Per la prima volta un incentivo pubblico dispone di uno strumento digitale che informa in modo diretto e immediato: un ulteriore passo nella direzione dell'efficienza e della trasparenza della PA compiuto da Invitalia, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo. E' stata presentata l'App di Resto al Sud, l'incentivo gestito da Invitalia, dedicato ai giovani under 36 che vogliono avviare un'attivita' imprenditoriale nelle 8 regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna). Hanno partecipato alla presentazione, nella sede di Invitalia, la Ministra per il Sud, Barbara Lezzi e l'Amministratore Delegato di Invitalia, Domenico Arcuri. Scaricabile gratuitamente da App Store e da Google Play, l'applicazione permette agli aspiranti imprenditori di seguire in tempo reale lo stato di avanzamento della domanda per ricevere gli incentivi di Resto al Sud e di rimanere sempre informati su tutte le novita'. 'L'App 'Resto al Sud' ha detto Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia - ha per noi un doppio senso. Il primo: consegnare ai cittadini un loro diritto. Metterli, cioe', nelle condizioni di sapere in tempo reale a che punto sono le loro richieste. Il secondo ci riguarda piu' da vicino: con questa app ci mettiamo in gioco, dobbiamo rispettare i tempi di chi ci chiede se puo' avviare un'impresa al Sud, all'insegna della trasparenza, della tracciabilita' e della puntualita'. 

Attivando le notifiche push nell'area pubblica dell'App - informa Invitalia in una nota - si possono infatti avere informazioni sull'incentivo, leggere le news e conoscere le date dei workshop e degli eventi di promozione in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Chi ha presentato la domanda per ricevere gli incentivi su www.invitalia.it puo' entrare nell'area riservata dell'App e seguire in tempo reale la valutazione del progetto. Arrivera' una notifica sullo smartphone ogni volta che si passa allo step successivo o, anche, se il team di valutazione ha bisogno di piu' informazioni. Grazie al calendario integrato, e' possibile salvare le scadenze e gli appuntamenti. L'App da' inoltre la possibilita' di cercare le banche convenzionate per ricevere il contributo finanziario e gli enti pubblici, le universita' e gli organismi di terzo settore in grado di dare agli aspiranti imprenditori un aiuto concreto e gratuito per 'costruire' il progetto d'impresa

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