Lo shopping nei giorni di festa non convince gli italiani: il 59% si dice favorevole ad introdurre una limitazione delle aperture delle attività commerciali almeno in occasione delle principali festività nazionali. E' quanto emerge da un sondaggio sull'impatto delle liberalizzazioni commerciali sulle abitudini di consumo, condotto da Swg per Confesercenti su un panel di 1.000 consumatori maggiorenni. Inoltre, in media, un consumatore ha approfittato dei negozi aperti di domenica o in un altro giorno festivo solo 10 volte lo scorso anno, sui circa 60 giorni 'in più' resi disponibili dalla liberalizzazione. Che non ha prodotto un aumento degli acquisti: nel 2017, sottolinea, le vendite al dettaglio sono ancora inferiori di oltre 5 miliardi di euro rispetto al 2011, ultimo anno prima della "deregulation". E il 'sempre aperto' è stato una "catastrofe" per i negozi tradizionali.
Leggi Tutto »Studio Cgia Mestre, in 7 anni tagliati 22 miliardi alle Amministrazioni Locali
La CGIA segnala che tra il 2010 e il 2017 le manovre di finanza pubblica a carico delle Autonomie locali hanno comportato una contrazione delle risorse disponibili pari a 22 miliardi di euro. I più colpiti sono stati i Comuni. Se nelle casse dei Sindaci la “sforbiciata” ha raggiunto l’anno scorso gli 8,3 miliardi di euro, alle Regioni a Statuto ordinario le minori entrate si sono stabilizzate sui 7,2 miliardi. Salvate dagli italiani con la bocciatura del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, le Province, invece, hanno subito una diminuzione delle risorse pari a 3,5 miliardi, mentre le Regioni a Statuto speciale formalmente non hanno sopportato alcuna contrazione, anche se lo Stato centrale ha imposto loro di accantonare ben 2,9 miliardi di euro.
“Con molte meno risorse a disposizione – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – i Sindaci e i Governatori, almeno fino al 2015, hanno reagito agendo sulla leva fiscale. Successivamente, grazie al blocco delle tasse locali imposto dal Governo Renzi, molti amministratori si sono difesi riducendo la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini. Tagliando i trasferimenti a Regioni ed enti locali, lo Stato centrale si è dimostrato apparentemente sobrio e virtuoso: in realtà, il conto è stato pagato in gran parte dai cittadini e dalle imprese che hanno subito un fortissimo aumento del prelievo fiscale. Il passaggio dall’Ici all’Imu/Tasi, ad esempio, ha incrementato il peso delle imposte sui capannoni mediamente dell’80 per cento”.
Leggi Tutto »Nei primi tre mesi del 2018 la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,8%
Alla fine di marzo 2018 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano 8,4 milioni di dipendenti (65,1% del totale) e corrispondono al 62,1% del monte retributivo osservato. Complessivamente i contratti in attesa di rinnovo a fine marzo sono 33, relativi a circa 4,5 milioni di dipendenti (34,9%), in lieve diminuzione rispetto al mese precedente (35,0%).
L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 70,9 mesi. L’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è di 24,8 mesi, in diminuzione rispetto a un anno prima (27,8). A marzo l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato dello 0,2% rispetto al mese precedente e dell’1,0% nei confronti di marzo 2017. Complessivamente, nei primi tre mesi del 2018 la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo del 2017.
Con riferimento ai principali macrosettori, a marzo le retribuzioni contrattuali orarie registrano un incremento tendenziale dell’1,1% per i dipendenti del settore privato (0,5% nell’industria e 1,7% nei servizi privati) e dello 0,9% per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: ministeri (3,8%); militari-difesa (3,0%); forze dell’ordine (2,7%). Si registrano variazioni nulle nei settori dell’energia e petroli; dei servizi di informazione e comunicazione; delle regioni e autonomie locali; del servizio sanitario nazionale; della scuola e delle attività dei vigili del fuoco.
Nei primi tre mesi del 2018 si osserva il consolidamento dei segnali di moderata ripresa della dinamica delle retribuzioni contrattuali registrati nell’ultimo trimestre del 2017. In un quadro di debole crescita dei prezzi al consumo, la dinamica retributiva risulta in progressiva espansione, sostenuta anche dagli aumenti contrattuali previsti a partire da marzo dal CCNL delle funzioni centrali della Pubblica amministrazione e nei mesi successivi dai miglioramenti previsti dalle ipotesi siglate, in attesa di ratifica, per gli altri comparti del settore pubblico (Istruzione e Ricerca, Funzioni Locali, Sanità e comparto Sicurezza), relative complessivamente a circa 2,9 milioni di dipendenti.
Leggi Tutto »In calo l’indice di fiducia dei consumatori
Ad aprile 2018 si stima che l’indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisca passando da 117,5 a 117,1; anche per l’indice composito del clima di fiducia delle imprese si stima una flessione da 105,9 a 105,1.
Il lieve calo del clima di fiducia dei consumatori è essenzialmente dovuto all’evoluzione negativa della componente personale e di quella corrente (da 109,3 a 108,0 e da 115,1 a 114,0 rispettivamente); invece, il clima economico e quello futuro mantengono una dinamica con intonazione lievemente positiva rispetto allo scorso mese (da 141,9 a 142,6 e da 121,1 a 121,3).
Con riferimento alle imprese, si stima che il clima di fiducia cali nel settore manifatturiero (da 108,9 a 107,7) e nei servizi (da 107,2 a 106,4). Molto marcata è la flessione registrata nel commercio al dettaglio (da 105,0 a 97,5) mentre per il settore delle costruzioni si rileva un deciso aumento (da 132,6 a 135,2).
Passando ad analizzare le componenti dei climi di fiducia si segnala che nel comparto manifatturiero peggiorano i giudizi sugli ordini e le attese sulla produzione in presenza di scorte di magazzino giudicate in decumulo. Nel settore delle costruzioni, si registra un diffuso miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle aspettative sull’occupazione.
Per quanto riguarda i servizi, l’evoluzione negativa dell’indice di fiducia riflette un peggioramento dei giudizi sia sugli ordini sia sull’andamento degli affari. Invece, le attese sugli ordini sono in miglioramento. Il deterioramento della fiducia nel commercio al dettaglio è principalmente trainato dalla grande distribuzione dove si stima una forte contrazione dei giudizi sulle vendite in presenza di aspettative che si ridimensionano solo parzialmente.
Secondo le consuete domande trimestrali sulla capacità produttiva e sugli ostacoli all’attività rivolte alle imprese del settore manifatturiero, nel primo trimestre del 2018 si stima una contenuta riduzione del grado di utilizzo degli impianti la cui stima decresce da 78,5% del trimestre precedente a 77,9%. La quota di operatori che segnala la presenza di ostacoli all’attività produttiva rimane sostanzialmente stabile (da 21,5% al 22%). Tra questi, scende la quota di imprese che segnala come ostacolo all’attività l’insufficienza della domanda e i vincoli finanziari.
Leggi Tutto »In calo l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche
Nel 2017 l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (-39.691 milioni di euro) è stato pari al 2,3% del Pil, in diminuzione di circa 1,9 miliardi rispetto al 2016 (-41.638 milioni di euro, corrispondente al 2,5% del Pil). Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi), è risultato positivo e pari all’1,5% del Pil, con un’incidenza stabile a partire dal 2015. La spesa per interessi, che secondo le nuove regole non comprende l’impatto delle operazioni di swap , è stata pari al 3,8% del Pil, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2016.
I dati del debito delle Amministrazioni Pubbliche per gli anni 2014-2017 sono quelli pubblicati dalla Banca d’Italia e sono anch’essi coerenti con il nuovo Sistema Europeo dei Conti (Sec 2010). A fine 2017 il debito pubblico, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati Membri della UEM, era pari a 2.263.056 milioni di euro (131,8% del Pil). Rispetto al 2016 il rapporto tra il debito delle AP e il Pil è diminuito di 0,2 punti percentuali.
I dati dell’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche per gli anni 2014-2017 sono stati elaborati da Istat in conformità alle regole fissate dal regolamento Ue n.549/2013 (Sistema Europeo dei Conti – Sec 2010) entrato in vigore il 1° settembre 2014 e dal Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico edizione 2016; essi coincidono con quelli diffusi lo scorso 4 aprile in Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società.
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Scuole, concluse le prove Invalsi per il 98 per cento degli studenti
Si sono concluse oggi le prove INVALSI CBT online per le classi III della scuola secondaria di primo grado, la scuola media.
Gli studenti che hanno sostenuto le prove sono stati in totale 570.000, oltre il 98%, ad oggi, degli studenti frequentanti. Ogni studente ha sostenuto 3 prove tra cui, oltre all'Italiano e alla Matematica, da quest'anno anche la prova di Inglese, suddivisa in due sezioni: inglese ascolto e inglese lettura. Le prove si sono svolte quasi sempre in più giornate, secondo un programma stabilito dalle scuole. Considerando le due prove di inglese come distinte, sono state concluse 2.219.071 prove. La prossima settimana si svolgeranno le prove per i privatisti e per gli studenti che non hanno potuto sostenerle nell'arco di tempo prestabilito dalla scuola. A renderlo noto è l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione.
Oltre un milione di nuclei familiari monogenitore
In Italia, nel biennio 2015-2016, si stima che in media i nuclei familiari monogenitore in cui è presente almeno un figlio minore siano pari a 1 milione 34 mila, il 15,8% del totale dei nuclei con figli minori. Si tratta di un fenomeno in persistente crescita se si considera che nel 1983 erano 468 mila (il 5,5% del totale).
Nel 2015-2016 si stima che le madri sole siano 893 mila e rappresentino l'86,4% dei nuclei monogenitore (402 mila nel 1983). Molto più contenuto il numero dei padri soli: 141 mila nel 2015-2016 e 66 mila nel 1983.
Il 52,9% delle madri sole con figli minori ha un figlio, il 38,2% ne ha due e l'8,9% tre o più. Per un terzo delle madri sole il figlio più piccolo ha fino a 5 anni di età, per il 42,7% da 6 a 13 anni.
In totale nel 2015-2016 sono 1 milione e 215 mila i bambini fino a 17 anni che vivono solo con la madre, pari al 12,1% dei minori. Si tratta di una quota che è molto cresciuta rispetto al 1995-1996 quando si attestava al 5,3% (per un totale di 558 mila bambini).
Tra il 1995-1996 e il 2016 cala la quota di madri con meno di 35 anni (dal 31,5% al 20,3%), anche per la progressiva crescita dell'età al parto, e aumenta quella di madri fra i 45 e i 54 anni (dal 20,9% al 31,8%). Il peso maggiore è ancora delle madri di 35-44 anni (45,3%).
Il 57,6% delle madri sole è composto da separate o divorziate, il 34,6% da nubili, minoritaria la quota di vedove (7,9%). Dal 1995-1996 sono notevolmente aumentate le madri nubili (dal 18,9% al 34,6%) e diminuite molto le madri vedove (dal 22% al 7,9%).
Nel 2016, lavora il 63,8% delle madri sole, il 24,4% è inattiva, l'11,8% è disoccupata. Rispetto al 2006 la quota di occupate ha subito una forte riduzione per effetto della crisi (era il 71,2%).
La condizione economica delle madri sole è critica: quelle in povertà assoluta sono l'11,8% del totale, a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 42,1% e nel Mezzogiorno arrivano al 58%.
Più della metà delle madri sole non può sostenere una spesa imprevista di 800 euro e neanche una settimana di vacanza. Quasi una su 5 è in ritardo nel pagamento delle bollette, affitto e mutuo. E altrettante non possono riscaldare adeguatamente l'abitazione.
Le madri sole lavorano fuori casa più tempo rispetto alle madri in coppia (47 minuti in più al giorno) e dedicano meno tempo al lavoro familiare (37 minuti in meno). Di tempo libero ne hanno quanto le madri in coppia (2 ore e 44 minuti al giorno).
L'88,5% delle madri sole si dichiara soddisfatta della propria condizione di salute, l'84,5% delle relazioni familiari, l'83,5% di quelle amicali. Più bassa la quota di soddisfatte per il tempo libero (54,6%). I livelli di soddisfazione sono sempre inferiori a quelli delle madri in coppia per tutte le dimensioni della vita e in particolare per le condizioni economiche.
Rispetto alle madri sole, i padri soli hanno meno figli e più grandi di età. I minori che vivono solo con il padre sono 186 mila, erano 87 mila nel 1995-1996.
I padri soli sono in media più grandi età: il 44,9% ha 45-54 anni rispetto al 31,8% delle madri sole. Poco più della metà possiede il diploma o la laurea, il 77,1% è occupato.
Il 53,4% dei padri soli è separato o divorziato, il 29,3% è celibe. La quota di vedovi è pari a più del doppio rispetto a quella delle madri sole.
Leggi Tutto »Vinitaly, export record per l’Italia
E’ record per le esportazioni di vino italiano nel 2018, con un aumento del 13% in valore a gennaio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti sulla base dei nuovi dati Istat sul commercio estero a gennaio, divulgati proprio in occasione della giornata conclusiva del Vinitaly.
Le misure neoprotezionistiche di Trump non si fanno ancora sentire sul vino e gli Usa – spiega Coldiretti - si confermano il primo cliente anche nel 2018, con una crescita del 18% dei consumi di vino Made in Italy, seguiti dalla Germania dove l’aumento è del 12%, e dal Regno Unito. L’avvio d’anno record per le vendite di vino italiano segue – evidenzia la Coldiretti - il risultato fatto segnare nel 2017 con l’export che ha raggiunto la cifra di 6 miliardi di euro (+6%). Uno scenario in cui spicca l’Abruzzo che, nel 2017, ha fatto registrare un aumento record delle esportazioni addirittura pari al 13,4% a conferma della fama che il vino regionale sui mercati esteri si è guadagnato in tutti questi anni sostenuto da una produzione media di circa 4.500.000 quintali di uva e 3milioni di ettolitri di vino di cui almeno un milione a denominazione di origine per un totale di circa 18mila aziende vitivinicole attive e sempre a più alta specializzazione su una superficie agricola complessiva di oltre 32mila ettari. “Come si è ben evidenziato al Vinitaly – dice coldiretti Abruzzo – il vitigno regionale più conosciuto e diffuso si conferma il Montepulciano d’Abruzzo, anche se negli ultimi anni stanno riscuotendo sempre maggiore interesse il Pecorino, la Passerina, il Moscato, la Cococciola e il Montonico oltre ovviamente al già noto Trebbiano. La vitivinicoltura abruzzese è oggi una realtà importante tanto che l’Abruzzo può considerarsi tra le regioni in cui il vino, con particolare riferimento al Montepulciano, ha saputo imporsi fino a diventarne l’immagine di riferimento, con una filiera che costituisce il principale comparto agricolo regionale (21% dell’intera PLV, la più elevata incidenza tra le regioni italiane) e una produzione media di vino rappresentata dal 70% di vini rossi e da un restante 30% di bianchi”.
A livello nazionale, a preoccupare per il futuro del vino sono comunque i rischi connessi agli accordi internazionali siglati o in via di definizione dall’Unione Europea, dal Ceta con il Canada a quello con il Giappone, fino al Mercosur con i paesi sudamericani, dove sono centinaia le Doc italiane che potrebbero rimanere senza tutele. Un problema per un settore che nel 2017 in Italia ha raggiunto il fatturato record di 10,6 miliardi di euro – ricorda Coldiretti – soprattutto proprio per effetto delle esportazioni, oltre che dell’aumento dei consumi familiari (+2%) che, dopo anni di calo, hanno ripreso a crescere.
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Oltre 3 milioni e 200 mila malati di diabete
Fisco, registrati 1,3 miliardi di fatture
L'invio telematico delle fatture relative al secondo semestre 2017 ha fatto il pieno. L'Agenzia delle Entrate, tramite i sistemi gestiti dal partner tecnologico Sogei, ha registrato l'invio di un totale di 1,3 miliardi di fatture. Il bilancio è stato tracciato tenendo conto anche della possibilità di rinviare per 5 giorni i file non accettati dopo la scadenza del 6 aprile. E' questa - insieme alla possibilità di cumulare le mini-fatture sotto i 300 euro - una delle semplificazioni introdotte.
L'appuntamento era decisivo per verificare l'effetto dell'introduzione delle novità dopo le difficoltà registrate lo scorso novembre che avevano portato al blocco, per alcuni giorni, del sistema informatico. Le semplificazioni erano state annunciate dal direttore dell'Agenzia, Ernesto Maria Ruffini in un'audizione parlamentare dello scorso ottobre e poi erano state introdotte ad inizio febbraio, prorogando il termine per l'invio come previsto dallo statuto del contribuente. La scadenza di aprile, oltre alle fatture relative agli ultimi sei mesi dell'anno appena passato, riguardava anche le possibili correzioni delle e-fatture relative al primo semestre, che dovevano essere inviate entro il 16 ottobre. Tre i canali per l'invio dello spesometro: per il 53% dei documenti informatici è stato utilizzato il web service, il 23% è arrivato tramite sistemi di trasferimento di file (File transfer protocol) e un altro 24% attraverso il sito "Fatture e corrispettivi" dell'Agenzia delle entrate.
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