L’Osservatorio

Istat, oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta

Nel 2018, si stimano oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all’8,4%). Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017 nonostante il quadro di diminuzione della spesa complessiva delle famiglie in termini reali. In gran parte questo si deve al fatto che soltanto le famiglie con minore capacità di spesa (a maggiore rischio di povertà) mostrano una tenuta dei propri livelli di spesa, con un conseguente miglioramento in termini relativi rispetto alle altre. Al netto dell’inflazione registrata nel 2018 (in media nazionale pari a +1,2%), utilizzando, quindi, gli indici 2017 di prezzo nel calcolo delle soglie, l’incidenza complessiva in termini di famiglie sarebbe stata pari a 6,8%. L’intensità della povertà, cioè quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente sotto la linea di povertà in termini percentuali, ovvero “quanto poveri sono i poveri”, si attesta nel 2018 al 19,4% (era il 20,4% nel 2017), da un minimo del 18,0% nel Centro a un massimo del 20,8% al Sud.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro). Analogamente agli anni passati, questo fa sì che, sebbene la quota di famiglie che risiede nel Nord sia maggiore di quella del Mezzogiorno (47,7% rispetto a 31,7%), anche nel 2018 il maggior numero di famiglie povere è presente in quest’ultima ripartizione (45,1% contro 39,3% del Nord). Nel Centro si trova il restante 15,6% di famiglie povere.

Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2018 sono stimate pari a poco più di 3 milioni (11,8%), per un totale di individui di quasi 9 milioni (15,0%). Rispetto al 2017, il fenomeno si aggrava nel Nord (da 5,9% al 6,6%), in particolare nel Nord-est dove l’incidenza passa da 5,5% a 6,6%. Il Mezzogiorno, invece, presenta una dinamica opposta (24,7% nel 2017, 22,1% nel 2018), con una riduzione dell’incidenza sia nel Sud (da 24,1% a 22,3%) sia nelle Isole (da 25,9% a 21,6%).

A livello individuale, il lieve calo in media nazionale (da 15,6% a 15,0%) è sintesi di dinamiche contrastanti nelle ripartizioni (da 7,4% a 8,6% nel Nord-est; da 30,8% a 25,7% nelle Isole). Su scala territoriale, Calabria (30,6%), Campania (24,9%) e Sicilia (22,5%) si confermano le regioni con la maggiore incidenza.

Leggi Tutto »

Le Pmi dominano lo scenario delle economie locali

Le piccole e medie imprese, che contraddistinguono la struttura del nostro sistema produttivo, dominano lo scenario delle economie locali producendo almeno l'80% del valore aggiunto in 4 comuni su 5. Adottando la stessa soglia di prevalenza, il valore aggiunto della grande impresa è preponderante solo in un comune su cento, proporzione che si innalza al 2% considerando la sola manifattura. Lo si legge in un focus dell'Istat dedicato alla crescita delle Pmi a livello territoriali nel 2016. Una maggiore concentrazione di comuni contraddistinti dalla grande impresa si riscontra in Friuli-Venezia Giulia (2,8%) e Piemonte (2,1%). Considerando il solo settore manifatturiero, tali comuni sono localizzati soprattutto in Toscana (3,6%), Abruzzo (3,3%) e Lombardia (2,9%). 

Leggi Tutto »

Quasi il 21 per cento del territorio a rischio desertificazione

La desertificazione non riguarda solo l'Africa o l'Asia. Quasi il 21% del territorio italiano e' a rischio. La piu' minacciata dalla desertificazione e' la Sicilia, ma tutto il sud rischia. E il pericolo arriva fino a Marche, Umbria ed Emilia Romagna. Cosi', la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione, istituita dall'Onu per il 17 giugno, non e' una data che interessa soltanto paesi lontani, poveri e caldi. Interessa anche il nostro Belpaese. La ragione principale dell'avanzata dei deserti e' il riscaldamento globale. Ma poi contribuiscono lo sfruttamento intensivo del territorio, con l'abbattimento delle foreste e le monocolture, e l'inquinamento.

La Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e' stata indetta nel 1995 dalle Nazioni Unite per ricordare l'adozione a Parigi il 17 giugno 1994 della Convenzione per la Lotta alla Desertificazione (Unccd). Il nostro paese ha aderito alla Convenzione non solo come paese donatore, ma anche come paese colpito. Secondo il Cnr, in Sicilia le aree a rischio sono il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%. In Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono tra il 30 e il 50%.

L'Unccd ha dichiarato colpiti da desertificazione 13 Stati dell'Ue: oltre all'Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Nel mondo, secondo la Convenzione quasi 170 paesi sono interessati dal fenomeno. "La siccita' - scrive Coldiretti in occasione della Giornata - e' diventata l'evento avverso piu' rilevante per l'agricoltura, con i fenomeni estremi che hanno provocato in Italia danni pari a piu' di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio".

Leggi Tutto »

Unioncamere: boom di ristoranti, 30mila imprese in più in 8 anni

Negli ultimi otto anni in Italia le imprese attive nella ristorazione sono cresciute del 27%, arrivando a quota 142.958 (30mila in piu'), con una crescita molto pronunciata in particolare nel Centro-Sud. A rilevarlo e' uno studio di Unioncamere-InfoCamere, che analizza il periodo 2011-2019. I protagonisti di questo universo, che nel 2017 hanno realizzato un giro d'affari di 11,6 miliardi di euro, vanno dal piccolo ristorante a conduzione familiare alla grande impresa di respiro globale, passando per le ormai diffusissime reti di franchising della cucina: la suddivisione e' sostanzialmente paritaria tra societa' di capitale (il 32,6% del totale), societa' di persone (il 31,7%) e imprese individuali (il 34,4%). Un'impresa su quattro e' guidata da donne, mentre gli 'under 35' e gli stranieri sono all'11%. Guardando alla classifica delle citta' Roma stacca tutti con oltre 13mila imprese (+41%), seguita a grande distanza da Milano con 7.786 (+64%).

La crescita piu' sostenuta e' pero' quella di Siracusa (+72%). Delle oltre 30mila realta' in piu' rilevate a marzo 2019, il 37% e' localizzato nel Mezzogiorno e un altro 28% in quelle del Centro, per un incremento esattamente pari al 66% di quello complessivo. La vivacita' maggiore si registra in Sicilia, dove tra 2011 e 2019 si e' registrata una crescita del 50% (2.847 imprese in piu'), Campania (+39,8% corrispondenti a 3.661 realta' in piu') e Lazio (+37,3% equivalente a 4.743 operatori in piu'). La Lombardia, pur assente dai primi posti della classifica della crescita, e' la regione italiana con il maggior numero di ristoranti (20.000) e il saldo piu' elevato in all'anno. Con l'eccezione di Milano (al terzo posto con un aumento del 64% nel periodo) le prime cinque piazze della graduatoria sono occupate da province siciliane: Siracusa, Catania, Palermo e Trapani, tutte oltre la soglia del 50% di crescita negli otto anni. All'estremo opposto, due sole le province (Enna e Aosta) in cui la platea della ristorazione, nell'intervallo 2011-2019, si e' ristretta. Prendendo in esame le sole imprese costituite nella forma di societa' di capitali (per le quali vige l'obbligo di presentare il bilancio al Registro delle imprese delle Camere di commercio), la foto scattata alla fine di marzo di quest'anno restituisce il profilo di circa 21.400 imprese della ristorazione italiana. 

Leggi Tutto »

Coldiretti, balzo del 58,5% dei reati a tavola

Fanno registrare un balzo del 59% nel 2018 le notizie di reato nel settore agroalimentare che si estendono ai principali comparti, dal biologico al vino, dall'olio all'ortofrutta, dalle conserve ai cereali. E' quanto afferma la Coldiretti sulla base dei risultati operativi degli oltre 54mila controlli effettuati dal Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) nel 2018, resi noti in occasione del sesto Rapporto Agromafie 2018 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita' nell' agroalimentare, illustrato stamane presso la Scuola Sottufficiali delle Fiamme gialle dell'Aquila, alla presenza tra gli altri del presidente Eurispes, Gianluigi Miglioli, di quello Coldiretti, Ettore Prandini e del presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalita' nel settore agroalimentare, Gian Carlo Caselli. I settori agroalimentari piu' colpiti da truffe e reati nel 2018 sono il vino con +75% nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%), le conserve con +78% e lo zucchero dove nell'arco di dodici mesi si e' passati da zero e 36 episodi di frode. Nell'ultimo anno sono stati sequestrati 17,6 milioni di chili di alimenti di vario tipo per un valore di 34 milioni di euro con lo smantellamento di un'organizzazione fra Campania, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Veneto che importava zucchero da Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia e poi lo immetteva nei canali del mercato nero attraverso fatture false per rivenderlo a prezzi stracciati a imprenditori che lo usavano per adulterare il vino. 

Piu' di un italiano su cinque (17%) e' stato vittima di frodi alimentari nel 2018 con l'acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute, secondo l'indagine Coldiretti dalla quale si evidenzia che ben l'88% dei cittadini nel momento di fare la spesa e' preoccupato dell'idea che nei negozi ci siano in vendita prodotti alimentari pericolosi per la salute. Sotto accusa sono soprattutto i cibi low cost dietro ai quali spesso si nascondono, infatti, ricette modificate, l'uso di ingredienti di minore qualita' o metodi di produzione alternativi ma - denuncia la Coldiretti - possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalita', come e' confermato dall'escalation dei sequestri. Le difficolta' economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a preferire l'acquisto di alimenti piu' economici prodotti spesso a prezzi troppo bassi per essere sinceri, che - sostiene la Coldiretti - rischiano di avere un impatto sulla salute. L'agricoltura e l'alimentare sono infatti considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicita' in tempo di crisi perche' del cibo, anche in tempi di difficolta', nessuno potra' fare a meno, ma soprattutto perche' consente di infiltrarsi in modo capillare nella societa' civile e condizionare la vita quotidiana delle persone in termini economici e salutistici. Di fronte al moltiplicarsi dei casi di frode e contraffazione alimentare piu' della meta' italiani (51%) chiedono - continua la Coldiretti - che venga sancita la sospensione dell'attivita'. 

Leggi Tutto »

Bankitalia, ad aprile salgono al 2,26% i tassi per i mutui della casa

I tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l'acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, sono stati pari al 2,26 per cento (2,17 per cento in marzo); quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo all'8,06 per cento.Lo rende noto Bankitalia. I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle societa' non finanziarie sono risultati pari all'1,46 per cento (1,42 nel mese precedente); quelli sui nuovi prestiti di importo fino a 1 milione di euro sono stati pari al 2,02 per cento, quelli sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia all'1,00 per cento. I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,33 per cento. 

Leggi Tutto »

Istat, nel 2018 la spesa mensile delle famiglie stabile a 2.571 euro

Nel 2018, la stima della spesa media mensile per consumi delle famiglie residenti in Italia e' pari a 2.571 euro in valori correnti, stabile rispetto all'anno precedente. Lo rileva l'Istat nel report 'Le spese per i consumi delle famiglie'. La meta' delle famiglie spende piu' di 2.153 euro al mese. Pur in attenuazione, restano ampi i divari territoriali. Il differenziale maggiore e' tra Nord-ovest e Isole (circa 800 euro). Le famiglie che vivono in una abitazione in affitto destinano oltre un quinto della loro spesa complessiva al pagamento del canone. 

La spesa e' ancora lontana dai livelli del 2011 (2.640 euro mensili), cui avevano fatto seguito due anni di forte Contrazione. Considerando la dinamica inflazionistica, in termini reali la spesa diminuisce dello 0,9%, segnando una contrazione per la prima volta dopo la moderata dinamica positiva registrata dal 2014 al 2017. Se si osserva il valore mediano, il 50% delle famiglie ha speso nel 2018 una cifra non superiore a 2.153 euro, invariata rispetto ai 2.154 euro del 2017. I livelli di spesa piu' elevati si registrano nel Nord-ovest (2.866 euro), nel Nord-est (2.783) e nel Centro (2.723 euro); piu' bassi nel Sud (2.087 euro) e nelle Isole (2.068 euro). La composizione della spesa resta sostanzialmente immutata rispetto al 2017: e' ancora l'abitazione ad assorbire la quota piu' rilevante (35,1% della spesa totale), seguita dalla spesa per prodotti Alimentari e bevande analcoliche (18,0%) e da quella per Trasporti (11,4%). Le famiglie hanno speso per prodotti Alimentari e bevande analcoliche 462 euro mensili, senza differenze significative rispetto ai 457 euro del 2017. Piu' nel dettaglio, aumenti di spesa si registrano per le carni (98 euro mensili, +4%), i pesci e i prodotti ittici (41 euro mensili, +3,4%) e per caffe', te' e cacao (15 euro, +5%). Le carni costituiscono anche la voce di spesa alimentare piu' importante in termini di composizione del carrello, rappresentando il 3,8% della spesa totale; il pesce pesa meno della meta' delle carni (1,6% della spesa complessiva) e caffe', te' e cacao appena lo 0,6%. Solo la spesa per zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (che rappresenta appena lo 0,7% della spesa totale) diminuisce significativamente (19 euro mensili, -2,6% sul 2017). La spesa per beni e servizi non alimentari e' di 2.110 euro mensili, anche questa stabile rispetto al 2017 (2.107 euro). Per Abitazione, acqua, elettricita' e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria la spesa resta invariata rispetto all'anno precedente e pari a 903 euro (il 35,1% del totale), di cui 589 euro di affitti figurativi. Tra le spese non alimentari, la quota piu' rilevante dopo l'abitazione e' destinata ai Trasporti (11,4%, 292 euro); seguono, nell'ordine: Altri beni e servizi (cura della persona, effetti personali, servizi di assistenza sociale, assicurazioni e servizi finanziari; 7,2%); Servizi ricettivi e di ristorazione e Beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (entrambe le voci pari a circa il 5,0% del totale, approssimativamente 130 euro mensili ciascuna); Servizi sanitari e salute (4,7%, 121 euro mensili); Abbigliamento e calzature (4,6%, 119 euro mensili); Mobili, articoli e servizi per la casa (4,2%, 108 euro). Solo la spesa per Comunicazioni (pari al 2,4% della spesa totale, 62 euro mensili) si contrae in misura significativa rispetto al 2017 (-2,5%), contrariamente a quanto accaduto lo scorso anno (+2,5%).

Nel Nord-ovest si spendono mediamente, in termini assoluti, circa 800 euro in piu' che nelle Isole, e cioe' il 38,6% in piu' in termini relativi, ma il divario scende sotto il 40% per la prima volta dal 2009 (nel 2017 era al 45%). A pesare di piu' sulle spese delle famiglie nel Sud e nelle Isole, dove le disponibilita' economiche sono generalmente minori, le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari, quali ad esempio quelle per i beni alimentari: rispetto alla media nazionale (18,0%), la quota per la spesa alimentare e' il 22,9% nel Sud e il 21,3% nelle Isole, mentre nel Nord-est si ferma al 16,0%. Le regioni con la spesa media mensile piu' elevata sono Lombardia (3.020 euro), Valle d'Aosta (3.018 euro) e Trentino-Alto Adige (2.945 euro); in particolare, nel Trentino-Alto Adige si registrano, rispetto al resto del Paese, le quote piu' elevate di spesa per Servizi ricettivi e di ristorazione (6,2% contro il 5,1% di media nazionale) e per Beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (6,1% contro il 5,0%). La Calabria si conferma la regione con la spesa piu' contenuta, pari a 1.902 euro (1.118 euro meno della Lombardia), seguita dalla Sicilia (2.036 euro mensili). In Calabria la quota di spesa destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche raggiunge il 23,4%, l'incidenza piu' alta dopo quella registrata in Campania (23,8%). I livelli e la composizione della spesa variano a seconda della tipologia del comune di residenza. Anche nel 2018, nei comuni centro delle aree metropolitane le famiglie spendono di piu': 2.866 euro mensili, +228 euro rispetto alle famiglie residenti nei comuni periferici delle aree metropolitane e in quelli con almeno 50mila abitanti e +417 euro rispetto alle famiglie residenti nei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane. Nei comuni centro di area metropolitana si registra la piu' bassa quota destinata ad Alimentari e bevande analcoliche (15,0%, contro 19,1% dei comuni periferia delle aree metropolitane e fino a 50mila abitanti); lo stesso vale per le quote di spesa destinate ad Abbigliamento e calzature (rispettivamente, 4,0% e 4,8%) e Trasporti (8,7% contro 12,4%). Al contrario, nei comuni centro di area metropolitana le quote piu' elevate di spesa si registrano per Abitazione, acqua, elettricita', gas e altri combustibili (41,2%, molto sopra il dato medio nazionale, contro 33,0% dei comuni periferici delle aree metropolitane e fino a 50mila abitanti) e per Servizi ricettivi e di ristorazione (rispettivamente, 5,6% e 4,8%). Le quote di spesa destinate alle altre tipologie di beni e servizi non registrano, invece, particolari differenze al variare del tipo di comune di residenza.

 La spesa per visite mediche e accertamenti periodici, in larga misura incomprimibile, e' quella sulla quale le famiglie hanno agito meno per provare a limitare l'esborso. Tra quante un anno prima dell'intervista sostenevano gia' questa spesa, soltanto il 16,1% dichiara infatti di aver speso meno, peraltro con forti differenziazioni territoriali: il 10,1% nel Nord, il 17,9% nel Centro e il 24,1% nel Mezzogiorno. Per contro, il 6,1% delle famiglie dichiara di aver aumentato la spesa sanitaria. Inoltre, tra le famiglie che un anno prima non sostenevano spese per sanita', si stima una piccola quota (meno di una su cinque) che dichiara di aver iniziato nel corso del 2018 a spendere per visite mediche e accertamenti periodici di prevenzione. Tra le famiglie che gia' sostenevano spese per carburanti, il 71,8% non ha mutato il proprio comportamento di spesa (77,2% nel Nord, 64,0% nel Mezzogiorno); il 25,1% ha, invece, provato a limitare questa voce. La voce di spesa che le famiglie cercano maggiormente di contenere e', nel 2018, quella per abbigliamento e calzature. Quasi la meta' (48,9%) di quante acquistavano gia' questi beni un anno prima dell'intervista ha infatti modificato le proprie abitudini, provando a limitare la spesa, anche in questo caso con forti differenziazioni territoriali: si prova a risparmiare di piu' nel Mezzogiorno (62,7%) rispetto al Centro (47,6%) e soprattutto al Nord (40,3%). Il 39,3% delle famiglie che gia' sostenevano spese per viaggi e vacanze ha provato a ridurle, con un massimo del 53,9% nel Mezzogiorno. Tale spesa e' comunque, tra le voci considerate, quella con la minore percentuale di famiglie che la sostenevano gia' un anno prima (poco piu' di una famiglia su due). Rispetto a un anno prima dell'intervista, due terzi delle famiglie non hanno modificato le proprie abitudini in fatto di spesa alimentare (il 72,2% nel Nord, il 56,8% nel Mezzogiorno).

Leggi Tutto »

Istat: ad aprile produzione -0,7% mese, -1,5% anno

Ad aprile si stima che l'indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dello 0,7% rispetto a marzo. Corretto per gli effetti di calendario, ad aprile 2019 l'indice complessivo è diminuito in termini tendenziali dell'1,5% (i giorni lavorativi sono stati 20, contro i 19 di aprile 2018). Lo ha comunicato l'Istat. L'indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale, di rilievo, solo per l'energia (+3,6%); diminuzioni si registrano, invece, per i beni strumentali (-2,5%) e, in misura più lieve, per i beni intermedi (-0,7%) e i beni di consumo (-0,5%). Nella media del trimestre febbraio-aprile, permane una variazione positiva (+0,7%) rispetto al trimestre precedente. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano ad aprile 2019 un aumento tendenziale esclusivamente per l'energia (+3,6%); al contrario, ampie diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-3,8%) e i beni intermedi (-2,6%), mentre diminuiscono in misura più contenuta i beni di consumo (-0,6%). I settori di attività economica che registrano variazioni tendenziali positive sono la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,8%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+4,9%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-8,2%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-7,4%) e nella fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-6,2%). "Ad aprile - è il commento dell'Istat - si rileva, per il secondo mese consecutivo, una flessione congiunturale della produzione industriale, dopo gli aumenti rilevati ad inizio anno. Nonostante la flessione di aprile, la variazione congiunturale su base trimestrale si mantiene positiva. Tra i principali settori di attività solo l'energia registra un incremento congiunturale ad aprile, mentre i rimanenti comparti mostrano una dinamica negativa, particolarmente accentuata per i beni strumentali. Flessioni tendenziali (al netto degli effetti di calendario) contraddistinguono in modo diffuso l'evoluzione dei settori. Solo l'alimentare e la fornitura di energia contrastano la dinamica negativa degli altri settori, risultando entrambi in sostenuta crescita su base annuale".

Leggi Tutto »

Il nuovo regime forfettario aumenta il numero delle partite Iva

Il nuovo regime forfettario è tra le cause dell'aumento del numero delle partite Iva. Emerge dall'analisi effettuata dall'ANCOT, Associazione nazionale consulenti tributari, su dati del ministero delle Finanze, resa nota oggi in occasione del decimo congresso nazionale in corso a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). Rieti, Aosta e Fermo occupano i primi tre gradini del podio tenendo conto degli incrementi e solo in undici realtà provinciali si è registrato un decremento. Nell'analisi dell'ANCOT, sono state evidenziate le iscrizioni di partite Iva nel primo trimestre 2019 (indicato tra parentesi l'incremento percentuale rispetto al primo trimestre 2018): Rieti 591 (32,21%); Aosta 429 (27,30%); Fermo 649 (25,05%); Cosenza 2.210 (21,96%); Crotone 600 (21,70%); Alessandria 1.315 (19,98%); Reggio Emilia 1.792 (17,51%); Genova 2.832 (16,02%); Forlì-Cesena 1.212 (15,98%); Lucca 1.414 (15,43%); Lodi 613 (15,01%); Latina 2.002 (14,60%); Cuneo 2.145 (14,46%); Milano 14.165 (13,95%); Vibo Valentia 492 (13,36%); Prato 1.102 (13,03%); Como 1.661 (12,31%); Monza e Brianza 2.672 (12,22%); Oristano 379 (12,13%); Savona 996 (11,78%); Cremona 865 (11,61%); Reggio Calabria 1.550 (11,27%); Grosseto 798 (11,14%); Rovigo 642 (11,07%); Torino 7.781 (10,97%); Campobasso 760 (10,47%). A seguire: Cagliari 1.466 (10,31%); Biella 472 (10,02%); Rimini 1.330 (9,92%); Firenze 3.654 (9,86%); Napoli 10.178 (9,65%); Frosinone 1.629 (9,62%); Barletta-Andria-Trani 1.155 (9,58%); Roma 17.373 (9,38%); Parma 1.409 (9,22%); Pesaro e Urbino 1.056 (9,20%); Siena 841 (9,08%); Bologna 3.389 (9,04%); Belluno 520 (9,01%); Prov. del Sud Sardegna 828 (8,80%); Viterbo 1.172 (8,72%); Nuoro 764 (8,68%); Vercelli 461 (8,47%); Mantova 1.096 (8,41%); Macerata 972 (8,36%); Ravenna 1.094 (8,32%); Agrigento 1.262 (8,14%); Pordenone 805 (8,05%); Trieste 605 (7,84%); Bolzano 1.619 (7,65%); Varese 2.421 (7,65%); Imperia 712 (7,55%); Livorno 1.076 (7,49%); Ancona 1.332 (7,42%); Asti 666 (7,42%); Bergamo 2.988 (7,37%); Vicenza 2.491 (7,32%); Lecco 912 (7,29%); Brescia 3.620 (7,20%); Modena 2.229 (7,16%); Arezzo 1.118 (6,88%); Matera 566 (6,59%); Pavia 1.640 (6,49%).

Seguono ancora: Potenza 1.020 (6,36%); Venezia 2.461 (6,31%); Perugia 2.055 (6,26%); Massa Carrara 641 (6,13%); Treviso 2.694 (5,98%); La Spezia 707 (5,68%); Trento 1.595 (5,42%); Pistoia 965 (5,23%); Bari 3.831 (4,93%); Foggia 2.066 (4,87%); Verona 2.998 (4,53%); Pisa 1.435 (4,44%); Catanzaro 1.065 (3,80%); Caserta 3.048 (3,67%); Ragusa 1.051 (3,65%); Sondrio 453 (3,42%); Padova 3.015 (3,22%); Ferrara 873 (3,19%); Udine 1.428 (3,10%); L'Aquila 948 (3,04%); Trapani 1.331 (2,94%); Pescara 1.252 (2,88%); Verbano-Cusio-Ossola 414 (2,73%); Palermo 3.336 (2,61%); Catania 3.547 (2,57%); Isernia 295 (2,08%); Taranto 1.520 (1,60%); Piacenza 789 (1,15%); Terni 662 (0,76%); Siracusa 1.211 (0,67%); Messina 1.856 (0,65%); Sassari 1.596 (0,19%); Lecce 2.523 (0,00%); Brindisi 1.206 (-0,08%); Caltanissetta 769 (-0,52%); Enna 450 (-2,17%); Novara 941 (-2,28%); Teramo 1.016 (-5,49%); Avellino 1.351 (-6,31%); Salerno 3.494 (-6,38%); Chieti 1.201 (-7,12%); Ascoli Piceno 635 (-8,37%); Gorizia 274 (-17,47%); Benevento 865 (-24,72%). "Nel primo trimestre del 2019 che abbiamo analizzato - ha detto Arvedo Marinelli, presidente nazionale dell'ANCOT - abbiamo rilevato che ben 104.456 soggetti hanno aderito al regime forfetario, pari a più della metà del totale delle nuove aperture (53,3%), con un aumento di adesioni di ben il 40% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. L'andamento è ovviamente condizionato dalle modifiche normative introdotte con la legge di bilancio 2019, che ha elevato a 65.000 euro il limite di ricavi per fruire del regime forfetario con l'introduzione anche di alcune agevolazioni contributive per coloro che aderiscono. Tali modifiche hanno quindi avuto un duplice effetto, da un lato hanno determinato un aumento complessivo delle aperture di partita Iva, dall'altro una ricomposizione delle aperture a favore della natura giuridica 'persona fisica' e a sfavore delle forme societarie"

Leggi Tutto »

Oltre un milione di famiglie famiglie senza lavoro né pensione

In Italia ci sono oltre 1,1 milioni di famiglie con due o piu' componenti dei quali almeno uno in eta' da lavoro che non hanno redditi da occupazione ne' possono contare su una pensione da lavoro: il dato emerge da un Report dell'Istat su famiglie e mercato del Lavoro riferito al 2018 secondo il quale le famiglie senza redditi si concentrano al Sud (778.000) mentre sono 213.000 al Nord e 161.000 al Centro. L'Istat fotografa un Paese nel quale sono prevalenti le famiglie monoreddito. Tra i nuclei con due o piu' componenti quelle con un solo occupato sono 5,7 milioni. Se si guarda solo alle coppie con figli la tipologia prevalente e' quella del solo padre occupato (32,7%) mentre quella con entrambi i genitori impegnati fuori casa a tempo pieno rappresenta il 27,5%. Le famiglie prive di redditi da lavoro e di pensione sono sempre piu' frequentemente quelle in cui e' presente un solo genitore con i figli con una percentuale in crescita dal 2004 da una su sette a una su cinque (circa 400.000 nuclei). Quasi l'80% delle famiglie senza redditi ha almeno un componente in cerca di lavoro o comunque disponibile anche se non impegnato in una ricerca attiva (quindi compreso nella forza di lavoro potenziale). Cresce il divario tra Nord e Sud nelle percentuali delle famiglie che hanno una doppia entrata. Le famiglie con due o piu' occupati al Nord sono il 54,3% del totale (recuperando i livelli del periodo pre crisi), al Centro il 48,9% mentre nelle Regioni del Mezzogiorno la media crolla al 29,3%. Nel complesso l'81,7% delle famiglie con almeno un 15-64enne ha almeno un occupato ma se in Trentino la percentuale e' del 90% in Calabria e' del 67,6% con un nucleo su tre con componenti in eta' da lavoro che non ha redditi da lavoro. Tra il 2004 e il 2018 e' aumentato il numero delle famiglie ed e' diminuito il numero medio di componenti. In particolare sono cresciuti i nuclei "unipersonali" (single, vedovi o separati) con un forte aumento sia per quelli di anziani sia per quelli con persone di meno di 65 anni. Su 25,9 milioni di famiglie totali quelle con un solo componente sono 8,66 milioni (oltre un terzo del totale). Le famiglie con un solo componente con meno di 65 anni sono 4,28 milioni con una prevalenza di uomini (2,47 milioni contro 1,81 di donne), dato in controtendenza rispetto a quello totale dove le donne sono la maggioranza grazie all'alto numero di anziane sole.

Leggi Tutto »