L’Osservatorio

La ricchezza delle famiglie italiane è 9.743 miliardi di euro

A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 9.743 miliardi di euro, pari a 8,4 volte il reddito disponibile. Lo afferma un rapporto di Istat e Bankitalia. Le abitazioni hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, hanno rappresentato la metà della ricchezza lorda. Secondo i dati dell’Ocse, ricorda l'analisi, "questo rapporto è più alto di quello relativo alle famiglie francesi, inglesi e canadesi (intorno a 8), anche se nel periodo il divario si è notevolmente ridotto". Infatti, "negli ultimi anni l’indicatore è gradualmente sceso dal picco raggiunto nel 2013, con un andamento opposto a quello osservato per gli altri paesi" mentre "il livello elevato di quest’indicatore nel confronto internazionale è amplificato dal ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane". 

Il totale delle passività delle famiglie è stato pari a 926 miliardi di euro, un ammontare inferiore, in rapporto al reddito, rispetto agli altri paesi. Le attività finanziarie hanno raggiunto 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente, con la loro incidenza sulla ricchezza netta che è risultata tuttavia inferiore a quella registrata in altre economie.Tra fine 2016 e fine 2017 la ricchezza netta valutata ai valori correnti è aumentata di 98 miliardi di euro (+1%), dopo aver registrato riduzioni nel triennio precedente. L’incremento riflette l’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi di euro (+3,7%), che ha ampiamente compensato la riduzione di 45 miliardi di euro (-0,7%) delle attività reali, in diminuzione dal 2012, e l’aumento delle passività finanziarie di 13 miliardi di euro (+1,4%).La variazione delle attività finanziarie ha beneficiato prevalentemente dei guadagni in conto capitale, derivanti dalla dinamica positiva dei prezzi delle attività, specialmente degli strumenti azionari. Nel 2017 il contributo alla crescita delle attività finanziarie dei guadagni in conto capitale è stato pari al 2,6% mentre l’acquisizione di nuove attività finanziarie ha concorso per lo 1,1%. Negli ultimi anni la prevalenza dei guadagni in conto capitale rispetto ai flussi di risparmio finanziario si osserva anche in altri paesi avanzati. La diminuzione del valore dello stock di attività non finanziarie di proprietà del settore (-0,7%) va imputata essenzialmente al calo registrato alla fine dell’anno dal valore delle abitazioni (-0,6%) e degli immobili non residenziali (-1,9%), riconducibile alla discesa dei prezzi sul mercato immobiliare.Tra il 2005 e il 2011 il peso delle abitazioni sul totale delle attività è salito dal 47% al 54% per poi ridursi negli anni successivi sino al 49% nel 2017. La tendenza alla discesa dei prezzi sul mercato immobiliare residenziale, in atto dal 2012, ha determinato una riduzione del valore medio delle abitazioni e la conseguente contrazione del valore della ricchezza abitativa. 

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Volano consumi frutta e verdura, più di 1 miliardo di chili in 10 anni 

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell'ultimo decennio facendo registrare nel 2018 il record del periodo per un quantitativo complessivo nel carrello di 8,7 miliardi di chili. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione dell'inaugurazione del Macfrut il Fruit & Veg Professional show di Rimini con il presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, nell'ambito dell'incontro 'Ortofrutta: innovazione, politiche e consumi' alla sala Neri 2-Expo Center. "La spinta al consumo è avvenuta per effetto soprattutto delle preferenze alimentari dei giovani che - precisa la Coldiretti - fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie. Se le mele a livello nazionale sono state il frutto più consumato, al secondo posto ci sono le arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell'ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie". In crescita la spesa per gli ortaggi freschi pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma) che chiudono il 2018 con una crescita a valore del +5% rispetto all’anno precedente con quasi 20 milioni di famiglie acquirenti, secondo Ismea. Tra le tendenze si registra il forte aumento degli acquisti diretti dal produttore dove nel corso del 2018 hanno fatto la spesa 6 italiani su dieci almeno una volta al mese, secondo l'indagine Coldiretti/Ixe.

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Volano i consumi di frutta e verdura

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell'ultimo decennio facendo registrare nel 2018 il record del periodo per un quantitativo complessivo nel carrello di 8,7 miliardi di chili. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione dell'inaugurazione del Macfrut il Fruit & Veg Professional show di Rimini con il presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, nell'ambito dell'incontro 'Ortofrutta: innovazione, politiche e consumi' alla sala Neri 2-Expo Center. "La spinta al consumo è avvenuta per effetto soprattutto delle preferenze alimentari dei giovani che - precisa la Coldiretti - fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie. Se le mele a livello nazionale sono state il frutto più consumato, al secondo posto ci sono le arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell'ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie". In crescita la spesa per gli ortaggi freschi pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma) che chiudono il 2018 con una crescita a valore del +5% rispetto all’anno precedente con quasi 20 milioni di famiglie acquirenti, secondo Ismea. Tra le tendenze si registra il forte aumento degli acquisti diretti dal produttore dove nel corso del 2018 hanno fatto la spesa 6 italiani su dieci almeno una volta al mese, secondo l'indagine Coldiretti/Ixe

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Istat, fiducia delle imprese di nuovo in calo ad aprile

 L'indice di fiducia delle imprese "continua fornire segnali altalenanti: ad aprile si e' nuovamente ridotto dopo l'aumento di marzo". Lo scrive l'Istat nella Nota mensile sull'andamento dell'economia, spiegando che la "flessione dell'indice composito del clima di fiducia delle imprese e' risultata diffusa tra i settori economici con un miglioramento solo per le imprese delle costruzioni" e che nel settore manifatturiero "per il quale l'indice ha segnato il calo piu' lieve, sono peggiorati i giudizi sul livello degli ordini e sulle attese sulla produzione, con una diminuzione del saldo relativo alle scorte di magazzino".

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L’agroalimentare ‘made in Italy’ nel mondo vale 41 miliardi

L'agroalimentare "made in Italy" nel mondo vale 41 miliardi di euro all'anno e cresce del +1,4%. Ma per sapere dove va e da dove parte l'export, quali sono i maggiori mercati di sbocco e i prodotti piu' apprezzati arriva la mappa: "L'agroalimentare italiano nel mondo", realizzata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Coldiretti Lombardia, con Promos Italia sui settori dell'agricoltura, della pesca, dell'allevamento, dell'industria alimentare e delle bevande, esclusi silvicoltura e tabacco. La mappa, disponibile in italiano e inglese, e' scaricabile in internet. Una mappa che arriva nei giorni di "Milano Food City", la settimana dedicata al cibo e alla cultura della sana alimentazione, dal 3 al 9 maggio. Agroalimentare italiano nel mondo: Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito i maggiori mercati per l'export. Prima la Germania (+1,6%) seguita da Francia (+4,3%), Stati Uniti (+4%) e Regno Unito (+1,6%). Tra le prime 20 in crescita anche Polonia (+6,3%), Svezia e Australia (+3,8%). Aumenti piu' contenuti per Giappone e Russia, rallenta la Cina. E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini (+4%), acque minerali (+7,4%) e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine (+36,4%) e la Grecia (+7,1%) per alimenti per animali, il Regno Unito per animali vivi e loro prodotti (+33,1%). Il Regno Unito al secondo posto per frutta e ortaggi lavorati e conservati e per gelati, l'Austria al terzo per cereali e riso. In forte crescita per vini la Polonia (+23,3%) e l'Australia (+18,5%) ma anche la Francia (+10,1%), l'Indonesia per alimenti per animali (+100,7%), la Cina per cioccolato, caffe' e spezie (+21,7%), il Canada per formaggi (+27,2%), la Russia per la pasta (+43,5%), la Spagna per frutta (+22,5%) e granaglie (+13,6%), la Croazia per oli (+35,2%), la Slovenia e il Vietnam per carni (+17% circa), l'Ungheria per pesci lavorati e conservati (+44,1%) e il Portogallo per i prodotti di acquacultura (+209%). Emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi insieme a Coldiretti Lombardia e Promos Italia su dati Istat, anni 2018 e 2017.

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Bonificate sette discariche abusive

Sono state bonificate altre sette discariche abusive; in questo modo l'Italia risparmiera' tre milioni all'anno di sanzioni Ue, e per le discariche in questione uscira' dal contenzioso con l'Europa. Lo comunica la direzione generale Ambiente della commissione Europea - spiega una nota del ministero dell'Ambiente - facendo presente che il nostro Paese ha messo a punto "la regolarizzazione di altri 7 siti di discarica abusivi e quindi la conseguente fuoriuscita dal contenzioso". Le discariche sono in Campania, Abruzzo, Lazio e Calabria

"In tre anni e mezzo, dal 2 dicembre 2014, data di inizio della penalita' comminata dalla Corte di Giustizia Ue - osserva il ministero - l'Italia ha bonificato 156 siti, dei 200 iniziali con la conseguente riduzione della sanzione semestrale da 42.800.000 euro agli attuali 10.200.000, rimanendo da regolarizzare 44 discariche abusive". In tutto i siti che rientrano nel dossier inviato all'Europa sono 8 (ma su uno c'e' bisogno di "ulteriori approfondimenti"): in Campania 'Loc. Lame' a Pescosannita (Bn), 'Loc. Marruccaro' a Puglianello (Bn) da revisionare; in Abruzzo 'Loc.Ricoppo' a Balsorano (Aq), 'Loc. Colle freddo' a Penne (Pe), 'Loc. Caprareccia' a Pizzoli (Aq), 'Loc. Il Fossato' a San Valentino in Abruzzo Citeriore (Pe); nel Lazio 'Loc. San Baccano' a Oriolo Romano (Rm); in Calabria 'Loc.Vasi' a Davoli (Cz). "Dopo 4 semestri dalla nomina del commissario (marzo 2017 per 80 siti affidati) - rileva il ministero - il lavoro finora svolto ha portato alla fuoriuscita dalla procedura di 36 siti di discariche abusive posti a norma". Questo ha prodotto "un risparmio sulla penalita' inflitta all'Italia", per semestre, pari a: 400.000 euro (200.000 ogni semestre) per una discarica bonificata nella quarta semestralita'; a 2,4 milioni (1,2 ogni semestre) per 6 discariche nella quinta semestralita'; a 3,6 milioni (1,8 ogni semestre) per 9 discariche nella sesta semestralita'; a 4,8 milioni (2,4 ogni semestre) per 13 discariche nella settima semestralita'; a 2,4 milioni (1,2 ogni semestre) per 7 discariche nell'ottava semestralita'. La sanzione europea "quindi, per gli 80 siti affidati al commissario straordinario per il periodo sta operando, e' stata ricalcolata dai 32.800.000 euro annui ai 19.200.000 con un risparmio annuale a giugno 2019 di 13.600.000 euro". 

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Istat: prezzi in lieve risalita ad aprile, all’1,1%

Secondo le stime preliminari dell'Istat, nel mese di aprile 2019 l'indice nazionale dei prezzi al consumo ha segnato un aumento dello 0,2% su base mensile e dell'1,1% su base annua (era +1% del mese precedente). La lieve accelerazione è principalmente dovuta alla dinamica dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +0,5% di marzo a +2,8%) e, in misura minore, dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +0,9% a +1,4%) e dei Beni energetici non regolamentati (da +3,3% a +3,7%). Effetti di contenimento dell'inflazione sono invece determinati dai rallentamenti dei prezzi dei Beni alimentari in entrambe le componenti (Beni alimentari non lavorati da +1,9% a +1,0%, Beni alimentari lavorati da +0,7% a una variazione nulla). L'"inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera lievemente da +0,4% a +0,6%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +0,6%. L'aumento congiunturale dell'indice generale è dovuto per lo più alla crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,5%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,5%) e dei Beni energetici non regolamentati (+1,4%), solo in parte bilanciata dal calo dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (-5,9%), dei Beni alimentari non lavorati (-0,9%) e dei Servizi relativi alle comunicazioni (-2,2%). L'inflazione decelera per i beni (da +1,3% a +1,1%), mentre accelera per i servizi (da +0,7% a +1,2%); pertanto rispetto al mese di marzo il differenziale inflazionistico diventa positivo e pari a +0,1 punti percentuali, da -0,6 del mese precedente. L'inflazione acquisita per il 2019 è +0,6% per l'indice generale e +0,4% per la componente di fondo. "A spiegare la lieve accelerazione dell'inflazione ad aprile sono stati soprattutto fattori stagionali e di calendario. La prossimità nel 2019 della Pasqua con la festa della Liberazione ha infatti favorito - è il commento dell'Istat - una crescita congiunturale molto più marcata di quella registrata nello stesso mese dello scorso anno (quando la Pasqua era caduta il primo aprile) dei prezzi sia dei servizi di trasporto sia di quelli legati alla filiera turistica (sostenuti anche da eventi come il salone del mobile di Milano), determinandone così l'accelerazione tendenziale. Agli aumenti dovuti a tali fattori si sono poi sommati quelli, seppur contenuti, da una parte dei prezzi dei carburanti, e in particolare della benzina, e dall'altra dei prezzi dell'energia elettrica sul mercato libero"

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Istat: Prezzi alla produzione fermi a marzo

A marzo l'indice dei prezzi alla produzione delle costruzioni per gli edifici residenziali decresce dello 0,7% su febbraio e dell’1% su base annua. Lo rileva l'Istat, precisando che nella media del primo trimestre 2019, l’indice dei prezzi diminuisce dello 0,9% sul trimestre precedente e rimane invariato in termini annuo. Nel primo trimestre del 2019 si stima una flessione congiunturale dei prezzi alla produzione dell’industria (-0,7%) mentre, su base annua, si rileva una crescita del 3,1%. La dinamica annua dei prezzi è più sostenuta sul mercato interno (+4,0%) rispetto a quello estero (+0,8%).Il settore manifatturiero che si caratterizza per il più ampio aumento annuo è la fabbricazione di prodotti petroliferi raffinati (+5,4% sul mercato interno, +15,5% in area euro, +7,4% in area non euro). In lieve diminuzione, sul mercato interno, solo il settore delle industrie alimentari (-0,6%); sul mercato estero area euro, il settore dei mezzi di trasporto mostra la flessione più marcata (-1,8%) mentre, in area non euro, la diminuzione maggiore si registra nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (-0,8%).

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Inail, infortuni sul lavoro in aumento dell’1,9 per cento

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all'Inail entro lo scorso mese di marzo sono state 157.715, in aumento di circa 2.900 casi (+1,9%) rispetto alle 154.820 del primo trimestre del 2018. I dati rilevati al 31 marzo di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un incremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 133.594 a 134.927 (+1,0%), sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l'abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un incremento pari al 7,4%, da 21.226 a 22.788. A marzo 2019 il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato dello 0,1% nella gestione Industria e servizi (dai 115.771 casi del 2018 ai 115.870 del 2019), del 9,3% in agricoltura (da 6.918 a 7.558) e del 6,7% nel conto Stato (da 32.131 a 34.287). L'analisi a livello territoriale evidenzia un aumento delle denunce di infortunio in tutte le ripartizioni geografiche: Nord-Ovest (+1,5%), Nord-Est (+2,1%), Centro (+2,8%), Sud (+0,2%) e Isole (+3,1%). Tra le regioni con gli incrementi percentuali maggiori spiccano, in particolare, l'Umbria (+9,8%), la Sardegna e la provincia autonoma di Bolzano (+5,0%) e le Marche (+4,9%), mentre i decrementi sono riferiti alla Valle d'Aosta (-6,6%) e, con cali inferiori, a Molise, Abruzzo, provincia autonoma di Trento, Lazio e Puglia. L'aumento che emerge dal confronto dei primi trimestri del 2018 e del 2019 è legato sia alla componente maschile, che registra un +1,6% (da 97.395 a 98.997 denunce), sia a quella femminile, con un +2,3% (da 57.425 a 58.718). L'incremento ha interessato i lavoratori extracomunitari (+4,9%, da 17.647 a 18.518 denunce) e quelli italiani (+1,5%, da 131.409 a 133.441), mentre tra i comunitari il calo è stato pari allo 0,2%, da 5.764 a 5.755. Dall'analisi per classi di età emergono aumenti generalizzati in tutte le fasce, con l'unica eccezione di quella centrale, compresa tra i 30 e i 49 anni, che registra una flessione del 2,5%. 

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Cgia, con piu’ Iva c’è il rischio di forte aumento dell’evasione

Se l'incremento delle aliquote Iva non verra' disinnescato, oltre ai pesanti effetti recessivi sull'economia, l'Italia rischia anche un forte aumento dell'evasione. A lanciare l'allarme e' la Cgia, secondo cui il possibile aumento di 3 punti percentuali dell'aliquota ridotta e di 3,2 di quella ordinaria interesserebbe anche i servizi di manutenzione e di riparazione, gli onorari dei liberi professionisti e le ristrutturazioni edilizie. Con questo aumento d'imposta, di fatto, molti clienti finali sarebbero 'spinti' a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale. La Cgia, oltre a ricordare che l'infedelta' fiscale sottrae alle casse dello Stato 113 miliardi di euro all'anno, lancia un appello anche ai due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio: "Proprio perche' siamo in piena campagna elettorale - afferma il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - Di Maio e Salvini non possono limitarsi ad affermare che l'Iva non aumentera'. Devono dirci anche dove troveranno le risorse per evitare l'incremento d'imposta. Diversamente, i loro impegni non appaiono credibili, avvalorando cosi' la tesi di coloro che prevedono una stangata fiscale a partire dall'inizio del 2020".

Dalla Cgia segnalano che "un aumento di un punto dell'aliquota ridotta (attualmente al 10 per cento) costerebbe agli italiani quasi 3 miliardi (2,896 miliardi) e quella ordinaria circa 4,3 (4,370). Pertanto, non e' da escludere che dei 23,1 miliardi di potenziale aumento (di cui 22,672 miliardi di Iva ai quali si aggiungerebbero ulteriori 400 milioni di incremento delle accise sui carburanti), l'esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte". Un'ipotesi, quest'ultima, ugualmente non gradita agli artigiani mestrini. Afferma il segretario Renato Mason: "Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l'eventuale incremento dell'Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e, conseguentemente, tutta l'economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti. Gia' oggi siamo tra i principali Paesi dell'Area euro ad avere l'aliquota ordinaria Iva piu' elevata. Se da noi e' al 22 per cento, in Spagna e' al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19. Con un ritocco all'insu' di 3,2 punti, saliremmo a 25,2. Nell'Eurozona nessuno potrebbe contare su un'aliquota cosi' elevata". Chi verrebbe penalizzato maggiormente da un eventuale aumento dell'Iva ? "In termini assoluti - prosegue Zabeo - sarebbero i percettori di redditi piu' elevati, visto che a una maggiore disponibilita' economica si accompagna una piu' elevata capacita' di spesa. La misurazione piu' corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l'incidenza percentuale dell'aumento dell'Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l'aggravio piu' pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parita' di reddito, le famiglie piu' numerose"

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