L’Osservatorio

Pil per abitante nel 2016, la graduatoria delle regioni italiane

Il Pil per abitante nel 2016 risulta pari a 34,2mila euro nel Nord-ovest, a 33,3mila euro nel Nord-est e a 29,9mila euro nel Centro. Lo rileva l'Istat nel rapporto sui 'Conti economici territoriali - anno 2016'. Il differenziale negativo del Mezzogiorno e' molto ampio: il livello del Pil pro capite e' di 18,2mila euro, inferiore del 44,2% rispetto a quello del Centro-Nord (del 44,1% nel 2015). In termini di reddito disponibile per abitante il divario scende al 34,5%. La spesa pro capite per consumi finali delle famiglie a prezzi correnti nel 2016 e' di 19,9mila euro nel Nord-ovest, 19,6mila euro nel Nord-est, 17,8mila euro al Centro e 12,9mila euro nel Mezzogiorno. Il divario negativo tra Mezzogiorno e Centro-nord e' del 32,6%. Nel 2016 il Pil in volume, a fronte di una crescita a livello nazionale dello 0,9% rispetto all'anno precedente, ha registrato un incremento dell'1,3% nel Nord-est, dello 0,9% nel Nord-ovest e dello 0,8% sia al Centro che nel Mezzogiorno. Tra il 2011 e il 2016 le aree che hanno registrato i piu' marcati cali del Pil sono il Centro (-0,8%) e il Mezzogiorno (-0,6%). La flessione e' stata piu' contenuta nel Nord-ovest (-0,5%) mentre per il Nord-est si registra una sostanziale stabilita' (-0,1%)

La graduatoria regionale vede in testa la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen, con un Pil per abitante di 42,5mila euro, seguita da Lombardia, Provincia Autonoma di Trento e Valle d'Aosta. Il Lazio risulta, con 31,6mila euro, la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante, ma registra un calo di 2mila euro rispetto al 2011. Nel Mezzogiorno la prima regione per livello di Pil pro capite e' l'Abruzzo con circa 24mila euro. L'ultimo posto della graduatoria e' occupato dalla Calabria, con 16,6mila euro, al di sotto dei 16,9mila euro del 2011, ma in recupero rispetto al 2015 (16,3mila euro).

 

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Si riducono le esportazioni di pasta dall’Italia

In controtendenza rispetto all'andamento del Made in Italy all'estero, si riducono le esportazioni di pasta dall'Italia che fanno segnare un preoccupante calo in valore del 3% nel 2017. E' quanto emerge dall'analisi Coldiretti relativa ai primi nove mesi dell'anno in occasione della divulgazione dei dati Istat sul commercio estero che complessivamente registrano un +11,3% su base annua. L'export agroalimentare del Made in Italy, sulla base dei dati Istat sul commercio estero diffusi ha raggiunto quota 33,7 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2017, con una crescita di 7,3 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Lo rende noto il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali sottolineando che nel solo mese di ottobre l'export agroalimentare ha toccato quota 3,9 miliardi, l'11% in piu' rispetto a quello del 2016. "I nostri margini sono ancora ampi e l'obiettivo di chiudere l'anno sopra la quota di 40 miliardi e' alla nostra portata. - afferma il Ministro Maurizio Martina - Parlare ancora oggi di barriere e di dazi vuol dire non capire le nostre potenzialita' e danneggiare la prospettiva di tante piccole e medie aziende Made in Italy. Servono regole giuste - conclude - in mercati aperti in modo che queste nostre imprese possano affrontare con ancora piu' forza i mercati internazionali"

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Le imprese tornano a investire sull’ambiente

Le imprese tornano a investire sull'ambiente. Nel 2015 infatti gli investimenti per la protezione dell'ambiente fatti dalle imprese industriali "aumentano in misura significativa (+25,8% rispetto all'anno precedente), dopo aver fatto registrare consistenti flessioni per due anni consecutivi". Lo rileva l'Istat aggiungendo che la cifra spesa per questo tipo di investimenti nel 2015 ha raggiunto gli 1,4 miliardi di euro (erano 1,1 nel 2014) e che la crescita e' risultata molto elevata per le grandi imprese (32,1%) e piu' contenuta per quelle di piccola e media dimensione (5,3%). Nello stesso periodo gli investimenti fissi lordi complessivi del settore industriale si contraggono del 2,5%, di conseguenza - fa notare l'Istat - "aumenta il peso relativo degli investimenti ambientali passando dal 3,2% del 2014 al 4,1%". Cresce anche la quota degli investimenti ambientali per addetto, stimati pari a 373 euro rispetto ai 294 euro del 2014.

Nel 2015 gli investimenti delle imprese sulla protezione ambientale - continua l'Istat - sono stati prevalentemente orientati verso impianti e attrezzature di tipo 'end-of-pipe' ossia in attrezzature, installazioni o dispositivi per il controllo e l'abbattimento dell'inquinamento, che agiscono dopo che questo e' stato generato (979 milioni di euro, +23,5% sul 2014), mentre e' risultata di entita' minore (426 milioni di euro) la spesa per impianti e attrezzature a tecnologia integrata che, tuttavia, aumenta di quasi un terzo rispetto all'anno precedente (+31,5%). Piu' di un terzo della spesa (36,5%) e' stato invece destinato alle attivita' di protezione e recupero del suolo e delle acque di falda e superficiali, all'abbattimento del rumore, alla protezione del paesaggio e protezione dalle radiazioni e alle attivita' di ricerca e sviluppo finalizzate alla protezione dell'ambiente. Nell'industria manifatturiera la spesa maggiore, conclude l'Istat, e' realizzata dai settori della fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (26,5%), della metallurgia (19,4%) e della fabbricazione di prodotti chimici (13,2%).

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Istat, cresce la partecipazione dei giovani ai processi formativi

Nel 2016, secondo i dati Istat, migliora la partecipazione ai processi formativi (formali e non formali) che riduce, almeno in parte, il divario accumulato nei decenni precedenti nei confronti degli altri paesi europei. Diminuisce anche nel 2016 la quota di giovani (18-24 anni) che escono dai percorsi di istruzione e formazione senza una qualifica o un diploma (13,8%), in costante calo da 8 anni. Aumentano invece i giovani tra i 30 e i 34 anni che hanno concluso percorsi universitari o di pari livello (oltre il 26%). In entrambi i casi risultano raggiunti o superati gli obiettivi nazionali per Europa 2020 (rispettivamente 16% e 25/26%) ma l'Italia rimane lontana dalla media Ue. In miglioramento anche la partecipazione degli adulti alla formazione continua (8,3% della popolazione di 25-64 anni); gli incentivi alle attivita' di formazione connesse alla digitalizzazione previste nel "Piano nazionale per l'industria 4.0" potranno portare ulteriori incrementi nei prossimi anni, avvicinando l'Italia alla media Ue (10,8%). Nonostante le iniziative promosse per sostenere l'inserimento degli stranieri nel sistema scolastico, gli studenti nati all'estero incontrano maggiori difficolta' nel percorso formativo: i giovani immigrati che abbandonano precocemente gli studi sono il 30% (contro l'11,8% dei nativi italiani) e i laureati sono il 13,4% rispetto al 29,5% dei 30-34enni nati in Italia. 

Dal punto di vista delle competenze, i risultati della valutazione realizzata dall'Ocse (PISA) mostrano che nel 2015 i quindicenni italiani sono al di sotto della media dei paesi partecipanti nella comprensione dei testi mentre in ambito matematico, per la prima volta, il punteggio degli studenti italiani equivale a quello medio Ocse. A livello territoriale, la rilevazione delle competenze funzionali condotta dall'Invalsi evidenzia il permanere di notevoli differenze: nelle competenze alfabetiche la distanza tra Nord e Mezzogiorno e' di quasi 17 punti e nelle abilita' numeriche e' di 27 punti. 

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Coldiretti, 9,7 miliardi di euro per i cesti tra solidarietà ed extra lusso

Almeno 9,7 milioni di cesti enogastronomici trovano spazio quest'anno sotto l'albero degli italiani in attesa di esser aperti per i tradizionali pranzi e cenoni di Natale. E' quanto emerge dall'analisi Coldiretti/Ixe' "Il Natale nel piatto" presentata nel mercato di Campagna Amica a Roma in Via San Teodoro 74 al Circo Massimo, nell'ultimo weekend utile prima di imbandire le tavole, con aperture speciali nei mercati contadini lungo tutta la penisola. La tendenza quest'anno - spiega Coldiretti - e' verso la personalizzazione con cesti fai da te a tema, da quelli solidali a quelli piu' lussuosi con specialita' esclusive, da quelli salutistici a quelli autarchici, da quelli green a quelli no vegan. Tra i cesti della solidarieta' i piu' richiesti sono quelli con i prodotti delle aree terremotate di Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio, con i biscotti di Accumuli, la lenticchia di Castelluccio di Norcia Igp, l'olio extravergine ma anche il pecorino e il guanciale insieme a confetture e vino cotto marchigiano. Secondo le stime di Coldiretti, nel tour de force enogastronomico natalizio di quasi due settimane gli italiani faranno sparire quasi cento milioni di chili tra pandori e panettoni, almeno cinquanta milioni di bottiglie di spumante, ventimila tonnellate di pasta, 6 milioni di chili tra cotechini e zamponi ma anche frutta secca, pane, carne, salumi, formaggi e dolci. Tra i prodotti piu' presenti nei cesti ci sono infatti lo spumante, il torrone, il pandoro o il panettone spesso artigianali, ma sono tornati prepotentemente il cotechino, lo zampone, le lenticchie e in generale tutti i prodotti tipici locali, cosiddetti a chilometro zero, dai salumi ai formaggi, dall'extravergine al vino, dal miele alle conserve, meglio se preparati direttamente nelle aziende agricole. 

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Sondaggio, nove milioni di elettori indecisi

 Sono nove milioni gli elettori indecisi, il 20,1% del totale, il 68% dei quali e' "orientato". E' quanto emerge da un sondaggio della Swg in base al quale M5s risulta il primo partito con il 26,2% (in crescita) davanti al Pd con il 25% (in calo) e a Fi con il 15,1% (in calo). Secondo la ricerca solo il 59,5% delle persone "ha gia' definito, anche se non in modo granitico, il proprio orientamento elettorale", rispetto al 40,5 degli incerti. Questi ultimi si dividono tra gli astenuti (20,4%) e gli indecisi (20,1%), pari a9 milioni e 341 mila elettori. Swg divide gli indecisi tra gli "orientati" pari al 68% e a 6 milioni di persone e i "disorientati" (32%). Il 56% degli "indecisi orientati" non ha particolari sintonie con un leader, mentre il restante 44% ha "simpatie" ma non ancora tradotte in intenzioni di voto: il 15% per Berlusconi, il 9% per Renzi, l'8% per Di Maio e il 7% per Salvini e il rimanente 5% per i restanti leader (Bonino, Grasso, Meloni, Pisapia, Alfano). Ecco le intenzioni di voto PARTITO 14/12/2017 7/1272017 RifondazioneComunista 0,8 0,6 Liberi e Uguali 6,4 5,6 Pd 25,0 25,5 altri centrosinistra 1,5 2,4 Lista Centrista 1,1 2,8 +Europa di EmmaBonino 1,1 0,9 M5S 26,2 25,8 Forza Italia 15,1 15,5 Lega Nord 14,2 13,8 FdI 5,0 5,3 altri centrodestra 1,4 0,4 altri partiti 2,2 1,4 Metodo di rilevazione: sondaggio CATI-CAMI-CAWI su un campione rappresentativo nazionale di 1.500 soggetti maggiorenni.

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In calo le rapine in banca

Diminuiscono le rapine in banca: nei primi nove mesi, sono stati 188 i colpi compiuti allo sportello, con un calo del 36,9% rispetto ai 298 dello stesso periodo dell'anno precedente. In netto calo anche il cosiddetto indice di rischio - cioe' il numero di rapine ogni 100 sportelli - che e' passato da 1,2 a 0,9. Sono questi i principali risultati dell'indagine condotta da Ossif, il Centro di ricerca Abi in materia di sicurezza, presentati oggi al convegno "Stati generali della Sicurezza", l'evento Abi che approfondisce i temi della sicurezza in banca e negli altri settori a rischio rapina. Sempre nei primi 9 mesi, e rapine sono diminuite in: Calabria ( -60%, da 5 a 2), Campania (-25%, da 20 a 15), Emilia Romagna (-44,4%, da 36 a 20), Lazio (-31,3%, da 32 a 22), Liguria (-33% da9 a 6), Lombardia (-52,8%, da 53 a 25), Molise (-50% da 2 a 1), Piemonte (-34,5% da 29 a 19), Sicilia (-80,4%, da 46 a 9), Toscana (- 42,9%, da 28 a 16) e Veneto (-57,1%, da 14 a 6). Nessun colpo in banca in Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Invariate le rapine in Basilicata (solo una) e in Umbria (solo tre). Aumenti si sono invece verificati in: Abruzzo (6 rapine da 5), Marche (5 rapine da 4), Puglia (31 rapine da 11) e Sardegna (1 rapina da 0). Secondo l'ottavo Rapporto Intersettoriale OSSIF sulla Criminalita' Predatoria, nel biennio 2015-2016 le rapine totali denunciate dalle Forze dell'ordine all'Autorita' giudiziaria sono diminuite di 15 mila casi rispetto al biennio precedente, pari ad un calo del 18%. 

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Istat, l’export risulta in crescita per tutte le ripartizioni

Nel terzo trimestre 2017, rispetto ai tre mesi precedenti, l’export risulta in crescita per tutte le ripartizioni: +3,0% per le regioni nord-orientali, +1,4% per l'Italia meridionale e insulare, +0,9% per le regioni nord-occidentali e +0,7% per l'Italia centrale.

Rispetto ai primi nove mesi del 2016, nel periodo gennaio-settembre 2017, a fronte di un aumento medio nazionale del 7,3%, si registrano incrementi delle vendite sui mercati esteri per le regioni delle aree insulare (+33,8%), centrale (+8,2%), nord-occidentale (+8,0%) e nord-orientale (+5,5%). Si rileva invece una leggera diminuzione per le regioni dell'area meridionale (-0,1%).

Nel periodo gennaio-settembre 2017 tra le regioni che forniscono il maggiore contributo alla crescita tendenziale delle esportazioni nazionali si segnalano: Lombardia (+7,3%), Piemonte (+8,9%), Lazio (+17,7%), Emilia-Romagna (+5,8%) e Veneto (+5,1%). Diversamente, si registrano segnali negativi in particolare per Basilicata (-16,4%) e Molise (-30,4%).

Nei primi nove mesi del 2017, l'aumento tendenziale delle vendite di autoveicoli dal Lazio, di prodotti petroliferi raffinati dalla Sicilia, di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici e di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti dalla Lombardia contribuisce alla crescita dell'export nazionale per oltre un punto percentuale (1,6 punti).

Nello stesso periodo si segnala un incremento dell'export di macchine e apparecchi n.c.a. da Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte che impatta sulla dinamica nazionale per quasi un punto (0,8 punti).

Le vendite dalla Lombardia e dal Lazio verso gli Stati Uniti, dal Piemonte verso la Cina e dalla Lombardia verso la Germania forniscono un impulso positivo all'export nazionale, mentre flettono le vendite della Lombardia e dell'Emilia-Romagna verso i paesi OPEC.

Nei primi nove mesi dell'anno, la positiva performance all'export delle province di Frosinone, Milano, Siracusa, Monza e della Brianza, Cagliari e Torino contribuisce positivamente all'export nazionale. I maggiori contributi negativi provengono da Potenza e Ascoli Piceno.

 

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Lavoro, finanziati gli incentivi per l’occupazione al sud

Con un rifinanziamento pari a 65 milioni di euro l'Anpal ha garantito la copertura finanziaria dell'Incentivo Occupazione Sud, per le ulteriori richieste dei datori di lavoro privati che perverranno all'Inps entro il 31 dicembre 2017. E' quanto si legge in una nota, L'incentivo, finanziato con le risorse del Fondo sociale europeo relative al Programma operativo nazionale Spao (Sistemi di politiche attive per l'occupazione), ricorda il comunicato, ha il fine di incentivare le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno. L'ammontare disponibile per l'anno in corso e' pari a 30 milioni di euro per le Regioni "in transizione" (Abruzzo, Molise e Sardegna) e di 500 milioni di euro per Regioni "meno sviluppate" (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Il rifinanziamento ora disposto dall'Anpal aggiunge rispettivamente 10 milioni di euro per le Regioni "in transizione" e 55 milioni di euro per le Regioni "meno sviluppate". Nello specifico, il bonus Sud e' rivolto ai datori di lavoro privati che assumano giovani disoccupati di eta' compresa tra i 16 e i 24 anni oppure lavoratori con almeno 25 anni di eta' privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. L'incentivo si sostanzia in una decontribuzione nel limite massimo di 8.060 euro per lavoratore assunto, da fruire nell'arco di 12 mensilita' a partire dalla data di assunzione. Al 30 novembre 2017, grazie al bonus Sud sono state assunte 113.495 persone, tutte a tempo indeterminato. Nel 73,2% dei casi si tratta di nuovi contratti a tempo indeterminato, nel 21,6% di trasformazioni da tempo determinato e nel 5,2% di nuovi contratti di apprendistato.

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Imprese rosa, un quarto è gestito da donne di origine straniera

Le imprese gestite da donne di origine straniera in Italia sono pari a quasi un quarto del totale delle imprese a titolarita' straniera (poco piu' del 23%). Rispetto alle imprese a guida femminile la loro incidenza e' pero' pari al 9,3% con picchi in alcuni settori: nel tessile-abbigliamento arrivano al 27,2% (quasi 10 mila imprese) e il commercio in cui le imprese guidate da donne di origine straniera sono 1 su 3 (oltre 40 mila). Seguono ristorazione e servizi alberghieri con 15 mila casi. Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto Idos 2017 su immigrazione e imprenditoria presentati oggi a Roma da cui risulta che la componente piu' attiva e' quella cinese, con 21.526 immigrate titolari di ditte individuali. Molto significativa e' la loro presenza nel tessile-abbigliamento con oltre 7 mila titolari, anche se in assoluto il settore piu' importante e' quello del commercio (8.600). Al secondo posto c'e' la componente rumena (9.717) e al terzo il gruppo marocchino (7.411 titolari, di cui oltre 5 mila gstiscono attivita' commerciali), "una smentita della passivita' e dipendenza delle donne originarie di Paese a prevalenza musulmana". Un altro dato interessante e' l'incidenza in alcuni settori di imprenditrici provenienti da Paesi sviluppati, come nel caso dell'agricoltura in cui spiccano titolari provenienti da Germania e Svizzera. Diferenze territoriali. Le imprese guidate da donne di origine straniera si concentrano nelle regioni centro-settentrionali: erano oltre 90 mila attivita' nel 2014 e sono 97 mila nel 2016, ovvero 3 su 4. In testa alla classifica delle regioni c'e' la Lombardia (20.182 nel 2014 e 22.972 nel 2016 ovvero 1 su 6), segue il Lazio (quasi 15 mila imprese femminile immigrate nel 2014 e oltre 16 mila due anni dopo) e al terzo posto c'e' la Toscana (quasi 13 mila nel 2014 e oltre 14 mila nel 2016), che precede Veneto ed Emilia-Romagna. Al Sud vanno segnalate la Campania con 8.500 attivita' guidate da donne straniere nel 2014 e 9.700 nel 2016 e la Sicilia con oltre 7 mila, "fanno pensare che anche in territori difficili sotto vari aspetti le donne immigrate mostrano capacita' di iniziativa". La Toscana e' la regione in cui e' piu' elevata l'incidenza delle donne immigrate sul lavoro in proprio femminile: 13,7%. Prato e' la citta' in cui il fenomeno raggiunge i valori piu' alti: circa 3 mila imprese nel 2014, pari al 38,1% dell'imprenditoria femminile complessiva, specializzata nel tessile-abbigliamento. Firenze e' al secondo posto con circa 4 mila imprese, pari al 18% dell'imprenditoria femminile sul territorio. Trieste e Milano sono al terzo e quarto posto (intorno al 16%), mentre Teramo e Rimini sono nelle posizioni immediatamente successive. Le caratteristiche dell'imprenditoria femminile migrante. Lo sviluppo dell'imprenditoria femminile migrante e' legato a diversi fattori, in primis al sistema di welfare del Paese ospitante. "Secondo alcuni studi la conciliazione vita-lavoro e' la principale motivazione per la quale le donne diventano imprenditrici, ovvero per guadagnare flessibilita' - si legge nel Report - Quando piu' lo Stato sostiene questo bilanciamento tanto piu' le donne sono motivate dal criterio dell'opportunita'. Inoltre, nei Paesi in cui esiste un elevato sostegno all'imprenditorialita', femminile e migrante, esiste un impegno concreto e stabile per la crescita sociale ed economica del Paese". Un altro fattore e' la motivazione personale, "gli uomini diventano imprenditori per migliorare le proprie condizioni di lavoro, le donne per ottenere un equilibrio vita-lavoro e/o opportunita' di lavoro migliori. I motivi principali di uscita sono legati alle motivazioni personali di conciliazione e/o alla perdita dell'impatto sociale generato dall'attivita' di impresa. Secondo gli studi dell'Ocse, le donne diventano imprenditrici per necessita' perche' mancano opportunita' nell'occupazione dipendente, lo fanno per opportunita' quando hanno facile ed equo accesso al mercato del lavoro. In quest'ultimo caso, vi e' un'associazione positiva con un grado di istruzione elevato". Il terzo fattore e' il grado di istruzione, "un basso livello di istruzione porta a considerare la scelta imprenditoriale per motivi di necessita', all'opposto per opportunita'. In Europa le imprenditrici hanno un livello di istruzione superiore ai loro omologhi maschi". Infine, c'e' l'ecosistema del Paese di origine. "La cultura e i valori del Paese di origine caratterizzano l'etnia e quindi la propensione del singolo all'avvio di un'impresa". La promozione. Sia a livello nazionale che europeo sono molti i programmi di promozione dell'imprenditorialita'. "Negli ultimi decenni un numero crescente di questi si concentra sull'imprenditoria migrante e femminile e alcuni di essi offrono non sono incentivi finanziari ma anche servizi di supporto alle imprese, networking e mentoring - si legge nel Report - Gli interventi pero' mirati specificamente all'imprenditoria femminile migrante sono principalmente legati a progettualita' isolate". Sono 130 i programmi/politiche analizzati con caratteristiche e limiti comuni: circa la meta' degli interventi sono generici e non specifici rispetto all'imprenditoria femminile migrante, la maggior parte dei programmi si concentrano quasi esclusivamente su interventi singoli, mentre le sfide richiedono uno scenario piu' olistico, la maggior parte dei servizi forniti si focalizza sulla fase di start up, non considerando il tasso di uscita piu' elevato per l'imprenditoria femminile rispetto alla controparte maschile.

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