Sono oltre 10 milioni gli italiani che quest'anno si dedicheranno alla preparazione di conserve fatte in casa per garantirsi un'alimentazione piu' genuina, ridurre gli sprechi e risparmiare. E' quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixe' presentata al Mercato di Campagna Amica al Circo Massimo. La preparazione delle conserve secondo una tradizione del passato - spiega la Coldiretti - sembrava destinata a perdersi ed e' invece tornata di grande attualita' di fronte ai ripetuti scandali alimentari e all'esigenza di garantire la qualita' e la naturalita' dell'alimentazione. Il risultato e' "il ritorno di comportamenti virtuosi che si esprimono anche nei riti settembrini della preparazione delle conserve fai da te, con intere giornate trascorse per recuperare il prodotto, pulirlo, lavorarlo, cucinarlo e metterlo in vaso. Una maggiore attenzione rispetto al passato viene riservata alla scelta delle materie prime che spesso vengono acquistate direttamente dai produttori agricoli in azienda, nelle botteghe o nei mercati degli agricoltori a chilometro zero". La preparazione piu' radicata nella tradizione degli italiani resta quella della trasformazione del pomodoro che prevede semplici, ma importanti operazioni come la selezione e il lavaggio accurato dei pomodori, l'asciugatura, la cottura in acqua bollente per favorire il distacco della buccia dalla polpa e infine la spremitura, l'imbottigliamento e la sterilizzazione delle bottiglie. Non meno diffusi sono i sott'oli con ortaggi di stagione come zucchine e melanzane precedentemente lavati e scottati in acqua, aceto o vino, fatti asciugare, messi in vaso con diversi aromi e sterilizzati. Immancabili poi tra le conserve fatte in casa le marmellate: una volta scelta, la frutta va lavata, tagliata e lasciata a macerare con succo di limone e zucchero per una notte intera prima di essere cotta a fuoco medio per una trentina di minuti in modo da farla addensare prima di metterla in vasetto e sterilizzare lo stesso.
Leggi Tutto »Calano le vendite al dettaglio ma cresce il commercio on line
Nuova frenata per le vendite al dettaglio a luglio nel commercio tradizionale mentre volano gli acquisti on line: nel mese in genere dedicato ai saldi l'Istat segnala un calo tendenziale delle vendite in valore dello 0,6% (-1,8% in volume) nel complesso ma con andamenti molto diversi per le vendite nella grande distribuzione (-0,1%), nei piccoli negozi (-1,5%) e on line (+13,6%). La tendenza di crescita dello shopping on line è ormai in atto da molto tempo con un +15,3% segnato nel secondo trimestre 2018 sullo stesso periodo dell'anno scorso, ma potrebbe rafforzarsi con la stretta sulle liberalizzazioni e la possibile chiusura obbligatoria la domenica. I consumatori, infatti, sottolineano come questa stretta potrebbe dare un ulteriore vantaggio alle piattaforme di vendite on line, aperte appunto h24 e 7 giorni la settimana, a scapito del commercio tradizionale. Il dato è negativo anche su base congiunturale con un calo dello 0,1% rispetto a giugno (-0,2% in volume). Su base annua le vendite al dettaglio dei beni alimentari sono in aumento in valore dello 0,2% (-2,1% in volume), crescita - afferma l'Istat - "dovuta esclusivamente all'aumento dei prezzi". Nonostante la crescita a due cifre del commercio on line e le numerose chiusure di negozi l'Italia rimane tra i Paesi con il commercio di vicinato più diffuso e con le più basse percentuali di acquisto on line. Secondo gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2017 le persone che hanno comprato beni o servizi on line per uso privato negli ultimi tre mesi sono stati il 21% in Italia a fronte del 48% medio in Ue. In Francia la media di chi ha acquistato negli ultimi tre mesi via web è al 54%, in Germania al 66% mentre nel Regno Unito è al 78%. "Il 2018 è un anno da dimenticare" afferma la Confesercenti, sottolineando che le liberalizzazioni sono state inefficaci nel rilancio della domanda. La Confcommercio afferma che i dati di luglio sono un "campanello d'allarme" per i mesi successivi data anche la decelerazione della crescita economica mentre i consumatori chiedono al Governo politiche per la redistribuzione per rilanciare i consumi e di non fare passi indietro sulla liberalizzazione delle aperture perché sarebbe solo un vantaggio per il commercio on line. Anzi,chiedono di liberalizzare anche i saldi eliminando quelli di fine stagione e lasciando libertà al negoziante di scontare la merce quando lo ritiene opportuno "così come avviene nell'e-commerce".
Leggi Tutto »La popolazione italiana residente supera i 60 milioni
La popolazione residente in Italia è pari a 60 milioni 484 mila unità. L'età media è di 45,2 anni, riflesso di una struttura per età in cui solo il 13,4% della popolazione ha meno di 15 anni, il 64,1% tra i 15 e i 64 anni e il 22,6% ha 65 anni e più. E' quanto rileva l'Istat nel report sulla popolazione residente. La popolazione di 80 anni e più raggiunge il 7,0%, quella di 100 anni e più supera le 15 mila e 500 unità. Sono più di mille gli individui che hanno superato i 105 anni e 20 i supercentenari (110 anni e più). Dal confronto dei dati del Censimento della Popolazione del 1991 con quelli del 1° gennaio 2018 si nota il forte aumento della popolazione anziana (65 anni e più) in termini sia assoluti (da 8,7 milioni a 13,6 milioni) sia percentuali rispetto al totale di popolazione (dal 15,3% a 22,6%). In particolare, secondo l'Istat, raddoppia la popolazione di 80 anni e oltre (da 1 milione 955 mila a 4 milioni 207 mila) che rappresenta ormai il 7,0% della popolazione totale residente. Nello stesso periodo, diminuisce di quasi un milione di unità la popolazione con meno di 15 anni (da 15,9% a 13,4% del totale della popolazione) e di oltre 300 mila unità quella di 15-64 anni (da 68,8% a 64,1%). L'età media, che alla data del Censimento 1991 era al di sotto dei 40 anni, nel 2018 supera i 45 anni.
Il processo di invecchiamento, sottolinea il rapporto, investe tutte le regioni d'Italia anche se con intensità differenti. Al Centro-Nord l'età media raggiunge quasi i 46 anni, nel Mezzogiorno è di 44 anni. Sono tendenzialmente in aumento anche le persone che hanno 100 anni e più: nel complesso ammontano a 15.647 al 1° gennaio 2018, i maschi sono poco oltre i 2 mila e 500, ovvero meno del 17,0%. La differenza tra i sessi, in termini di maggiore aspettativa di vita delle donne rispetto agli uomini, è ancora più evidente considerando le fasce di età estrema della popolazione: gli individui con almeno 105 anni sono 1.091, di cui 951 femmine, ovvero l'87,2%. Le persone super-centenarie (110 anni e oltre) sono venti, quattro maschi e sedici femmine. A livello territoriale la popolazione di 105 anni e più risiede principalmente al Nord del Paese: 562 individui (di cui 501 donne) sono residenti al Nord, pari al 2,03 per 100.000 del totale dei residenti del Nord, 189 (di cui 167 donne) risiedono al Centro e 340 (di cui 283 donne) si trovano nel Mezzogiorno (Prospetto 2). La regione con la più alta percentuale di individui di 105 anni e più è la Liguria (3,58 per 100.000) nota per essere la regione più anziana dell'Unione europea. La donna più longeva vivente in Italia al 1° gennaio 2018 (deceduta il 6 luglio dello stesso anno) era residente in Toscana, ma nativa della Sardegna, e nel mese di maggio aveva compiuto 116 anni. Alla data del decesso era la decana d'Italia e d'Europa e la seconda persona vivente più longeva verificata al mondo. Ad oggi la donna vivente più longeva d'Italia ha superato i 115 anni e risiede in Puglia; l'uomo vivente più longevo ha quasi 110 anni e risiede nella provincia di Trento.
Leggi Tutto »Il 40% degli anziani italiani aiuta economicamente i figli
Il 40% degli anziani italiani (over 65) aiuta economicamente i figli e gli altri membri della famiglia, contro la media europea del 24%. Lo rileva Ipsos in un sondaggio. Il 77% degli anziani ritiene di sentirsi ancora utile all'interno della vita famigliare: il 35% bada ai nipoti, il 25% aiuta nelle incombenze domestiche. Gli anziani italiani sono anche quelli che mettono da parte più soldi in Europa: il 54% dichiara di riuscire a risparmiare, seguiti dal 47% della Germania, il 44% della Francia e il 41% del Belgio
Leggi Tutto »Scuola, le date del rientro tra i banchi
I primi a ritornare a scuola saranno, proprio domani mattina, gli studenti dell'Alto Adige: tra le ore 8 e le 9 la campanella trillera' per i 92.302 iscritti nelle varie scuole e istituti della provincia piu' a nord d'Italia che sara' anche l'ultima a terminare l'anno scolastico, il 14 giugno del prossimo anno. Nel frattempo la provincia autonoma di Bolzano, in attesa del decreto Milleproroghe, ha deciso di prorogare l'entrata in vigore dell'obbligo vaccinale al 31 gennaio 2019, pena esclusione da asili nido e scuole materne. In provincia di Bolzano l'istruzione e' suddivisa per i tre gruppi linguistici (italiano, tedesco e ladino).
Gli studenti altoatesini che domani riprenderanno le lezioni saranno oltre 92mila. Due terzi degli studenti complessivi frequenta le scuole in lingua tedesca (66.575), 22.474 sono quelli iscritti a quelle in lingua italiana e 3.253 a quelle in lingua ladina. Per le scuole di tutti e tre i gruppi linguistici le cifre degli iscritti fanno registrare una crescita rispetto all'anno precedente che si attesta su circa 900 totali. All'inizio di settembre del 2017, infatti, i bambini e ragazzi che frequentavano le scuole in lingua italiana erano 22.072, in 66.180 quelle in lingua tedesca e 3.178 quelle ladine (totale 91.430). I dati relativi alle scuole in lingua italiana sono, 3.615 i bambini iscritti alle scuole dell'infanzia, 6.391 gli alunni che frequenteranno le scuole elementari, 4.093 le scuole medie, 6.344 le superiori e 2.031 gli iscritti alla formazione professionale. Quest'anno si celebrano i 70 anni dalla nascita della scuola ladina paritetica e plurilingue, nella quale l'italiano e il tedesco hanno lo stesso peso. Gli istituti ladini si trovano nei centri della Val Gardena e della Val Badia. La lingua ladina e' insegnata fin dal 1948 anche se inizialmente erano previste poche ore alla settimana. Il trend generale della presenza di studenti nella scuola ladina e' in aumento. L'ultima regione che ritornera' a scuola sara' la Puglia, il 20 settembre. Dopo l'Alto Adige la campanella suonera', il 10 settembre in Abruzzo (le lezioni termineranno l'8 giugno 2019), Basilicata (12/6), Friuli Venezia Giulia (12/6) e Piemonte (8/6), il 12 in Campania (8/6), Lombardia (8/6), Trentino (8/6), Umbria (8/6), Sicilia (11/6), Valle d'Aosta (12/6) e Veneto (8/6), il 13 nel Molise (8/6), il 17 in Calabria (8/6), Emilia Romagna (7/6), Toscana (10/6), Lazio (8/6), Liguria (11/6), Marche (8/6) e Sardegna (8/6) e il 20 in Puglia (12/6)
Leggi Tutto »Indice di Appeal Sindacale, la graduatoria delle regioni italiane
Sono tre le regioni a guidare la graduatoria dell'Indice di Appeal Sindacale (IAS) realizzata dall'Istituto Demoskopika sulla base di tre livelli di gradimento, alto, medio e basso. Due gli indicatori individuati: il numero di iscritti alle principali organizzazioni sindacali ogni mille occupati per regione e le persone di 14 anni e piu' per attivita' gratuita per un sindacato ogni mille persone residenti over 13 anni per regione. La Basilicata prima su tutte, con un punteggio complessivo pari a 115,48 si posiziona in cima alla classifica delle realta' regionali "piu' sindacalizzate" guidando l'area del livello alto di appeal. A pesare significativamente il primo posto ottenuto nella "geografia" degli iscritti: ben 717 tesserati per mille occupati. Sul podio, al secondo posto, si colloca la Toscana totalizzando un risultato complessivo pari a 110,35 punti "condizionato" positivamente dal primato quale realta' territoriale piu' virtuosa in relazione ai volontari: 16 persone di 14 anni per mille residenti over 13 anni. A chiudere il medagliere dell'appeal sindacale la Sicilia con 108,4 punti. Nell'area del livello alto altre due realta' regionali, Calabria e Liguria, rispettivamente con 107,77 e 107,14 punti. Nell'area di livello medio trovano spazio dieci regioni: Molise (103,9 punti), Sardegna (102,46 punti), Lazio (101,86 punti), Emilia Romagna (100,75 punti), Puglia (99,42 punti). E, ancora, Abruzzo (99,26 punti), Veneto (98,96 punti), Friuli Venezia Giulia (98,83, punti), Lombardia (97,04 punti) e Marche (95,5 punti).
Istat, Pil in aumento dello 0,2% nel secondo trimestre
Nel secondo trimestre del 2018 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, e' aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell'1,2% nei confronti del secondo trimestre del 2017. Lo ha reso noto l'Istat. La crescita congiunturale del Pil diffusa il 31 luglio 2018 era stata dello 0,2% mentre quella tendenziale era stata dell'1,1%. Il secondo trimestre del 2018 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in piu' rispetto al secondo trimestre del 2017. La variazione del Pil acquisita per il 2018 e' pari a +0,9%
Rispetto al trimestre precedente, ha spiegato l'Istat, tutti i principali aggregati della domanda interna hanno registrato aumenti, con una crescita dello 0,1% dei consumi finali nazionali e del 2,9% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni sono cresciute dell'1,8%, mentre le esportazioni sono diminuite dello 0,2%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per 0,6 punti percentuali alla crescita del Pil, con un contributo nullo sia dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private (Isp), sia della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (Ap) e un contributo positivo di 0,5 punti percentuali degli investimenti fissi lordi. La variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 0,2 punti percentuali, mentre l'apporto della domanda estera netta e' risultato negativo per 0,5 punti percentuali. L'Istat ha infine registrato andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto dell'industria e dei servizi pari, rispettivamente, a +0,3% e +0,2%, mentre il valore aggiunto dell'agricoltura e' diminuito dell'1,4%.
Leggi Tutto »Studio Ancot, è la Lombardia la prima regione per le detrazioni universitarie
Spese universitarie da 'scontare' al top in Lombardia, con 1.510 euro a studente; ultimo posto in Sardegna dove il costo delle tasse universitarie e delle altre voci che danno diritto alle detrazioni arrivano a 930 euro. Da un'analisi condotta dall'Ancot, l'Associazione nazionale consulenti tributari, su dati del ministero delle Finanze emerge che in Italia, sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2017 riferite ai redditi del 2016, sono stati complessivamente 1,5 milioni di contribuenti che hanno indicato le spese sostenute per l'istruzione universitaria per un ammontare di 1,9 miliardi di euro. In media, quindi, ogni richiedente ha dichiarato spese pari a 1.220 euro. Tornando alla classifica, dietro la Lombardia, per spesa universitaria indicata nella dichiarazione dei redditi figurano: Veneto 1.370 euro; Trentino Alto Adige (provincia autonoma Trento) 1.370 euro; Valle d'Aosta 1.350 euro; Emilia Romagna 1.330 euro; Liguria 1.320 euro; Piemonte 1.270 euro; Friuli Venezia Giulia 1.260 euro; Lazio 1.190 euro; Trentino Alto Adige (provincia autonoma Bolzano) 1.180 euro; Toscana 1.170 euro; Campania 1.120 euro; Molise 1.120 euro; Sicilia 1.090 euro; Marche 1.090 euro; Calabria 1.060 euro; Umbria 1.050 euro; Basilicata 1.050 euro: Abruzzo 1.040 euro; Puglia 1.020 euro e Sardegna 930 euro. La Lombardia si posiziona al primo posto anche per numero di dichiarazioni dei redditi che contengono spese universitarie (230.827), seguita a grande distanza dal Lazio (164.376) e dalla Campania (162.649). La spesa complessiva contenuta nelle dichiarazioni dei redditi delle prime tre ragioni ammonta a più di un terzo del totale di 1,9 miliardi. In particolare nelle dichiarazioni dei redditi in Lombardia la spesa per istruzione universitaria ammonta a 349 milioni, a cui si aggiungono 196 milioni del Lazio e 182,5 milioni della Campania per un totale di 727,5 milioni.
Leggi Tutto »Istat, nel secondo trimestre dell’anno il fatturato in aumento dello 0,7%
Nel secondo trimestre 2018 l'Istat ha stimato che l'indice destagionalizzato del fatturato dei servizi ha registrato un aumento congiunturale dello 0,7%, in accelerazione rispetto alla crescita rilevata nel primo trimestre 2018. E' quanto si apprende dal report diffuso oggi. Variazioni congiunturali positive si sono registrate nei settori del Commercio all'ingrosso, commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli (+1,1%), delle attivita' dei servizi di alloggio e ristorazione (+0,5%) e del trasporto e magazzinaggio (+0,4%). Si sono rilevate invece flessioni nei settori delle agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (-0,8%), dei servizi di informazione e comunicazione (-0,2%) e delle Attivita' professionali, scientifiche e tecniche (-0,1%).
Secondo il report dell'Istat, nel secondo trimestre del 2018 l'indice generale del fatturato dei servizi e' cresciuto del 2,7% in termini tendenziali, con aumenti diffusi a quasi tutti i settori. Gli incrementi piu' consistenti si sono registrati per il commercio all'ingrosso, commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli (+3,7%), le agenzie di viaggio e i servizi di supporto alle imprese (3,0%), le attivita' dei servizi di alloggio e ristorazione (+2,4%), il trasporto e magazzinaggio (+1,9%) e per i servizi di informazione e comunicazione (+0,3%). Una lieve flessione e' stata registrata nelle attivita' professionali, scientifiche e tecniche (-0,5%).
Leggi Tutto »Record storico per le vendite dello spumante italiano all’ester
Record storico per le vendite dello spumante italiano all'estero, che nel 2018 fanno segnare un aumento del 14% in valore rispetto all'anno precedente. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istatrelativi ai primi cinque mesi dell'anno, in occasione dell'inizio - con dieci giorni d'anticipo - della vendemmia del Prosecco: le condizioni climatiche attuali "spingono infatti molti ad accelerare le operazioni di raccolta in quei vigneti in cui le uve hanno raggiunto caratteristiche ottimali prima del ritorno del maltempo". Fuori dai confini nazionali - precisa la Coldiretti - i consumatori piu' appassionati dello spumante italiano sono gli Usa, seguiti dalla Gran Bretagna e a distanza dalla Germania. Ma significativa e' soprattutto la crescita del 20% delle vendite in Francia, patria dello champagne. Nella classifica delle bollicine italiane preferite nel mondo oltre al Prosecco figurano anche l'Asti e il Franciacorta. "Un successo che - precisa la Coldiretti - spinge lo spumante italiano sui mercati internazionali dove le esportazioni erano risultate pari a 1,36 miliardi nell'intero 2017". "La domanda estera e' una ottima premessa per la vendemmia che - stima la Coldiretti - si prospetta di buona qualita' con un raccolto in aumento dal 10 al 20% rispetto allo scorso anno con l'Italia al primo posto nel mondo come Paese produttore di bollicine con un quantitativo che sfiora 700 milioni di bottiglie, di cui circa due su tre di Prosecco. Nonostante cio' - continua la Coldiretti - risulta ancora troppo elevato il differenziale di prezzo medio per bottiglia rispetto alle bollicine transalpine che spuntano quotazioni medie molto superiori". A pesare e' il fatto che, "con il successo, crescono le imitazioni in tutti i continenti a partire dall'Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania che richiamano palesemente al nostrano Prosecco che viene venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi, senza parlare delle imitazioni presenti dalla Russia al Sud America che rischiano di essere legittimate dai negoziati in corso con i Paesi del Mercosur".
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