Primo Piano

Rapporto Ispra, Italia leader nel riciclo dei rifiuti speciali

Ancora in aumento la produzione nazionale dei rifiuti speciali che, nel 2017, sfiora i 140 milioni di tonnellate (quasi il 3% in più rispetto al 2016). Cresce solo la produzione di rifiuti non pericolosi (+3,1%), mentre rimane stabile quella di rifiuti pericolosi (+0,6%, corrispondente a 60 mila tonnellate). I rifiuti complessivamente gestiti aumentano del 4% e l'Italia si conferma leader nel riciclo segnando un +7,7% delle quantità avviate a recupero di materia ed una diminuzione dell'8,4% di quelle destinate allo smaltimento. Nel 2017 i rifiuti importati (oltre 6 milioni di tonnellate) sono il doppio di quelli esportati (3 milioni di tonnellate). La quantità maggiore arriva dalla Germania, quasi 2 milioni di tonnellate (dei quali il 96 % rifiuti metallici) seguiti da quelli provenienti dalla Svizzera, oltre 1 milione di tonnellate, dalla Francia, 824 mila tonnellate e dall'Austria, 733 mila tonnellate. I rifiuti di metallo importati sono destinati al riciclaggio, principalmente in acciaierie localizzate in Friuli Venezia Giulia e in Lombardia. Il 68% dei rifiuti esportati (poco più di 2 milioni di tonnellate) appartengono alla categoria dei non pericolosi e il restante 32% (circa 1 milione di tonnellate) a quella dei pericolosi. Sono i dati della XVIII edizione del Rapporto Rifiuti Speciali 2019 (disponibile online sul sito isprambiente.gov.it), il report annuale dell'Ispra/Snpa che fornisce un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e sempre aggiornato sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi. 

Il maggior contributo alla produzione complessiva arriva dal settore delle costruzioni e demolizioni, che con oltre 57 milioni di tonnellate, concorre al 41% del totale prodotto. Le attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento ambientale rappresentano il 25,7% del totale (quasi 36 milioni di tonnellate), l'insieme delle attività manifatturiere il 21,5% (quasi 30 milioni di tonnellate). A livello di macroarea geografica è il Nord che produce più rifiuti speciali, quasi 81 milioni di tonnellate (pari, in termini percentuali, al 58,3% del dato complessivo nazionale), seguita dal Sud con quasi 33 milioni di tonnellate (23,7%) e dal Centro con circa 25 milioni di tonnellate (18% del totale nazionale). La Lombardia produce il 22,2% del totale dei rifiuti speciali generati (30,8 milioni di tonnellate) seguita dal Veneto e dall'Emilia-Romagna con circa il 10% della produzione nazionale (rispettivamente pari a 15,1 milioni di tonnellate e 13,7 milioni di tonnellate). Gli impianti di gestione dei rifiuti speciali operativi sono 11.209 di cui 6.415 situati al Nord, 2.165 al Centro e 2.629 al Sud. In Lombardia sono localizzate 2.176 infrastrutture, il 20% circa del totale degli impianti presenti sul territorio nazionale. Gli impianti dedicati al recupero di materia sono 4.597 (41% del totale). 

Circa 20,2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono utilizzati, in luogo delle materie prime, all'interno del ciclo produttivo in 1.307 impianti industriali. Tali stabilimenti riciclano il 20% del totale dei rifiuti recuperati a livello nazionale. Il recupero di rifiuti inorganici riguarda oltre 54 milioni di tonnellate (quasi il 37% del totale gestito). Tali rifiuti derivano, prevalentemente, dalle attività di costruzione e demolizione (44,8 milioni di tonnellate) e sono generalmente utilizzati come rilevati e sottofondi stradali. Le operazioni di recupero di metalli e di rifiuti organici rappresentano, rispettivamente, il 13,6% e l'8,4% del totale gestito. Circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono coinceneriti in impianti industriali in sostituzione dei combustibili convenzionali, mentre l'incenerimento interessa più di 1 milione di tonnellate. Sono smaltiti in discarica 12 milioni di tonnellate di rifiuti (l'8,2% del totale gestito) di cui circa 10,9 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi e 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi

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Unimpresa, nel prossimo triennio stangata fiscale da 65 miliardi

Stangata fiscale dal 65 miliardi di euro nel triennio 2020-2022: il calcolo e' del Centro studi di Unimpresa, secondo cui rispetto al 2019, nei prossimi tre anni il totale delle entrate nelle casse dello Stato passera' da 827 miliardi a 893 miliardi con un incremento che sfiora l'8%. Le imposte indirette - tra le quali l'Iva e' la principale - cresceranno di quasi 42 miliardi con un'impennata del 16%. Secondo lo studio, rispetto al prodotto interno lordo il gettito complessivo schizzera' oltre quota 47% nel 2020. I versamenti per contributi previdenziali e sociali saliranno di 13 miliardi (+5%). "Il peso delle tasse sui contribuenti e' asfissiante e va immediatamente fermata una tendenza pericolosa. Le famiglie e le imprese sono strozzate dal giogo fiscale che va allentato con un intervento choc. Il governo sta affrontando la complessa messa a punto della prossima legge di bilancio e fioccano promesse di riduzioni del prelievo fiscale, ma al momento tutti gli indicatori, compresi quelli presentati dallo stesso esecutivo giallo-verde, vanno nella direzione opposta. Senza misure coraggiose, sara' impossibile evitare che scattino la clausole di salvaguardia con la prossima manovra sui conti pubblici", commenta il vicepresidente di Unimpresa, Andrea D'Angelo. 

Secondo l'analisi del Centro studi di Unimpresa, basata su rielaborazioni di dati Corte dei conti, Istat e Tesoro, nel triennio 2020-2022, il totale delle entrate nella casse dello Stato crescera' di 65,2 miliardi (+7,9%) rispetto agli 827,7 miliardi del 2019 (859,1 miliardi nel 2020 e 878,1 miliardi nel 2021). Le entrate tributarie saliranno sistematicamente dai 510,1 miliardi del 2019, ai 537,7 miliardi del 2020, ai 553,1 miliardi del 2021, ai 562,1 miliardi del 2022: complessivamente si registrera' un aumento di 52,0 miliardi (+10,2%). Nel dettaglio, le imposte dirette (in particolare Irpef, Ires e Irap) saliranno di 10,7 miliardi (+4,3%) dai 248,6 miliardi del 2019 ai 259,3 miliardi del 2022 (250,2 miliardi nel 2020 e 255,1 miliardi nel 2021); le imposte indirette (tra le quali l'Iva e' la principale) saliranno dai 257,3 miliardi del 2019, ai 284,1 miliardi del 2020, ai 294,3 miliardi del 2021, ai 299,0 miliardi del 2020 facendo registrare una lievitazione di 41,7 miliardi (+16,2%). Stabili le imposte in conto capitale che resteranno attorno a quota 4 miliardi per tutto il periodo osservato. I contributi sociali (ovvero i versamenti per pensioni e previdenza) saliranno di 13,0 miliardi con un incremento dl 5,4% dai 240,6 miliardi del 2019 ai 253,6 miliardi del 2022 (244,2 miliardi nel 2020 e 248,3 miliardi nel 2021). Stabili attorno a quota 77 miliardi anche le altre entrate correnti. Rispetto al pil, il totale delle entrate si attestera' al 46,6% nel 2019, al 47,1% nel 2020, al 47,0% nel 2021 e al 46,6% nel 2022. Rispetto al pil, la pressione fiscale (calcolata sul totale delle entrate al netto delle "altre entrate correnti" e delle "entrate in conto capitale non tributarie"), invece, arrivera' al 42,0% nel 2019, al 42,7% nel 2020, al 42,7% nel 2021 e al 42,5% nel 2022. 

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Export, in Abruzzo brillano i distretti di comparti di vini e pasta

Risultati positivi nel comparto del mobile, in Abruzzo per quel che riguarda le esportazioni nel primo trimestre 2019, bene anche vini di Montepulciano e pasta di Fara. Condizionato dai flussi verso gli Usa il polo ITC dell'Aquila. Complessivamente sono stabili (-0.1%) le esportazioni dei Distretti industriali abruzzesi nei primi tre mesi del 2019: è quanto si evince dal Monitor dei distretti industriali dell'Abruzzo curato dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. In particolare crescono tre distretti regionali su cinque: ottima performance per il mobilio (+9,7%), molto bene anche i vini di Montepulciano (+5,8%), sostanzialmente stabile la Pasta di Fara (+0,2%). In controtendenza il comparto dell'Abbigliamento (-14,3% per il distretto nord-abruzzese e -6,9% per il distretto sud-abruzzese).

"Le esportazioni dei Distretti industriali regionali nei primi tre mesi dell'anno sono sostanzialmente stabili rispetto allo stesso periodo del 2018, un dato che va letto anche alla luce dell'eccellente +11,4% fatto segnare nel primo trimestre dello scorso anno e di un 2018 che nel complesso mostrato una crescita del 4,1%, meglio della media dei Distretti industriali italiani - spiega Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo -. Obiettivo del nostro Gruppo, che non a caso segue le dinamiche economiche locali attraverso il lavoro puntuale della sua Direzione Studi e Ricerche, è appunto sostenere le imprese nelle loro sfide sui mercati e quella dell'export è chiaramente centrale. E' con questa finalità che abbiamo scelto di agevolare le imprese che investono semplificandone l'accesso al credito: nella determinazione del rating valorizziamo gli aspetti qualitativi come l'investimento in capitale umano e l'innovazione, l'appartenenza alle filiere e la sostenibilità".

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La fuga dei cervelli all’estero costa 14 miliardi l’anno

 "Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse, la fuga di cervelli all'estero che sta conoscendo l'Italia ci fa perdere circa 14 miliardi l'anno, poco meno dell'1% del Pil". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giovanni Tria, intervenendo a un convegno sul digitale organizzato da Luiss e Confindustria.

Tria ha accolto la proposta di Confindustria Digitale di un piano straordinario per la trasformazione digitale del Paese, Italia 4.0: "Avviamo un dialogo - ha detto all'incontro "Investire, Accelerare, Crescere - Un piano straordinario per il digitale" organizzato con la Luiss Business School - per un cambiamento strategico, la vostra proposta e' importante perche' non si passa a fianco di questo cambiamento: o ne siamo protagonisti o lo subiamo e se lo subiamo, il rischio non e' economico, e' politico". Tria ha sostenuto la necessita' di "non essere solo utenti digitali, ma anche creatori. In Europa stiamo accumulando ritardi rispetto ad altri player globali, sia per la carenza di infrastrutture sia per la difficolta' delle imprese sull'innovazione". Tria ha apprezzato la proposta di Confindustria per diverse ragioni: "Primo - ha detto - perche' condivido che la sfida si vince investendo sulle persone, sulla formazione di nuovi profili professionali; secondo perche' la Pa viene intesa come leva strategica, migliorare l'e-government e' vitale per la crescita, la Pa non e' solo un mercato, deve essere un attore del cambiamento; terzo l'alleanza tra imprese, Universita' e Pa e l'approccio che non guarda a un ministereo per l'Innovazione ma a una responsabilita' diffusa". Tria ha prefigurato un ruolo pubblico "di garanzia sugli investimenti in infrastrutture digitali a tutela della sicurezza dei dati" e ha auspicato "una connettivita' che sia foriera di crescita e coesione sociale in Europa, nei prossimi cinque anni".

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I 68 beni confiscati alle Mafie assegnati a 17 comuni in Abruzzo

Sono 68 i beni, soprattutto immobili e terreni, che sono stati confiscati alla criminalita' e tornati nella disponibilita' di 17 Comuni in Abruzzo. La "consegna" e' avvenuta, simbolicamente, nel corso di una cerimonia nell'aula magna della scuola sottufficiali delle Fiamme gialle della frazione aquilana di Coppito, alla presenza del prefetto Bruno Frattasi, capo dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla Criminalita' Organizzata. Presenti i prefetti delle quattro provincie abruzzesi, i sindaci dei territori interessati e i rappresentanti delle forze dell'ordine impegnati nelle attivita' di indagine. I beni oggetto dei sequestri hanno un valore di circa sei milioni di euro: villette a schiera, appartamenti all'interno di condomini, ma anche terreni e box auto. L'idea, come ha detto Frattasi, e' di consentire l'utilizzo, da parte delle amministrazioni pubbliche, come luoghi di aggregazione, centri di ascolto, spazi per case famiglia, "per ridurre emarginazione e disagio".

Il prefetto Frattasi ha precisato che, nonostante le 68 confische eseguite, l'Abruzzo "si posiziona nel panorama nazionale come fanalino di coda rispetto ad altre regioni come la Sicilia (6 mila unita'), la Calabria e la Campania (2 mila beni in totale)". Secondo Frattasi, dall'analisi dei beni confiscati emerge la scelta delle mafie di investire in Abruzzo, anche in appoggi logistici, ma di non stabilirsi sul territorio.

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Vasto, concerto di Jovanotti a rischio

Il concerto di Jovanotti in programma sulla spiaggia di Vasto il prossimo 17 agosto per il 'Jova beach party' e' "a rischio". E' quanto emerso al termine della riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto di Chieti, Giacomo Barbato, che subito dopo ha tenuto una conferenza stampa. Tutti i pareri espressi sul Piano di sicurezza presentato dagli organizzatori sono negativi. Fra le criticita': la chiusura della Ss 16, da trasformare in parcheggio per gli autobus, e la stessa location, la spiaggia di Vasto, con abitazioni molto vicine, stabilimenti balneari e la presenza di un fosso. "Il concerto e' sicuramente a rischio - ha detto Barbato dopo aver rivelato di essere un fan di Jovanotti - a grave rischio, ma non e' una novita' di oggi".

"Del concerto di Vasto marina ci siamo occupati fin da marzo 2018, quando il sindaco, con il rappresentante dell'organizzazione, e' venuto a presentarmi l'evento. E da subito ho raccomandato che il bene piu' importante fosse la tutela dell'incolumita' delle persone e della sicurezza pubblica - ha ricordato il prefetto di Chieti Barbato -. Dissi: 'Vi pregherei di metterci in condizione di validare e verificare il piano che necessariamente dovete predisporre". "Siamo riusciti ad avere un piano che non ha assolutamente rispondenza con i luoghi - ha aggiunto Barbato - solo nell'imminenza del Comitato ordine e sicurezza pubblica che abbiamo fatto il 27 giugno". Quanto agli aspetti economici, ha proseguito il prefetto in conferenza stampa, "parliamo di un giro d'affari di oltre 3 milioni di euro, ma riguardano l'organizzazione, tanto piu' che ho fatto mettere a verbale piu' volte qual e' il bene primario da tutelare. Se questi signori vendono i biglietti prima di avere tutte le autorizzazioni, addirittura prima di presentare un piano degno di questo nome, il rischio di impresa e' tutto a carico loro". "Alla riunione del Comitato del 27 giugno - ha ricordato ancora il prefetto di Chieti - e' susseguita la riunione tecnica in Questura: in quell'occasione ci si sarebbe aspettati una rispondenza rispetto alle criticita' gia' evidenziate in Comitato, che non e' la sede per l'approfondimento tecnico, considerata la manifestazione e considerato che il ministero ha fatto una circolare specifica per l'evento in tutta Italia, vista l'importanza dell'evento e la forza attrattiva di Jovanotti: ebbene, si sono presentati in Questura senza il piano che poi al termine della riunione hanno presentato, ma che praticamente era uguale al primo". "C'e' un verbale della riunione tecnica che mette in evidenza una serie di cose, mi e' stato trasmesso dal questore e ho convocato immediatamente questo Comitato. Ogni rappresentante delle forze dell'ordine - ha concluso il prefetto Barbato - ha pronunciato parere negativo". 

 "Domani stesso cerchero' di prendere contatto con la Prefettura per fissare un incontro nel piu' breve tempo possibile, compatibilmente con la disponibilita' del Prefetto, per analizzare le possibili criticita' del progetto che non hanno convinto le autorita' e per rapportarmi direttamente con i suoi uffici". Per il Jova Beach Party di Vasto, in Abruzzo, non tutto e' perduto. Maurizio Salvadori, produttore e organizzatore di tutti i live di Lorenzo Jovanotti, spera di poter risolvere positivamente la questione relativa alla tappa di Vasto del cantante per ora annullata dal prefetto di Chieti, Giacomo Barbato, perche' insufficienti norme di sicurezza. "Sono mesi che lavoriamo al progetto di Vasto e, cosi' come in ogni spiaggia, con il supporto di ingegneri tecnici del territorio, abbiamo presentato un progetto il piu' dettagliato possibile - aggiunge Salvadori - Come dice il Prefetto, anche per noi la sicurezza del pubblico e' il primo inderogabile elemento di attenzione. Fino ad ora - precisa - tutte le Commissioni delle localita' da cui e' transitato il Jova Beach Party si sono complimentate per la professionalita' e la precisione dei piani di lavoro presentati". Il produttore, proprio in tema di sicurezza, precisa anche che "la nostra organizzazione ha messo in vendita un numero di biglietti prudenziale rispetto alla possibile capienza che sara' sempre e comunque assegnata dalla Prefettura a progetto approvato. Infatti, non corrisponde a verita' che siano gia' stati venduti 40mila biglietti, la cifra reale e' inferiore ai 30mila. Ringrazio il Prefetto per l'attenzione e sono certo che con la collaborazione dei suoi uffici potremo trovare le soluzioni adeguate - conclude - cosi come abbiamo fatto in tutte le altre tappe del Jova Beach Party"

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Istat, In Italia livelli di istruzione inferiori alla media europea

"In Italia, i livelli di istruzione della popolazione sono in aumento ma restano ancora inferiori a quelli medi europei; sul divario incide la bassa quota di titoli terziari. Tra i 25-64enni il 61,7% ha almeno il diploma e il 19,3% un titolo terziario". E' quanto rileva l'Istat nel report sui livelli di istruzione e sui ritorni occupazionali per il 2018. 

"La quota di popolazione di 25-64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore è il principale indicatore per valutare il livello di istruzione formale conseguito in un Paese. - si legge nel rapporto Istat- Il diploma è infatti considerato il livello minimo indispensabile per acquisire le competenze di base richieste nella società attuale e, ragionevolmente, anche nella futura".In Italia, la quota di 25-64enni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è stimata pari a 61,7% nel 2018 (+0,8 punti percentuali sul 2017), un valore molto inferiore a quello medio europeo, pari a 78,1% (+0,6 punti sul 2017). Su questa differenza incide la bassa quota di 25-64enni con un titolo di studio terziario: meno di due su dieci in Italia (19,3%, +0,6 punti rispetto all’anno precedente) contro oltre tre su dieci in Europa (32,3%, +0,8 punti rispetto all’anno precedente). Il trend degli ultimi anni è positivo; tuttavia, tra il 2014 e il 2018 la quota di popolazione con laurea ha avuto una crescita più contenuta di quella Ue (2,4 punti contro 3,0 punti).

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Rapporto Cresa, il sistema manifatturiero rafforza i segnali di ripresa

 “Il sistema manifatturiero rafforza i segnali di ripresa già mostrati nel corso del 2017, - osserva il Presidente del CRESA Lorenzo Santilli – mostrando di essere in grado di rispondere alle sfide che un mercato sempre più competitivo impone”. “Il focus sulla Maturità Digitale, - afferma il Presidente di Confindustria Abruzzo, Agostino Ballone – dimostra la necessità di interventi concreti per modernizzare le nostre imprese e per adeguare l’impianto istituzionale ed amministrativo, la rete infrastrutturale materiale ed immateriale ed il sistema formativo. Confindustria Abruzzo, anche attraverso l’ormai costituito Digital Innovation Hub Abruzzo, Match 4.0, sta già operando per fornire al sistema delle imprese gli indispensabili supporti tecnici volti ad aumentare quella propensione delle PMI alla necessaria innovazione del modello organizzativo, con l’introduzione di processi digitali, e per guardare con maggior fiducia alle sfide imposte dai cambiamenti dei prossimi anni”

Il sistema manifatturiero regionale conferma un andamento decisamente migliore della media nazionale con valori per tutti gli indicatori economici, compresi quelli delle performance sul mercato estero, positivi. Nel confronto con il 2017, il 2018 fa registrare diffusi aumenti intorno al 3% dei principali indicatori; la produzione mette a segno un +3,3%, il fatturato un +3,4%, l’export un +3,1% e gli ordini esteri un +3,6%, più debole la crescita degli ordini interni (+0,5%) e dell’occupazione (+2,2%). Relativamente alla dimensione in termini di numero di occupati, le piccole imprese (10-49 addetti) riportano per tutti gli indicatori valori positivi e nel caso della produzione, del fatturato, degli ordini interni e dell’occupazione superiori alla media regionale. Più critica la situazione sul fronte dei mercati internazionali con incrementi di export e fatturato estero intorno all’1%. Sono le medie imprese (50-249 addetti) a mettere a segno nel complesso i peggiori risultati con una crescita strutturale degli indicatori inferiore alla media regionale. La produzione segna un incremento del +2,1%, il fatturato del +1,5%, l’export del +0,5%, gli ordini interni del +0,4% e quelli esteri del +0,7%. Migliore l’andamento dell’occupazione che segna un incremento del +2,1%, allineato a quello delle grandi industrie e lievemente inferiore alla media regionale. Più incoraggianti le performance delle grandi imprese (250 addetti e più) sui mercati internazionali con incrementi degli indicatori che sfiorano (export: +4,8%) e superano (ordini esteri: +5,8%) il 5%. Allineati alla media regionale le variazioni di produzione, fatturato e occupazione, mentre una certa debolezza si osserva riguardo la tenuta sul mercato nazionale (ordini interni: -0,5%).

Sotto il profilo provinciale, si rileva che Pescara continua a mostrare le migliori performance, con variazioni intorno al 9% di produzione, fatturato e ordini interni e di quasi di quasi il 5% dell’occupazione. Essa evidenzia qualche difficoltà sul fronte della competitività internazionale con un lieve decremento dell’export (-0,1%) e un lieve incremento degli ordini esteri (+1,1%). Segue Chieti con variazioni intorno al 4-5% di produzione, fatturato totale ed estero e ordini esteri, un incremento intorno al 2% dell’occupazione e una lieve contrazione del portafoglio ordini interni. Teramo, presenta, ad eccezione dell’occupazione, variazioni inferiori alla media regionale e qualche criticità sotto il profilo delle performance con l’estero. Fanalino di coda tra le provincie è L’Aquila con ripetute anche se lievi diminuzioni dei valori dei principali indicatori. Il clima di opinione regionale, misurato in termini di saldi percentuali tra le risposte con indicazioni di aumento e risposte con indicazioni di diminuzione, è positivo con aspettative a sei mesi di incrementi che prevalgono sulle previsioni di contrazioni. Più cauto l’ottimismo sul fronte dell’occupazione

La pubblicazione dei risultati della congiuntura manifatturiera relativa al 2018 conferma l’operatività ed efficacia della collaborazione tra Confindustria Abruzzo e CRESA sancita dall’accordo nel luglio 2017. L’intervista oggetto del presente studio, rivolta a 201 aziende manifatturiere con almeno 10 addetti, è stata realizzata dal Centro Studi di Confindustria Abruzzo e i dati sono stati elaborati e commentati dal CRESA.

L’intervista è stata condotta su un campione utile di 185 imprese con almeno 10 addetti aventi sede nella regione Abruzzo. I risultati, che confermano gli scoraggianti risultati delle precedenti indagini, indicano che meno della metà delle industrie intervistate (48,6%) ha introdotto processi digitali al suo interno. A dimostrazione della scarsa propensione delle aziende regionali ad innovare il proprio modello organizzativo si rileva che del 51,4% di imprese che non hanno adottato processi digitali, la stragrande maggioranza (91,4%) non lo ha fatto per mancanza di interesse e solo il 7,5% ha addotto quale motivazione la carenza di risorse umane o finanziarie. Le imprese non interessate alla digitalizzazione sono nella maggior parte dei casi operanti in settori tradizionali quali l’alimentari, il tessile e abbigliamento, il legno e mobili e poi, via via scendendo, la metalmeccanica, i minerali non metalliferi, l’elettronica, la chimico-farmaceutica e i mezzi di trasporto. Le imprese mostrano, quindi, di essere fortemente influenzate nel processo verso la digitalizzazione dal settore di appartenenza e sono quindi più attive in quei comparti in cui più forte è il peso della tecnologia. Altro fattore che mostra di influenzare fortemente il grado di digitalizzazione è la dimensione aziendale, con il 100% delle grandi imprese (da 250 addetti in su) intervistate ben avviate, il 58,8% delle medie (da 50 a 249 addetti) e il 46,3% delle piccole (da 10 a 49 addetti). Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio regionale, Chieti è la provincia nella quale la concentrazione di aziende digitalizzate è massima, L’Aquila quella in cui è minima. La rilevanza percepita della digitalizzazione aumenta nel complesso all’aumentare della dimensione aziendale. 3 delle 4 grandi imprese partecipanti all’indagine (75%) dichiarano che essa è mediamente importante, la restante industria le attribuisce un’importanza elevata. È tra le piccole imprese prevalente l’opinione che la digitalizzazione non sia importante (55,6%), nel loro ambito solo poco meno di 14 su 100 la valutano come assai rilevante (sono tutte organizzazioni che hanno avviato il processo di digitalizzazione). Passando ad esaminare quali sono le aree nelle quali le imprese hanno introdotto la digitalizzazione dei processi, si osserva che più della metà lo ha fatto nella produzione, il 26% nella progettazione, il 9% negli acquisti, l’8% nella logistica e il 2% nella qualità. Le grandi imprese del campione mostrano di essere nel complesso completamente digitalizzate; le piccole e medie imprese lo sono principalmente nelle funzioni della progettazione/ingegneria e della produzione. Per quanto riguarda le funzioni chiave, discriminanti nei processi digitali, tra le aziende digitalizzate sono più numerose quelle che hanno digitalizzato i processi di gestione del personale (30,7%), seguono le aziende (29,5%) che hanno indicato di non aver avviato alcuno dei parametri chiave. Sono aziende che per lo più hanno digitalizzato la sola funzione di produzione, o quella degli acquisti (senza piattaforme integrate con i fornitori) o di logistica interna. Tra il 10% e il 16 % delle aziende intervistate ha dichiarato di avere una funzione IT, marketing o piattaforme integrate con i fornitori e solo l’1,1% di essere in possesso di una certificazione di cyber security. Il 61,4% delle imprese digitalizzate è dotata di Manager IT interno (52,3%) o esterno (9,1%), l’8% di esperto digitale di produzione, l’1,1% di R&D interna e il 29,5% non presenta competenze digitali ad hoc. Delle imprese non digitalizzate, invece, il 97,9% non ha alcuna competenza digitale specifica e solo il 2,1% ha un manager IT. Il 68% delle imprese non ha intenzione di effettuare investimenti digitali nel prossimo futuro. Nel loro ambito il 71% non è dotata di processi digitali e, pertanto, non è interessata ad essi. Esiste un 16,8% delle aziende del campione che ha intenzione di lavorare in futuro sull’organizzazione aziendale, un 4,9% sulla formazione e aggiornamento delle risorse umane, un 3,8% sul marketing e sui macchinari di produzione interconnessi, un 2,2% sulla cyber security e un 1,1% sulla manutenzione predittiva. Per quanto riguarda, infine, gli enti dell’ecosistema per la trasformazione digitale conosciuti dalle imprese facenti parte del campione, si rileva che il gruppo più numeroso (21,1%) è costituito dalle imprese che non ne conoscono alcuno, seguono quelli che conoscono i centri di competenza (18,9%), i centri di trasferimento tecnologico (16,8%) il Digital Innovation Hub (13,5%) e gli enti di ricerca (12,4%). Riportano percentuali inferiori al 10% i PID del Sistema Camerale (8,1%), i dipartimenti universitari (4,9%) e altri enti non meglio specificati (4,3%).

 

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Alitalia, il gruppo Toto presenta un’offerta

Il dossier Alitalia sembra essere arrivato alla svolta decisiva. Sono giunte entro i termini le manifestazioni di interesse a Mediobanca da parte di Atlantia, del gruppo Toto, dell'azionista di maggioranza della compagnia colombiana Avianca, German Efromovich, e del presidente della Lazio, Claudio Lotito. Le quattro proposte verranno valutate dal Cda di Ferrovie dello Stato (di cui Mediobanca è advisor) convocato per domani. Poi spetterà al ministero dello Sviluppo economico e ai commissari vagliare le diverse offerte. Il compito di Mediobanca sarà quello di valutare la sostenibilità delle proposte sul piano finanziario. Una volta formate le cordate, i soci dovranno mettere a punto la governance della nuova società e il piano industriale. Al termine di questo processo, i soci dovranno formulare offerte vincolanti.

"Ci sono tutti i margini per decidere il consorzio e rilanciare definitivamente Alitalia. Le numerose offerte arrivate dimostrano la bontà dell'operazione di mercato", hanno commentato fonti del ministero dello Sviluppo economico. E per il ministro Luigi Di Maio le offerte sono "una buona notizia. Ci sono più possibilità di scelta. Come ho assicurato, lunedì 15 luglio si chiudono i termini per la formazione del consorzio di imprese che dovrà rilanciare la nuova Alitalia. Domani è una giornata importante, perché il consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato dovrà scegliere il partner (o i partner) con cui iniziare il percorso per la nuova Alitalia. Auspico che si scelga tra le offerte più ambiziose e non tra quelle più conservative".

In un lungo post su Facebook, Di Maio ha commentato le offerte giunte per la compagnia aerea auspicando di essere "l'ultimo ministro che si occupa di Alitalia. Torniamo a farla volare in tutto il mondo, a testa alta. [...] Entro domani si dovrà scegliere tra le offerte pervenute e mettersi al lavoro per avviare il confronto con i dipendenti per chiudere l'accordo sindacale", ha concluso il ministro.

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Turismo, i dati di Confartigianato bocciano l’Abruzzo

Superano i 6 milioni le presenze turistiche in Abruzzo, nel corso dell'anno 2018, con un'incidenza sul valore complessivo nazionale pari all'1,5%. Ampio il distacco dalle prime tre regioni italiani, che oltrepassano i 40 milioni di presenze: medaglia d'oro al Veneto (con 69.229.094 presenze e un'incidenza del 16,1%), a seguire la Toscana (11,1% e 47.618.085 presenze) e al terzo posto l'Emilia Romagna (9,5% e 40.647.799 presenze). Sono i dati non troppo incoraggianti emersi dalla ricerca dell'Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, basata su dati Istat, che ha l'obiettivo di fotografare il trend del turismo nei territori italiani e l'andamento dell'artigianato in relazione alla domanda turistica, con uno speciale focus sui viaggi prenotati via internet.

«Sono oltre il 50% gli stranieri che visitano il Belpaese, ma a quanto pare la loro scelta non tende a privilegiare l'Abruzzo: solo il 13,7% del totale nazionale trascorre le vacanze nella regione verde d'Europa, mentre gli stranieri superano i due terzi nella Provincia Autonoma di Bolzano (69%) e in Veneto (67,7%), e oltrepassano la metà in Lombardia, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Sardegna e Sicilia» si legge nel comunicato. «Rispetto al 2017, ad ogni modo, l'Abruzzo registra un lieve margine di crescita, con il turismo che lievita del 2,3%, ma appena dello 0,3% per quanto concerne le presenze straniere. Un dato, quest'ultimo, decisamente più modesto rispetto a regioni come Basilicata, Umbria, Campania e Puglia, dove la presenza di turisti provenienti dall'estero è aumentata di circa il doppio rispetto alla media nazionale, che è pari al +2,8%».

«A livello territoriale, sebbene negli ultimi anni si sia assistito ad un forte aumento delle prenotazioni online dei viaggi, l'elaborazione del Centro Studi piazza l'Abruzzo agli ultimi posti tra le regioni interessate dal fenomeno, superato anche dal Molise. In particolare, in regioni come Lombardia (25,7%), Toscana (25,7%) e Umbria (25,4%), più di un utente su quattro utilizza appositi siti e App, come ad esempio Airbnb, per trovare un alloggio contattando direttamente un privato, mentre in Abruzzo la percentuale è del 15,9 %. Se una comparazione su scala europea registra un tasso di utilizzo di queste piattaforme, in Italia, in linea con la media UE, l'Abruzzo non rispecchia il trend nazionale: l'Italia, nel 2018, si attesta a quota 46% e registra, rispetto al 2014, un aumento più che doppio degli spostamenti fuori dal comune di residenza con almeno un pernottamento, organizzati con prenotazione via internet (dal 14,8% del 2014 si passa al 31,8% del 2018). Un altro aspetto messo in luce dal Centro Studi, frutto dell'elaborazione di dati Unioncamere-InfoCamere, è che il peso dell'artigianato, potenzialmente interessato da attività turistiche, fa precipitare l'Abruzzo al penultimo posto, davanti solo al Molise, con una diminuzione del 2,7% nel primo trimestre del 2019 rispetto al 2018» si spiega ancora nella nota.

 "Purtroppo, ancora una volta, i dati confermano la diagnosi compiuta da Confartigianato Abruzzo –commentano il presidente e il segretario dell'Associazione artigiana, Giancarlo Di Blasio e Daniele Di Marzio - che ha sempre sottolineato la necessità, per il nostro territorio, di mettere in campo politiche di sviluppo del turismo e che ha richiesto a tutti i governi regionali, succedutisi nel tempo, la promozione di iniziative di rilancio, a partire dalla cura dell'ambiente e dalle agevolazioni agli operatori turistici – proseguono Di Blasio e Di Marzio-. E' triste dover constatare che l'Abruzzo fa flop, nel comparto del turismo, ormai da molti anni ed è dunque tempo che la nostra regione attui un deciso cambio di rotta, in modo da evitare che l'economia dei nostri territori vada a picco".

Le precisazioni successive

Confartigianato Imprese Abruzzo prende atto delle tante reazioni rispetto alla diffusione dei dati elaborati dal Centro Studi nazionale della nostra Confederazione in merito all'andamento del turismo in Italia e in particolare nella nostra regione.

«Nessuno nega che negli anni, in Abruzzo, siano stati compiuti dei passi avanti, ma al tempo stesso abbiamo ritenuto opportuno fornire un contributo che fungesse da stimolo, a tutti i soggetti coinvolti, affinché si raddoppino gli sforzi, nell'interesse comune di tutte le categorie che formano il tessuto produttivo della regione.

Teniamo a precisare, essendo i dati al centro dello studio riferiti al 2018, che le nostre considerazioni non intendevano in nessun modo porre sotto accusa l'operato della nuova amministrazione regionale, che si è insediata da pochi mesi e che dunque non ha ancora avuto il tempo per incidere a fondo sulle politiche del turismo. Inoltre registriamo, con soddisfazione e fiducia, le dichiarazioni di autorevoli esponenti della giunta regionale in merito all'impegno che la nuova amministrazione regionale sta profondendo per invertire la rotta.

Infine teniamo a rassicurare alcune associazioni di categoria, che hanno percepito il nostro studio come una indebita invasione di campo, che il nostro intento non era in alcun modo quello di oscurare o criticare il loro lavoro. Rilanciamo l'invito ad intensificare la collaborazione tra le varie realtà che rappresentano il tessuto produttivo abruzzese, ma teniamo anche a sottolineare che il comparto del turismo non rappresenta una prerogativa esclusiva degli albergatori, che pure rivestono un ruolo di primo piano nell'ambito del settore: il turismo, con il suo vasto indotto, è uno dei principali motori dell'economia abruzzese, autentico volano per lo sviluppo delle nostre aziende artigiane e non solo, e come tale è patrimonio dell'intera comunità abruzzese».  

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