Le storie

Sondaggio Università, le matricole italiane sono le piu’ insoddisfatte al mondo

Le matricole italiane sono le piu' insoddisfatte al mondo: solo 4 su 10 si sentono accolte dagli atenei. Lo svela un sondaggio internazionale condotto da Sodexo su oltre 4mila universitari: se in Italia i 'soddisfatti' sono solo il 39%, in Cina (84%), Regno Unito (56%) e Stati Uniti (51%) gli studenti si sentono decisamente piu' accolti. Gli esperti dell'accoglienza negli atenei forniscono le soluzioni per migliorare la deficitaria percezione degli universitari. Se per una parte degli studenti italiani il tanto agognato arrivo all'universita' e' un vero e proprio sogno che si realizza, per molti altri rappresenta lo scontro con una barriera che rende difficoltoso il percorso formativo. Per molte matricole, infatti, il primo mese all'universita' e' un salto enorme e impegnativo nella vita adulta: devono adattarsi a nuovi metodi di insegnamento, allo studio autonomo e alla necessita' di saper gestire il carico di lavoro. Per chi ha lasciato la casa dei genitori, c'e' anche il problema di farsi nuovi amici, imparare a gestire il budget, cucinare e fare il bucato. A queste numerose problematiche si aggiunge lo scarso livello d'accoglienza degli atenei certificato dal corpo studentesco: basti pensare che solo il 39% delle matricole dello Stivale ammette di essere soddisfatto, dato che le pone all'ultimo posto di questa speciale classifica

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I media digitali e la fine dello star system, il rapporto Censis

Nel 2018 la televisione registra una leggera flessione di telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali. La tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all'89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell'ultimo anno. Continuano a crescere invece la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall'1% del 2007 all'attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell'ultimo anno). L'incremento di utenti dei servizi video digitali è uno dei cambiamenti più rilevanti del 2018: in un anno gli italiani che guardano i programmi delle piattaforme di tv on demand sono aumentati dall'11,1% al 17,9%, con punte del 29,1% tra i giovani under 30. La radio continua a rivelarsi all'avanguardia nei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l'autoradio (con il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata dall'ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Gli italiani che usano internet aumentano dal 75,2% al 78,4% (+3,2% rispetto allo scorso anno e +33,1% dal 2007). Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (+4,2% nell'ultimo anno, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network crescono ancora, dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Aumentano gli utenti di WhatsApp: il 67,5% degli italiani, l'81,6% degli under 30. Più della metà della popolazione usa i due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti di Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani). Mentre Twitter scende al 12,3%.

Nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018 (anche se nell'ultimo anno registrano un +1,6% di utenza). Il calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno incrementato l'utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Ma gli altri portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Restano stabili i settimanali (con il 30,8% di lettori, -0,2% in un anno) e i mensili (con il 26,5% di lettori, -0,3%). Anche i lettori di libri continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell'anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno). Né gli e-book (letti solo dall'8,5% degli italiani, -1,1% nell'ultimo anno) hanno compensato la riduzione.

Il valore dei consumi complessivi delle famiglie non è ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,7% nel 2017 rispetto al 2007), ma la spesa per smartphone è più che triplicata nel decennio (+221,6%, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell'ultimo anno), quella per computer è aumentata del 54,7%, i servizi di telefonia si sono riassestati in basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4% nel periodo 2007-2017, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell'ultimo anno) e la spesa per libri e giornali ha subito un collo (-38,8% nel decennio). Complessivamente, nel 2017 la spesa per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati ha raggiunto i 23,7 miliardi di euro.

I giovani si muovono con agilità nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro tutte le opportunità offerte. Tra gli under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, mentre è ferma al 42,5% tra gli over 65. Più dell'86% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 35% dei secondi. Più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa YouTube, contro circa il 20% degli anziani. Più della metà dei giovani consulta i siti web di informazione, contro appena un quinto degli anziani. Quasi il 47% dei primi guarda la web tv, contro appena il 9,5% dei secondi. Oltre il 35% dei giovani ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, mentre lo fa solo il 4% dei longevi. Su Twitter c'è un quarto dei giovani e un marginale 3% scarso degli over 65.

In merito al ruolo svolto dai social network nella comunicazione politica, gli italiani si dividono tra fautori e detrattori in due parti quasi uguali. Il 16,8% ritiene che svolgono una funzione preziosa, perché così i politici possono parlare direttamente ai cittadini, senza filtri. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano sui giornali e in tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In sintesi, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.

Nell'era biomediatica uno vale un divo. Uno degli effetti della disintermediazione digitale è la fine dello star system tradizionale. Con la conseguente rottura del meccanismo di identificazione e proiezione sociale che in passato veniva attivato dalla fascinazione esercitata dal pantheon delle celebrità: prima venerate e oggi smitizzate nel disincanto del mondo. Il divismo aveva impregnato gran parte della cultura di massa del '900, legato al medium per eccellenza di quella cultura: il cinema. Oggi la moltitudine dei soggetti, novelli Prometeo dell'era digitale, ha trascinato quel pantheon giù dall'Olimpo. Uno vale un divo: siamo tutti divi. O nessuno, in realtà, lo è più. La metà degli italiani (il 49,5%) è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso (tra i giovani under 30 la percentuale sale al 56,1%). Un terzo (il 30,2%) ritiene che la popolarità sui social network sia fondamentale per essere una celebrità (la pensa così il 42,4% dei giovani). Mentre un quarto (il 24,6%) sostiene che semplicemente il divismo non esiste più. E comunque appena un italiano su 10 prende a modello i divi come miti a cui ispirarsi (il 9,9%).

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Arrivano gli spot su Whatsapp, ma non nelle chat

Whatsapp punta con decisione al mondo del business e si prepara allo sbarco della pubblicità, che sarà però limitata, almeno "al momento", alle cosiddette stories e non invaderà le chat che ormai accompagnano tutte le nostre giornate. Dal primo trimestre del prossimo anno le pubblicità sbarcheranno sulle cosiddette stories, vale a dire i cambi di stato che molti utenti utilizzano per raccontare agli amici cosa fanno nel corso della giornata. Gli spot compariranno tra una storia e l'altra, senza 'invadere' le nostre chat interpersonali o collettive. In particolare, verranno messe a disposizione delle aziende tecnologie che possano consentire loro di comunicare con i consumatori attraverso Whatsapp in maniera automatizzata e su larga scala, e per inviare le notifiche che ad oggi arrivano via sms o per email, come gli avvenuti pagamenti con la carta di credito.

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La maggior parte degli italiani si mostra aperta e sensibile ai temi dell’inclusione

La maggior parte degli italiani si mostra aperta e sensibile ai temi dell'inclusione, della diversity e del contrasto alle diseguaglianze, al punto che la responsabilità sociale di impresa è considerata un requisito fondamentale nella scelta di un datore di lavoro. L'87% dei lavoratori, infatti, dichiara che vorrebbe lavorare soltanto in un'azienda con un solido programma di responsabilità sociale d'impresa, primi in Europa e diversi punti sopra ai principali paesi del continente, come Germania (75%), Francia (78%), Regno Unito (79%) e Spagna (77%). L'ultima edizione del Randstad Workmonitor - l'indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 34 Paesi del mondo su un campione di 405 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico per questa attività - rivela una diffusa attenzione degli italiani all'inclusione e al volontariato, oltre che alle politiche sociali delle imprese in cui lavorano o vorrebbero lavorare, che però appaiono tutt'altro che allineate a questa sensibilità. Quasi sei su dieci (57%), inoltre, ritengono importante, quando cercano un impiego, che l'impresa per la quale si stanno candidando partecipi a iniziative filantropiche. Una sensibilità che si riflette anche nella propensione al volontariato, praticato attivamente da circa un italiano su tre, mentre il 75% afferma che lo farebbe se l'azienda in cui lavora concedesse dei permessi retribuiti. 

Lo stesso interesse, tuttavia, non è altrettanto diffuso fra i datori di lavoro. Soltanto un'impresa su due, infatti, valorizza l'inclusione e la diversity e solo il 29% incoraggia i propri dipendenti a dedicarsi al volontariato al di fuori dell'orario d'ufficio. Ancora minoritaria la percentuale di aziende che concede permessi di lavoro retribuiti ai dipendenti per queste attività: poco più di una su quattro (26%) lascia che sia il dipendente a scegliere la causa benefica o l'organizzazione a cui aderire, mentre in meno di un caso su cinque (18%) se ne occupa l'impresa.

Nel dettaglio, gli italiani sono fra i lavoratori più attenti ai piani di responsabilità sociale d'impresa delle aziende in cui lavorano o vorrebbero lavorare: sono quasi nove su dieci (87%, +9% rispetto alla media globale e +11% sulla media europea) i rispondenti che dichiarano di voler lavorare in aziende ben strutturate da questo punto di vista, al primo posto in Europa. Più della metà, inoltre, ritiene importante, quando cerca lavoro, che l'azienda partecipi ad attività caritatevoli o filantropiche (57%, -1% rispetto alla media globale e +6% sulla media europea). Per quanto riguarda le imprese, invece, il quadro che emerge dal sondaggio presenta luci e ombre. L'aspetto positivo è che ben due terzi del campione (66%) dichiarano che il proprio datore di lavoro si impegna affinché i propri dipendenti riflettano la diversity presente nel mercato del lavoro locale e nazionale, con una lieve differenza di percezione fra generi (63% degli uomini e 68% delle donne) e un po' più marcata fra lavoratori giovani e dipendenti senior (71% e 60%). Oltre metà delle aziende, inoltre, sostiene attivamente almeno una buona causa (56%, in linea con la media globale e +4% rispetto alla media europea). Una sensazione diffusa in egual misura sia tra i lavoratori (57%) sia tra le lavoratrici (55%), mentre è più evidente la differenza tra fasce anagrafiche (62% dei 18-44enni, 46% degli over 45). Soltanto il 50%, però, segue una politica di sostegno all'inclusione e alla diversity in azienda: un buon risultato fra i paesi europei (+7% sulla media) e appena un punto sotto alla media globale, ma segnato da forti differenze di percezione se si scompone il campione per genere (lo dichiara il 48% degli uomini contro il 55% delle donne) e ancora di più per fascia di età (67% degli under 45, solo il 23% dei 45-67enni)

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E’ stabile il mercato degli strumenti musicali in Italia

E' stabile il mercato degli strumenti musicali in Italia. Lo rivela l’Osservatorio 2018 diffuso da Dismamusica e realizzato dall’Università Cattolica che evidenzia una lieve crescita del settore pari allo 0,77%. Per la prima volta sono state analizzate anche le vendite al pubblico effettuate direttamente dai negozianti specializzati. Dismamusica, l'Associazione aderente al Sistema Confcommercio che rappresenta costruttori, distributori, rivenditori ed editori musicali italiani, ha reso noto il suo annuale Osservatorio 2018 sul mercato degli strumenti musicali in Italia. Il rapporto, commissionato al Cersi, il Centro ricerca per lo sviluppo imprenditoriale dell'Università Cattolica sede di Cremona, e realizzato grazie al contributo della Camera di Commercio di Cremona, ha messo in evidenza l'andamento del mercato nel 2017. Sostanzialmente stabile, il settore ha segnato un modesto incremento pari allo 0,77%, inferiore alla crescita del Pil nazionale che, per l'Istat, è stata dell’1,5%.Lo studio ha preso in esame l'andamento di 25 famiglie di strumenti musicali, oltre alle edizioni. Non sono mancate le sorprese. A trainare il gruppo gli strumenti a fiato con un incremento del 18,42%, seguiti dai pianoforti acustici in rialzo del 14,80%, bene anche il comparto dell'amplificazione del suono in progresso del 5,36% e le edizioni con un più 4,53%. A frenare la crescita del mercato, le chitarre elettriche con un meno 13,23%, gli accessori, di solito un comparto "difensivo", che arretrano del 5,59%, male anche gli strumenti a percussione in calo del 4,32%. Buone notizie dalle vendite al dettaglio. Per la prima volta l'Osservatorio ha preso in esame anche la platea dei commercianti, con una indagine che ha coinvolto un ampio campione di 94 rivenditori distribuiti in tutta la Penisola. La maggioranza di loro, pari al 53,76%, ha affermato di aver registrato fatturati stabili o in crescita, mentre il 46,24% ha dichiarato una diminuzione dei ricavi. I loro dati di vendita hanno permesso di produrre una primissima stima del valore complessivo di sell-out del mercato italiano degli strumenti musicali (nuovi e usati), degli accessori e delle edizioni musicali servito dal canale tradizionale di vendita.Si tratta di un dato “grezzo”, certamente passibile di miglioramenti, ma che per la prima volta permette di dare un ordine di grandezza ragionato e verosimile del mercato italiano che nel 2017 è stato pari a circa 550 milioni di euro.«Il settore degli strumenti musicali in Italia conferma di possedere oggi indubbi punti di forza, – osserva il Direttore di CERSI Fabio Antoldi – legati, in particolare, all’attività di produzione artigianale che continua a mostrarsi viva e in sviluppo. Invece, appare critico lo stato di salute del commercio al dettaglio, che mostra una continua emorragia di negozi di strumenti musicali (in cinque anni sono diminuiti in Italia di quasi il 25%). È un dato che non può passare inosservato. Questo Osservatorio rappresenta un’occasione importante di confronto per gli operatori del settore, dal momento che esso offre una rappresentazione integrata dell’intero sistema che ruota attorno allo strumento musicale».Esprime un cauto ottimismo Antonio Monzino, Presidente Dismamusica, che anticipa l'andamento del 2018 «in linea con la crescita del 2017», ed esprime l’auspicio «che la partecipazione dei rivenditori alla ricerca, segni un importante passaggio verso la creazione di “fare sistema” necessario per essere riconosciuti nel contesto Paese, in un mercato, le cui dimensioni sono condizionate dal ritardo dell’introduzione della disciplina “Musica” nella scuola per tutti. Per gli operatori è utile inoltre avere informazioni puntuali sull’economia del settore e dei consumi di strumenti musicali divisi per categoria per orientare le proprie strategie e sviluppare modelli di business della propria attività, dove il commercio online ha conquistato quote importanti».

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Tumori in aumento in Italia, 373mila nuovi casi stimati nel 2018 

Il tumore più frequente in Italia è diventato quello della mammella: nel 2018 sono stimati 52.800 nuovi casi (erano 51.000 nel 2017). Seguono il cancro del colon-retto (51.300, erano 53.000 nel 2017), che lo scorso anno era il più diagnosticato e del polmone (41.500, erano 41.800 nel 2017). Complessivamente, quest'anno nel nostro Paese sono stimati 373.300 nuovi casi di tumore (194.800 uomini e 178.500 donne), con un aumento, in termini assoluti, di 4.300 diagnosi rispetto al 2017. E quasi 3 milioni e quattrocentomila cittadini vivono dopo la scoperta della malattia (3.368.569, erano 2 milioni e 244 mila nel 2006), il 6% dell'intera popolazione: un dato in costante aumento. Ma le percentuali sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi fotografano un Paese spaccato in due: al Nord si registrano i tassi migliori, in particolare nelle prime tre posizioni si collocano Emilia-Romagna, Toscana (56% uomini e 65% donne in entrambe le Regioni) e Veneto (55% e 64%). In coda invece il Sud, con Sicilia (52% uomini e 60% donne), Sardegna (49% e 60%) e Campania (50% e 59%). Differenze che possono essere spiegate soprattutto con la scarsa adesione in queste aree ai programmi di screening che consentono di individuare la malattia in stadio iniziale, quando le possibilità di guarigione sono più alte, e con la preoccupante diffusione in queste Regioni di fattori di rischio come fumo, sedentarietà ed eccesso di peso. È questo il censimento ufficiale, giunto all'ottava edizione, che descrive l'universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), di Fondazione AIOM e di PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) raccolto nel volume "I numeri del cancro in Italia 2018", presentato oggi all'Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale (disponibile nella versione per operatori e in quella per pazienti e cittadini). 

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Un anno con le Nazioni Unite in Nigeria per Stefano De Angelis

Una collaborazione con il governo della Nigeria che ha portato al sequestro di 72 milioni di dollari su conti correnti riconducibili a Boko Haram, quasi 500 terroristi assicurati alla giustizia dai caschi blu dell’Onu in collaborazione con le forze armate americane. Sono questi i risultati principali della collaborazione di Stefano De Angelis come Osservatore della Comunità internazionale nella Commissione speciale antiterrorismo istituita dalle Nazioni Unite in Nigeria.

Lo studioso teatino, ormai da tempo residente negli Stati Uniti, traccia un bilancio del lavoro svolto: «Indubbiamente è stata un’esperienza positiva, un anno molto intenso. Tanto è stato fatto e probabilmente ancor di più bisogna fare, specie nella lotta al riciclaggio di capitali e al traffico di esseri umani. La Commissione, di cui sono onorato di far parte, ha raccolto importanti risultati, seppur troppo spesso si è trovata a dover fare i conti con una burocrazia mostruosa e mesi d’impasse dovuti a fattori terzi. Due regioni del Nord-Est della Nigeria a breve avranno regolari elezioni dopo anni di predominio jihadista e un’intera area sub-sahariana sta reagendo ai diktat fondamentalisti, allacciando importanti relazioni economiche e militari con le potenze democratiche regionali».

Nel futuro, secondo De Angelis, si dovrà puntare sul contrasto all’human trafficking che spopola nel Paese e che riversa, specie in Europa, un fiume di uomini dal background criminale ignoto e migliaia di donne, spesso destinate al mercato della prostituzione. Ma serviranno anni per far fronte a questa drammatica emergenza che, è bene ricordare, sta creando il caos soprattutto nel Vecchio Continente, distruggendo i già fragili equilibri sociali e di cui pochissimi hanno capito le potenziali nefaste conseguenze.

Nelle prossime settimane De Angelis sarà ricevuto dalle più alte cariche del governo nigeriano al Palazzo di vetro di New York, sede delle Nazioni unite, per i formali passaggi di consegne.

«Mi è stato chiesto di mantenere il mio ruolo per altri dodici mesi, ma ho declinato il pur gradito invito», aggiunge l’esperto di antiterrorismo, «È un incarico che monopolizza tempo ed energie, dopo un anno in prima linea credo sia giusto lasciare spazio a forze fresche e concentrarsi su nuovi obiettivi».

 

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Un pernottamento gratuito in cambio di un pezzo d’arte

Un pernottamento gratis, una volta al mese, in cambio di un simbolico obolo artistico per gli artisti che vogliono conoscere Pescara: l'iniziativa si chiama "Auà", espressione dialettale che diventa l'acronimo di "Alloggia un Artista", è del bed and breakfast 'Le stanze di Bruno'. Bruno è in realtà il gatto di Barbara Giuliani e Matteo Catucci che gestiscono, in compagnia dell'altro felino Marisa, la struttura situata nella centrale via Piave. Con "Auà" si vuole aprire le porte agli artisti: cantanti, musicisti, attori, ballerini, scrittori o "portatori sani di qualsiasi attività umana, votata alla creatività o all'espressione estetica".

"Abbiamo deciso - spiega la Giuliani - di far alloggiare, in cambio di un simbolico obolo artistico, (un cd, un disegno, un libro o qualunque altra forma di proprietà intellettiva), una volta al mese per un sola notte nei giorni che vanno dal lunedì al giovedì, un artista che vuole conoscere Pescara, o che è di passaggio per il suo tour, o che vuole venire solo a trovarci".

"Abbiamo già ospitato Lorenzo Kruger dei Nobraino in house concert - continua con in braccio Bruno - e Davide Galipò, poeta performer torinese, di origini siciliane, durante la mostra 'Per un abbecedario della poesia contemporanea', svoltasi presso la nostra struttura. Il 29 settembre ospiteremo Emanuele Galoni accompagnato da Emanuele Colandrea (ex Eva Mon Amour) per il release party dell'uscita del mio libro 'L'aria rancida', edito da Gli Elefanti Edizioni di Roma. Non siamo pazzi, siamo solo gli ultimi dei romantici".

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Banco Alimentare, oltre 17mila euro per 250mila pasti

Per il secondo anno consecutivo, "gli abruzzesi si sono dimostrati generosi con chi vive nel bisogno. Grazie alla campagna 'Aggiungi 14 posti a tavola: basta 1 euro' promossa dagli ipermercati 'Iper, La grande i' di Città Sant'Angelo, Colonnella e Ortona dal 6 luglio al 5 agosto sono stati raccolti ben 17.694 euro, interamente devoluti al Banco Alimentare dell'Abruzzo, la realtà che recupera cibo e lo distribuisce ai poveri mediante un'articolata rete di enti caritatevoli convenzionati". Lo riferiscono gli organizzatori sottolineando che "anche grazie alla semplicità del meccanismo, con l'aggiunta di 1 euro al conto della spesa, in tanti hanno contribuito ad un risultato finale che, in termini di cibo, equivale a ben 247.548 pasti: 1 euro è infatti quanto serve al Banco Alimentare per il recupero e la distribuzione di 7 kg di cibo, equivalenti a 14 pasti (secondo la stima della Fédération Européenne des Banques Alimentaires, 1 pasto corrisponde a 500 grammi di alimenti). Beneficeranno di questo aiuto ben 36.000 persone indigenti, di cui 3.066 bambini, assistiti quotidianamente dal Banco Alimentare dell'Abruzzo mediante 213 enti convenzionati". I fondi raccolti sono stati ufficialmente consegnati nella sede del Banco Alimentare dell'Abruzzo, nel corso di una cerimonia alla quale hanno partecipato i direttori dei tre supermercati. Come nel 2017, anche in questa edizione sono state premiate le tre cassiere che hanno ottenuto i migliori risultati nel corso della campagna. "Questi fondi - annuncia il presidente del Banco Alimentare dell'Abruzzo, Luigi Nigliato - contribuiranno all'acquisto di alcuni beni strumentali come ad esempio il nuovo camion: si tratta di strumenti indispensabili per la nostra attività, a tutto vantaggio dei tanti poveri della nostra regione. Per questo, ringraziamo di cuore gli amici del gruppo 'Iper, la grande i' che ancora una volta hanno voluto realizzare un' iniziativa sociale tanto semplice quanto coinvolgente. La stima e la gratitudine nei loro confronti è davvero grande: così, dal basso e con passione e creatività, si costruisce il bene di tutti. Lieti di poter collaborare con così belle realtà economiche del territorio". 

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Una impresa commerciale su 5 in Italia è ambulante

Una impresa commerciale su 5 in Italia è ambulante e praticamente la metà delle bancarelle, in tutto quasi 200 mila, hanno titolari stranieri ma tra gli italiani, vince il radicamento al territorio con il 78% degli ambulanti che esercita nella provincia di nascita. E' questo il panorama del comparto, una realtà sempre rilevante nel nostro paese, stilata da Unioncamere. Lo stretto legame col territorio che, in generale, caratterizza tutto il Mezzogiorno, si evidenzia soprattutto a Bari, Palermo e Napoli . Il 97,4% delle imprese individuali del capoluogo pugliese ha infatti un titolare nato in uno dei comuni della provincia . Seguono Palermo e Napoli - a pari merito - dove il 95% degli ambulanti proviene dal rispettivo territorio comunale. Ad accezione di Bolzano in settima posizione, con un ragguardevole 92,6% di ambulanti autoctoni, per trovare una provincia del centro-nord bisogna scorrere la classifica fino al 20° posto, dove si colloca Padova (83,5%). All'opposto, la classifica dei territori in cui l'esercizio del commercio ambulante appare poco attrattivo per i locali vede al primo posto la provincia di Asti, dove solo il 43,8% degli operatori vanta radici nella provincia. Fra i territori al disotto della soglia del 50% di imprenditoria autoctona del commercio ambulante si incontrano poi le province di Aosta (44,2%), Vercelli (46,3%), Alessandria (48%) e Savona (48,8%). 

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