L’Osservatorio

Risparmio, il 47% delle famiglie mette da parte soldi

Cresce il numero delle famiglie in grado di risparmiare così come sale il numero di quanti dichiarano di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente per il proprio tenore di vita. A conferma che la ripresa, lenta lo scorso anno, si consolida nel 2018. E quanto emerge dall'indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2018 curato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo e condotto la scorsa primavera su un campione di 1021 persone. In particolare, dallo studio emerge che sale oltre il 47% del campione il numero di famiglie in grado di risparmiare contro il 43,4% del 2017 mentre la percentuale di intervistati che dichiara di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente sale dal 60,8% al 63,6%. Far fronte agli imprevisti è la principale motivazione del risparmio, lo dichiara il 43% del campione, seguono i figli, 21%, la vecchiaia, 19,7% e la casa, 14%. "Dall'indagine emerge che c'è un grandissimo desiderio delle famiglie italiane di tornare alla normalità - commenta Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo - in particolare la crescita di intervistati che dichiara di avere un reddito sufficiente e l'incremento delle famiglie in grado di risparmiate ci dicono che è in miglioramento la fiducia nel futuro".

I risparmiatori italiani preferiscono il risparmio gestito alle obbligazioni che fino ad oggi sono state l'attività finanziaria più acquistata. A rilevare la fine della luna di miele dei risparmiatori con le obbligazioni è l'indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2018 curato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo e condotto la scorsa primavera su un campione di 1021 persone. Dallo studio emerge che a detenere le obbligazioni in portafoglio sono oggi il 19% degli intervistati contro il 29% del 2007 e, per i possessori, queste rappresentano ormai solo il 24% dell'attivo, erano il 36% nel 2015. L'analisi, rileva, poi, che dalle obbligazioni gli investitori intervistati sono usciti in due direzioni: liquidità, favorita dal tasso di inflazione inferiore all'1%, e risparmio gestito. In particolare, sottolinea l'indagine, nel 2018 il 21,4% del campione ha dichiarato il possesso di almeno una forma di risparmio gestito negli ultimi cinque anni. I sottoscrittori di fondi comuni sono risultati il 10,9%, erano il 7,2% nel 2015, quelli di Etf il 7,3% (2,3% nel 2015), quelli di polizze unit linked il 2,8%, il 2% nel 2015.

Leggi Tutto »

Pil, frena ancora la crescita dell’economia

In Italia si prospetta "una nuova decelerazione, consolidando uno scenario di contenimento dei ritmi di crescita dell'economia". Lo rileva l'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia italiana. "La crescita dell'area euro - sottolinea l'Istat - rallenta ma continua il processo di riduzione della disoccupazione. In Italia prosegue la fase di debolezza dell'attivita' manifatturiera, accompagnata dal calo degli ordinativi e delle esportazioni, piu' diffuso nell'area extra Ue. Il mercato del lavoro si rafforza: l'occupazione aumenta e si riduce la disoccupazione. L'inflazione torna ad aumentare, mantenendosi comunque su ritmi inferiori a quelli dell'area euro".

Ad aprile, ricorda l'Istat, l'indice della produzione industriale ha segnato una diminuzione (-1,2% rispetto a marzo) riprendendo la tendenza negativa di inizio anno. Il calo e' stato diffuso tra tutti i comparti industriali ad eccezione dei beni strumentali (+0,7% rispetto al mese precedente). La variazione congiunturale della media del trimestre febbraio-aprile rimane negativa in tutti i raggruppamenti ad eccezione dell'energia. Anche i dati sul fatturato e gli ordinativi dell'industria evidenziano segnali di rallentamento. La spesa delle famiglie per consumi finali ha registrato un marcato aumento congiunturale (+0,8%), in forte accelerazione rispetto al trimestre precedente. La crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici e' stata moderata (+0,2%). Di conseguenza, la propensione al risparmio e' diminuita attestandosi al 7,6% (0,5 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente). Anche il potere di acquisto e' diminuito (-0,2%). Il commercio al dettaglio mantiene un profilo moderato: nel trimestre marzo-maggio le vendite misurate in volume hanno segnato una lieve diminuzione congiunturale (-0,2% rispetto al trimestre precedente).

I miglioramenti sul mercato del lavoro appaiono generalizzati. A maggio e' proseguito l'aumento del tasso di occupazione (+0,2% rispetto al mese precedente) trainato dalla ripresa della componente maschile (+0,3%) e dal costante incremento di quella femminile (+0,2%,). La crescita congiunturale dell'occupazione e' stata sostenuta tra i dipendenti (+0,7%), a sintesi di un aumento consistente della componente a termine (+2,1%) e, in misura inferiore, di quella permanente (+0,5%). Considerando il trimestre marzo-maggio, il tasso di occupazione e' congiunturalmente aumentato in tutte le classi di eta', ma in misura piu' accentuata nella classe 25-34anni e in quella 50-64 anni (rispettivamente +0,9% e +0,8%) La riduzione del tasso di disoccupazione, attestatosi a maggio al 10,7%, 0,3 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente, ha interessato sia la componente maschile sia quella femminile ma ha riguardato in misura piu' intensa le fasce di eta' inferiori ai 35 anni.

L'inflazione si conferma in decisa ripresa. In base alla stima preliminare dell'indice per l'intera collettivita', in giugno i prezzi al consumo registrano un incremento tendenziale dell'1,4% (+0,5% e +1,0% rispettivamente in aprile e maggio), il valore piu' elevato da maggio 2017. L'aumento rispecchia principalmente gli effetti diretti e indiretti dei rincari dei beni energetici legati alle maggiori quotazioni del petrolio e al concomitante deprezzamento del cambio dell'euro rispetto al dollaro. Inoltre anche i beni alimentari hanno evidenziato spinte al rialzo. Le pressioni dei fattori di costo interni si mantengono moderate come segnala il recupero molto contenuto della misura di fondo dell'inflazione (+0,6% su base annua escludendo energetici e alimentari, solo un decimo in piu' rispetto a maggio), guidato essenzialmente dai prezzi dei servizi (+1,0% in un anno; +0,9% in maggio), mentre per i beni industriali non energetici la dinamica risulta ancora appena negativa (-0,1% la variazione tendenziale).

A giugno l'indice del clima di fiducia dei consumatori ha mostrato un significativo aumento, recuperando il forte calo registrato a maggio, sostenuto dalla componente economica. Anche le aspettative sulla disoccupazione hanno segnato un deciso miglioramento. Nello stesso mese la fiducia delle imprese ha evidenziato un aumento piu' contenuto. Per le imprese manifatturiere, il livello della fiducia continua a diminuire, raggiungendo il livello minimo dei primi mesi del 2017, con un peggioramento sia delle attese di produzione sia dei giudizi sugli ordini. 

Leggi Tutto »

Ocse, in Italia diminuisce la disoccupazione ma aumenta la povertà

“Le proiezioni Ocse suggeriscono che la tendenza positiva continuerà nei prossimi due anni”. In particolare la situazione del mercato del lavoro in Italia è "migliorata negli ultimi anni ma più lentamente che in altri paesi". Lo sostiene l'Ocse nelle prospettive 2018 sull'Occupazione.
In merito all'occupazione la percentuale della popolazione (al 50,9%) è aumentata di 2,3 punti percentuali dal livello più basso nel 2013 ed è quasi tornata al livello pre-crisi, il 51%.
Il tasso di disoccupazione in Italia è "sceso ma, all'11,2% nell'aprile 2018, rimane il terzo più alto tra i paesi dell'Ocse e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008". L'Ocse aggiunge che "i salari reali sono scesi dell'1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una media Ocse del +0,6% nello stesso periodo”.
Comunque l’Ocse spiega che i risultati del mercato del lavoro italiano cono "al di sotto della media Ocse in tutti gli indicatori, tranne per quanto riguarda la qualità del reddito da lavoro", quindi “non sorprende che, dato l'ancora elevato tasso di disoccupazione e l'incidenza di contratti a termine, il livello d'insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito) sia il quarto più alto tra i paesi Ocse, dopo Grecia, Spagna e Turchia”.
Inoltre l’Ocse rileva che in Italia “la povertà è aumentata: il 13,6% delle persone in età lavorativa vive in famiglie con un reddito inferiore al 50% del reddito medio. Erano il 10,7% nel 2006”.
“La stagnazione della produttività e una percentuale significativa di lavoratori a basso reddito con contratti temporanei e/o part-time involontario – aggiunge l'Ocse - contribuiscono a spiegare perché i salari reali in Italia scendano invece di risalire con la ripresa economica”.

Leggi Tutto »

La classifica delle università italiane per il Censis

Finite le fatiche dell'esame di maturita' per molti studenti e' gia' arrivato il momento di pensare al percorso universitario. Un aiuto arriva dalle classifiche Censis, in tutto sono 63, delle universita' italiane che ogni anno attraverso un'analisi dettagliata orienta giovani e famiglie ad individuare con consapevolezza il percorso di formazione migliore. "Lo scorso anno, a dimostrazione che e' uno strumento utile per gli studenti, abbiamo avuto - spiega all'Agi Luigi Bellesi, curatore della classifica - un picco di contatti sul nostro sito. La sola classifica 2017 degli atenei statali e' stata visitata 218 mila volte". Dall'analisi Censis di quest'anno, basata sulla valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensione) relativamente alle strutture disponibili, sui servizi erogati, sulla capacita' di comunicazione 2.0 e sul livello di internazionalizzazione, e' emerso che proprio quest'ultimo punto si e' particolarmente consolidato. Sul fronte dell'offerta, la dimensione internazionale acquisisce un peso sempre piu' consistente. Nell'ultimo anno accademico, piu' di 44.000 iscritti (quasi il 4% del totale) sono stati in mobilita', studiando e sostenendo esami presso un ateneo estero, e piu' del 23% di loro lo ha fatto attraverso programmi di mobilita' internazionale diversi da Erasmus+, attivati grazie alla cooperazione internazionale dei singoli atenei. Questi ultimi, da parte loro, hanno ospitato oltre 29.000 studenti stranieri in mobilita'. Nel 2016 quasi il 9% dei corsi di studio erogati era interamente in lingua inglese, mentre il 13% dei corsi di studio prevedeva il rilascio del titolo doppio o congiunto (double/joint degree). Complessivamente il Censis ha stilato 63 classifiche: tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l'universita' di Bologna, con un punteggio complessivo pari a 91,2. Segue, come l'anno precedente, Firenze (86) a pari merito con Padova (che rispetto al 2017 guadagna una posizione, acquisendo, tra l'altro, 4 punti nella comunicazione e nei servizi digitali) e con La Sapienza di Roma (che sale di due posizioni, accrescendo di 4 punti l'indicatore sulle strutture per gli studenti). "Siamo molto soddisfatti che quest'anno - sottolinea Bellesi - La Sapienza di Roma si sia posizionata al secondo posto a pari merito con Firenze e Padova. La nostra classifica e' fatta per l'orientamento degli studenti e si basa molto sul contesto e l'ambiente, quindi significa che La Sapienza da questo punto di vista sta facendo molto bene". Al pari dello scorso anno, ultima in classifica, sempre tra i mega atenei statali, e' l'universita' di Napoli Federico II, preceduta in penultima posizione da Catania. L'universita' statale di Milano, infine, si conferma terzultima.

Dai mega atenei il Censis dedica una classifica ai grandi (quelli che hanno da 20.000 a 40.000 iscritti): al primo posto continua a guidare la classifica l'universita' di Perugia, tendenzialmente stabile rispetto lo scorso anno nei punteggi dei singoli indicatori, salvo una contrazione di 5 punti nelle strutture per gli studenti, totalizzando cosi' un punteggio complessivo pari a 93,8. Con 92 scala la graduatoria di tre posizioni l'Universita' della Calabria, collocandosi al secondo posto, grazie all'apprezzabile incremento di 22 punti per borse di studio e altri interventi in favore degli studenti e di 12 punti per la comunicazione e i servizi digitali. "La Calabria, rispetto lo scorso anno, ha fatto - racconta il curatore della classifica - un grande balzo in avanti. Cio' dimostra che e' un'eccellenza degli atenei del Sud che solitamente rispetto a quelli dell'Italia settentrionale hanno sempre meno attrattiva per gli studneti". Conferma la terza posizione - sempre per i grandi atenei - l'universita' di Parma con un punteggio pari a 90,6. Scivola al quarto posto, perdendo due posizioni in un anno, Pavia, con un punteggio complessivo di 87,8. New entry tra i grandi atenei statali e' Palermo, non piu' classificabile come mega ateneo a seguito della contrazione del numero di iscritti, occupando la settima pozione, preceduta da Modena e Reggio Emilia (sesta posizione con 84,8 punti) e da Cagliari (quinta posizione con 87,4 punti). Penultima tra i grandi e' Roma Tre con 76,6 punti. Segue, in ultima posizione, l'universita' della Campania Luigi Vanvitelli con 74,2 punti, nonostante il sensibile incremento di 12 punti registrato per le strutture per gli studenti. L'universita' di Siena, come lo scorso anno, e' in testa alla graduatoria dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio totale di 99. Guadagna la seconda posizione Sassari, con un punteggio di 98, sorpassando Trento (96,8). Quest'ultima guadagna punti per borse e altri interventi in favore degli studenti e internazionalizzazione, ma retrocede per gli altri indicatori. Stabile al quarto posto e' Trieste (91), seguita dall'universita' Politecnica delle Marche (88,4). New entry tra i medi atenei statali, per effetto dell'incremento di studenti iscritti, e' Macerata, che si colloca in ottava posizione (84,6). Chiudono il ranking rispettivamente all'ultimo, penultimo e terzultimo posto le universita' di Napoli L'Orientale e Parthenope, e l'universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro. Le classifiche del Censis proseguono, inoltre, con i piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti), dove primeggia nuovamente Camerino, con un punteggio complessivo di 91,4, cui segue Foggia, che totalizza 87,6 punti e sale di due posizioni, occupando quello che lo scorso anno era il gradino di Teramo, retrocessa al quarto posto e penalizzata in particolare dalla perdita di 18 punti nelle strutture per gli studenti. L'Universita' di Cassino sale dal quinto al terzo posto, continuando l'ascesa della graduatoria iniziata lo scorso anno. La penultima e l'ultima posizione sono occupate rispettivamente dall'universita' del Molise e dall'universita' del Sannio.

Stabile la speciale classifica dei Politecnici, guidata dal quello di Milano (91,2), seguito dallo Iuav di Venezia (89,0), secondo posizionato, e dai Politecnici di Torino e di Bari, rispettivamente terzo e quarto. Non riserva sorprese, infine, la classifica degli atenei non statali, sostanzialmente stabile nelle diverse classi dimensionali, ad eccezione del passaggio dai piccoli ai medi atenei dello Iulm di Milano. Tra i grandi atenei (oltre 10.000 iscritti) primeggia anche quest'anno l'Universita' Bocconi (95,6 punti), seguita dalla Cattolica (87,6). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) e' prima la Luiss (91,4), seguita dalla Lumsa (83,8). Tra i piccoli, piu' numerosi, la Libera Universita' di Bolzano (con un punteggio totale di 106,0) e' seguita dalla Liuc-Universita' Cattaneo (92,6). Concludono la graduatoria l'universita' Lum Jean Monnet, in ultima posizione, preceduta dall'Europea di Roma. Ad eccezione del passaggio dello Iulm dai piccoli ai medi atenei non statali, all'interno della graduatoria si confermano nel complesso le posizioni dello scorso anno. 

Leggi Tutto »

Presentata l’App di Resto al Sud

Per la prima volta un incentivo pubblico dispone di uno strumento digitale che informa in modo diretto e immediato: un ulteriore passo nella direzione dell'efficienza e della trasparenza della PA compiuto da Invitalia, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo. E' stata presentata l'App di Resto al Sud, l'incentivo gestito da Invitalia, dedicato ai giovani under 36 che vogliono avviare un'attivita' imprenditoriale nelle 8 regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna). Hanno partecipato alla presentazione, nella sede di Invitalia, la Ministra per il Sud, Barbara Lezzi e l'Amministratore Delegato di Invitalia, Domenico Arcuri. Scaricabile gratuitamente da App Store e da Google Play, l'applicazione permette agli aspiranti imprenditori di seguire in tempo reale lo stato di avanzamento della domanda per ricevere gli incentivi di Resto al Sud e di rimanere sempre informati su tutte le novita'. 'L'App 'Resto al Sud' ha detto Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia - ha per noi un doppio senso. Il primo: consegnare ai cittadini un loro diritto. Metterli, cioe', nelle condizioni di sapere in tempo reale a che punto sono le loro richieste. Il secondo ci riguarda piu' da vicino: con questa app ci mettiamo in gioco, dobbiamo rispettare i tempi di chi ci chiede se puo' avviare un'impresa al Sud, all'insegna della trasparenza, della tracciabilita' e della puntualita'. 

Attivando le notifiche push nell'area pubblica dell'App - informa Invitalia in una nota - si possono infatti avere informazioni sull'incentivo, leggere le news e conoscere le date dei workshop e degli eventi di promozione in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Chi ha presentato la domanda per ricevere gli incentivi su www.invitalia.it puo' entrare nell'area riservata dell'App e seguire in tempo reale la valutazione del progetto. Arrivera' una notifica sullo smartphone ogni volta che si passa allo step successivo o, anche, se il team di valutazione ha bisogno di piu' informazioni. Grazie al calendario integrato, e' possibile salvare le scadenze e gli appuntamenti. L'App da' inoltre la possibilita' di cercare le banche convenzionate per ricevere il contributo finanziario e gli enti pubblici, le universita' e gli organismi di terzo settore in grado di dare agli aspiranti imprenditori un aiuto concreto e gratuito per 'costruire' il progetto d'impresa

Leggi Tutto »

Coldiretti: 4,4 mln di italiani nel 2018 hanno utilizzato i lavori dei riders

L’8% degli italiani pari a circa 4,4 milioni di individui adulti ha utilizzato nel 2018 almeno una volta al mese i servizi on line di consegna del cibo a casa cotto o in forma di spesa, la cosiddetta 'Food Delivery' che vede impegnati i riders. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base degli ultimi dati Ismea/Nielsen dai quali emerge che si tratta di un'abitudine che coinvolge prevalentemente i consumatori nella fascia di età 25/34 anni. La centralità assunta negli ultimi anni dal cibo sta cambiando velocemente - sottolinea www.Coldiretti.it - le abitudini alimentari degli italiani, anche per gli aspetti relativi al mangiare fuori casa, mentre la potenza del digitale moltiplica le nuove modalità di offerta e fruizione del cibo. Il risultato - precisa la Coldiretti - è il diffondersi delle società di food delivery che sono diventati una importante opzione per chi non ha voglia di cucinare o di uscire di casa, ma vuole comunque garantirsi piatti serviti in locali e ristoranti. Alcuni siti hanno una diffusione internazionale altri nazionale o locale, ma in generale la copertura è maggiormente garantita nelle grandi città mentre più ridotta è l’offerta nelle periferie dove il servizio è inferiore. 

L’offerta - continua la Coldiretti - spazia dalle diverse versioni di pizza ai piatti etnici fino ai classici della tradizionale alimentare italiana come la pasta consegnati in contenitori termici che garantiscono che il piatto si mantenga caldo. Il trasporto avviene principalmente in bicicletta ma anche con motorini per ovviare ai vincoli delle zone centrali a traffico limitato delle grandi città. I tempi di consegna - precisa la Coldiretti - sono solo in alcuni casi prefissati e non superano i sessanta minuti, ma è possibile stabilire una fascia oraria precisa mentre per quanto riguarda il pagamento è diffuso quello on line e non sempre è possibile quello in contanti. Tra i siti più gettonati che si contendono il mercato nazionale ci sono Just Eat, Foodora, Deliveroo, ma in Italia - spiega la Coldiretti - si moltiplicano anche le realtà locali con forte penetrazione nelle aree di riferimento. La possibilità di scelta è normalmente molto ampia anche se varia a seconda del luogo di consegna con maggiori difficoltà per le zone più isolate. Sui costi è in atto una competizione tra i diversi 'players' con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi. Una guerra commerciale che - conclude la Coldiretti - rischia di ripercuotersi sulla l’interna filiera, dalla gestione del personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari. ECO Milano, 2 lug. (LaPresse) - L’offerta - continua la Coldiretti - spazia dalle diverse versioni di pizza ai piatti etnici fino ai classici della tradizionale alimentare italiana come la pasta consegnati in contenitori termici che garantiscono che il piatto si mantenga caldo. Il trasporto avviene principalmente in bicicletta ma anche con motorini per ovviare ai vincoli delle zone centrali a traffico limitato delle grandi città. I tempi di consegna - precisa la Coldiretti - sono solo in alcuni casi prefissati e non superano i sessanta minuti, ma è possibile stabilire una fascia oraria precisa mentre per quanto riguarda il pagamento è diffuso quello on line e non sempre è possibile quello in contanti. Tra i siti più gettonati che si contendono il mercato nazionale ci sono Just Eat, Foodora, Deliveroo, ma in Italia - spiega la Coldiretti - si moltiplicano anche le realtà locali con forte penetrazione nelle aree di riferimento. La possibilità di scelta è normalmente molto ampia anche se varia a seconda del luogo di consegna con maggiori difficoltà per le zone più isolate. Sui costi è in atto una competizione tra i diversi 'players' con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi. Una guerra commerciale che - conclude la Coldiretti - rischia di ripercuotersi sulla l’interna filiera, dalla gestione del personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari.

Leggi Tutto »

Il tasso di ‘Neet’ piu’ alto è a Caltanissetta, quello più basso a Venezia

I giovani (con un'eta' compresa fra i 15 e i 29 anni) che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione (Neet) erano nel 2017 2,1 milioni (1,1 milioni donne e 1 milione di uomini), in calo di 25 mila unita' (-1,1%) rispetto al 2016. Lo rivela una ricerca presentata nell'ultima giornata della nona edizione del Festival del Lavoro, organizzata dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, secondo cui Il tasso di giovani che non lavorano e non studiano piu' elevato nel 2017 si registra a Caltanissetta (44,9%) mentre quello piu' basso a Venezia (11,2%), con una differenza di oltre 33 punti percentuali. Un tasso superiore al 40% si registra anche nelle province di Crotone (44,7%) e Palermo (40,4%). Percentuali piu' elevate di questo indicatore si osservano anche a Napoli (37,6%). Valori inferiori al 12%, infine, si osservano a Treviso (11,6%), Belluno (11,6%) e Modena (11,9%). Dal 2016 al 2017, la flessione maggiore si registra nelle regioni del Centro (-3,4%), rispetto a quelle del Nord (-0,8%) e del Mezzogiorno (-0,7%). Il tasso di Neetdiminuisce di soli 0,2 punti percentuali rispetto al 2016 (24,3%): il valore di questo indicatore nel Mezzogiorno (34,4%) e' superiore di 14,7 punti percentuali rispetto a quello del Centro (19,7%) e di 17,7 punti rispetto a quello del Nord (16,7%).

Secondo lo studio, la provincia con la quota piu' elevata di occupati e' Bolzano (72,9%), mentre quella con il tasso di occupazione piu' basso e' Reggio Calabria dove lavorano solo 37,5 persone su 100. Dal 2 al 24 posto troviamo le province nelle quali sono occupati piu' di due terzi della popolazione in eta' lavorativa. Sono, nell'ordine, Bologna (71,8%), Milano (69,5%), Piacenza (69,4%), Parma e Firenze (69,3%), Lecco (69,2%), Belluno (69,2%), Modena (69,1%), Pisa (68,9%), Pordenone (68,6), Cuneo e Reggio nell'Emilia (68,4%), Siena (68%), Arezzo (27,8%), Biella (67,7) ed altre otto province del Nord fra il 67,6% e il 66,6%. Roma si colloca solo al 48 esimo posto della classifica (63,6%) e la provincia del Mezzogiorno con il tasso di occupazione piu' elevato e' L'Aquila (57,1%) che si trova al 66 esimo posto. Le altre province, dopo Reggio Calabria (37,1%), dove sono occupate meno di 4 persone su 10 sono Foggia (38,2%), Caltanissetta (38,5%), Palermo (38,5%), Napoli e Crotone (39,4%), Trapani (39,6%) e Agrigento (39,7%) Il rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro attraverso un "indice sintetico di efficienza e di innovazione" (Labour market efficiency and innovation index) e stila una graduatoria anche delle province italiane in base al loro livello di competitivita' occupazionale, derivato da cinque indicatori che meglio rappresentano e spiegano la capacita' del tessuto economico e sociale di produrre maggiore e migliore occupazione. Al primo posto si colloca Bologna, pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori. Seguita da Trieste, Monza e Brianza, Milano che nella precedente rilevazione occupava la seconda posizione e la prima nel 2015 con la quota piu' alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. In coda alla classifica troviamo Crotone. Nel gruppo delle province meno innovative e competitive sono presenti tre capoluoghi regionali: Palermo al 90 posto, Reggio di Calabria al 92 e Napoli al 96 posto, insieme a tutte le province calabresi e alla maggioranza di quelle siciliane. La provincia di Foggia registra il piu' elevato gender gap nell'occupazione ed e' una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell'indice, insieme a Brindisi, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Lecce. Se Prato registra la migliore performance, quella di Ancona e' la peggiore con un crollo al 53 posto e la perdita di 30 posizioni.

Leggi Tutto »

Aumenti in arrivo per le bollette dal 1° luglio: luce +6,5%, gas +8,2%

Da domenica primo luglio la spesa per l'energia per la famiglia tipo in tutela registrerà un incremento del 6,5% per l'energia elettrica e dell'8,2% per il gas naturale, in controtendenza rispetto ai forti ribassi (-8% per l'elettricità e -5,7% per il gas) del secondo trimestre di quest'anno. Lo fa sapere l'Autorità per l'energia, precisando che "per il gas l'impatto sulla spesa per i clienti domestici risulta meno significativo in considerazione dei bassissimi consumi del periodo estivo".A pesare, specifica la stessa Autorità, sono le tensioni internazionali e la conseguente forte accelerazione delle quotazioni del petrolio, cresciute del 57% in un anno e del 9% solo nell'ultimo mese di maggio, che "hanno pesantemente influenzato anche i prezzi nei mercati all'ingrosso dell'energia, con ripercussioni sui prezzi per i clienti finali sia del mercato libero che del mercato tutelato".Gli andamenti, prosegue il comunicato, si riflettono sull'aggiornamento delle condizioni economiche di riferimento per le famiglie e i piccoli consumatori in tutela per il terzo trimestre 2018. Per il settore elettrico, allo scopo di mitigare l'impatto dell'attuale congiuntura, l'Autorità è intervenuta con una modulazione degli oneri generali di sistema, in modo da ridurre l'aumento di spesa per i clienti domestici e non domestici, con pari effetti sia sul mercato tutelato che su quello libero.L'aumento per l'elettricità, precisa la nota, "sarebbe stato più consistente in assenza dell'importante intervento di 'scudo' congiunturale attivato dall'Autorità tramite gli oneri di sistema, il cui valore complessivo per il 2018 è stimato in 14 miliardi di euro". Per contenere nell'immediato parte degli aggravi sui consumatori, infatti, la stessa Autorità per l'energia ha deciso di allegerire in parte il prelievo tariffario degli oneri generali, compensandolo con giacenze-scudo di cassa.L'Istat ha certificato proprio in giornata un balzo dell'inflaizone dell'1,4% annuo a giugno, contro l'1% di maggio. Anche sulla spesa delle famiglie a pesare è stato il caro-petrolio, che ha infiammato la benzina ma anche i beni alimentari, trasportati soprattutto su gomma.

Leggi Tutto »

Assicurazioni, il premio medio è sceso di oltre 100 euro nell’ultimo quinquennio

Nel quinquennio 2013-2017 le polizze con scatola nera sono passate dal 10% a oltre il 20% del totale, con punte nelle aree meridionali del 60%, "portando così il mercato italiano in testa alle classifiche mondiali di diffusione della motor connected insurance". Lo spiega l'Ivass nella Relazione Annuale. La scatola nera "è stata la chiave di volta nella lotta alle frodi", ha sottolineato il presidente dell'Ivass, Salvatore Rossi, a margine della Relazione. "Nel comparto Rc auto un importante traguardo è stato raggiunto sui costi: nel quinquennio 2013-2017 il premio medio è sceso di quasi un quarto, oltre 100 euro". Lo scrive l'Ivass nella relazione annuale, sottolineando che sono "molto diminuite anche le disparità di prezzo sul territorio". Ad esempio, "il differenziale Napoli-Aosta si è più che dimezzato, passando dagli oltre 400 euro del 2012 a meno di 200 lo scorso anno". A incidere sul calo dei prezzi è stata la diffusione della "scatola nera", spiega l'Ivass. 

 Nel 2017 sono stati raccolti premi per 132 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto al 2016. Lo rileva l'Ivass nella Relazione Annuale. Nel primo trimestre del 2018 si registra invece una crescita del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, aggiunge l'Ivass, spiegando che la flessione del 2017 è dovuta al settore "vita" e si tratta di "quasi 3 miliardi e mezzo di minori ricavi". I bassi rendimenti che le compagnie possono offrire sulle polizze vita tradizionali "ne hanno ridotto l'appetibilità" per la clientela, ha detto il presidente dell'Ivass, Salvatore Rossi. I premi raccolti su queste polizze sono stati di 63 miliardi, 10 miliardi in meno rispetto al 2016, si legge ancora nella Relazione Annuale, in cui si spiega che "la perdita è stata limitata dalla contestuale crescita delle polizze unit-linked, che pongono in tutto o in parte il rischio finanziario in capo al sottoscrittore". In crescita, invece, dell'1,1% il settore danni, che "ha interrotto il ciclo regressivo del settore iniziato nel 2012".

Sono state "risvegliate" quasi 190.000 polizze dormienti con pagamenti, già effettuati o in corso, per oltre 3,5 miliardi di euro. Su altre 900.000 polizze sono in corso accertamenti delle imprese. "Confidiamo molto che il fenomeno possa essere prevenuto" e "una delle idee é consentire alle compagnie di accedere alla banca dati dell'anagrafe tributaria", ha spiegato Rossi. La stima del volume complessivo di queste polizze dormienti resta sui 4-4,5 miliardi di euro.

Leggi Tutto »

Lombardia leader della vendita a domicilio

Lombardia leader della vendita a domicilio: nel 2017 le aziende del settore hanno realizzato nella regione un fatturato di 237 milioni 385mila euro. Lo conferma la rilevazione del Centro Studi Univendita sulle proprie aziende associate: il risultato lombardo rappresenta il 14,3% delle vendite nazionali, che hanno raggiunto nel 2017 la cifra di 1 miliardo 660 milioni di euro (+1,8% rispetto all'anno precedente). Nel Nord Ovest, che vale il 24,2% del fatturato nazionale, la Lombardia fa la parte del leone, mentre Piemonte/Valle d'Aosta e Liguria valgono rispettivamente il 7,6% e il 2,3% del fatturato totale delle aziende Univendita. Nella classifica delle vendite la Lombardia è seguita da Campania (185 milioni di euro) e Veneto (154 milioni di euro). Nel complesso, Sud e Isole realizzano il 36,8% del fatturato (610 milioni di euro); seguono Nord Ovest (401 milioni di euro), Nord Est (353 milioni di euro) e Centro (293 milioni). Quanto agli addetti alla vendita, nel 2017 in Lombardia hanno operato oltre 20.000 venditori a domicilio, pari al 12,7% del totale italiano (158.000 addetti). Nella classifica della presenza dei venditori la Lombardia è terza, dopo Campania (23.000 addetti) e Sicilia (con 21.500 addetti). Guardando alle aree geografiche è al Sud e Isole che nel 2017 si è concentrato il maggior numero di venditori (77.700 addetti pari al 49% del totale); seguono il Nord Ovest con 32.000 addetti, il Nord Est con 24.000 addetti e il Centro con 24.500 addetti.

Leggi Tutto »