L’Osservatorio

Boom delle addizionali Irpef

Un boom delle addizionali Irpef registrato con un confronto tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle del 2018. L'addizionale regionale risulta lievitata di 140 euro, mentre l'addizionale comunale di 70 euro, per un totale di 210 euro medi a testa annui. L'imposta versata alle regioni nel 2009 ammontava a 270 euro, più altri 120 euro andavano ai comuni, per un totale di 390 euro. Meno di 10 anni dopo le regioni incassano 410 euro mentre i comuni ne ricevono altri 190 euro, per un totale di 600 euro procapite l'anno; l'incremento in termini percentuali è del 53,8%. I dati sono contenuti nelle tabelle del ministero dell'Economia (dichiarazioni 2018 e 2009 su anni d'imposta 2017 e 2008). A crescere di più in termini percentuali sono le entrate degli enti locali, che registrano un incremento del 60,9% per effetto di un prelievo che è passato da 3 miliardi a 4,8 miliardi (+1,8 miliardi). Mentre osservando i dati sul versante del gettito sono le regioni che hanno aumentato di più le entrate, che sono cresciute di 3,6 miliardi, passando da 8,3 miliardi a 11,9 miliardi (+43,7%). Mettendo insieme le due gabelle risulta che le addizionali sono passate da 11,3 miliardi a 16,7 miliardi, con un incremento di 5,4 miliardi (+47,8%).

Gli abitanti del Lazio gli ultimi anni sono stati i più penalizzati dall'aumento dei tributi locali, con le imposte regionali che sono aumentate di 250 euro e quelle comunali di altri 110 euro, per un totale di 360 euro (+72%), che portano le spese annuali a 860 euro. Segue a distanza il Piemonte, con una crescita dei tributi di 300 euro (+230 euro alle regioni e +70 euro ai comuni); dalle ultime dichiarazioni dei redditi risulta che sono stati versati in media 700 euro, con un incremento del 75% rispetto alle dichiarazioni del 2009. In termini percentuali, invece, sono gli abitanti di Trento che hanno dovuto fare i conti con gli incrementi più elevati: i tributi sono raddoppiati arrivando a 540 euro (+100%). La regione che in questi anni ha aumentato di meno i tributi degli enti locali e territoriali, sia in termini percentuali che assoluti, è la Valle d'Aosta: dal 2009 al 2018 ha registrato un incremento di 110 euro, arrivando a un totale di 400 euro (+34,5%).

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Pressione fiscale in salita, nel 2019 rischia di sfiorare il 43 per cento

La revisione al ribasso della crescita ha messo drammaticamente in luce non solo il rallentamento in atto della nostra economia e la difficolta' di mantenere in ordine i nostri conti pubblici, ma anche un probabilissimo aumento della pressione fiscale che, secondo l'Ufficio studi della Cgia, nel 2019 rischia di sfiorare il 43 per cento

"Nel dicembre scorso - spiega Paolo Zabeo, coordinatore del centro studi Cgia - il Ministero dell'Economia aveva previsto una crescita dell'1 per cento del Pil che avrebbe contribuito a far salire di poco la pressione fiscale del 2019, esattamente al 42,3 per cento. Ora, con un Pil che quasi sicuramente superera' di poco lo zero, il peso fiscale e' destinato ad aumentare in misura piu' consistente rispetto alle previsioni. In questo momento, tuttavia, e' ancora prematuro stabilirne la portata: per avere maggiore contezza dovremo aspettare i dati della trimestrale di cassa. L'asticella, comunque, e' destinata a salire ed e' molto probabile che si attestera' appena sotto la soglia del 43 per cento". - Nessuna nuova tassa Sia chiaro: cio' non vuol dire che le famiglie e le imprese pagheranno piu' tasse. La pressione fiscale, infatti, e' data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil. Se si abbassa sensibilmente il denominatore e' quasi certo che il risultato del rapporto e' destinato ad aumentare in maniera significativa. "Con una pressione fiscale che negli ultimi decenni e' salita costantemente senza che cio' abbia comportato un incremento dei servizi offerti a famiglie e aziende - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - si sono sacrificati i consumi e gli investimenti. Inoltre, e' diventato sempre piu' difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, in particolar modo, il calo dei consumi delle famiglie ha creato non pochi problemi finanziari, costringendo molte partite Iva a chiudere definitivamente l'attivita'". - Attenzione al possibile rincaro commissioni bancarie Gli unici soggetti economici che subiranno un deciso aumento del carico fiscale saranno le banche, le assicurazioni e le grandi imprese. Se per i primi due soggetti l'aggravio di imposta nel 2019 sara' pari a 1,8 miliardi di euro, per i secondi il maggior gettito pesera' per 2,5 miliardi di euro. "Non e' da escludere - conclude Zabeo - che gli istituti di credito riversino sulla clientela i maggiori costi causati dall'inasprimento fiscale. Come ? Ritoccando all'insu' le commissioni bancarie che, ricordo, incidono ormai per il 40 per cento circa dei ricavi netti delle banche. In buona sostanza, bisognera' fare molta attenzione affinche' i costi dei conti correnti, i servizi bancomat/carte di credito, le operazioni di incasso/pagamento, la collocazione dei titoli e le gestioni patrimoniali non subiscano aumenti ingiustificati". - Con meno gettito rischiamo una manovra correttiva Ad aggravare la situazione va segnalato anche il probabile mancato gettito di alcune voci introdotte nell'ultima legge di Bilancio che ci allontanerebbe dagli obbiettivi di deficit e del debito presi con Bruxelles. Uno scostamento che potrebbe indurre l'Unione europea a imporci una manovra correttiva entro la fine dell'estate. Ricordiamo, infatti, che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, rischiano di mancare all'appello 4 miliardi di gettito dalla rottamazione delle cartelle esattoriali. Dalla privatizzazione di beni dello Stato le casse pubbliche dovrebbero incassare 18 miliardi di euro. Un obbiettivo che a oggi sembra sovrastimato. Senza contare che con l'introduzione della fatturazione elettronica il fisco punta a incassare un gettito aggiuntivo di 2 miliardi. Un importo che ai piu' sembra difficilmente raggiungibile - Negli ultimi 40 anni pressione fiscale e' aumentata di 11 punti.

L'Ufficio studi della Cgia ha ricostruito la serie storica della pressione fiscale in Italia. Negli ultimi 40 anni la pressione fiscale in Italia e' salita di quasi 11 punti percentuali. Se nel 1980 era al 31,4 per cento, quest'anno dovrebbe attestarsi almeno al 42,3 per cento. In questo arco temporale, la punta massima e' stata raggiunta nel 2012-2013, quando in entrambi gli anni il prelievo ha raggiunto la soglia del 43,6 per cento. Livello raggiunto a seguito dell'inasprimento della tassazione imposto dal governo Monti che ha reintrodotto la tassa sulla prima casa, ha aumentato i contributi Inps sui lavoratori autonomi, ha inasprito il prelievo fiscale sugli immobili strumentali, ha ritoccato all'insu' il bollo auto, etc.

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Istat: a marzo 2019 +0,3% i prezzi al consumo

 Secondo le stime preliminari diffuse nell'ultimo rapporto Istat, nel mese di marzo 2019 l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettivita', Nic, al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,3% su base mensile e dell'1,0% su base annua, con lo stesso tasso tendenziale del mese precedente. Dopo aver registrato una flessione tendenziale di oltre quattro punti percentuali a dicembre 2018 ed essere tornati a crescere nel mese di febbraio, i prezzi dei beni energetici non regolamentati, secondo quanto rilevato dall'istituto di statistica, hanno accelerato, compensando il rallentamento di quelli dei beni alimentari non lavorati e determinando la stabilita' dell'inflazione a marzo. Le componenti volatili hanno continuato a essere all'origine delle oscillazioni dell'inflazione, che ha visto i prezzi dei prodotti di largo consumo registrare una crescita piu' sostenuta rispetto a quella del paniere nel suo complesso. La stabilita' dell'inflazione e' da ricercare, secondo il report, nella sintesi di dinamiche contrapposte: da una parte l'accelerazione dei Beni energetici non regolamentati, da +0,8% a +3,3%, dall'altra il rallentamento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati, da +3,7% a +2,0%, dei Servizi relativi ai trasporti, da +0,9% a +0,4%, e dei Tabacchi, da +4,5% a +4,0%. L'inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, ha accelerato lievemente da +0,4% a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +0,7%

L'aumento congiunturale dell'indice generale e' dovuto principalmente alla crescita dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati, +1,6%, dei Tabacchi, +1,3%, e dei Servizi relativi ai trasporti, +1,2%, solo in parte bilanciata dal calo dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati, -1,5%. L'inflazione ha accelerato per i beni, da +1,3% a +1,5%, mentre per i servizi e' rimasta stabile a +0,7%; pertanto rispetto al mese di febbraio il differenziale inflazionistico negativo tra servizi e beni si e' ampliato passando da -0,6 nel mese precedente a -0,8 punti percentuali. L'inflazione acquisita per il 2019 e' +0,4% per l'indice generale e pari a zero per la componente di fondo. Dinamiche divergenti si registrano per i prezzi dei prodotti di largo consumo: quelli dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona decelerano da +1,6% a +1,3%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto accelerano da +1,5% a +1,6%, registrando in entrambi i casi un'inflazione piu' alta di quella complessiva. Il marcato rialzo congiunturale e', secondo l'Istat, dovuto in larga parte alla fine dei saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui il Nic non tiene conto. 

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Fisco, Fisco: da addizionali regionali e comunali gettito per 15,7 miliardi

L'addizionale regionale Irpef ammonta nel 2017 a circa 11,9 miliardi di euro (invariata rispetto al 2016). L'addizionaleregionale media e' pari a 410 euro: il valore piu' alto si registra nel Lazio (610 euro), il valore piu' basso si rileva in Basilicata (270 euro). E' quanto si evince dai dati sulle dichiarazioni dei redditi 2018 resi noti dal Mef. L'addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 4,8 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto al 2016, con un importo medio pari a 190 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio, al valore minimo di 60 euro nella Provincia autonoma di Bolzano.

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Sanità, Rapporto Sdo evidenzia 171 mila ricoveri in meno

"Nel quadro di un trend di discesa dei ricoveri ospedalieri, che nel 2017 rispetto al 2016 risultano essere stati oltre 171 mila in meno, gioca evidentemente un ruolo chiave il grandissimo sforzo prodotto dalla Medicina di Famiglia. Alle carenze di risorse e ad un quadro normativo obsoleto fa evidentemente da contraltare un enorme patrimonio di professionalita' e lavoro". Silvestro Scotti, Segretario Generale FIMMG, commenta i dati relativi al nuovo rapporto sulle Schede di dimissioni ospedaliere, che vede ancora una volta un calo dei ricoveri di acuti, riabilitazione e lungodegenza. E soprattutto anche un calo del tasso di ospedalizzazione e ricoveri inappropriati. Se il rapporto sulle Sdo mette in luce un aspetto virtuoso del sistema, ancor piu' importante e' chiedersi chi abbia sostenuto questi risultati sul territorio. L'invito a questa riflessone arriva ancora una volta da Scotti: "Questi pazienti- fa notare- non sono scomparsi, sono quelli presi in carico prima e dopo i ricoveri dalla Medicina territoriale, Medicina di Famiglia in testa, che agisce con un'appropriatezza sempre maggiore. È facile puntare il dito contro i Medici di Medicina Generale quando si parla di troppi accessi in pronto soccorso, ma evidentemente i dati non mentono e forse qualcuno dovrebbe interrogarsi piuttosto su quanto questi dati siano la conseguenza dell'andamento demografico della popolazione che richiede un nuovo Medico di Medicina Generale. Nei limiti della condizione attuale della Medicina di Famiglia, il rapporto dimostra che c'e' una presa in carico territoriale che e' sempre piu' efficace. Tutto questo nonostante i Medici della Medicina di Famiglia siano chiamati a combattere con armi spuntate". "Il primo, e piu' attuale, problema sollevato dal Segretario Generale Fimmg, e' la mancanza di un respiro europeo della Medicina Generale e a questo proposito la Fimmg lancera' in questo periodo l'hashtag #nonsonounmedicoeuropeo. Per Scotti «se l'Italia seguisse l'esempio che arriva dall'Europa allora punterebbe senza indugio ad una Medicina Generale che ha accesso alla prescrizione di farmaci innovativi come i Nao e quelli per il diabete e la BPCO. Proprio per i pazienti cronici, avremmo gli strumenti per curarli meglio a domicilio che e' la vera richiesta che arriva dai nostri assistiti". Ma allo stato, nonostante una Medicina di Famiglia molto attiva e presente, per il segretario generale Fimmg, e' la politica a non rispondere prontamente

"Seguire un modello europeo- aggiunge- significa anche realizzare mezzi di decontribuzione per le assunzioni di soggetti (personale di studio) che vengono impiegati nel perseguimento di un interesse socio sanitario, qual e' l'azione di Medico di Famiglia sul territorio". Scotti fa anche notare come in Italia manchi la possibilita' per i Medici di Famiglia di acquistare strumentazione diagnostica con agevolazioni sull'Iva, che per questi ambiti dovrebbe seguire (come avviene normalmente per l'acquisto di ausili per i soggetti portatori di handicap) un regime al 4% e non al 22%. Anche in considerazione che i medici non sono soggetti Iva e dunque non possono scaricarla. "Con poche ma mirate misure di 'europeizzazione' della Medicina di Famiglia riusciremmo ad avere risultati ancora maggiori di quelli che abbiamo. Ecco perche' dico che la Medicina Generale c'e', ma chi governa non se ne accorge". Intanto, giovedi' 28, Fimmg terra' l'incontro con il presidente del Comitato di Settore Sergio Venturi "al quale- conclude Scotti- rappresenteremo l'esigenza di creare in ACN ma anche nel Patto per la salute e nella Legge di bilancio i presupposti per una Medicina Generale maggiormente al passo con l'Europa, a meno che qualcuno non voglia mantenerci in un sistema di cure primarie non piu' al passo con i tempi e in quel caso lo denunceremmo con forza ai cittadini"

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Bandiera Verde, 10 riconoscimenti per l’Abruzzo

 Sono 142 i comuni italiani e spagnoli insigniti della 'Bandiera verde' dei pediatri 2019. A ottenere per la prima volta il riconoscimento - che indica una località marina con caratteristiche adatte ai bambini, selezionata attraverso un'indagine condotta fra un campione di pediatri - Alba Adriatica (Teramo), Margherita di Savoia (Barletta-Andria-Trani), Lido dei Saraceni a Ortona (Chieti), Terracina (Latina) e la spagnola Marbella.

Il 28 giugno, a Praia a Mare (Cs), si terrà la cerimonia di consegna ai sindaci dei 142 Comuni della 'Bandiera verde' 2019. Il riconoscimento viene assegnato dal 2008: in dodici anni, con il contributo di 2.550 pediatri italiani ed europei, sono state selezionate le 142 spiagge in Italia e in Spagna più adatte ai bambini. "Se la Calabria con 18 bandiere resta prima, quest'anno è seguita da Sicilia e Sardegna con 16. La Puglia consolida il piazzamento al terzo posto con una località in più (Margherita di Savoia) e arrivando a quota 13 - sintetizza Farnetani - Nessun cambiamento per il quarto posto occupato da Marche e Toscana, entrambe con 11 bandiere". 

Qualche sorpresa al quinto posto, le regioni con 10 bandiere sono "Abruzzo, Campania, Emilia Romagna e Lazio: l'ingresso delle abruzzesi Alba Adriatica e Ortona e della laziale Terracina hanno fatto fare un salto in avanti alle rispettive regioni, che raggiungono Campania ed Emilia Romagna". Ormai gli 'under 18' vanno al mare non per curarsi, come si faceva nell'Ottocento, ma per stare all'aria aperta e giocare, insieme ai genitori: insomma, soprattutto "per divertirsi", dice Farnetani. Il mare offre una possibilità ai bambini di muoversi, fare attività fisica, stare all'aperto e passare del tempo con i genitori. Ecco dunque l'elenco delle Bandiere verdi 2019. In Abruzzo: Alba Adriatica (Teramo), Giulianova (Teramo), Montesilvano (Pescara), Spiaggia dei Saraceni-Ortona (Chieti), Pescara, Pineto-Torre Cerrano (Teramo), Roseto degli Abruzzi (Teramo), Silvi Marina (Teramo), Tortoreto (Teramo), Vasto Marina (Chieti); Basilicata: Maratea (Potenza) e Marina di Pisticci (Matera); Calabria: Bianco (RC), Bova Marina (Reggio Calabria), Bovalino (Reggio Calabria), Capo Vaticano (Vibo Valentia), Cariati (Cosenza), Cirò Marina-Punta Alice (Crotone), Isola di Capo Rizzuto (Crotone), Locri (Reggio Calabria), Melissa-Torre Melissa (Crotone), Mirto Crosia-Pietrapaola (Cosenza), Nicotera (Vibo), Palmi (Reggio Calabria), Praia a Mare (Cosenza), Roccella Jonica (Reggio), Santa Caterina dello Jonio Marina (Catanzaro), Siderno (Reggio Calabria), Soverato (Catanzaro), Squillace (Catanzaro). Campania: Agropoli-Lungomare San Marco, Trentova (Salerno), Ascea (Salerno), Centola-Palinuro (Salerno), Ischia: Cartaroma Lido San Pietro (Napoli), Marina di Camerota (Salerno), Pisciotta (Salerno), Pollica-Acciaroli, Pioppi (Salerno), Positano-Spiagge: Arienzo, Fornillo, Spiaggia Grande (Salerno), Santa Maria di Castellabate (Salerno), Sapri (Salerno); Emilia Romagna: Bellaria-Igea Marina (Rimini), Cattolica (Rimini), Cervia-Milano Marittima-Pinarella (Ravenna), Cesenatico (Forlì Cesena), Gatteo-Gatteo Mare (Forlì-Cesena), Misano Adriatico (Rimini), Rimini, Riccione (Rimini), Ravenna-Lidi Ravennati (Ravenna), San Mauro Pascoli-San Mauro Mare (Forlì-Cesena); Friuli Venezia Giulia: Grado (Gorizia), Lignano Sabbiadoro (Udine). 

Lazio: Anzio (Roma), Formia (Latina), Gaeta (Latina), Lido di Latina (Latina), Montalto di Castro (Viterbo), Sabaudia (Latina), San Felice Circeo (Latina), Sperlonga (Latina), Terracina (Latina), Ventotene-Cala Nave (Latina); Liguria: Finale Ligure (Savona), Lavagna (Genova), Lerici (La Spezia), Noli (Savona). E ancora, Marche: Civitanova Marche (Macerata), Fano-Nord-Sassonia-Torrette/Marotta (Pesaro-Urbino), Gabicce Mare (Pesaro-Urbino), Grottammare (Ascoli Piceno), Pesaro (Pesaro-Urbino), Porto Recanati (Macerata), Porto San Giorgio (Fermo), Numana Alta-Bassa Marcelli Nord (Ancona), San Benedetto del Tronto (Ascoli), Senigallia (Ancona) Sirolo (Ancona). Molise: Termoli (Campobasso); Puglia: Fasano (Brindisi), Gallipoli (Lecce), Ginosa-Marina di Ginosa (Taranto), Margherita di Savoia (Barletta-Andria-Trabi), Marina di Pescoluse (Lecce), Marina di Lizzano (Taranto), Melendugno (Lecce), Ostuni (Brindisi), Otranto (Lecce), Polignano a Mare - Cala Fetente - Cala Ripagnola - Cala San Giovanni (Bari), Porto Cesareo (Lecce), Rodi Garganico (Foggia), Vieste (Foggia). Sardegna: Alghero (Sassari), Bari Sardo (Ogliastra), Cala Domestica (Carbonia-Iglesias), Capo Coda Cavallo (Olbia), Carloforte-Isola di San Pietro: La Caletta - Punta Nera - Girin - Guidi (Carbonia-Iglesias), Castelsardo-Ampurias (Sassari), Is Aruttas-Mari Ermi (Oristano), La Maddalena-Punta Tegge-Spalmatore (Olbia Tempio), Marina di Orosei-Berchida-Bidderosa (Nuoro), Oristano - Torre Grande (Oristano), Poetto (Cagliari), Quartu Sant'Elena (Cagliari), San Teodoro (Nuoro), Santa Giusta (Oristano), Santa Teresa di Gallura (Olbia Tempio), Tortolì - Lido di Orrì, Lido di Cea (Ogliastra).

Sicilia: Balestrate (Palermo), Campobello di Mazara - Tre Fontane - Torretta Granitola (Trapani), Casuzze-Punta secca-Caucana (Ragusa), Cefalù (Palermo), Giardini Naxos (Messina), Ispica-Santa Maria del Focallo (Ragusa), Marina di Lipari-Acquacalda-Canneto (Messina), Marina di Ragusa, Marsala - Signorino (Trapani), Mondello (Palermo), Plaja (Catania), Porto Palo di Menfi (Agrigento), Pozzallo - Pietre Nere, Raganzino (Ragusa), San Vito Lo Capo (Trapani), Scoglitti (Ragusa), Vendicari (Siracusa). Toscana: Bibbona (Livorno), Camaiore - Lido Arlecchino - Matteotti (Lucca), Castiglione della Pescaia (Grosseto), Follonica (Grosseto), Forte dei Marmi (Lucca), Marina di Grosseto, Principina a mare (Grosseto), Pietrasanta - Tonfano, Foccette (Lucca), Monte Argentario - Cala Piccola - Porto Ercole (Le Viste), Porto Santo Stefano (Cantoniera - Moletto - Caletta) - Santa Liberata (Bagni Domiziano - Soda - Pozzarello) (Grosseto), San Vincenzo (Livorno), Viareggio (Lucca), Pisa - Marina di Pisa, Calambrone, Tirrenia (Pisa); Veneto: Caorle (Venezia), Lido di Venezia (Venezia), Cavallino Treporti (Venezia), Jesolo- Jesolo Pineta (Venezia), Chioggia-Sottomarina (Venezia), San Michele al Tagliamento-Bibbione (Venezia). Chiudono l'elenco le spagnole Malaga e Marbella (new entry 2019).

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Coldiretti, un incendio al giorno nel 2019 a causa della siccità

Per effetto del caldo e della siccita' quasi un incendio al giorno e' divampato in Italia dall'inizio nel 2019 in cui si contano ben 73 incendi dall'inizio dell'anno con 2343 ettari bruciati contro gli appena 4 roghi dello stesso periodo del 2018 e 26 ettari devastati. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Effis in riferimento alle fiamme che hanno colpito i boschi a Fucecchio in Toscana, nel pistoiese e in provincia di Pordenone. Gli incendi - sottolinea la Coldiretti - sono favoriti dal vento e dall'ambiente secco in un mese di marzo con temperature massime e minime che sono risultate di tre gradi superiori alla media nella prima decade secondo l'Ucea. Ma a pesare - precisa la Coldiretti - e' anche la mancanza di precipitazioni con la caduta al nord del 50% di pioggia in meno durante l'inverno. Per ricostituire i boschi andati in fiamme - precisa la Coldiretti - ci vorranno almeno 15 anni con danni all'ambiente, all'economia, al lavoro e al turismo. Nelle foreste andate a fuoco - conclude Coldiretti - saranno impedite anche tutte le attivita' umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati.

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Gli italiani preferiscono l’acqua minerale

Gli italiani non si fidano nel bere acqua di rubinetto e preferiscono spendere 12 euro al mese per la minerale. Secondo l'Istat, la percentuale delle famiglie che preferisce le bottiglie di acqua minerale (causando indirettamente maggiore inquinamento di plastica) e' si' diminuita passando dal 40,1% del 2002 al 29,0% del 2018, per un numero complessivo di famiglie pari a 7 milioni 500 mila, ma resta comunque elevata. E notevoli sono le differenze territoriali: si passa dal 17,8% del Nord-est al 52,0% delle Isole, con la percentuale piu' elevata in Sicilia (53,3%), seguita da Sardegna (48,5%) e Calabria (45,2%). E' l'Umbria in testa per il consumo di acqua minerale. Se, secondo l'Istat, sono il 63% le famiglie in cui almeno un componente beve quotidianamente oltre un litro di acqua minerale la percentuale piu' elevata si registra nelle Isole (69,0%), quella piu' bassa al Sud (55,8%). Tra le regioni e' l'Umbria a guidare la graduatoria (71,0%), per il Trentino-Alto Adige si registra il valore piu' basso (43,7%). Nel 2017, considerando tutte le famiglie italiane, la spesa media mensile calcolata per il consumo di acqua minerale e' pari a 11,94 euro, in aumento dell'11,1% rispetto al 2016.

Le famiglie che nel 2017 hanno dichiarato di acquistare acqua minerale nei 14 giorni di compilazione del Diario spese sono il 69,8% del complesso delle famiglie italiane, con una spesa pari a 7,88 euro. Frequenze di acquisto superiori alla media si riscontrano in alcune regioni del Mezzogiorno. La quota di famiglie che effettuano la spesa supera il 75% nelle regioni: Sicilia (78,8%), Campania (78,0%), Abruzzo (76,9%) e Sardegna (76,3%). I valori piu' bassi si riscontrano in Trentino-Alto Adige (35,5%) e in Valle d'Aosta (50,2%). Le famiglie che hanno dichiarato di effettuare questa spesa rappresentano il 78,3% del totale. In particolare, tali valori sono superiori al 90% in cinque regioni, localizzate nel Sud e nel Centro: Abruzzo (94,8%), Basilicata (94,1%), Puglia (91,3%), Molise (90,6%) e Umbria (90,1%). Le percentuali piu' basse si registrano nel Lazio (60,1%) e in Lombardia (62,0%). Rispetto al 2014, si osserva nel complesso una crescita delle spese familiari per acqua minerale (+20,6%) maggiore rispetto a quelle per la fornitura di acqua alle abitazioni (+11,8%).

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Bioeconomia, in Italia vale 330 miliardi di euro

"La bioeconomia in Italia nel 2017, secondo le nostre stime aggiornate, arriva a coprire circa 330 miliardi di euro di produzione. Piu' o meno il 10 per cento della produzione nazionale, per oltre due milioni di occupati. E' un dato interessante. Un sistema di settori che ha assunto nel tempo un ruolo crescente nell'economia italiana: nel 2008 questo insieme di settori pesava 8,8 per cento". Cosi', Stefania Trenti, della direzione Studi e ricerche intesa San Paolo descrive uno dei settori in crescita dell'economia italiana. E lo fa da Bari in occasione della presentazione del quinto rapporto intitolato 'La bioeconomia in Europa' realizzato dalla direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo. La bioeconomia e' "l'insieme delle attivita' umane che utilizzano materie prime naturali di origine biologica rinnovabile - spiega Trenti - partiamo dal mondo dell'agricoltura, della silvicultura, della pesca. E poi le risorse marine e a scendere la produzione del cibo, il mondo dell'alimentazione e tutta una serie di altri settori che utilizzano queste risorse"

Nella bioeconomia rientrano anche "il mondo del legno e della carta, a cui e' dedicato il focus di - abbiamo tutta la filiera del tessile - prosegue Trenti - l'abbigliamento, la concia, le calzature, abbiamo poi il mondo molto innovativo e interessante della biochimica e della bio farmaceutica". Dal report emerge che a livello europeo a farla da padrone e' la bioeconomia della Germania, seguita da Francia e Italia. "Una cosa originale della nostra definizione, ci discostiamo un po' dalla definizione standard del livello europeo perche' noi abbiamo incluso nella bioeconomia tutta la fase di raccolta e trattamento dei rifiuti a valle e il ciclo idrico perche' siamo convinti che senza queste componenti, nel nostro Paese oggettivamente sarebbe difficile sviluppare tutto il potenziale perche' stiamo parlando di sfruttare al meglio delle risorse di scarto e sovrapporre la produzione di bioplastiche, di bio componenti in biochimica a quella per l'alimentazione", evidenzia Trenti convinta che il "futuro bisogna crearlo, soprattutto nella biochimica: il futuro la chimica e' verde, ma bisogna creare le condizioni affinche' si sviluppi pienamente". "Uno dei settori che nell'ultimo decennio e' cresciuto maggiormente e' la fase di raccolta e trattamento dei rifiuti e anche li', nonostante l'italia sia una eccellenza a livello europeo, un potenziale di miglioramento c'e'", conclude Trenti.

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Oltre 6 milioni di italiani in aree ad elevato e medio rischio di alluvioni

In Italia, oltre 6 milioni di abitanti risiedono in aree ad elevato e medio rischio di alluvioni mentre la popolazione a rischio frane, se si considerano le due classi a maggiore pericolosita' (elevata e molto elevata), e' pari a oltre 1,2 milioni di abitanti. Lo indica l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nell'edizione 2018 dell'Annuario dei dati ambientali presentato oggi a Roma. Dalla banca dati relativa al dissesto idrogeologico emerge che nel 2017 ci sono state 172 frane importanti che hanno causato in totale 5 vittime, 31 feriti e danni prevalentemente alla rete stradale, eventi distribuiti in particolare nelle regioni Abruzzo, Campania, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Marche. Quanto ai terremoti, nel 2017 quattro eventi hanno raggiunto e superato magnitudo 5, tutti avvenuti il 18 gennaio, con epicentri in provincia de L'Aquila. Quelli di magnitudo pari o superiore a 4 sono stati 16, di cui 13 nel Centro Italia.

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