"Le famiglie, 25 milioni e 700 mila, sono sempre piu' numerose e sempre piu' piccole". Cosi' l'Istat nell'Annuario. "Il numero medio di componenti e' passato da 2,7 (media 1997-1998) a 2,3 (media 2017-2018), soprattutto per l'aumento delle famiglie unipersonali che in venti anni sono cresciute di oltre 10 punti: dal 21,5% nel 1997-98 al 33,0% nel 2017-2018, ovvero un terzo del totale delle famiglie", spiega l'Istituto.Nel dettaglio, nel biennio 2017-2018 le famiglie risultano "in crescita di 200 mila rispetto al biennio precedente e di oltre 4 milioni nel volgere di vent'anni", spiega l'Istat. Quanto all'analisi delle strutture familiari si conferma" la tendenza, in atto da decenni, di una progressiva semplificazione nella dimensione e nella composizione delle famiglie. Il boom di quelle unipersonali si accompagna in parallelo alla diminuzione, nello stesso periodo, delle famiglie numerose, con cinque e piu' componenti, che "ammontavano al 7,7% nel 1997-98 e che oggi raggiungono appena il 5,3 %". Complessivamente, quindi, "le famiglie di uno o due componenti rappresentano oltre il 60 per cento del totale, mentre quelle di almeno quattro componenti sono appena il 20,4%. Tra le tipologie familiari, a registrare l'incremento maggiore sono le famiglie senza nucleo, quelle cioe' in cui componenti non formano alcuna relazione di coppia o di tipo genitore-figlio, e che per la quasi totalita' sono costituite da persone che vivono da sole". La maggioranza delle famiglie, il 63,2%, "e' formata da un solo nucleo; in particolare le coppie con figli, che rappresentano la tipologia familiare piu' numerosa, ma anche quella che ha fatto registrare la maggiore diminuzione negli ultimi anni, sono il 33,2 per cento del totale delle famiglie; le coppie senza figli sono il 20,1% e una su dieci e' un nucleo monogenitore, prevalentemente di madri sole (8,1%). Residuale la quota di famiglie composte da due o piu' nuclei (1,5%)". L'Istat ricorda poi come "tra i 18 e i 34 anni poco piu' del 60 per cento vive ancora con uno o entrambi i genitori"
Leggi Tutto »Studio Cgia, in Italia bassa fiducia nella Pubblica Amministrazione
Il grado di fiducia e di soddisfazione degli italiani per la Pubblica Amministrazione del Paese e' tra i piu' bassi d' Europa. In particolare, solo il 31% degli italiani dichiara di avere fiducia nel sistema giudiziario, a fronte di una media UE pari al 56%. In quest'ambito l'Italia si colloca al 21/o posto, assieme alla Slovenia tra i 23 paesi europei presi in esame da un'indagine campionaria condotta recentemente dall'Ocse. Lo afferma la Cgia di Mestre, che ha elaborato alcuni risultati desunti dall'indagine dell'organismo internazionale per la cooperazione e lo sviluppo. Per la Cgia, questi dati "ribadiscono ancora una volta l'inadeguatezza, secondo gli italiani, di servizi pubblici essenziali indispensabili per il buon funzionamento del Paese: come la giustizia, la sanita', la scuola e la sicurezza". Rispetto al risultato registrato nel 2007, l'Italia ha perso ben 8 punti percentuali. Altrettanto negativo, osserva l'ufficio studi mestrino, e' l'esito riferito al grado di soddisfazione nella nostra assistenza sanitaria: stando ai giudizi degli italiani si piazza al 20/o posto, con il 49% degli intervistati che ha dichiarato di usufruire di un buon servizio sanitario. La media Ue si e' attestata al 68%. Con livelli di soddisfazione inferiori a quello italiano vi sono l'Ungheria, la Grecia e la Lettonia
Leggi Tutto »Ocse lancia l’allarme per gli investimenti per l’istruzione in Italia
L'Ocse lancia l'allarme sulla spesa dell'Istruzione in Italia praticamente ferma dalla fine degli anni Novanta e poi andata inesorabilmente in calo. Le dimissioni del ministro Lorenzo Fioramonti hanno confermato e ribadito le difficolta' dell'Italia a trovare nuovi investimenti per il comparto scuola, universita' e ricerca, che neanche il governo Conte bis e' riuscito a trovare. Al netto dei tagli bloccati, dei fondi stanziati per gli asili nido (2,5 miliardi per i comuni per aumentare i posti ma all'interno delle misure per le famiglie), dell'aumento di qualche decina di milioni dei fondi di finanziamento e delle borse di studio e delle risorse preventivate nel Dl Fisco (piu' risorse per la sicurezza degli edifici anche dall'8xmille dal 2020), di soldi per l'istruzione nella manovra approvata ce ne sono pochi. Discorso diverso per i fondi dedicati all'edilizia scolastica che anche nell'ultimo periodo hanno avuto un incremento costante per fare fronte alle tantissime emergenze: gli ultimi 510 milioni sono stati sbloccati il 20 dicembre e andranno in erogazione diretta gli enti locali. Fondi dell'edilizia che avevano avuto un nuovo slancio anche dalla famosa legge sulla "buona scuola". Eppure gli ultimi dati (settembre 2019) dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo evidenziano da anni come l'Italia spenda poco per l'istruzione, circa il 3,6% del suo Pil dalla scuola primaria all'universita', una quota inferiore alla media Ocse che e' del 5% e uno dei livelli piu' bassi di spesa tra i Paesi aderenti all'organismo internazionale. In particolare, la spesa e' diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l'universita', piu' rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di studenti. Ma il calo degli investimenti della scuola ha origini piu' lontane: tra il 1995 e il 2010 l'Ocse ha rilevato che l'Italia ha sostanzialmente congelato la spesa per studente di scuola primaria e secondaria (inferiore e superiore), con un aumento in termini reali dello 0,5%. Una sorta di "spendig review prolungata" amplificata dal progressivo invecchiamento del corpo docente: gli insegnanti italiani sono in media i piu' anziani dell'area Ocse, con il 59% di ultracinquantenni, anche se, grazie alle recenti assunzioni, questo rapporto e' diminuito (dal 64% nel 2015 al 59% nel 2017) e che dovra' sostituire circa la meta' dei prof entro i prossimi dieci anni, avendo la quota piu' bassa di insegnanti di eta' tra i 25 e i 34 anni.
Leggi Tutto »Turismo, presenze straniere superiori a quelle italiane
Il mercato turistico italiano regge soprattutto grazie alle presenze straniere: il 2019 vede, infatti, un ulteriore slancio del turismo internazionale e un sorpasso piu' evidente rispetto al domestico. L'ultima analisi dell'Osservatorio sull'economia del turismo delle Camere di commercio rileva come, in dieci anni, la configurazione dei flussi turistici sia cambiata con il sorpasso del turismo straniero rispetto a quello domestico: nel 2008 le presenze domestiche rappresentavano il 56,7% del totale mentre oggi si sono ridotte al 49,5%; al contrario la quota del turismo internazionale passa dal 43,3% al 50,5%, grazie ad una crescita delle presenze del +33,8% (secondo i dati Istat). L'analisi, precisa Unioncamere, esamina le dinamiche dei flussi turistici e rileva che nonostante il buon andamento del turismo internazionale rispetto a quello degli italiani, complessivamente le strutture dell'ospitalita' hanno registrato una diminuzione dell'occupazione delle camere nei primi 9 mesi del 2019 rispetto al 2018. Un andamento che si spiega, secondo Isnart, l'Istituto di Unioncamere e delle Camere di commercio, con molti fattori che vanno dalla clientela 'mordi e fuggi' alla bassa permanenza media al modesto contributo del turismo business alla mancata innovazione nell'offerta ricettiva.
Leggi Tutto »Cresce la performance delle Srl nel settore commercio
Cresce ancora, ma rallenta rispetto all'anno precedente, la performance delle Srl nel settore commercio: in Italia nel 2018 sono aumentati gli addetti (+3,3%) e il fatturato (+5,8%) ma in frenata rispetto ai dati dell'anno precedente che registravano un incremento del +4,5% per gli addetti e del +6,5% per il fatturato. Una decelerazione piu' decisa nel caso del valore aggiunto, la cui crescita si riduce della meta', passando dal +6,5% al +3,5%. Questa la fotografia del comparto scattata dall'Osservatorio sui bilanci delle Srl - Focus Settore Commercio pubblicato dal Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti. L'analisi sulla base della banca dati Aida -Bureau Van Dick ha riguardato i bilanci di quasi 112.000 srl afferenti al settore commercio, pari ad un quarto del totale di srl attive. Il risultato migliore in termini di fatturato e' stato ottenuto tra le Srl del Commercio all'ingrosso (+6,4%) seguite dalle Srl del Commercio e della riparazione di autoveicoli e motocicli (+5%) e da quelle del Commercio al dettaglio (+4,7%). Nessuno registra un calo dei ricavi, solo un comparto, quello del commercio al dettaglio di articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati, registra una crescita inferiore all'1% (+0,8%)
A livello geografico, limitando l'osservazione all'andamento del fatturato e del valore aggiunto e tenendo conto solo delle Srl con patrimonio netto e risultato d'esercizio positivi, le affermazioni migliori relative ai bilanci 2018 si registrano nel Nord-est e nel Sud. Qui, in particolare, la crescita del fatturato e quella del valore aggiunto sono uguali e le piu' alte (+6,3%). Nel Nord-est, la crescita del fatturato e' pari a +6,2%, mentre quella del valore aggiunto e' pari a +4,5%. Da segnalare, invece, il calo del valore aggiunto tra le Srl del settore Commercio dell'Italia centrale (-1,9%). Nel dettaglio, la Campania e' la regione dove si registra la migliore prestazione in termini di fatturato (+7,6%), seguita da Abruzzo (+6,7%), Veneto e Lazio ( entrambi +6,6%) mentre la maglia nera va al Friuli Venezia Giulia (+2,7%) preceduta da Toscana (+3,3%) e Sardegna (+3,8%). Relativamente agli addetti la crescita piu' sostenuta si osserva in Friuli Venezia Giulia (+7,5%) e Puglia (+7%) che doppiano il dato italiano, negative le variazioni in Molise (-0,6%) e Sicilia (-3,2%). Per quanto riguarda le classi dimensionali soffrono le piccole aziende. Le microimprese, quelle al disotto dei 350.000 euro di fatturato segnano un calo sia degli addetti (-3,8%) che del fatturato (-2,1%) a fronte di una impennata delle grandi che con un incremento del +6,8% degli addetti e del +8,7% dei ricavi vanno ben oltre la media nazionale.
Leggi Tutto »Pubblica Amministrazione, aumenti di stipedio col rinnovo dei contratti
Il Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti dà conto dei primi effetti sulle retribuzioni complessive della tornata contrattuale 2016-2018, attraverso l'analisi dei dati di contabilità nazionale Istat, i quali mostrano una crescita delle retribuzioni su tutta la PA del 3,5% nel 2018 rispetto all'anno precedente. Il dato di incremento complessivo viene analizzato in relazione con la tempistica dei rinnovi contrattuali 2016-2018, che ha visto concentrarsi sull'ultimo anno del triennio il rinnovo della totalità dei contratti relativi al personale non dirigente regolato da contratti sottoscritti in sede Aran (Funzioni centrali, Istruzione e ricerca, Funzioni locali e Sanità), la cui consistenza complessiva ammonta a circa 2,4 milioni di dipendenti. Sul 2018 non sono invece ancora visibili, in termini di incrementi retributivi, gli effetti dei rinnovi che hanno interessato il personale dirigenziale ed i medici del S.S.N. (circa 200mila persone), che vedranno rinnovato il loro contratto nel corso del 2019 o nei primi mesi del 2020. Il Rapporto si sofferma anche sulle differenze, in termini di incremento, tra i diversi settori della PA e tra settore privato e settore pubblico. Nel 2018, anno in cui si è concentrata appunto buona parte dei rinnovi, il settore pubblico è cresciuto di più del privato, ma a fronte di una crescita cumulata del periodo 2010-2018 risultata più elevata per il settore privato, anche per effetto del blocco contrattuale che ha interessato i comparti pubblici nel quinquennio 2010-2015.
Leggi Tutto »Rallenta la performance delle Srl nel settore commercio
Cresce ancora, ma rallenta rispetto all'anno precedente, la performance delle Srl nel settore commercio: nel 2018 sono aumentati gli addetti (+3,3%) e il fatturato (+5,8%) ma in frenata rispetto ai dati dell'anno precedente che registravano un incremento del +4,5% per gli addetti e del +6,5% per il fatturato. Una decelerazione più decisa nel caso del valore aggiunto, la cui crescita si riduce della metà, passando dal +6,5% al +3,5%. Questa la fotografia del comparto scattata dall'Osservatorio sui bilanci delle Srl - Focus Settore Commercio pubblicato dal Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti. L'analisi sulla base della banca dati Aida - Bureau Van Dick ha riguardato i bilanci di quasi 112.000 srl afferenti al settore commercio, pari ad un quarto del totale di srl attive. Il risultato migliore in termini di fatturato è stato ottenuto tra le Srl del Commercio all'ingrosso (+6,4%) seguite dalle Srl del Commercio e della riparazione di autoveicoli e motocicli (+5%) e da quelle del Commercio al dettaglio (+4,7%). Nessuno registra un calo dei ricavi, solo un comparto, quello del commercio al dettaglio di articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati, registra una crescita inferiore all'1% (+0,8%).
A livello geografico, limitando l'osservazione all'andamento del fatturato e del valore aggiunto e tenendo conto solo delle Srl con patrimonio netto e risultato d'esercizio positivi, le affermazioni migliori relative ai bilanci 2018 si registrano nel Nord-est e nel Sud. Qui, in particolare, la crescita del fatturato e quella del valore aggiunto sono uguali e le più alte (+6,3%). Nel Nord-est, la crescita del fatturato è pari a +6,2%, mentre quella del valore aggiunto è pari a +4,5%. Da segnalare, invece, il calo del valore aggiunto tra le Srl del settore Commercio dell'Italia centrale (-1,9%). Nel dettaglio, la Campania è la regione dove si registra la migliore prestazione in termini di fatturato (+7,6%), seguita da Abruzzo (+6,7%), Veneto e Lazio ( entrambi +6,6%) mentre la maglia nera va al Friuli Venezia Giulia (+2,7%) preceduta da Toscana (+3,3%) e Sardegna (+3,8%). Relativamente agli addetti la crescita più sostenuta si osserva in Friuli Venezia Giulia (+7,5%) e Puglia (+7%) che doppiano il dato italiano, negative le variazioni in Molise (-0,6%) e Sicilia (-3,2%) Per quanto riguarda le classi dimensionali soffrono le piccole aziende. Le microimprese, quelle al disotto dei 350.000 euro di fatturato segnano un calo sia degli addetti (-3,8%) che del fatturato (-2,1%) a fronte di una impennata delle grandi che con un incremento del +6,8% degli addetti e del +8,7% dei ricavi vanno ben oltre la media nazionale.
Leggi Tutto »Sei italiani su 10 al ristorante a Natale, sos per i menù acchiappaturisti
Durante le feste quasi sei italiani su dieci (63%) colgono l’occasione per mangiare fuori casa soprattutto alla ricerca dei piatti tipici della tradizione locale, nella propria città o in vacanza in Italia e all’estero. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixè 'Il Natale nel piatto' presentata in occasione dell’Assemblea nazionale, con la preparazione dei piatti sbagliati per aiutare a non cadere nelle trappole.
"Tra i piatti più traditi ci sono - continua la Coldiretti - la tipica caprese servita con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte ma non mancano i casi di pasta al pesto proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli e con il formaggio comune che sostituisce l’immancabile parmigiano reggiano e il pecorino romano. Un inganno che colpisce anche la tradizione siciliana con la pasta alla norma preparata spesso con semplice formaggio grattugiato al posto della ricotta salata. Ma tra i falsi culinari più spacciati figurano anche il tiramisù con la panna al posto del mascarpone e gli spaghetti alla bolognese, una invenzione per stranieri completamente sconosciuta nella città emiliana. Un pericolo che riguarda l’Italia ma soprattutto l’estero proprio nei ristoranti italiani sono serviti ingredienti Made in Italy taroccati in più di due piatti su tre e a essere portate in tavola sono le più bizzarre versioni delle ricette tradizionali per non parlare poi della pizza che viene offerta nelle versioni più inimmaginabili, da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo"
"Proprio per identificare i veri ristoranti italiani e proteggerli dai fake e dall’utilizzo di prodotti tricolori tarocchi arriva la prima carta d’identità ideata da Coldiretti e Asacert, azienda di certificazione e ispezione con esperienza pluriennale e accreditamenti internazionali. Grazie a un apposito protocollo basato sulla rispondenza dei fornitori, dei menù e della carta dei vini, sarà infatti possibile identificare i ristoranti - precisa Coldiretti - che sono davvero italiani e non solo di nome e di 'facciata', ovvero sul piano delle materie prime, dello staff e soprattutto della tradizione culinaria e della proposta enogastronomica. La certificazione 'Ita 0039 | 100% ItalianTaste' è nata, infatti, dalla necessità di difendere, promuovere e valorizzare il patrimonio agroalimentare italiano, non solo a livello di prodotto ma anche sul piano della distribuzione enogastronomica". "La mancanza di chiarezza sulle ricette made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di prodotti alimentari taroccati all’estero che valgono 100 miliardi di euro e causano un danno economico e di immagine alle esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori originali", conclude il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.
Leggi Tutto »Istat, occupazione stabile al 59,2% nel terzo trimestre
Nel terzo trimestre 2019 l'input di lavoro misurato in termini di Ula (Unita' di lavoro equivalenti a tempo pieno) aumenta dello 0,3% sotto il profilo congiunturale e dello 0,6% su base annua; l'occupazione risulta invece sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente e in aumento su base annua. Lo ha fatto sapere l'Istat nella nota trimestrale sulle tendenze dell'occupazione. Secondo l'istituto di statistica le dinamiche occupazionali si sono sviluppate in una fase di persistente debole crescita dei livelli di attivita' economica confermata, nell'ultimo trimestre, da una variazione congiunturale dello 0,1% del Pil; il tasso di occupazione destagionalizzato si porta al 59,2% (+0,1 punti in confronto al trimestre precedente); l'aumento riguarda sia le donne sia gli uomini e soprattutto i giovani di 15-34 anni. Prosegue la crescita tendenziale dell'occupazione dipendente in termini sia di occupati (+1,0%, Rilevazione sulle forze di lavoro) sia di posizioni lavorative riferite ai settori dell'industria e dei servizi (+1,6%, Rilevazione Oros). Lo stesso andamento si riscontra nei dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali tratti dalle Comunicazioni obbligatorie (Co) rielaborate (+367mila posizioni lavorative nel terzo trimestre 2019 rispetto al terzo del 2018) e in quelli dell'Inps-Uniemens riferiti alle sole imprese private (+316mila posizioni lavorative al 30 settembre 2019 rispetto al 30 settembre 2018). L'aumento tendenziale delle posizioni lavorative dipendenti interessa le imprese di tutte le dimensioni. Anche in termini congiunturali, ha rilevato l'Istat, la crescita dell'occupazione dipendente riguarda sia gli occupati (+0,2%) sia le posizioni. Nel terzo trimestre 2019,in base alle Co, le attivazioni sono state 2 milioni 530 mila e le cessazioni 2 milioni 468 mila, determinando un saldo positivo di 63mila posizioni di lavoro dipendente. La crescita riguarda tutti i settori di attivita' economica, soprattutto i servizi (+42 mila) in termini assoluti. Andamenti simili si riscontrano nelle posizioni lavorative dei dipendenti del settore privato extra-agricolo (Rilevazione Oros) dove la variazione congiunturale di +0,5% (+60 mila posizioni) e' dovuta aun aumento piu' contenuto nell'industria in senso stretto (+0,1%, +3 mila posizioni) rispetto ai servizi (+0,6%, +51 mila) e alle costruzioni (+0,7%, +6 mila)
Leggi Tutto »La fotografia della Pubblica Amministrazione in Italia
Negli ultimi due anni (2015-2017) si colgono i segnali di una ripresa dell'occupazione dipendente nella Pubblica amministrazione. L'occupazione, infatti, è aumentata complessivamente dell'1,1% (+0,9% per il tempo indeterminato e +2,2% per quello a termine). E' la fotografia scattata dall'Istat nel Censimento permanente delle Istituzioni pubbliche 2017. Al 31 dicembre 2017 sono state censite 12.848 istituzioni pubbliche, presso le quali prestano servizio 3.516.461 unità di personale, di cui 3.321.605 dipendenti (pari al 94,5% del totale). Il restante 5,5% del personale in servizio - circa 195mila unità - è rappresentato da personale non dipendente, ovvero occupato con altre forme contrattuali (collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, altri atipici e temporanei).
Considerando la distribuzione del personale in servizio nella Pubblica amministrazione, oltre la metà di quello dipendente (54,6%) è concentrato nell'Amministrazione centrale, che comprende, tra gli altri, il personale delle scuole statali e delle forze armate e di sicurezza . Il 19,8% dei dipendenti pubblici è occupato nelle Aziende o Enti del Servizio sanitario nazionale, l'11,3% nei Comuni (i quali rappresentano quasi i due terzi delle istituzioni pubbliche). Le altre forme giuridiche assorbono il restante 14,4% di dipendenti. In relazione al tipo di contratto, il personale in servizio si articola in 3.023.901 dipendenti a tempo indeterminato (pari all'86,0% del totale del personale occupato nelle istituzioni pubbliche), 297.704 dipendenti a tempo determinato (pari all'8,5%) e 194.856 non dipendenti (5,5%). I dipendenti a tempo determinato rappresentano il 10,1% del personale in servizio presso le Amministrazioni dello Stato. Valori superiori alla media (8,5%) si rilevano anche nelle Province e città metropolitane (13,9%) e nelle Comunità montane e unioni dei comuni (11,1%). I dipendenti a tempo determinato hanno il peso relativo minore presso le Università, caratterizzate da una quota rilevante di personale non dipendente (41,8% del personale in servizio). Quanto al genere, le donne occupate nella pubblica amministrazione sono 2 milioni e rappresentano la componente maggioritaria, con una quota pari al 56,9%% del personale in servizio. La più elevata presenza di donne si registra negli enti del Sistema sanitario nazionale (SSN) con il 65,9%, il valore più basso nelle Regioni (48,3%) e Università pubbliche (49,6%). Analizzando le tipologie contrattuali, la quota maggiore di tempi determinati si riscontra tra le donne (9,4% contro 7,2%). A livello territoriale, oltre il 45% delle unità locali si trova nelle regioni del Nord, anche in conseguenza dell'elevato numero di comuni presenti in Lombardia e Piemonte. La presenza femminile tra gli occupati della PA è nettamente superiore nelle regioni del Nord (63,7% nel Nord-ovest e 62,5% nel Nord-est a fronte del 56,9% della media nazionale), nelle quali si rileva anche una quota superiore alla media di personale non dipendente. Per i tempi determinati, fatta eccezione per valori molto elevati a Bolzano/Bozen (18,4%) e Trento (13%), non si rileva una particolare caratterizzazione territoriale. Per quanto riguarda il personale delle Forze armate, di sicurezza e Capitanerie di porto, rilevato per la prima volta in occasione del censimento permanente riferito al 2015, si tratta di circa 477 mila dipendenti, di cui oltre 36 mila donne (pari al 7,6%) e circa 33 mila dipendenti a tempo determinato (6,9%). A livello territoriale, sono l'Abruzzo (11,8%) e alcune regioni del Centro-nord a registrare le quote maggiori di dipendenti donne sul totale regionale, in particolare Liguria (9,6%), Valle d'Aosta (9,0%) e Toscana (8,9%). Per i dipendenti a tempo determinato le quote più elevate si hanno nei territori a statuto speciale di Valle d'Aosta, Bolzano/Bozen e Friuli Venezia Giulia.
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