Gli italiani che cercano in rete quale automobile acquistare vogliono spendere mediamente 22.800 euro. Una cifra che li lascia liberi di scegliere tra un ampio ventaglio di possibilità: dalla citycar scontata al monovolume super accessoriato, dalla berlina compatta al crossover. Ma che si abbassa a 18 mila euro se a guidare il processo d'acquisto dell'auto è una donna. Lo rileva l'Osservatorio sulla ricerca delle auto online del portale DriveK, segnalando che il dato varia notevolmente dal Nord al Sud: gli importi medi più elevati che le famiglie italiane vorrebbero spendere si registrano infatti in Trentino-Alto Adige (25.000 euro), Valle d'Aosta (24.900 euro) e Veneto (24.700 euro). Nella prima parte si trovano comunque anche l'Abruzzo (quinta in classifica con 23.600 euro) e la Puglia (23.400 euro), che battono la Lombardia, solo nona con 23.250 euro. In coda si posizionano invece la Sardegna, con 21.100 euro di disponibilità media e il Lazio, con 21.200 euro.
Leggi Tutto »Istat, crisi natalità in coppie italiane: 12mila bimbi in meno
L'Italia è sempre più un paese popolato da anziani. Calano infatti le nascite, con 100mila nuovi bambini in meno in otto anni. Aumentano le donne senza figli e anche il numero di quelle con un solo bimbo. E, seppur lievemente, diminuiscono anche i nati da genitori stranieri. È la fotografia dell'Italia del 2016 presentata dall'Istat nel suo rapporto sulla 'Natalità e fecondità della popolazione residente'. L'istituto di statistica conferma che dal 2015 al 2016 sono nati 12 mila bambini in meno e, nell'arco di 8 anni (dal 2008 al 2016), le nascite sono diminuite di oltre 100 mila unità: a influire sono soprattutto le coppie italiane. Le donne di origine rumena, marocchina e albanese le più feconde anche se, dal 2012 diminuiscono, seppur lievemente (-7 mila), anche i nati con almeno un genitore straniero pari a poco più di 100 mila nel 2016 (21,2% del totale). Tra questi, a calare in maniera più accentuata sono i nati da genitori entrambi stranieri, che nel 2016 scendono per la prima volta sotto i 70 mila.CALANO LE NASCITE - Secondo il rapporto Istat, i nati da coppie di genitori entrambi italiani scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107 mila in meno in questo arco temporale). "Ciò avviene fondamentalmente per due fattori: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli", spiegano gli esperti. La fase di calo della natalità avviatasi con la crisi è caratterizzata da una diminuzione soprattutto dei primi figli, passati da 922 del 2008 a 227.412 del 2016 (-20% rispetto a -16% dei figli di ordine successivo). La diminuzione delle nascite registrata dal 2008 è da attribuire interamente al calo dei nati all’interno del matrimonio: nel 2016 sono solo 331.681 (oltre 132 mila in meno in soli 8 anni). Questa importante diminuzione è in parte dovuta al contemporaneo forte calo dei matrimoni, che hanno toccato il minimo nel 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (57 mila in meno rispetto al 2008).Allo stesso tempo, diminuiscono, seppur lievemente (-7 mila), anche i nati con almeno un genitore straniero. Tra i nati stranieri, al primo posto si confermano i bambini rumeni (15.417 nel 2016), seguiti da marocchini (9.373), albanesi (7.798) e cinesi (4.602). Queste quattro comunità rappresentano il 53,6% del totale dei nati stranieri.L'incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri invece è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (circa 20,8%), dove la presenza straniera è più stabile e radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (16,9%), secondo i dati dell'Istat; nel Mezzogiorno l'incidenza è molto inferiore rispetto al resto d'Italia (5,7% al Sud e 5,1% nelle Isole). Nel 2016 è di cittadinanza straniera circa un nato su quattro in Emilia-Romagna, quasi il 22% in Lombardia, circa un nato su cinque in Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana. La percentuale di nati stranieri è decisamente più contenuta in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, con l'eccezione dell'Abruzzo dove supera il 10%.CALA LA FERTILITA' - Aumenta il numero delle donne senza figli ma anche il numero di quelle con un solo bimbo. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010) . Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010). La 'colpa' del calo negli ultimi otto anni è per quasi tre quarti dell’età delle donne: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose. La restante quota dipende invece dalla diminuzione della propensione ad avere figli. Osservando le generazioni, il numero medio di figli per donna in Italia continua a decrescere senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (cioè subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,44 figli per le donne della generazione del 1976.AUMENTANO I MATRIMONI - Dal 2015 i matrimoni hanno ripreso ad aumentare (+4.612 rispetto all'anno precedente) e la tendenza si è accentuata nel 2016 (+9 mila), anno in cui è stata di nuovo superata la soglia delle 200 mila celebrazioni. Anche la propensione al primo matrimonio, da anni in diminuzione, mostra, una lieve ripresa a partire dal 2015. Nel 2016 il tasso di primo-nuzialità maschile arriva a 449,6 per mille (da 421,1 nel 2014) e quello femminile a 496,9 per mille (da 463,4 nel 2014). Il legame tra nuzialità e natalità è ancora molto forte nel nostro Paese (nel 2016 il 70% delle nascite avviene all'interno del matrimonio); ci si può quindi attendere nel breve periodo un ridimensionamento del calo delle nascite dovuto al recupero dei matrimoni. Secondo i dati provvisori dell'Istat riferiti al periodo gennaio-giugno 2017, i nati sono solo 1.500 in meno rispetto allo stesso semestre del 2016. Si tratta della diminuzione più contenuta dal 2008.In un contesto di nascite decrescenti quelle che avvengono fuori del matrimonio sono in aumento: 141.757 i nati da genitori non coniugati nel 2016, oltre duemila in più rispetto al 2015. Il loro peso relativo è più che triplicato rispetto al 1995 e raggiunge il 29,9% nel 2016. La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (35,6%), seguito dal Nord-est (33,7%). Tra le regioni del Centro spicca la Toscana (37,1%), mentre tra le regioni del Nord la proporzione più alta di nati fuori dal matrimonio si registra nella Provincia autonoma di Bolzano (47,3%, il valore più alto a livello nazionale). Sud e Isole presentano incidenze di nati fuori dal matrimonio molto più contenute, con le percentuali più basse in Basilicata (18,4%) e Calabria (18,8%). Il valore della Sardegna (37,4%) supera invece la media del Centro-Nord. Se consideriamo solo i nati da genitori entrambi italiani, quasi un nato su tre ha genitori non coniugati, con una distribuzione territoriale sostanzialmente analoga a quella del totale dei residenti.I NOMI PIU' DIFFUSI - Francesco e Sofia sono i nomi più diffusi tra i neo genitori italiani. Adam e Sofia si chiamano invece i bimbi di neo genitori stranieri residenti in Italia. A livello nazionale si conferma il primato del nome Francesco che si è rafforzato tra il 2013 e il 2014 in seguito, verosimilmente, alla elezione del Sommo Pontefice. Il secondo nome più frequente è Alessandro, seguito da Leonardo. Sofia, Aurora e Giulia si confermano i nomi più diffusi tra le bambine, con frequenze che distanziano decisamente tutti gli altri nomi femminili.
Leggi Tutto »Istat, a novembre in calo fiducia dei consumatori e delle imprese
A novembre 2017 l'indice del clima di fiducia dei consumatori torna a diminuire passando da 116,0 a 114,3; anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese registra un lieve calo (0,3 punti percentuali) spostandosi da 109,1 a 108,8. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono in diminuzione seppur con intensità diverse: la componente economica e quella futura registrano un calo più deciso (da 143,3 a 139,2 e da 121,6 a 119,8 rispettivamente) mentre il deterioramento è più contenuto per la componente personale (da 105,9 a 105,7) e corrente (da 111,5 a 110,1). Più in dettaglio, si evidenzia una diminuzione del saldo relativo sia ai giudizi sia alle aspettative sulla situazione economica del paese nonché un aumento delle aspettative sulla disoccupazione; per quanto riguarda la situazione personale, i giudizi sulla situazione economica della famiglia sono in peggioramento mentre le aspettative sono in aumento. Con riferimento alle imprese, nel mese di novembre segnali eterogenei provengono dai climi di fiducia dei settori indagati. In particolare, il clima di fiducia rimane sostanzialmente stabile nel settore manifatturiero (da 110,9 a 110,8), aumenta nelle costruzioni e nei servizi (i climi passano, rispettivamente, da 130,3 a 132,1 e da 107,7 a 108,2); invece, il commercio al dettaglio registra una diminuzione (da 113,2 a 110,0).
Leggi Tutto »Tra il 1977 e il 2016 le lavoratrici sono aumentate del 54,9%
Negli ultimi 40 anni in Italia molto è cambiato, e se negli anni settanta a portare lo stipendio a casa era solo una donna su tre (33,5%), oggi a lavorare è quasi una donna su due (48,1%). Le serie storiche dell'Istat, elaborate dall'Adnkronos, mostrano che tra il 1977 e il 2016 le lavoratrici sono aumentate del 54,9%, passando da 6,1 milioni a 9,5 milioni. Allo stesso tempo il numero delle donne inattive è crollato del 21,7%, passando da 11,2 milioni a 8,7 milioni.
Rispetto al totale degli occupati, che nel 1977 era di 19,5 milioni, la quota rosa arrivava al 31,5% mentre oggi, con un numero complessivo di occupati che è arrivato a quota 22,8 milioni, le donne hanno conquistato una fetta importante del mercato del lavoro, arrivando al 41,8%. Rispetto al totale del numero di persone occupate si registra un incremento di oltre 10 punti percentuali (+10,3). Osservati da un altro punto di vista, i dati mostrano che gli uomini occupati, nello stesso periodo, sono rimasti sugli stessi livelli: erano 13,4 milioni negli anni settanta e sono passati a 13,2 milioni lo scorso anno. Rispetto al totale del numero di persone occupate hanno quindi perso terreno, passando dal 68,5% al 58,2%. Gli inattivi, nello stesso periodo, sono aumentati del 27,7%: erano 3,8 milioni e sono saliti a 4,9 milioni.
Leggi Tutto »Cgia,2.000 pagine tra circolari e risoluzioni del Fisco nel 2016
Nel 2016 tra leggi e decreti legge in materia fiscale ne sono stati approvati 11, queste novita' legislative hanno modificato 110 normative esistenti; inoltre, sono stati emanati 36 decreti ministeriali composti da ben 138 articoli; il direttore dell'Agenzia delle Entrate ha firmato 72 provvedimenti, infine gli uffici del ministero delle Finanze e dell'Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzioni costituite, complessivamente, da quasi 2.000 pagine. La denuncia, sollevata dalla Cgia, mette in luce in maniera inequivocabile un aspetto: nonostante le promesse politiche, l' oppressione fiscale sta debordando sempre piu', disorientando non solo i contribuenti, ma anche gli addetti ai lavori; come i Caf, i commercialisti e gli esperti delle associazioni di categoria
"Con un sistema fiscale cosi' complesso, spesso contradditorio e poco trasparente - rileva Paolo Zabeo della Cgia - non dobbiamo sorprenderci se l'anno scorso 21 milioni di contribuenti, pari al 54% circa del totale, avevano una pendenza economica con Equitalia inferiore a 1.000 euro. Sicuramente tra questi debitori ci sono anche coloro che, probabilmente, non hanno pagato il bollo dell'auto o il canone Rai, ma la grande maggioranza e' costituita da vittime di un fisco arcaico e spesso indecifrabile, che in questi ultimi anni ha fatto aumentare in misura esponenziale il rischio di commettere errori formali a seguito di un ingorgo normativo che non ha eguali nel resto del mondo". Per la Cgia, oltre ad avere un peso fiscale che in Italia rimane tra i piu' elevati tra i paesi piu' industrializzati, e' inaccettabile che il grado di complessita' del fisco scoraggi la voglia di fare impresa. "Non e' un caso - spiega Renato Mason, segretario Cgia - che molti operatori stranieri non investano da noi proprio per l'eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Secondo un'indagine realizzata da Promo Pa Fondazione, l'81% delle imprese con meno di 50 addetti, vale a dire le piccole, e' costretto a ricorrere a consulenti esterni, di cui il 70% ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all'interno dell'azienda, mentre l'altro 11% si affida a terzi per tutte le incombenze"
Leggi Tutto »Censis, 13,5 milioni gli over 65 in Italia
Gli over 65 in Italia sono aumentati di 1,8 milioni negli ultimi dieci anni e oggi sono complessivamente 13,5 milioni. Cresciuto anche il numero degli over 80, sono 1,1 milioni in piu', oggi 4,1 milioni. Questi alcuni dei dati emersi da una ricerca del Censis sulla longevita', che, da domani al 17 gennaio 2018, saranno raccontati dalla mostra fotografica "La lunga vita. Longevita': nuova fonte di energia", con le fotografie di Costantino Ruspoli e curata da Alessandro Scotti, nella Chiesa di Maria Santissima Annunziata a Palermo, riaperta al pubblico per l'occasione dopo un lungo restauro
Secondo il Censis, il piu' longevo dei comuni italiani e' Zerba, borgo in provincia di Piacenza di 78 abitanti, di cui 51 hanno piu' di 65 anni e 27 sono ultraottantenni. Segue San Benedetto in Perillis, in provincia dell'Aquila: un paesino di 107 abitanti, di cui 66 hanno piu' di 65 anni e 26 ne hanno piu' di 80. Poi c'e' Fascia, in provincia di Genova, con 46 abitanti con almeno 65 anni su 75 residenti e 23 abitanti con piu' di 80 anni. Nei comuni di medie dimensioni (con almeno 10.000 residenti) i piu' longevi si trovano a Lerici (dove sono il 35% del totale), Copparo (32,5%), Albisola Superiore (32,4%): il primo e il terzo si trovano in Liguria, il secondo in Emilia Romagna. Poggiodomo, in provincia di Perugia, conta la quota piu' alta di ultranovantenni: sono l'11,6% della popolazione residente.
Dalla ricerca e' emerso, inoltre, che i longevi hanno inventato stili di vita molto diversi dalle precedenti generazioni di coetanei. Sono attenti all'attivita' fisica e sono ormai il perno degli eventi sportivi dilettantistici, dalle gare podistiche a quelle ciclistiche: oggi sono 9,6 milioni gli over 65 che camminano almeno 30 minuti ogni giorno, 3,5 milioni svolgono attivita' fisica, altrettanti fanno cure termali, massaggi, bagni e inalazioni, 1,8 milioni frequentano palestre e piscine, 1,5 milioni praticano tecniche di rilassamento o meditative. E sono otto su dieci gli anziani che tengono intenzionalmente la mente allenata: sono tra i piu' assidui lettori di quotidiani (il 50,8% contro una media della popolazione pari al 35,8%), settimanali (il 42,6% contro il 31%) e mensili (il 31,7% rispetto al 26,8%).
Gli anziani di oggi hanno vite piene: 6,5 milioni gli over 65 che frequentano ristoranti e trattorie, 6 milioni vanno al cinema, teatri e musei, 2,8 milioni frequentano scuole di ballo, balere e locali, 3 milioni fanno viaggi all'estero. E sono protagonisti primari del volontariato: 3,8 milioni svolgono attivita' di volontariato (piu' di 700.000 in modo regolare). Come risultato, il 71,4% degli ultraottantenni si dichiara soddisfatto della propria vita. "Quando la salute tiene, gli anziani svolgono tante attivita' diverse: segno di una grande fiducia in se stessi e di una voglia di credere e investire nella societa'. Con un'alta soggettivita', un'attenzione al benessere del corpo e della mente, tanto impegno nelle relazioni", ha dichiarato Giuseppe De Rita, presidente del Censis. "Ecco perche' sempre piu' persone longeve vivono con soddisfazione questo periodo della propria vita. Ed e' un beneficio per tutta la comunita'", ha concluso De Rita.
Leggi Tutto »Studio Cgia, nelle liti con il fisco il contribuente perde 4 a 3
Davanti alla Commissione tributaria la 'partita' tra fisco e contribuente si chiude con 4 a 3 per il primo. Infatti, come rileva la Cgia, in tutte le Commissioni tributarie provinciali del paese, nel 45% dei casi definiti nel 2016 ha avuto ragione il fisco contro il 31,5% dei contribuenti. Lo scarto aumenta quando il risultato e' riferito al valore economico del giudizio: sempre nel 2016, gli importi delle sentenze pro fisco sono stati pari al 48,1%, mentre la percentuale di vittoria ad appannaggio del contribuente si e' fermata al 23,4. Anche in Commissione tributaria regionale si registrano piu' o meno gli stessi differenziali sempre a vantaggio degli uffici del fisco. Le cifre che si deve sobbarcare il contribuente, oltre al tempo, variano di molto in relazione alla complessita' e al valore della pratica e sono dell'ordine delle migliaia di euro. Si consideri poi che il ricorso non evita il versamento, anche se parziale, di quanto richiesto dal fisco: ad esempio a fronte di un avviso di accertamento e' prevista la riscossione di 1/3 delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado (in caso di sentenza avversa al contribuente in primo grado) si deve versare 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta ed interessi (al netto di quanto gia' versato). Se a cio' si aggiunge che il tempo medio della giustizia tributaria e' di circa 2 anni e 2 mesi per ognuno dei due gradi del giudizio, si comprende come per importi "piccoli" al contribuente convenga pagare piuttosto che ricorrere. L'analisi dei giudizi pendenti presso le Commissioni Tributarie evidenzia come a partire dal 2012, si registri un calo progressivo che ha portato la giacenza a scendere al di sotto delle 500 mila unita' nel 2016 (469.048 liti pendenti). Si tratta di un risultato che dipende essenzialmente dalla riduzione dei ricorsi pervenuti, questo in seguito all'introduzione dell'istituto della "mediazione". Dal 2012 infatti, nel caso di controversie di importo sino a 20.000 euro, vi e' una fase anteriore alla procedibilita' del ricorso in primo grado. In questa fase, l'Agenzia delle Entrate prendono in considerazione il reclamo presentato dal contribuente che puo' contenere anche una proposta di accordo (mediazione). L'istituto della "mediazione" risulta particolarmente efficace nello scoraggiare il contenzioso in quanto si e' rilevato che, oltre la meta' dei reclami presentati non si e' tramutato in contenzioso evitando un ulteriore processo tributario. Un risultato pregevole che ha indotto di recente il legislatore ad innalzare tale limite a 50.000 euro.
Leggi Tutto »Sondaggio Swg, la crisi fa paura al 37% degli italiani
Il 37% degli italiani ha oggi paura di una futura crisi economica e il 68%, ossia quasi 3 italiani su 4, si sente escluso dal contesto sociale ed economico in cui vive, percependo che la propria vita sia fuori dal proprio controllo. E' quanto emerge da un sondaggio di Swg sulle paure emergenti, e presentato in occasione del Quarto Congresso legacoopsociali sul tema: 'Gli Altri, il Nuovo, il Domani'. Sul tema dell'immigrazione emerge poi che il 29% degli italiani chiede che vengano respinti piu' immigrati possibile, percentuale in rialzo dal 24% del 2015, mentre per il 36% bisogna accogliere soltanto chi scappa dalla guerra e respingere chi viene perche' povero. Solo uno su tre mostra un sentimento di apertura verso gli immigrati. A molti italiani piace inoltre la dittatura. Uno su quattro (il 23%) crede che per riuscire a "cambiare realmente" l'Italia e fare "riforme vere e durature" serva "una dittatura di 4-5 anni".
Leggi Tutto »Pil, Istat: +0,5% nel III trimestre +1,8% annuo
Nel terzo trimestre del 2017 il prodotto interno lordo e' aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell'1,8% nei confronti del terzo trimestre del 2016. La stima e' dell'Istat che segnala anche come il terzo trimestre di quest'anno abbia avuto tre giornate lavorative in piu' del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al terzo trimestre del 2016. La variazione acquisita per il 2017 e' pari a +1,5%. La variazione congiunturale, sottolinea l'istituto di statistica, e' la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura e di un aumento nei settori dell'industria e dei servizi. Dal lato della domanda, vi e' un contributo positivo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia di quella estera (esportazioni al netto delle importazioni). Nello stesso periodo il Pil e' aumentato in termini congiunturali dello 0,7% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia e dello 0,4% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si e' registrato un aumento del 2,3% negli Stati Uniti, del 2,2% in Francia e dell'1,5% nel Regno Unito
Il dato congiunturale e' in linea con le stime del governo e del bollettino economico di Bankitalia. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, nel corso di un'audizione sulla manovra martedi' scorso aveva detto: "L'evoluzione del prodotto interno lordo e' robusta nel terzo trimestre con un crescita che accelera e si puo' stimare pari allo 0,5%".
Leggi Tutto »Le imprese tornano a cercare personale
Le imprese tornano a cercare personale, con il tasso di posti di lavoro vacanti che e' pari all'1% (lo scorso trimestre la stima era di 0,9%) nel terzo trimestre del 2017, il massimo da quando e' iniziata la serie, ovvero dal 2010. E' quanto emerge dalla stima preliminare dell'Istat che, rispetto al secondo trimestre dell'anno in corso, segna un incremento di 0,1 punti percentuali (dati destagionalizzati). La platea di riferimento comprende i settori dell'industria e dei servizi con almeno dieci dipendenti.
Nel dettaglio, spiega l'Istat, nel terzo trimestre del 2017 il tasso dei posti vacanti cresce di 0,1 punti percentuali nei servizi, raggiungendo l'1,1% (anche questo dato e' un record dal 2010), mentre rimane stabile allo 0,8% nell'industria rispetto al trimestre precedente. Il tasso di posti vacanti e' il rapporto percentuale fra il numero di posti vacanti e la somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate. Si tratta di un indice 'spia', che da' il senso di dove si sta andando. E se le imprese sono interessate a nuovo personale significa che l'economia tira, anche se, in alcuni casi, un valore alto puo' indicare lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro: le imprese cercano personale che non trovano sul mercato del lavoro, perche' magari le competenze richieste sono differenti da quelle disponibili. Pero', in linea di massima, quando il tasso dei posti vacanti si alza vuol dire che si sta innescando una ripresa e viceversa. Non a caso il minimo storico e' stato toccato nei periodi piu' bui per il mercato del lavoro. "I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l'ultimo giorno del trimestre) sono gia' iniziate e non ancora concluse", precisa l'Istituto di statistica. "Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o gia' esistenti, purche' liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro - sottolinea - cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell'impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo". Ecco che, aggiunge, "il tasso di posti vacanti puo' fornire, usato assieme ad altri indicatori, informazioni utili ad interpretare la congiuntura. I posti vacanti, infatti, possono dare segnali anticipatori sull'andamento del numero di posizioni lavorative occupate nel prossimo futuro"
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