L’Osservatorio

Bankitalia: In Italia 7 famiglie su 10 sono proprietarie delle case

In Italia circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell'abitazione in cui risiede. Lo riferisce la Banca d'Italia nell'Indagine sui bilanci delle famiglie italiane. La quota di proprietari è però ancora diminuita tra le famiglie con capofamiglia fino a 45 anni dal 59% al 52% tra il 2006 e il 2016. Da Palazzo Koch spiegano che tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta è diminuita, quasi interamente per effetto del calo del prezzo delle case. La flessione è stata più marcata per i patrimoni più elevati (a prezzi costanti, la mediana e il nono decile della ricchezza netta sono diminuiti rispettivamente del 9% e di oltre il 6%; il secondo decile è cresciuto di circa il 4%).

 Alla fine del 2016 solo il 2% delle famiglie possedeva immobili che non comprendevano l'abitazione principale. La quota di famiglie proprietarie dell'abitazione di residenza è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2006. Il calo di 7 punti percentuali, al 52%, della quota di proprietari tra i nuclei familiari con capofamiglia fino a 45 anni è stato controbilanciato dalla forte riduzione del peso di queste famiglie sul totale, dal 37% al 27%, proseguendo la tendenza avviatasi all’inizio degli anni novanta. Secondo la valutazione delle famiglie, l’abitazione di residenza, indipendentemente dal titolo di occupazione, valeva in media poco meno di 1.800 euro al metro quadrato, il 7% in meno rispetto al valore del 2014 e il 23% in meno rispetto a quello del 2006, un andamento complessivamente in linea con quello evidenziato dall’Indice dei prezzi delle abitazioni dell’Istat. Le famiglie interpellate prevedono un sostanziale assestamento dei prezzi nel corso del 2018, prefigurando in media un calo di circa un punto percentuale.Circa un quinto delle famiglie risiedeva in un'abitazione in affitto e il restante decimo l’occupava a titolo gratuito. Il canone annuo, in media poco sopra 4.000 euro e superiore di circa il 5% a quello rilevato nella precedente rilevazione, rappresentava almeno un quinto del reddito familiare per circa il 68% dei nuclei con reddito equivalente inferiore a quello mediano e per circa il 46 per cento di quelli al di sopra.

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Studio Cgia, autonomi versano più Irpef di dipendenti e pensionati

L'Irpef è la principale imposta pagata dai contribuenti. A versarla sono solo le persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi) e come risulta dalle dichiarazioni dei redditi del 2016 questi soggetti danno all'erario oltre 155 miliardi all'anno. L'incidenza di questo gettito sul totale delle entrate tributarie è pari al 33%. E sebbene le partite Iva costituiscano solo l'11,4% del totale delle persone fisiche presenti in Italia (pari a poco più di 4.660.000 unità), ciascuno di queste (artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, liberi professionisti), versa mediamente poco più di 4.700 euro di Irpef l'anno, rispetto ai 4mila euro che mediamente vengono prelevati dalla busta paga di un lavoratore dipendente e a poco più di 2.900 euro che, invece, il fisco incassa da ogni pensionato. L'elaborazione è stata effettuata dall'ufficio studi della Cgia sulla base dei dati emersi dalle dichiarazioni dei redditi del 2016. "Abbiamo ritenuto necessario puntualizzare questa questione - dichiara il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - per sconfessare una tesi sempre più diffusa secondo la quale le tasse in questo Paese vengono pagate principalmente da coloro che subiscono il prelievo alla fonte. Per carità, nessuno disconosce che tra il lavoro autonomo ci siano delle sacche di evasione o di sotto dichiarazione che vanno assolutamente contrastate, ci mancherebbe. Questi dati, tuttavia, dimostrano inconfutabilmente che il popolo delle partite Iva dà un contributo significativo alle casse dell'erario ed è mediamente più tartassato degli altri contribuenti". 

 In Italia, i lavoratori dipendenti e i pensionati ammontano a oltre 35.650.000: questi ultimi costituiscono l'87,5% del totale dei contribuenti Irpef e subiscono un prelievo complessivo di 127 miliardi di euro l'anno (pari all'81,9% del gettito totale Irpef). Gli autonomi, invece, sono poco più di 4.660.000 lavoratori, pari all'11,4% del totale dei contribuenti Irpef. Al fisco versano quasi 22,5 miliardi di euro (pari al 14,5% del totale). A livello territoriale la regione che presenta il più alto numero di lavoratori attivi è la Lombardia (oltre 3.785.000 dipendenti e poco più di 839.000 partite Iva), che ha quasi 10 milioni di abitanti. Subito sotto ci sono il Lazio, per quanto concerne il numero di lavoratori dipendenti (poco più di 2 milioni) e il Veneto, per quanto riguarda i lavoratori autonomi (attorno a 463.300). Il Veneto è al terzo posto a livello nazionale anche per il numero di lavoratori dipendenti (1.892.768), mentre l'Emilia Romagna si posiziona sull'ultimo gradino del podio per via della presenza di lavoratori autonomi (425.790). Anche il maggior numero di pensionati si concentra in Lombardia (2.520.858). Al secondo posto scorgiamo invece il Lazio (1.297.744) e al terzo il Piemonte (1.256.035). Sul fronte del gettito Irpef per regioni, infine, il territorio che ne versa di più è la Lombardia. In termini assoluti con 35,1 miliardi di euro (Irpef media di 6.085 euro). Seguono il Lazio con 17,7 miliardi (Irpef media di 6.058 euro) e l'Emilia Romagna con 14,1 miliardi (Irpef media di 5.245 euro). 

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Reddito di cittadinanza, picco di ricerche su Google dopo il voto

 I motori di ricerca non possono analizzare i flussi elettorali e le motivazioni di voto. Pero' possono fornire alcune indicazioni. Su Google la chiave di ricerca "reddito di cittadinanza" (e altre legate allo stesso argomento) ha avuto un'impennata subito dopo il voto, tra i 5 e il 6 marzo. Con un'impennata piu' decisa nel centro-sud, dove il M5S ha costruito il proprio successo. La ricerca "reddito di cittadinanza" ha avuto un picco intorno alle ore 21 del 5 marzo. Cioe' a urne chiuse e risultati gia' chiari. I dati non dicono quante persone siano andate a caccia di informazioni online, ma danno un quadro delle tendenze (in proporzione). Se Google indica il momento di maggiore interesse con 100 il 5 marzo, il giorno del voto si ferma a 15 e il il 3 marzo a 10. Tradotto: le ricerche sul "reddito di cittadinanza" si sono decuplicate tra la vigilia del voto e il giorno successivo alla chiusura dei seggi. Un interesse che si e' mantenuto vivo anche nelle giornate successive, il 6 (con un picco a quota 84) e 7 marzo (arrivato fino a 78). Dove c'e' stata l'impennata maggiore? Secondo i dati di Google Trends, in Abruzzo, Sardegna, Umbria, Calabria e Molise. Tutte regioni (salvo l'Umbria) dove ha prevalso il M5S.

La crescita delle ricerche post-elettorale si conferma anche per domande piu' specifiche. Con una differenza: lo slittamento di qualche ora. Il giorno dopo il voto ha prevalso il generico "reddito di cittadinanza". Il 6 marzo gli utenti hanno iniziato a cercare massicciamente anche qualche indicazione pratica. Nella mattinata del 6 marzo c'e' il picco della ricerca "reddito di cittadinanza come funziona" (con volumi quintuplicati rispetto al giorno del voto). E poi c'e' chi ha badato direttamente al sodo: le ricerche di "Reddito di cittadinanza m5s requisiti" si sono moltiplicate per 20 tra il 4 e il 6 marzo, con un picco a piu' di 24 ore dalla chiusura dei seggi. Anche in questo caso, le regioni piu' interessate sono state quelle colorate di giallo: Abruzzo, Calabria, Sardegna, Sicilia. Anche se al quinto posto spunta una delle aree dove il Movimento 5 Stelle non ha prevalso: la Toscana. Certo, le ricerche di Google non raccontano motivazioni di voto e conoscenza della proposta. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che gli elettori abbiano usato altri canali. Che le ricerche siano state (molto) diluite nei giorni precedenti al 4 marzo. Oppure che la crescita delle ricerche in alcune regioni del centro-Sud sia legata alla minore penetrazione di internet: la curiosita' per un tema che potrebbe riguardarli da vicino potrebbe aver spinto utenti di solito lontani dal web a cercare informazioni online. Ma, al netto dei molti condizionali, resta il fatto che la caccia alle informazioni si sia intensificata dopo il voto e non prima di mettere una X sulla scheda. La geografia e l'andamento delle ricerche cambiano per un altro argomento molto popolare della campagna elettorale: la flat tax. L'interesse nei confronti di questa proposta (del Centrodestra) e' stata molto piu' costante. Il picco si e' avuto il 25 febbraio. E i livelli del post-voto sono in linea con quelli dei giorni precedenti. Senza impennate nelle ultime settimane. Diversa e' anche la distribuzione regionale delle ricerche: le due regioni del sud in vetta (Basilicata e Abruzzo) sono seguite da Valle d'Aosta (dove ha prevalso il Movimento alla Camera e il Centrosinistra al Senato), Friuli Venezia Giulia e Lombardia (conquistate dal Centrodestra)

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Istat, decelera l’inflazione a febbraio dopo tre mesi di stabilita’

Dopo tre mesi di stabilita', si e' registrata una decelerazione dell'inflazione a febbraio: in base alle stime preliminari dell'Istat, infatti, l'indice dei prezzi al consumo ha mostrato un tasso tendenziale (+0,6%) di tre decimi inferiore rispetto al trimestre novembre-gennaio. "Il rallentamento - ha spiegato l'Istat - e' stato determinato dalla dinamica delle voci maggiormente volatili: i ribassi tendenziali degli alimentari non lavorati sono ancora legati ai forti rincari che hanno caratterizzato lo stesso periodo dell'anno precedente". L'inflazione di fondo, nella misura al netto dei beni energetici e alimentari non lavorati, ha evidenziato un moderato aumento, pari a +0,7%, 0,1% in piu' rispetto a gennaio, e per la prima volta da dicembre 2016 si e' attestata su ritmi superiori a quelli dell'inflazione totale. "La risalita della core inflation - ha commentato l'Istituto nazionale di statistica - e' da imputare alla componente dei servizi (+0,8% rispetto il precedente +0,6%) mentre per i prezzi dei beni industriali non energetici la variazione annua e' ritornata appena negativa".

"L'inflazione pressoche' nulla per i beni industriali non energetici - ha aggiunto l'Istat -, risente, oltre che della moderazione dei costi salariali e di un contesto interno e internazionale maggiormente competitivo, anche della debole dinamica dei prezzi all'importazione. L'apprezzamento del cambio dell'euro ha attenuato le pressioni sui costi dei prodotti importati per i principali raggruppamenti". Per i beni di consumo non alimentari, infatti, si e' accentuata la caduta tendenziale, con -0,3% a dicembre da -0,1% a novembre, che ha coinvolto alcune importanti voci di spesa dei bilanci delle famiglie, con -0,6% per la confezione di articoli di abbigliamento e -0,4% per le calzature.

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Lavoro, le professioni più richieste

Nel corso del 2017, le imprese italiane hanno proseguito i piani di assunzione iniziati negli anni precedenti, con un trend di crescita che si conferma positivo seppure con un leggero rallentamento rispetto al 2016. I dati emersi dall'osservatorio InfoJobs sul mercato del lavoro 2017 confermano come in Italia le offerte di nuovi impieghi crescano del +19,6% rispetto al 2016. Il canale più utilizzato è Internet, che raccoglie il 99,8% delle offerte pubblicate, di cui il 40% passa da InfoJobs. Secondo la ricerca della piattaforma di reclutamento online numero 1 in Italia, il settore più importante, e in continua crescita (+110% rispetto al 2016) per numero di offerte di lavoro, è quello della consulenza manageriale che registra il 29,9% delle offerte nel mercato. A seguire due settori che hanno giocato un ruolo fondamentale nel mercato del digitale ovvero quello dell'Ict (15%) con aumento degli annunci del +11,2% e telecomunicazioni (10,9%) che registra una crescita del +19% rispetto al 2016.

Tra le categorie professionali più ricercate, al primo posto si trova ancora il manifatturiero, produzione e qualità con il 20% delle offerte totali, in crescita del +4% rispetto al 2016, seguito da vendite che con il 10,6% degli annunci si mantiene stabile in seconda posizione nella classifica, registrando una crescita del 10,1%. Tra le prime cinque posizioni si trovano anche commercio al dettaglio, Gdo e retail (+9,4%) e amministrazione e contabilità (8,9%), che perde una posizione rispetto al 2016 e si posiziona quarta appena prima di Ict e telecomunicazioni che con il 6,8% delle offerte sul mercato registra una piccola decrescita del -2,1% rispetto all'anno precedente. La Lombardia rimane anche nel 2017 la regina in Italia, rappresentando il 33,1% delle offerte nazionali, seguita dall'Emilia-Romagna (15,5%) che negli ultimi 3 anni ha superato il Veneto (12,7%). Si posiziona al quarto posto il Piemonte (7,9%) che scalza il Lazio all'ultimo posto della top 5 con il 7,3%. Il profilo di chi è alla ricerca di una nuova professione è contraddistinto dalla giovane età, un livello elevato di istruzione e un'esperienza lavorativa pregressa solida. La metà dei candidati iscritti alla piattaforma InfoJobs nel 2017 appartengono, infatti, alla generazione dei millennials con un'età media inferiore ai 35 anni, dove i giovanissimi under 26 sono l'11,2% del totale e i giovani adulti (26-35 anni) rappresentano la quota maggiore tra le candidature con il 39,2%. A seguire, la fascia 36-45 è il 30,2% del campione, mentre il range 46-55 anni occupa il 14,7% sul totale, entrambi in crescita rispetto al 2016. Solo il 4,6% supera i 55 anni. 

 Per quanto riguarda la formazione, il diploma di maturità è stato conseguito dal 43,1% dei candidati, mentre il 27,2% ha una laurea (in particolare, il 16,4% ha una laurea specialistica e il 10,8% una laurea breve). Seguono i profili che si sono fermati alla Licenza media (14%), mentre si registrano percentuali minori per i Master (4,1%) e per i Dottorati di ricerca (0,6%). Lo spaccato dedicato all'esperienza maturata nel mondo del lavoro mostra come nel 2017 si sia assistito a un aumento nella ricerca di professionisti: la fascia con più di 10 anni di lavoro risulta infatti quella con più candidature (25,2% del totale), superando così quella con profili tra 5 e 10 anni di esperienza (20,1%). Percentuali leggermente inferiori, infine, per i candidati che hanno maturato da 3 a 5 anni di esperienza (19,1%), mentre quote inferiori vengono registrate dalle fasce fino a 2 anni di esperienza (9,1% leggermente in calo rispetto al 2016) e per quelli con la sola esperienza di stage (7,4%). 

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In Italia 4 italiani su 5 sono proprietari della casa nella quale vivono

In Italia 4 italiani su 5 sono proprietari della casa nella quale vivono: una percentuale piu' alta della media europea dove sono in media il 70% e ancora meno in alcuni paesi come Germania (52%), Gran Bretagna (64,6), Francia (64,3%). A fotografare la situazione (dati 2016) il centro di ricerca Ref per il Rapporto Coop 2017. Prime le regioni del Sud: in testa il Molise con il 93,1% di proprietari, seguito da Abruzzo (88,1%), Basilicata (87,3%), Sardegna (87,6%). Ultimi in classifica valdostani (72,2%) e campani (70,3%) con percentuali comunque piu' alte della media Ue. 

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Al via un piano per reclutare 2.200 ricercatori

Parte il Piano straordinario da oltre 200 milioni per l'assunzione di 2.200 ricercatori previsto dalla legge di bilancio per il 2018. Il piano prevede 1.305 posti per ricercatori di tipo B (con contratto a tempo determinato per tre anni non rinnovabile) destinati alle universita' e di altri 308 posti a tempo indeterminato per gli enti per la ricerca vigilati dal Ministero per l'Istruzione, l'Universita' e la Ricerca. I relativi decreti attuativi sono stati firmati oggi dal ministro Valeria Fedeli. Sempre oggi e' stato pubblicato il bando del Programma Operativo Nazionale (Pon), per altri 600 posti di ricercatore di tipo A (con contratto a tempo determinato di tre anni, rinnovabile per altri due) per gli atenei meridionali.

Il decreto prevede lo stanziamento di 12 milioni per il 2018 e di altri 76,5 per il 2019 per il reclutamento di ricercatori di tipo B e per il loro consolidamento alla fine del contratto triennale, una volta ottenuta l'abilitazione scientifica nazionale nella posizione di professore di seconda fascia, per un totale di 1.305 posti. Il decreto per gli enti prevede invece 2 milioni per il 2018 e 13,5 dal 2019. Si potranno assumere ricercatori e tecnologi a tempo indeterminato. Il bando Pon infine, mette a disposizione 110 milioni per interventi tesi a mobilita' e attrazione di giovani ricercatori in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. 

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Amazon, per le aziende italiane vendite superiori a 350 milioni di euro

 Le aziende italiane che vendono su Amazon Marketplace hanno raggiunto la cifra record nelle vendite all'estero di oltre 350 milioni di euro nel 2017. Oltre 10 mila imprese italiane vendono su Amazon Marketplace e oltre un terzo esportano i loro prodotti soprattutto in Europa e alcune anche in tutto il mondo. E' quanto si legge in una nota di Amazon. Per aiutare le piccole e medie imprese a esportare i loro prodotti, Amazon ha creato una serie di strumenti di supporto e di servizi come la spedizione e la distribuzione a livello globale e la gestione del 'customer service' nella lingua locale. Ogni anno Amazon traduce anche centinaia di milioni di schede prodotto, consentendo loro di vendere a livello internazionale con un minimo sforzo. Di conseguenza, nel 2017 le aziende italiane presenti su Amazon Marketplace hanno totalizzato vendite all'estero, in tutto il mondo, per oltre 350 milioni di euro attraverso gli undici siti web di Amazon, in sette lingue diverse, che consentono di raggiungere milioni di potenziali nuovi clienti. La metà di tutte le vendite sui siti Amazon nel mondo è effettuata da aziende indipendenti presenti su Amazon Marketplace; le pmi esportano prodotti verso clienti in Europa, Nord America, Giappone, China e India. 

 L'analisi ha rilevato che le aziende indipendenti italiane che vendono su Amazon hanno generato più di 10.000 posti di lavoro per supportare la propria crescita sul Marketplace. La distribuzione dei posti di lavoro nella penisola è Nord-Ovest, oltre 3.000 posti di lavoro; nord-Est, oltre 1.000 posti di lavoro; centro, oltre 2.000 posti di lavoro; sud, oltre 3.000 posti di lavoro; isole: oltre 900 posti di lavoro. "Siti Web come Amazon facilitano le piccole e medie imprese italiane a raggiungere i paesi esteri e questo è il motivo per cui continuiamo nella nostra missione di aiutare le pmi a far crescere le loro attività online", rileva Sara Caleffi, Marketplace Director di Amazon.it.

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Il Servizio Sanitario Nazionale compie 40 anni, il rapporto di Cittadinanzattiva

Il Servizio Sanitario Nazionale compie 40 anni, ma restano molto le differenze fra regioni nelle prestazioni offerte ai cittadini, come mostra un rapporto di Cittadinanzattiva. Per l'arrivo dei mezzi di soccorso si attende da un minimo di 13 minuti in Liguria a un massimo di 27 in Basilicata. I centri diurni per la salute mentale variano dai 3 del Molise ai 69 della Toscana, quelli per l'autismo dai 6 di Puglia ed Umbria ai 309 del Veneto, i centri per l'Alzheimer da 1 del Molise a 109 del Veneto. E questi sono solo alcuni dei dati sulle disuguaglianze sanitarie che emergono dagli ultimi Rapporti annuali di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. 

Questi dati sono stati presentati a Roma in occasione della campagna di riforma costituzionale 'La salute è uguale per tutti' promossa da Cittadinanzattiva. In questa Italia a macchia di leopardo, dove a fare la differenza per i cittadini con problemi di salute troppo spesso è il codice di avviamento postale, troviamo 789 Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) in Veneto, 605 in Piemonte, 319 in Toscana, circa 32 nelle altre Regioni. Le strutture di oncologia medica sono pari a 19,15 per milione di abitanti in Molise, 4,65 in Puglia; i servizi di radioterapia sono pari a 7,79 per mln di abitanti in Valle D'Aosta e 1,71 in Campania e Puglia. Spicca ancora il divario Nord-Sud: il 100% dei cittadini del Nord riesce ad accedere entro un mese alla radio e chemioterapia, contro l'86% dei pazienti al Sud e l'84% di quelli che risiedono al Centro. Anche i costi sono differenti. Per un emocromo si paga un ticket di 3,17 euro in Liguria e di 5,30 euro in Friuli Venezia Giulia. 

 

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Cgia: Oltre 35mila delocalizzazioni, in 6 anni +12,7%

 Il numero delle partecipazioni all'estero delle aziende italiane e' aumentato del 12,7% secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2009-2015, analizzati dalla Cgia di Mestre. La ricerca evidenzia che alla fine del decennio scorso i casi ammontavano a 31.672 mentre nel 2015 sono saliti fino a raggiungere quota 35.684. Seppur parziali - secondo la Cgia -, questi dati consentono di misurare la dimensione economica di un evento che rappresenta una forma di delocalizzazione. "Purtroppo - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - non ci sono statistiche complete in grado di fotografare con precisione il fenomeno della delocalizzazione produttiva. Infatti, non conosciamo, ad esempio, il numero di imprese che ha chiuso l'attivita' in Italia per trasferirsi all'estero. Tuttavia, siamo in grado di misurare con gradualita' diverse gli investimenti delle aziende italiane nel capitale di imprese straniere ubicate all'estero"

Dall'elaborazione effettuata dall'Ufficio studi della Cgia su Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e dell'Ice, unico report presente in Italia in grado di monitorare questo fenomeno, si evince, inoltre, che nel periodo preso in esame il numero di occupati all'estero alle dipendenze di imprese a partecipazione italiana e' diminuito del 2,9% (una contrazione di poco piu' di 50.000 unita'). Il fatturato, invece, e' aumentato dell'8,3%, facendo registrare un incremento in termini assoluti del giro di affari di oltre 40 miliardi di euro. Sempre nel 2015, i ricavi delle imprese straniere controllate dalle italiane hanno toccato i 520,8 miliardi di euro. Dei 35.684 casi registrati nel 2015, oltre 14.400 (pari al 40,5% del totale) - secondo la Cgia - sono riconducibili ad aziende del settore del commercio, per lo piu' costituite da filiali e joint venture commerciali di imprese manifatturiere. L'altro settore piu' interessato alle partecipazioni all'estero e' quello manifatturiero che ha coinvolto oltre 8.200 attivita' (pari al 23,1% del totale). In particolar modo quelle produttrici di macchinari, apparecchiature meccaniche, metallurgiche e prodotti in metallo. Il principale paese di destinazione di questi investimenti sono gli Stati Uniti, nel 2015 le partecipazioni italiane nelle aziende statunitensi sono state superiori a 3.300. Di seguito la Francia (2.551 casi), la Romania (2.353), la Spagna (2.251) la Germania (2.228), il Regno Unito (1.991) e la Cina (1.698). "Chi pensava che la meta preferita dei nostri investimenti all'estero fosse l'Europa dell'Est - rileva il Segretario della Cgia Renato Mason - rimarra' sorpreso. A eccezione della Romania, nelle primissime posizioni scorgiamo i paesi con i quali i rapporti commerciali sono da sempre fortissimi e con economie tra le piu' avanzate al mondo". Le regioni italiane piu' interessate agli investimenti all'estero sono la Lombardia (11.637 partecipazioni), il Veneto (5.070), l'Emilia Romagna (4.989) e il Piemonte (3.244). Quasi il 78% del totale delle partecipazioni sono riconducibili a imprese italiane ubicate nelle regioni del Nord Italia

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