Le Idee

Caos & Luce. Cosa direbbe se fosse ancora vivo Jose Saramago…

Caos & Luce. Cosa direbbe se fosse ancora vivo Jose Saramago...

Cosa direbbe se fosse ancora vivo Jose Saramago, scrittore portoghese, classe 1922, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario etc. etc., se oggi accendesse la tv, se leggesse le notizie quotidiane? Quali parole userebbe per commentare la crisi dei migranti, la disoccupazione forte e non transitoria? Che significato darebbe alla parola democrazia? Cosa direbbe ai signori dei disastri che sfruttano crisi ed emergenze per farne squallidi profitti? Cosa scriverebbe su cosa rimane dopo incendi assassini a far morire le nostre terre sacre, in estati torride come da tempo non se ne vedevano? Cosa direbbe di fronte alla minaccia di sistemi d’arma robotici capaci anche di agire automaticamente? Cosa pronuncerebbe di fronte all’escalation della tensione fra leader che sembrano alieni d’umanità? Cosa direbbe a chi dice di voler mettere in contatto le persone ma in realtà ci sorveglia come una sorta di grande fratello contemporaneo, vendendo i nostri dati al miglior offerente? Non rimarrebbe neutrale, criticherebbe in modo aspro, polemico, provocatorio … ne sono certa!

Probabilmente direbbe ancora che l’uomo più saggio che abbia mai conosciuto non era in grado né di leggere né di scrivere, riferendosi a suo nonno. Josè Saramago vedrebbe ancora la nostra terra come Terra del peccato e proporrebbe ancora ai lettori Il suo Cecità.
È questo il libro che abbiamo scelto da leggere e commentare nel gruppo lettura nella biblioteca di San Valentino nel mese di settembre, insieme ad un altro breve straordinario racconto “ Il Paese dei ciechi” di Wells. Questa volta non ne voglio raccontare le trame. Dirò solo che Cecità è un romanzo di critica sociale e fantascienza apocalittica che inizia in modo surreale e termina in modo altrettanto strano. Concedetemi un po’ di licenze arbitrarie e personali ma se dovessi abbinarlo ad un quadro ne proporrei uno di Dechirichiana memoria o un Redon Odilon, metafisici, simbolici e un po’ terrificanti, ascoltando magari le note di Fear of the dark degli Iron Maiden. Lo so, ho abusato di troppe connessioni. Cecità è un testo di sostanza, eterno. Sarà questo il motivo per cui anche i suoi personaggi non hanno nome o la città non è mai nominata? I suoi protagonisti sono validi per ogni tempo e spazio.Lo stile di scrittura è un fiume in piena, ti getta parole in faccia e ti costringe a vedere le brutture del mondo, le porta all’eccesso e ti fa male, ti porta a vivere angoscia e ansia.

Saramago non offre nessun appiglio attraverso la punteggiatura, ne fa un uso anticonvenzionale assoluto, non segnando le domande con punti interrogativi e realizzando periodi lunghi pagine intere. Il libro scelto questo mese va assorbito, digerito. Io devo ammetterlo l’ho letto in modo veloce, forse troppo! L’ho letto come quando si ristudia un libro per la terza volta, un po’ saltando le parole, come una lettura in metropolitana cercando di non perdere la discesa stabilita, come se dovessi scoperchiare urgentemente una sorta di incoerente e audace vaso di Pandora, fitta di suggerimenti filosofici, mitologici … Hobbes, Locke, il mito della caverna di Platone, altri romanzi distopici persino Lost …L’ho sfogliato come quando vedo immagini di campi di concentramento, piazze insanguinate, bambini inermi su spiagge senza felicità … so che dovrei guardare ma ne ho paura … angoscia … a volte distolgo lo sguardo; L’ho scorto come se fosse impellente per me il bisogno di trovare riferimenti stabili e consolatori. Il libro merita “cortesia di lentezza”, non perché José Saramago abbia vinto il Premio Nobel nel 1998, ma perché attraverso l’uso dell’ironia, per me chiave straordinaria di interpretazione del reale, non risparmia ai suoi personaggi critiche ai loro comportamenti, li descrive dettagliatamente nei loro pregi, nei loro difetti. Di fronte ad un‘ umanità cosi corrotta ma anche cosi fragile, cosi profondamente umana, di fronte ad una società cieca, forse gli unici ganci responsabili sono la pietà, la compassione e la solidarietà. Sono queste parole non a caso femminili come la protagonista che porta luce nel caos-buio del romanzo, capaci di accogliere come terra che beve pioggia e far germogliare semi di speranza.

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Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!

Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!

Note di lettura: Uccidere il Presidente

di Emanuela Medoro

To Kill the President, è un thriller di Sam Bourne, pubblicato da Harper and Collins in Inghilterra, ma non negli Stati Uniti, copyright 2017, distribuito in Italia, finora in inglese, da Mondadori. Sam Bourne, pseudonimo del giornalista inglese Jonathan Freedland corrispondente del Guardian da Washington, è uno stimato e ben noto commentatore di affari americani oltre che autore di romanzi. La copertina di questo libro, illustrata con una pistola colorata come la bandiera a stelle e strisce, annuncia il più esplosivo thriller dell’anno.

La storia inizia con un episodio assai inquietante. Il Presidente mette le mani al collo, tentando di strangolarlo, al generale dell’esercito che gli nega i codici di accesso per l’uso del nucleare; si giunge poi a dieci secondi dal lancio dell’atomica, che non avviene solo perché due dei suoi collaboratori riescono a fermarlo con un banale inganno.

Segue una serie di morti improvvise e violente, la prima, quella del medico personale del Presidente costretto a suicidarsi nella sua macchina con un colpo di pistola in bocca. Sparsi qua e là nel mezzo della narrazione che si svolge a Washington e negli USA, ci sono episodi di morti premature, accadute in giro per il mondo, di poco antecedenti gli avvenimenti di Washington. In Islanda muore un giovanissimo americano genio dell’informatica, fondatore di una start up dal valore ignoto anche per lui, che non sa bene se la sua ditta vale decine o centinaia di milioni. Un altro muore a Delhi, in India, per un incidente stradale dopo un lungo inseguimento da parte di ignoti. Un altro incidente in Namibia dove un riccone del Texas si era recato a caccia. Per caso si salva, ma nella sparatoria rimane ucciso un militare americano.

La narrazione di queste morti s’ intreccia a ciò che accade a Washington. Fra i protagonisti anche una donna, Maggie Costello, di origine irlandese, singolare presenza femminile ancora al suo posto dalla precedente amministrazione, in un periodo di trionfo e rivincita del maschio bianco. Incaricata di indagare sulla morte del medico, scopre una trama segreta per uccidere il presidente, trama che le suscita una domanda, e se dopo il crimine scoppia una guerra civile? Agisce secondo coscienza e si scontra con i protagonisti maschili della vicenda, tutti bianchi: il vice presidente, il ministro della difesa e il capo del personale della Casa Bianca.

E così, attraverso dialoghi memorabili, il lettore scopre la smisurata dimensione della insaziabile fame di danaro e potere dell’inquilino della Casa Bianca, incapace di distinguere il pubblico dal privato, anzi capacissimo di usare il pubblico per scopi privati. Cito solo alcune delle tante frasi che lo descrivono, lasciando da parte lo svolgimento della trama e il finale sorprendente, per non rovinare il gusto della lettura.

Un solo scandalo può distruggere un buon presidente, ma migliaia di scandali danno l’immunità a un cattivo presidente, peggio si comportava, più poteva agire con impunità (pag.312).

(Il vice presidente) Si toccò la testa ad un lato, “Lui non capisce niente qua… capisce qua, con la pancia…fa miliardi, non paga le tasse, non paga i conti, tradisce le mogli e insulta tutti quelli che si mettono sulla sua strada… È la nostra identità nazionale, sciolta, senza guinzaglio, è il bambino che è in ciascuno di noi, che corre libero…Ottiene tutto ciò che vuole, magnifico…Ecco perché lo hanno votato. È una fantasia. Un sogno divenuto realtà, è l’America degli inizi, quando l’uomo bianco andava a cavallo, sparando agli indiani, stuprando le loro donne, prendendo tutto quello che gli piaceva, trascinando un po' di negri per fare il lavoro sporco…etc. (pag. 321 e seg.)”. 

Ignoro in che misura si mescolino in questa narrazione la realtà di oggi e l’immaginazione creativa dell’autore, inglese, bravissimo nel costruire una storia di grandissima attualità. Il suo thriller è un attento esame delle dimensioni psicologiche e sociali della fame di danaro e soprattutto dell’avidità del grande potere economico e politico, quello che può decidere della vita e della morte delle persone. Obbligatorio, trattandosi del lavoro di un inglese, il richiamo al Riccardo III di William Shakespeare, dove una serie di crimini nefandi per la conquista del trono si conclude con una frase memorabile, pronunciata dal re durante la battaglia di Bosworth: “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!” Ci sarà un cavallo anche per il Presidente descritto da Sam Bourne?

 

 

 

 

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Metti un caffè con Balzac … paperback & playlist estive

Spiagge, libri tascabili, amici, test fai dai te … e qualcosa rimane fra le pagine chiare e le pagine scure .1..

 

# Dimmi chi ascolti e ti dirò chi sei;

[Non sopporto i cori russi la musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese.2]

#Cosa leggi e ti dirò cosa sogni;

[-Lo zahir- di Paulo Coelho, La casa degli spiriti di Isabel Allende, Dylan Dog, Ariel di Sylvia Plath e ehm … Tuttosport]

#Scegli il fiore che ti appartiene  e ti dirò il profumo che indossi;

[ginestra-e il saguaro]

#Parlami del film che ami e ti dirò cosa ti aspetti dal domani;

[ Into the wild -ho pianto disperatamente! - fragole e sangue]

 

Ai test non ho mai creduto completamente, non credo ci sia nulla di prestabilito. 

La vita può cambiare in un momento mi fa paura anche se il pavimento è il paradiso sai per me …3

L’anima è nuda come una poesia, spesso senza il corpo stretto  di una convenzione, senza ideogrammi da indovinare. Può vestirsi di jazz, di blues o ballare nel pop, vagare senza scopo eppure trovare arcobaleni ovunque.

E’ ingorda di curiosità, scomoda nelle lusinghe e pronta a disobbedire per trovare quello che ancora non c’è4. Gioca, crea, può trovare la propria radice nell’ordine ma anche e forse soprattutto nel caos. Goccia a goccia buca la pietra. Goccia a goccia solletica i suoi sogni.

 L’anima sente che nulla è vuoto perché l’aria respira su di lei e con lei. La sua vera strategia  è tentare, provarci sempre. E’ la sua aureola immaginaria, esperienza di apertura, ricerca e mobilità.

Le nostre stagioni sembrano incerte. Sembra tutto detto. Sembra tutto scritto.

Più dei dipinti di Munch, piu di Mondrian, più dei cretti di Alberto Burri, c’è un quadro che per me indovina questa sensazione. E' La mano ubbidisce all’intelletto di Carlo Maria Mariani dove l’arte interroga se stessa. Appare come un ritorno al passato ma in realtà è contemporanea in tutti i momenti della storia stessa perché in fondo anche se siamo come marinai che devono ristrutturare la loro nave in mare aperto e che non sono in grado perciò di ricominciare da capo5 una delle frasi più belle del passato è quella di Σωκράτης, Sōkrátēs ( Atene, 470 a.C. -399 a.C) :  so di non sapere,  ne ho coscienza, ne ho conoscenza . Questa affermazione cosi paradossalmente e drammaticamente vera è anche bellissima perché less is more ossia poco è più , perché è consapevolezza di non conoscenza definitiva che diventa però movente fondamentale al desiderio di conoscere.

Tutto ancora si può dire. Tutto ancora si può scrivere e allora leggo e sottolineo anche le seguenti regole da seguire:

1. Follow Your Curiosity 

2. Perseverance is Priceless 

3. Focus on the Present 

4. The Imagination is Powerful 

5. Make Mistakes 

6. Live in the Moment 

7. Create Value 

8. Don’t be repetitive 

9. Knowledge Comes From Experience 

 

<<:Ehi … ma la finisci di stare sotto l’ombrellone, tuffati con noi!:>>

Manca l'ultima regola:  10 GIOCA ... mare arrivo!

1 Rimmel, Francesco de Gregori 

2 Centro di gravità permanente, Franco Battiato 

3 Lasciarsi un giorno a Roma, Niccolò Fabi

4 Quello che non c’è, Afterhours

5 aforisma di Otto Neurath) 

 

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Dalle mele all’internet del futuro: il computer quantistico

 Dalle mele all’internet del futuro: il computer quantistico

Due delle più grandi rivoluzioni scientifiche del XX secolo sono state la meccanica quantistica e la teoria dell’informazione. La meccanica quantistica descrive la natura a livello di dimensioni atomiche ed è alla base della teoria della microelettronica, dei semiconduttori e delle tecnologie fotoniche. La teoria dell’informazione invece si occupa di informazioni e stabilisce un quadro di come queste debbano essere processate e comunicate in modo efficiente. L’unione di queste due discipline porta a quella che oggi viene chiamata Quantum Information Science (QIS).

L’articolo non è volutamente impostato sul formalismo matematico, ma si pone l’obiettivo di dare a tutti una panoramica dello stato dell’arte di questa tematica.

 

Perche’ le mele?

La mela e il concetto d’informazione sono da sempre intimamente correlate. Nella storia recente, Alan Turing, uno dei padri dell’informatica, ideatore della “Macchina di Turing” e precursore di tutti gli studi sull’intelligenza artificiale, si suicidò nel 1954 mordendo una mela avvelenata, in tono col proprio carattere eccentrico e prendendo spunto dalla fiaba di Biancaneve da lui apprezzata fin da bambino. Come tributo ad Alan Turing, la mela morsa divenne il simbolo di Apple, una delle più note case produttrici al mondo di sistemi operativi, personal computer, software e multimedia, con sede a Cupertino, nel cuore della Silicon Valley. Il nome Apple, tuttavia pose un problema legale alla società di Cupertino, che nel 1989 fu querelata per violazione dei diritti sul copyright dalla casa discografica del celeberrimo gruppo musicale dei Beatles, la “Apple Records”, anch’essa emblema di un’informazione musicale che cambiò il corso della musica.

Partendo dall’inizio, vi è innanzitutto l’associazione alla mela biblica, simbolo della conoscenza in quanto, pare contenesse, l’informazione del bene e del male. Successivamente Isaac Newton si ritrovò ad aver a che fare con una mela in caduta da un albero: un evento già osservato infinite volte, ma per Newton fu la rivelazione sull’informazione relativa alle leggi che governano la gravitazione universale.

La meccanica di Newton, infatti, può prevedere con precisione straordinaria il movimento non solo dei pianeti, ma, in maniera perfettamente analoga, di un qualsiasi altro oggetto o sistema meccanico macroscopico, purché si conoscano esattamente le forze che agiscono sul sistema in questione, è possibile, infatti, sapere, con precisione arbitraria, in ogni istante posizione e velocità della mela che cade dall’albero.

Verso la fine del XIX secolo sembrava che l'edificio concettuale della fisica fosse ormai completato. Solo alcuni fenomeni, apparentemente marginali, erano al di fuori del quadro interpretativo della fisica classica, ma il convincimento di quasi tutti gli scienziati dell'epoca era che prima o poi anche questi trovassero un’interpretazione all'interno della fisica classica. Ma non fu così: nel mondo microscopico, a livello di atomi e particelle elementari, i comportamenti fisici erano assai bizzarri ed assolutamente inconcepibili per i nostri ragionamenti razionali dettati da un’evoluzione umana basata sul riscontro dei nostri sensi verso oggetti di dimensioni visibili.

Per meglio capire questi aspetti è sufficiente “entrare nella mela” e fare un viaggio ideale al suo interno, giù verso l’infinitamente piccolo, ossia passando per la sua struttura di catene molecolari, entrando negli atomi costituenti, sino ad incontrare la nube di elettroni che circonda il nucleo di ogni singolo atomo.

Sarà possibile stabilire la posizione e la velocità in ogni istante di un elettrone contenuto nella mela, come accadeva per la mela stessa? La risposta è negativa ed il motivo è semplice: se si illumina con luce solare o artificiale una mela per vedere dove essa si trovi, non c’è problema, perché questa non si muove, ma se, a scala sub-atomica, si cerca di illuminare un suo elettrone, anche con un solo fotone, l’impatto di quest’ultimo lo fa allontanar via; in altre parole: se si cerca di determinare l’informazione sulla posizione dell’elettrone, si perde l’informazione sulla sua velocità e viceversa.

Quanto appena esemplificato prende il nome di principio di indeterminazione di Heisemberg che recita appunto: “non è possibile conoscere simultaneamente la velocità e la posizione di una particella con certezza”. È fondamentale comprendere che questa condizione di indeterminismo non è dovuta a una conoscenza incompleta da parte dello sperimentatore dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca del sistema. Il principio di indeterminazione, seppur ammesso “obtorto collo” per via della naturale propensione dell’uomo ad avere certezze, è in qualche modo ancora accettato, ma, a livello sub-atomico accadono altri due fenomeni sconcertanti: il dualismo onda-particella e l’entanglement (1). Il primo stabilisce che, mentre nella fisica classica un corpo e un’onda sono due entità ben distinte, nel mondo sub-atomico, regolato dalla meccanica quantistica, le particelle elementari, come l'elettrone o il fotone, mostrano una duplice natura, sia corpuscolare che ondulatoria.

L’entanglement è invece un fenomeno ancor più inquietante della meccanica quantistica, anche perché è stato ampiamente dimostrato per via sperimentale, e consiste nel fatto che è possibile realizzare un sistema costituito da due particelle il cui stato quantico sia tale che, qualunque sia il valore di una certa proprietà osservabile assunto da una delle due particelle, il corrispondente valore assunto istantaneamente dall'altra particella sarà opposto al primo, anche qualora le particelle fossero separate da anni-luce di distanza. Ma la mela è anche informazione: quanti bit di informazione ci sono in una mela? La risposta è relativamente semplice: la meccanica quantistica limita il numero degli stati in cui le particelle della mela si possono trovare, perciò il numero di bit racchiusi in questo frutto è dato dal prodotto del suo numero di atomi moltiplicato per pochi stati possibili per ciascun atomo. Ne consegue un numero piuttosto grande, rappresentante qualche milione di miliardi di miliardi di “bit zero” e “bit uno”: questa è la mela!

Quando un sistema fisico, come appunto una mela, è dotato di energia finita ed è confinato in una regione finita di spazio, per le leggi della meccanica quantistica esso può esistere solo in un numero finito di stati e quindi può registrare una quantità finita d’informazione, ossia di bit. Per dirla con le celebri parole del fisico Rolf Landauer: “L’informazione è fisica”.

A questo punto sorge spontanea, almeno ai fisici e ai matematici, una seconda domanda: se la quantità di informazione che ogni bit della mela registra è sempre la stessa, è così anche per l’importanza dell’informazione registrata? Indubbiamente no! Un bit che ci dice che cosa ci sia in un certo posto nel DNA della mela è molto più importante di quello che ci informa sullo stato di agitazione termica di uno dei suoi atomi di carbonio.

Ma c’è un modo rigoroso, matematico, di quantificare l’importanza dell’informazione contenuta in un bit? La risposta è affermativa perché l’importanza di un bit può essere pesata in funzione di come il suo contenuto vada a cambiare il valore di altri bit attorno a sé. Ovviamente per condurre questo tipo di analisi, indipendentemente dal fatto che l’oggetto in questione sia una mela, oppure una rete di telecomunicazioni a crittografia quantistica (2), gli attuali metodi di computazione classici basati su “bit” divengono assolutamente inefficienti in termini di tempo e risorse. Occorre allora ricorrere alla computazione quantistica, basata sugli stessi strani effetti accennati a scala sub atomica nella mela, quali dualismo onda-particella, entanglement e registrazione dell’informazione espressa in qubit (quantum bit), i cui aspetti concettuali ed implementativi saranno oggetto della presente trattazione.

 

  1. Il termine viene a volte tradotto in italiano con “non separabilità” o “intreccio”

  2. La crittografia è il metodo per rendere un messaggio "incomprensibile" in modo da non poter essere decifrato da terzi non autorizzati a leggerlo. La c.q. utilizza le propietà della meccanica quantistica, quali il dualismo onda – particella e l’entanglement.

 

Cos’è un computer quantistico?

Spiegare cosa sia un computer quantistico senza ricorrere all’uso intensivo del formalismo matematico ad esso sotteso è una sfida intellettuale impegnativa. La ragione è che il computer quantistico funziona su fenomeni di pertinenza della meccanica quantistica che, come descritto in precedenza, è quanto di meno intuitivo per noi umani. Sostanzialmente, la meccanica quantistica si distingue in maniera radicale dalla meccanica classica, in quanto non esprime mai certezze, ma si limita a esprimere la probabilità di ottenere un dato risultato da una certa misurazione. Nel nostro mondo macroscopico la fisica classica fornisce certezze sulle misurazioni e sulle osservazioni che effettuiamo, ma quando scendiamo nel microcosmo (atomi, elettroni, fotoni ed altre particelle elementari), la fisica classica va in crisi e lascia spazio a quella quantistica, basata appunto sulla probabilità e mai sulla certezza.

La teoria quantistica, dunque, non ci dice mai se il valore è “1” oppure ”0”, ma descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori: ciascuno di detti valori è abbinato a uno di tali stati ed è associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione. Un esempio semplice, ma di potente intuitività, è il seguente: se si guarda attraverso il vetro di una finestra, su di esso non si vede solo il paesaggio esterno, ma anche la propria immagine riflessa. La ragione di questo curioso aspetto è dovuta al fatto che la luce è costituita da fotoni, ossia particelle elementari soggette alle leggi della meccanica quantistica. Per quanto detto, ne consegue che i fotoni che colpiscono, dall’esterno o dall’interno, il vetro della finestra hanno una probabilità di attraversarlo, ma hanno anche una probabilità di venire riflessi. Queste probabilità determinano quindi una curiosa “sovrapposizione” di realtà, cosicché sul vetro, il paesaggio e il volto dell’osservatore coesistono allo stesso tempo nello stesso luogo. Possiamo quindi affermare che la sovrapposizione contiene tutti i possibili casi, ma non equivale ad alcuno di essi (fig.1).

Continuando con l'esempio, ad un certo punto l'osservatore deciderà di concentrarsi sul panorama esterno e farà questo mettendo a fuoco i propri occhi su una distanza maggiore, ossia egli deciderà una "misurazione" di ciò che più gli interessa, facendo "collassare" la precedente sovrapposizione d'immagini su di una precisa "soluzione" che è il panorama. Migrando questi concetti fondamentali al mondo dei computer possiamo ripetere un ragionamento analogo. Il computer “classico”, ad esempio quello impiegato per scrivere il presente articolo, appartiene ad una logica classica, dove le unità fondamentali dell’informazione, chiamati “bit” sono governati da certezze: si sa in ogni momento se un certo bit vale “0”, oppure “1” e in quale locazione di memoria esso è memorizzato. Nel computer “quantistico” tutto ciò non è possibile e, al posto dei “bit”, avremo dei “qubit”, contrazione di quantum bit, il termine coniato da Benjamin Schumacher per indicare il bit quantistico, ovvero l'unità di informazione quantistica. In particolare una particella quantistica, eletrone, fotone, etc. ha una specie di dono dell’ubiquità, fatto questo paradossale per la meccanica classica. Su questo principio si basa il qubit l’informazione può essere sia 1 sia 0 allo stesso tempo.

Questi qubit sono rappresentati dagli stati di particelle elementari, come elettroni, fotoni, etc.

Si prenda ad esempio l’elettrone: a seconda se il proprio senso di rotazione su se stesso (detto spin) sia orario o antiorario, si dice che esso ha “spin giù” oppure “spin su”. Nel mondo classico, quindi nel dominio delle nostre dimensioni, una trottola che gira su se stessa o è “spin su”, oppure “spin giù”, mentre nel mondo quantistico lo spin può essere in uno stato di sovrapposizione, ossia in una qualsivoglia combinazione delle due direzioni, per esempio il 40% “spin su” e il 60% “spin giù”. L'intero sistema è, quindi, un aggregato incredibilmente complesso di sovrapposizioni di tutte le possibili combinazioni di spin di ciascuna particella.

Procedendo per l’analogia con l’esempio della sovrapposizione delle immagini sul vetro della finestra, a differenza di un bit classico che può solo contenere l’informazione “0” oppure “1”, il qubit può teoricamente contenere sovrapposti tutti i possibili stati compresi tra 0 e 1, ossia infiniti stati. Si sarebbe così tentati di concludere che un solo qubit, almeno in linea di principio, possa tranquillamente contenere una quantità d’informazione pari a tutto lo scibile umano. In termini pratici, però, non è così, perché interviene un altro poco intuitivo principio della meccanica quantistica: quando si effettua un’osservazione (misura) su un sistema quantistico che è in sovrapposizione di stati questo “collassa” su un solo preciso valore. Va tenuto presente, infatti, che l'esito della misurazione dello stato di un qubit può essere soltanto 0 oppure 1. Quindi, dalla misurazione di un qubit, è possibile ottenere la stessa quantità di informazione rappresentabile con un bit classico.

 

La potenza elaborativa di un computer quantistico

Ma se dalla misurazione di un qubit è possibile ottenere la stessa quantità di informazione rappresentabile con un bit classico, perché si afferma che un computer quantistico è enormemente più veloce e potente di un computer classico? La risposta si percepisce iniziando a confrontare la differenza tra i registri (3) di bit classici e quelli di qubit quantistici.

Si inizi col considerare un registro classico composto da 3 bit. Un registro a 3 bit classico può contenere esattamente “uno” degli 8 diversi numeri possibili: in altre parole esso può trovarsi in una delle otto possibili configurazioni 000, 001, 010, 011, 100, 101, 110, 111. Un registro quantistico composto da 3 qubit è in grado di contenere “tutti” gli 8 diversi numeri possibili contemporaneamente in una “sovrapposizione quantistica”. Il fatto che 8 numeri differenti possano essere fisicamente presenti in contemporanea nello stesso registro è una diretta conseguenza delle proprietà dei qubit e ha delle grandi implicazioni dal punto di vista della Teoria dell'Informazione. Se fossero aggiunti più qubit al registro, la sua capacità di memorizzare informazioni crescerebbe in maniera esponenziale: 4 qubit possono immagazzinare fino a 16 numeri allo stesso tempo, e in generale N qubit sono in grado di conservare 2N numeri contemporaneamente. Un registro di 265 qubit, composto essenzialmente di soli 265 atomi, sarebbe capace di memorizzare “tutti” i possibili 2265 valori! Per tentare di capire quant’è grande 2265 valori, ossia un numero seguito da settantanove zeri, è sufficiente sapere che il numero stimato degli atomi dell’intero universo è notevolmente inferiore al suddetto numero!

Quando si rende necessario eseguire un calcolo quantistico molto complesso, composto da molti passaggi e quindi più operazioni sui registri, il vero vantaggio del computer quantistico inizia a manifestarsi: quando un registro contiene una sovrapposizione di molti numeri differenti, infatti, un calcolatore quantistico è in grado di effettuare operazioni matematiche su tutti loro contemporaneamente, allo stesso costo in termini computazionali dell'operazione eseguita su uno solo dei numeri. E il risultato sarà a sua volta una sovrapposizione coerente di più numeri. In altre parole: è possibile eseguire un massiccio calcolo parallelo ad un costo computazionale irrisorio rispetto a quello richiesto dai computer classici, che avrebbero bisogno per compiere la stessa operazione di ripetere il calcolo 2N volte o di poter contare su 2N processori paralleli. Si evince che questa macroscopica differenza di potenzialità tra computer classico e computer quantistico risiede nell’altissimo grado di parallelizzazione di quest’ultimo per via del fenomeno quantistico della sovrapposizione degli stati. Per rendersi conto della potenza di un computer quantistico si può fare l’esempio del tempo necessario per fattorizzare un numero. Per “fattorizzare un numero” n si intende trovare un insieme di numeri tali che il loro prodotto dia il numero originario n. Attualmente, per fattorizzare un numero di 300 cifre con un computer “classico” occorrerebbero alcune decine di migliaia di anni, mentre con uno quantistico sarebbero sufficienti pochi secondi. Da questo esempio si evincono le potenzialità applicative del quantum computing: crittografia, intelligenza artificiale, scienza dei materiali, farmacologia, etc.

 

(3) Nei calcolatori elettronici un registro è una piccola parte di memoria utilizzata per velocizzare l'esecuzione dei programmi fornendo un accesso rapido ai valori usati più frequentemente

 

Applicazioni pratiche

 

GOOGLE E D-WAVES SYSTEMS: nasce il motore di ricerca quantistico

Il processore quantistico a 128 qubit realizzato da D Wave Systems, non è sfuggito ai Google Labs. Ne è scaturita subito una collaborazione che ha portato alla realizzazione di un algoritmo dalle prestazioni incredibili. Il colosso di Mountain View ha affermato che un primo esemplare sarebbe già stato prodotto ed usato. Google ha rivelato che, dopo tre anni di lavoro sugli algoritmi quantistici, e sfruttando i qubit di D Waves Systems, un nuovo algoritmo è in grado di riconoscere e catalogare in maniera del tutto automatica gli oggetti partendo da immagini fisse o in movimento. Basato sulle potenzialità di accelerazione promesse dall'algoritmo probabilistico noto come algoritmo di Grover, il lavoro degli ingegneri di Mountain View, sempre in coppia con D Waves, permetterebbe velocità di ricerca e classificazione mille volte più performanti di quelle eseguite su una potente architettura di computing tradizionale. Questo risultato consente ad un'ipotetica macchina di valutare, ad esempio, un oggetto tramite una telecamera e ricercare tutti gli oggetti simili a quello registrato, addirittura di visualizzare una parte di video e ritornare tutte le informazioni circa il titolo del film, gli attorI etc, oppure visionare le riprese di una telecamera che ha registrato un reato e fornire immediatamente i dati dell'indiziato!

 

Il teletrasporto fotonico: dalla fantascienza alle reali applicazioni

È opportuno citare anche le applicazioni di comunicazione quantistica ottica Terra - spazio, in particolare tra satelliti che potenzialmente potrebbero permettere comunicazioni quantistiche su scala globale. In questo modo si supererebbero i limiti attuali della trasmissione in fibra ottica attestati sul centinaio di chilometri. Il tutto è basato sul concetto di entanglement e teletrasporto fotonico. Tale fenomeno permette di ricreare in modo perfetto, in un punto diverso dello spazio, un qubit, ad esempio un fotone, il cui stato è sconosciuto a chi deve eseguire la trasmissione. In sostanza si trasporta lo stato quantistico del primo qubit su di un altro qubit, in modo che lo stato iniziale e quello finale siano uguali, pur riferendosi a qubit diversi.

Recentemente il Politecnico della California ha annunciato di avviare una serie di esperimenti sull'ipotesi di teletrasporto di oggetti inanimati. Come spesso accade, una tecnologia nata dall'immaginazione degli autori di fantascienza (il famoso teletrasporto della serie televisiva "Star Trek") si trasforma in un campo di studio della scienza e della tecnologia. Il principio del teletrasporto è già stato testato con successo su particelle elementari e successivamente su singoli atomi. Con l’esperimento del California Institute of Technology (Caltech) si vuole ora sperimentare il teletrasporto su oggetti “più complessi”. Gli esperimenti saranno condotti dallo scienziato Darrik Chang, che tenterà di teletrasportare alcune sfere di silicio del diametro di pochi nanometri. Il sistema di teletrasporto proposto da Chang si basa sull'utilizzo della luce laser. Una singola sfera di silicio contiene milioni di atomi. Se l'esperimento di Chang andasse bene, si aprirebbe un nuovo campo di studio sulla materia e l'ipotesi del teletrasporto potrebbe diventare in futuro una realtà della tecnologia.

 

 

Conclusioni

C’è oggi molto fermento sul tema della computazione e della comunicazione quantistica, sia a livello accademico, sia a livello di implementazione e commercializzazione di sistemi di telecomunicazione quantistica. Sebbene è qui impossibile riportare in modo esaustivo tutti gli attori coinvolti, a livello internazionale. Si segnalano i gruppi di Ginevra, Vienna, Erlangen, Monaco Cambridge, Waterloo, Singapore. Anche in Italia vi è un’intensa attività in ambito accademico, molto apprezzata a livello mondiale. Non a caso infatti IBM ha riconosciuto lo “IBM Faculty Award”, un premio legato a ricerche innovative nel campo dell'Informatica Quantistica e della Scienza dei Servizi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e al Politecnico di Milano. Molto attivi anche i gruppi “Quantum Information Theory Group” presso l’università di Pavia, il “Quantum Optics Group” presso l’Università la Sapienza di Roma e l’Università di Padova. Per la parte commerciale legata alla crittografia quantistica, IdQuantique (Università di Ginevra) e MagiQ (New York) hanno entrambe in vendita un modello commerciale ormai stabile. Altre aziende, quali Toshiba e NEC, hanno progetti di sviluppo che potrebbero anche presto portare nuovi modelli sul mercato. Per l'Italia è da segnalare il laboratorio di ottica quantistica presso ELSAG (gruppo Finmeccanica) a Genova che conduce dal 2006 un progetto di ricerca e sviluppo in crittografia quantistica. Dinanzi a questa miriade di iniziative pratiche e teoriche si può ragionevolmente supporre che nel presente decennio (2011–2020) le computazioni e le comunicazioni quantistiche usciranno progressivamente dai laboratori per trovare concreta applicazione: gli operatori di telecomunicazioni dovranno quindi prestare grande attenzione a questa rivoluzione tecnologica epocale e ai conseguenti nuovi servizi a valore aggiunto che ne scaturiranno. In merito ad una previsione temporale più dettagliata sulla messa in campo delle reti quantistiche, si preferisce concludere l’articolo con una celebre ed ironica frase di uno dei padri della fisica quantistica Niels Bohr "Fare previsioni è molto difficile, soprattutto quando si tratta del futuro!" Tenendo invece conto che la presenza di questo articolo è come un pugno in un occhio all’interno della veste molto artistica ed umanistica di questa rivista, concludiamo con una celebre ed attualissima frase di Albert Einstein: “Perché questa stupenda scienza applicata che risparmia lavoro e rende la vita più facile ci porta così poca felicità? La risposta è semplice: perché non abbiamo ancora imparato a farne un uso assennato!” (da un discorso al California Institute of Technology, Pasadena, febbraio 1931). E noi aggiungiamo: dopo 80 anni, non abbiamo ancora imparato!

Figura 1

 

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Nasce il Movimento Animalista Abruzzo

 

Nasce il Movimento Animalista Abruzzo

La situazione in Abruzzo non è sicuramente drammatica come in tante altre realtà del sud Italia ma presenta molte criticità che devono essere risolte. Per quanto riguarda i cani, il fenomeno del randagismo vero e proprio interessa ancora soltanto alcune zone periferiche e montane. Nel resto del territorio il problema principale è rappresentato dai cani di proprietà, spesso lasciati vagare liberi, senza microchip e in tantissimi casi senza sterilizzazione. Questo comporta la nascita di cucciolate “indesiderate” che vengono abbandonate. Quando va bene, per gli animali, questi abbandoni avvengono nei pressi dei canili gestiti da volontari. In altri drammatici casi, i cuccioli vengono trovati in condizioni disastrose in campagna o addirittura nei cassonetti dell’immondizia. Quello che manca purtroppo è un controllo da parte delle istituzioni (asl e polizie locali) sui cani di proprietà e sarebbe auspicabile un incentivo, economico ma anche e soprattutto culturale, alla sterilizzazione quanto meno delle femmine. Sappiamo infatti che la sterilizzazione, oltre a essere l’unica “cura” per il randagismo e la piaga degli abbandoni, può essere un ottimo modo per prevenire diverse malattie gravi che possono colpire i cani, sia maschi che femmine.

Cosa succede quindi ai cuccioli abbandonati o ai cani vaganti senza microchip? Vengono, come previsto dalla legge, ricoverati presso i canili/rifugi convenzionati con i Comuni. E questa è una vera e propria nota dolente della nostra regione. Nonostante la 281/91 e la Legge Regionale prevedano che ogni Comune sia dotato di un proprio canile o convenzionato con un canile esistente, moltissimi Comuni disattendono queste norme e non prevedono né un canile di proprietà né una convenzione. In altri casi, invece, alcune amministrazioni stipulano convenzioni con canili decisamente sovraffollati (anche oltre il limite consentito dalla Legge Regionale pari a 250 cani), che non accettano la collaborazione di volontari e che in alcuni casi possiamo definire lager. Anche in questo caso è necessario un maggior coinvolgimento delle istituzioni, in particolare dei Comuni , per garantire il benessere degli animali di loro proprietà e il rispetto delle leggi a loro tutela. Non brillano per efficienza, a loro detta per mancanza di personale, nemmeno i canili sanitari gestiti dalle ASL dove si verificano troppo spesso casi di epidemie o morti sospette. In tutto questo scenario si distinguono alcuni rifugi gestiti da varie associazioni nazionali o locali, dove il benessere degli animali e le adozioni sono l’obiettivo principale, ma le strutture sono a dir poco precarie e i Comuni di riferimento non prevedono i necessari investimenti per sistemarle come invece è previsto dalla Legge Regionale.

Il vero “problema randagismo” in Abruzzo è attualmente rappresentato dai gatti. La nostra regione è in assoluta emergenza da questo punto di vista e pochissimo, se non proprio nulla, viene fatto a tal proposito dalle istituzioni e tutto viene lasciato in mano ai volontari. Anche in questo caso, il vagantismo degli animali di proprietà e la scarsa considerazione della sterilizzazione – vista da molti come “contro natura” – hanno creato e continuano a creare una situazione drammatica con decine di gattini soccorsi ogni giorno dai volontari nelle circostanze più disparate. A questo si aggiunge la pochissima disponibilità della ASL a occuparsi dei gatti, sia per quanto riguarda le sterilizzazioni sia per quanto concerne il loro soccorso. La Legge Regionale infatti, già migliorata in tanti punti grazie all’impegno delle associazioni animaliste, è ancora carente in questo senso e deve essere rivista e modificata. A rendere il tutto ancora più difficile è l’assoluta mancanza, in tutta la regione, di una struttura dove poter sistemare i felini, in particolare se bisognosi di cure, una volta recuperati dal territorio. In tutto l’Abruzzo non esiste un gattile che possa essere utilizzato dai volontari per ospitare i gatti che, per vari motivi, in alcuni casi non è possibile rilasciare in libertà.

Un’altra emergenza che sta vivendo la nostra regione in molte zone riguarda i molossoidi in generale e i pitbull in particolare. Sappiamo che spesso, purtroppo, questi cani vengono scelti dalle persone sbagliate e per i motivi sbagliati. C’è tutto un mondo di microcriminalità che si nasconde dietro la riproduzione e il commercio incontrollato di questi animali, con conseguenti ripercussioni sul loro benessere. Nel migliore dei casi, infatti, questi cani finiscono in mano a persone inesperte e incapaci di gestirli che, una volta passato l’entusiasmo del cucciolo, decidono di disfarsene e rinunciano alla proprietà, consegnando il cane al canile della loro città dove potrebbe restare a vita. In molti altri casi, questi cani vengono utilizzati per attività illecite come combattimenti, una realtà ancora purtroppo molto presente in alcune aree della nostra regione. Anche in questo caso è necessaria una maggiore attenzione da parte delle forze dell’ordine per ristabilire la legalità e tutelare questi animali.

Infine, vorrei chiudere questo intervento con una piccola nota positiva riguardo alla nostra regione, anche se forse ha poco a che fare con l’argomento di questa manifestazione. L’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise fa un ottimo lavoro per la salvaguardia della biodiversità e degli animali selvatici, tra cui lupi, orsi e cinghiali. Purtroppo però lo stesso rispetto per i selvatici non viene dimostrato dalle amministrazioni locali delle altre aree della regione. A causa dell’inverno molto rigido, alcuni cinghiali si sono riversati sulle zone costiere dove i sindaci non hanno esitato a emettere ordinanze per il loro abbattimento. Come Movimento Animalista Abruzzo abbiamo già chiesto un maggiore rispetto e l’adozione di misure alternative.

In conclusione, il Movimento Animalista Abruzzo si impegnerà a sensibilizzare e coinvolgere le pubbliche amministrazioni affinché tutelino maggiormente gli animali di cui sono direttamente responsabili (cani e gatti) e tutti gli animali selvatici presenti nella nostra regione.

 

Francesco Properzi Curti

Coordinatore Movimento Animalista Regione Abruzzo

 

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Unione dei Comuni, Di Renzo: in montagna si sopravvive unendo servizi e idee

"Unirsi per sopravvivere, avere il coraggio di uscire dall'isolamento per condividere con gli altri Comuni quasi tutto, questa non è scelta semplice ma una strada obbligata e, anche in questo modo, riducendo e tagliando tutto, riusciamo a malapena a dare ai cittadini solo i servizi essenziali". Tiziana Di Renzo, vice sindaco di Lama dei Peligni, promotrice  dell'Unione dei Comuni della vallata dell'Aventino, é una amministratrice animata da  entusiasmo e passione, ma ammette: "sono troppe le persone anziane che rimangono nei piccoli paesi, mentre i giovani vanno via in cerca di migliori occasioni di vita e di lavoro, ma ora lasciamo il paese anche le famiglie che hanno bimbi piccoli che preferiscono andare altrove dove ci sono più servizi".

Malgrado questo scenario così negativo, lei però non dispera. Cosa le da forza a resistere?

"Sono stata eletta dai cittadini e amministro un piccolo comune montano Lama dei Peligni, ma la mia esperienza è simile a centinaia di altri amministratori sparsi in Italia che vivono in aree appenniniche. La crisi ha travolto le aree interne, i Comuni se vogliono dare ancora dei servizi ai loro cittadini devono unirsi. Le esperienze fatte in altre Regioni del Nord, penso alla Lombardia, alla Toscana, che noi spesso seguiamo sia per le iniziative sul lavoro che sulla sanità, hanno fatto scelte razionali e i frutti si vedono. Anche noi abbiamo fatto questo passo ma le difficoltà sono tante, anche a poter offrire servizi di base".

Quali sono quelli che riuscite ad offrire?

"In primo luogo la scuola, perché rappresenta il futuro, senza di essa non rimarrebbe più nessuno, poi i servizi socio assistenziali, i vigili urbani associati, il servizio urbanistica e l'economato. A livello sanitario siamo riusciti ad ottenere il potenziamento del distretto sanitario, e l'arrivo di una ambulanza per il servizio di 118. Non molto ma sono le cose essenziali"

I Comuni che si sono uniti sono sette, riuscite a cooperare?

"Dobbiamo per forza, lo Stato garantisce poco, così siamo costretti a rivolgerci alla Regione e all'Unione europea dove possiamo partecipare a dei bandi. Il problema maggiore sono gli anziani e i giovani, cerchiamo di dare un aiuto ai primi e trovare una via d'uscita per i ragazzi".


Le risorse da dive arrivano?

"Sembra quasi incredibile, ma siamo fermi a tanti anni fa, ad esempio, c'è chi sfrutta il bosco, chi un poco di turismo, chi qualche attività estrattiva e minuscole realtà artigiane e imprenditoriali. Insomma poche cose mentre le uscite sono tante"

Avranno un futuro le aree montane?

"La crisi delle aree montane è evidente, ma bisogna ragionare come territori e sempre meno come singoli Comuni. Come minuscoli Municipi non riusciremo mai ad uscire dalla crisi. Il prossimo passaggio deve essere la fusione a cui si dovrà arrivare gradualmente, ma quello sarà il futuro". 

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Non solo parole in gioco

C’è una parola in giapponese Komorebi per cui non esiste una traduzione in italiano. E’ una di quelle parole che si devono avvertire con il cuore e con l’esperienza. Non si comprenderebbero altrimenti! Komorebi è la luce soffusa, leggera e sottile del sole che filtrando fra gli alberi e lungo i sentieri dà serenità, bellezza, pace, armonia. In una sola parola, tanti significati ed emozioni.
Ce ne vorrebbe un’altra specifica per riuscire a catturare le varie sensazioni del lettore di fronte ad un libro che ci “ prende”, quella voglia di sottolineare espressioni quasi ci appartenessero o che creano in noi déjà vu o ricordi di eventi che si è vissuto. Un’ unica parola capace di suggerire immediatamente la voglia di far piegoline per lasciare tracce da ricontattare non appena si finiscono i capitoli, quella sorta di effetto “Barnum” per cui ci si immedesima in un profilo psicologico generico, quell’aggrapparsi al dubbio e all’intuizione per conoscere il finale che l’autore ha pensato. Un’unica parola per racchiudere quella sensazione del tempo e dello spazio fermo mentre tuttavia scorre, perché si è assorti, perché si è presenti ma nello stesso tempo assenti, immersi nei propri pensieri, nelle proprie domande, nelle parole di altri.
Ci vorrebbe un’altra parola infine per cogliere tutte le sfumature di emozioni che intervengono quando si condivide una propria solitaria lettura con altri.
Dall’8 maggio con cadenza mensile presso la Biblioteca Comunale di San Valentino si tengono gruppi lettura. Il primo testo scelto e’ stato Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse, classico e moderno allo stesso tempo.
La storia si snoda nel medioevo leggendario del cattolicesimo monastico ma potremmo trovare le anime e gli interrogativi che lo percorrono in ogni epoca, in ogni spazio. Nella storia di forte amicizia fra il dotto e mistico Narciso e l’artista geniale e vagabondo Boccadoro vi è l’eterna lotta fra eros e logos, fra arte e religiosità alla ricerca di armonia e integrazione.
Due frasi estrapolerò dal libro per sottolineare la bellezza di questo romanzo insieme simbolico e picaresco:

« Non è il nostro compito quello d'avvicinarci, così come non s'avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento. »

« Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? »

In un gruppo lettura non si fa critica letteraria, la si può anche fare ma non è quello il fine principale. Si legge da soli e poi si condividono davanti ad un the caldo o un caffè – sono ben accetti anche dolcetti </p data-src= Leggi Tutto »

Giugno 2017: Gent. Sig. Trump

Donald Trump, eletto 45° presidente degli USA con due chiarissimi e potenti slogan “Make America great again”, “America first”, oggi, all’inizio del mese di giugno 2017, a cento anni dalla partecipazione degli USA alla prima guerra mondiale, annuncia l’uscita degli USA dai Trattati di Parigi.

Nel 2015 si tenne a Parigi una conferenza sul clima. Allora tutti i paesi partecipanti adottarono il primo accordo universale, giuridicamente rilevante, sul clima del pianeta. I governi presenti concordarono di prendere provvedimenti per limitare l’aumento medio della temperatura, e ridurre i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo John Kerry è una vergogna per gli USA essere usciti unilateralmente dagli accordi di Parigi sul clima che sono di fatto estremamente flessibili, e permettono ad ogni paese di fare i suoi piani, liberamente e senza alcuna limitazione della sovranità. A giustificazione dell’uscita dai trattati di Parigi, il presidente Trump dichiara: “Sono stato eletto dai cittadini di Pittsburgh, non da quelli di Parigi”.

La citazione di questa città della Pennsylvania mi permette di dare un taglio personale a queste riflessioni. Un secolo fa, mio nonno Silvestro Medoro insieme con i suoi compaesani provenienti da Assergi, un paesino alle falde del Gran Sasso, ed anche insieme a tanti irlandesi, in una mistura etnica molto americana, estrasse il carbone dalle miniere della Pennsylvania che fornivano la necessaria energia alle acciaierie di Pittsburgh. Il tempo è passato, sono passate due guerre mondiali, la guerra del Vietnam e l’attacco delle Due Torri.

Gent. Sig. Trump, non si è accorto di quanto tempo è passato dai tempi delle miniere di carbone, e di quante trasformazioni ci sono state a Pittsburgh? Oggi a Pittsburgh gli altiforni non ci stanno più, questa città è diventata la capitale della tecnologia medica più avanzata, a emissioni zero. La città ha votato Hillary per l’80%, e il sindaco di questa città, Bill Peduto ha dichiarato: “Come sindaco di Pittsburgh posso assicurare che seguiremo le linee guida dell’accordo di Parigi per il nostro popolo, la nostra economia e il nostro futuro.” Come lui, la città di New York, tanti sindaci, lo stato della California, numerose aziende e famosi manager.

Sig. Trump, lei, insieme a tutti quelli che lo hanno portato alla Casa Bianca, sta facendo la figura dell’ignorante ottuso, ciecamente legato a ristretti interessi di bottega, a tradizioni antiche, chiuso e impenetrabile a ogni fatto o idea che non stia già da più di 50 anni sotto il suo bel pagliaio biondo/rosso.

Mi dispiace tanto, per quarant’anni ho insegnato la lingua inglese nei licei italiani, avendo l’America come punto di riferimento principale della mia cultura nel senso più ampio del termine: lingua, letteratura, musica, spettacolo, mode. Lei vuole fare l’America grande? Faccia attenzione, se ne è capace. Cito solo un giornale americano, tralasciando quelli europei che non rientrano nella sua cultura. Business Week ritrae un’America che si specchia da sola mentre sta per essere sommersa dall’acqua. Troppo difficile per lei il mito di Narciso, forse qualche volenterosa insegnante di letteratura inglese glielo ha raccontato a suo tempo, ma lei lo ha dimenticato, anzi seppellito sotto una sontuosa eredità paterna e affari non sempre ben chiari, fonti di macroscopici conflitti d’interesse nell’esercizio delle sue odierne funzioni.

Città come New York, Washington, Montreal e Parigi si tingono di verde, non sono antiamericane, sono anti Trump. E dunque, per tanti motivi personali parteciperò con il cuore o personalmente, ove possibile, a tutte le manifestazioni contro questa sua vergognosa decisione. Non contro l’America, ma sicuramente contro Trump.

 

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D’Angelo: fotografo la vita, da Sebrenica ad Aleppo quante ingiustizie contro l’umanità

"Ogni luogo può avere il suo fascino, anche i luoghi considerati brutti possono avere una dimensione estetica, la differenza non è dove ti trovi, ma chi hai davanti, le persone, i loro volti, le loro storie, le loro voci e i silenzi  danno luce e speranza alla vita e al pianeta che abitiamo". Luciano D'Angelo, fotografo tra i più rappresentativi in Italia, un lunga carriera di reportage per il Turing club, Airone, per l'editore Conde Nast, collaboratore di National Geographic, ha lavorato per Einaudi, per Eni, Quantas, e numerose compagnie di Stato. Nel suo ruolo di fotografo si è spinto in territori di frontiera sulle orme dei Berberi, e poi in Turchia, Siria, Marocco, Etiopia, Algeria, Libia, Kudistan. "Ci sono posti dove le persone le puoi capire con un solo sguardo, quando gli occhi si incrociano c'è tutta l'umanità, la storia, i desideri, le sconfitte, la saggezza del silenzio e la forza dell'anima".

Cosa colpisce un grande fotografo come lei?

"Il mistero dell'incontro umano. I luoghi emanano storia, cultura, bellezza o decadenza. L'uomo invece è incontro, e le mie foto gravitano in questa forza magnetica della esperienza umana. Cogliere la dignità, l'etica, l'eroismo nelle piccole cose che svelano grandi gesti"

Può farci qualche esempio?

"I bimbi e le donne della Etiopia che devono fare chilometri per rifornirsi di un poco di acqua. Lo sguardo di un uomo berbero che solo con l'intensità degli occhi, del loro linguaggio mi ha fatto cogliere la fierezza, la dignità e l'eroismo di essere liberi, di aver lottato per la libertà. Da questo incontro, ad esempio, è nata una mostra: "Amazigh" che in berbero significa uomo libero. Gli incontri se sono veri ti cambiano, ti arricchiscono profondamente, io ho avuto molto".

Quali posti ha sentito più intensi?

"Alcune zone della Turchia dove sono stato dieci volte, nel Kurdistan, in punti dove il Tigri e l'Eufrate si incontrano. Una visione indimenticabile. La città di Aleppo in Siria che ho visitato tante volte, stretto amicizia con persone straordinarie, molte delle quali hanno studiato in Italia. Aleppo era una città da sogno, e oggi mi addolora profondamente vederla rasa al suolo. E, ancora, Sebrenica, dove ho conosciuto le donne che subirono violenze indicibili, sono stato loro ospite. In ogni cosa c'è il mistero della vita, della sua fragilità, della lotta, dell'ignoto, della grandezza dell'uomo, della sua forza e del suo dolore. Come fotografo per me questo è il bello, saper cogliere questa luce umana che da calore, colore, significato all'esistenza".

Cos'è la fotografia per lei?

"La foto è un viaggio verso la vita, verso la compressione dell'altro. Spesso da noi ci lamentiamo delle banalità del quotidiano mentre non sappiamo nulla dell'eroismo silenzioso di tante persone. Noi apriamo il rubinetto ed esce acqua, milioni di persone invece devono lottare duramente per averne un po' per dissetarsi. La foto è testimonianza della sfida e dei sacrifici umani".

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Violenza alle donne. Il Centro Ananke: da noi tanti casi famigliari, ma in molte si ribellano

Violenza alle donne. Il Centro Ananke: da noi tanti casi famigliari, ma in molte si ribellano


Un fenomeno sommerso, violenze che durano anni, taciute e che spesso sfociano in drammi familiari. Doriana Gagliardone, del direttivo di Ananke il centro anti violenza donne, è una veterana nel difficile cammino di incontro, e "ricostruzione del sè" di quante hanno subito maltrattamenti e poi sono riuscite ad uscire dal tunnel e rifarsi una vita, senza mariti o partner violenti.

Come è nato il centro Ananke?

"Lo sportello anti violenza è stato aperto nel 2005, subito dopo siamo diventati centro anti violenza, ossia una struttura disponibile 24 ore su 24, con delle operatrici, con la capacità di seguire da vicino chi ne fa richiesta. Molte donne si avvicinano in modo riservato e noi garantiamo l'anonimato e riusciamo a dare un sostegno per anni. Ma la donna ha sempre una piena autonomia sulla scelta che intende fare".

Dove e come si attuano le violenze?

"È un fenomeno sommerso che nella maggior parte dei casi riguarda le relazioni intra famigliari e sono il 90% delle storie che arrivano al nostro centro. La violenza si consuma all'interno della casa, il violento e maltrattante aleggia trae mura domestiche, no si tratta della violenza dello straniero, ma quasi sempre è un maltrattamento che arriva dal marito, dal compagno da un ex partner".

Cosa proponete e fate verso chi si rivolge da voi?

"Il centro segue la donna in un percorso di uscita dalla violenza  che può durare anche anni, non è semplice. Le dinamiche sono complesse. Le figure all'interno di un centro anti violenza sono diverse, ma quella centrale è l'operatrice di accoglienza che segue la storia della donna e con lei progetta, fin dove è possibile, un nuovo percorso di vita, le scelte sono fatte insieme alla donna.  Si tratta sempre di questioni delicate e intime, ma poco a poco la donna si apre e ti racconta la sua storia. Il nostro impegno è rafforzare la sua autonomia, la ricostruzione del sé e il riconoscere di avere subito violenza. Poi subentrata la  capacità di uscire fuori da una vicenda sentimentale e famigliare senza di lui".  

Dove nasce la violenza?

"La violenza è spesso frutto della cultura e dei modelli e ruoli dominanti. Non parliamo di semplici conflitti che possiamo considerare normali all'interno di una vita di coppia, ma di violenza esercita con le umiliazioni verbali, psicologiche, e talvolta con la forza. Un tunnel sempre più inaccettabile per molte donne che riescono a ribellarsi".

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