L’Osservatorio

Cnel: restano elevati i tempi dei pagamenti dei debiti a fornitori della P.A.

"Sensibili progressi si registrano nei ritardi dei tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche che restano comunque elevati. A prima vista, da una media di 180 giorni (anzi che i 90 previsti nei contratti) nei confronti dei propri fornitori, a 95 nel 2017, una riduzione del 47% in poco meno di sei anni. La tendenza al miglioramento sembra tuttavia essersi interrotta". E' quanto emerge dalla relazione annuale del Cnel sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai citta. Resta "molto critico tutto il comparto sanitario. L'Italia resta tuttavia tra i cattivi pagatori nella classifica europea, con punte di ritardo nel settore sanitario e in alcune regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia). Nella classifica dei 500 migliori pagatori della P.A. stilata dal Mef le regioni più virtuose (o meno viziose) sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana".

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Frena l’export italiano a maggio

Frena l'export italiano a maggio, dopo due mesi di aumenti congiunturale. Nel dettaglio, l'Istat stima un calo delle esportazioni dell'1,6% su base mensile, mentre le importazioni registrano un aumento dello 0,8%. La flessione dell'export su base annua e' pari a -0,8% e coinvolge esclusivamente l'area extra Ue (-2,8%) mentre per i paesi Ue si registra una crescita (+0,7%). Il surplus commerciale diminuisce di circa un miliardo di euro (da 4,344 miliardi a maggio 2017 a 3,378 miliardi a maggio 2018). Il saldo nei primi cinque mesi e' positivo per 13,895 miliardi, che salgono a 29,644 al netto dei prodotti energetici.

Tra i settori che contribuiscono in misura piu' rilevante alla diminuzione tendenziale dell'export nel mese di maggio, si segnalano autoveicoli (-10,0%), macchinari e apparecchi n.c.a (-3,0%), articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti. medici e altri prodotti n.c.a. (-7,8%) e sostanze e prodotti chimici (-4,2%), mentre nello stesso mese contribuiscono positivamente i prodotti petroliferi raffinati (+14,1%) e gli articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (+5,1%). Su base annua, i paesi che contribuiscono maggiormente al calo delle esportazioni sono paesi Opec (-16,6%), Turchia (-11,3%), Belgio (-6,8%), Russia (-10,7%) e Cina (-5,7%). Nel periodo gennaio-maggio 2018, la crescita tendenziale dell'export e' pari al 3% ed e' principalmente determinata da metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+6,4%), prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori (+3,6%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+4,9%) e articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+4,7%). L'indice dei prezzi all'importazione aumenta a maggio dello 0,6% su aprile e del 2,3% su base annua. Al netto dei prodotti energetici, l'indice diminuisce dello 0,1% in termini congiunturali e dello 0,4% in termini tendenziali. 

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Comieco, cresce la raccolta di carta e cartone

on quasi 3,3 milioni di tonnellate di materiale cellulosico raccolto dai Comuni (+52.600 tonnellate rispetto all'anno precedente) e un pro-capite che supera i 54 kg/abitante, la raccolta differenziata di carta e cartone in Italia nel 2017 è cresciuta del 1,6% rispetto al 2016. Risultati importanti che confermano il trend di incremento degli ultimi anni e che testimoniano come la raccolta differenziata sia ormai un'abitudine consolidata di senso civico. Sono i dati del 23simo rapporto annuale di Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo di Imballaggi a base cellulosica) presentati oggi a Palermo. A spingere il positivo risultato del 2017 - dice Comieco - è ancora una volta il Sud Italia con un +6,1%; a livello di raccolta pro-capite, l'Abruzzo ha confermato le performance migliori dell'area. Il Centro Italia è cresciuto dell'1,6% grazie soprattutto alle performance della già virtuosa Toscana. Il Nord si trova in una situazione di sostanziale stabilità, garantendo costanza in una raccolta già matura da anni anche se le performance migliorative di regioni storicamente ai vertici della classifica nazionale come Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Lombardia confermano che l'abitudine a fare bene stimola ognuno per la propria parte (filiera, amministrazioni, gestori e cittadini) ad un continuo sviluppo. "Dal 2014 Comieco sta investendo al Sud risorse importanti (8,3 milioni di euro stanziati fino ad oggi) per dare impulso alla raccolta. Un impegno che sta dando i suoi frutti se consideriamo che delle 52.600 tonnellate raccolte in più nel 2017 in Italia, oltre 41mila provengono dalle regioni meridionali - ha commentato Amelio Cecchini, neo presidente di Comieco - Siamo quindi sulla buona strada per diminuire sempre di più il divario tra regioni del Nord e quelle del Sud, ma nel Meridione ci sono ancora oltre 600mila tonnellate di carta e cartone che finiscono nell'indifferenziata e che potrebbero consentire a Comieco di corrispondere alle amministrazioni locali almeno altri 40 milioni di euro"

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Bankitalia, debito pubblico tocca nuovo record a 2.327 miliardi

Nuovo massimo storico per il debito pubblico dell'Italia. A maggio ha toccato i 2.327 miliardi di euro secondo i dati contenuti nel supplemento statistico di Bankitalia. Rispetto ad aprile il debito è aumentato di 14,6 miliardi. L'incremento è dovuto al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (7,6 miliardi) e all'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (5,4 miliardi, a 57,6; erano 58,9 a maggio 2017). L'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio ha aumentato il debito di 1,5 miliardi. Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 14,9 miliardi e quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,3 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. Il debito pubblico è in costante crescita dal mese di dicembre e tra maggio del 2017 e il maggio scorso è salito di 48 miliardi di eur

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Istat, numero laureati italiani molto al di sotto della media europea

La quota di 30-34enni in possesso di titolo di studio terziario (laurea, Afam e post laurea) è pari al 26,9% (39,9% la media Ue) nel 2017. Lo rende noto l'Istat nel Report sui livelli di istruzione. Nonostante un aumento dal 2008 al 2017 di 7,7 punti, l'Italia è la penultima tra i paesi dell'Unione e non è riuscita a ridurre il divario con l'Europa. La quota di 30-34enni laureati, già bassa nel Nord e nel Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce al 21,6%, con un divario territoriale in aumento

Nonostante in Italia i vantaggi occupazionali derivanti da più alti livelli di istruzione siano simili a quelli registrati nella media Ue, i tassi di occupazione restano inferiori a quelli europei (51,8%, 70,9% e 80,6% contro 55,6%, 75,7% e 85,3% rispettivamente per coloro che possiedono bassi, medi ed alti titoli di studio). A parità di livello di istruzione resta, tra uomini e donne, un rilevante svantaggio femminile anche tra quante hanno una laurea: 77% di occupate contro 85,7%. Nella popolazione con titolo terziario permangono ampie disuguaglianze territoriali (70,8% di occupati nel Mezzogiorno, 85,4% nel Nord), ancora più marcate per la componente femminile (65,7% nel Mezzogiorno, 82,2% nel Nord).

Restringendo il campo di osservazione alla generazione dei giovani di 30-34 anni, si stima che il premio occupazionale al crescere dei livelli di istruzione sia più contenuto rispetto a quanto osservato per le precedenti generazioni ed inferiore rispetto a quello medio europeo, anche i livelli occupazionali sono di molto inferiori ai valori europei.

Il tasso di occupazione dei laureati 30-34enni nelle diverse aree disciplinari è così distribuito: medicina e farmacia 84,3%, ambito scientifico e tecnologico 81,3%, area socio-economica e giuridica 75,3%, area umanistica e dei servizi 72,5%. Resta, in generale, sensibile l'incremento del tasso di occupazione al crescere del livello di istruzione: nel 2017, il tasso è del 54,8% per i giovani con al più un titolo secondario inferiore, del 70,5% per coloro in possesso di un titolo secondario superiore ed infine raggiunge il 77,3% per i giovani in possesso di titolo terziario (59,2%, 79,5% e 87,1% i rispettivi tassi medi europei). In Italia, il premio dell'istruzione - inteso come la maggiore occupabilità al crescere dei livelli di istruzione - è pari a 19,1 punti nel passaggio dal titolo secondario inferiore al titolo secondario superiore e a 9,7 punti nel confronto tra quest'ultimo ed il titolo terziario. I vantaggi nell'occupazione sono maggiori proprio laddove si rilevano le maggiori criticità, ossia per le donne e nel Mezzogiorno.

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Rapporto Agcom, internet è il mezzo piu’ amato dai pubblicitari

Internet è il mezzo piu' amato dai pubblicitari secondo la Relazione Agcom la pubblicità nel 2017 tiene ma solo grazie al web. La pubblicità sull'online cresce a due cifre e vale ora 2,2 mld (basti pensare che la raccolta pubblicitaria di quotidiani, periodici e radio assieme non arriva a 1,9 mld), mentre la televisione perde un 2% di ricavi. Il calo comporta comunque una significativa differenza tendenziale tra tv free (-3,5%) e tv pay (-0,2%). In generale, gli investimenti pubblicitari globali appaiono sempre più re-indirizzati dai media tradizionali alle piattaforme online, che complessivamente crescono di oltre il 12%. Google e Facebook "sono naturalmente i principali beneficiari di questo trend" ha affermato il presidente dell'Agcom. Che è tornato a sottolineare la crisi del comparto dell'editoria, che deve essere oggetto, dice, di una 'policy' dedicata. Il valore economico del settore dell'editoria quotidiana e periodica nel 2017 registra una ulteriore flessione: 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia il -5,2%. Il settore dei quotidiani in particolare registra una ulteriore contrazone dei ricavi, dell'8,9%. 

Il settore, ha detto Cardani illustrando la Relazione "nell'ultimo decennio ha perso all'incirca metà del suo peso economico". Ed "essendo qui in gioco non solo i destini di una filiera industriale, ma anche quelli di un bene di valore strategico e sociale quale l'informazione, la crisi di questo comparto e la contestuale ascesa di Internet quale tendenziale mezzo sostitutivo, si configura quale tema di policy che interroga in primis Governo e Parlamento e che richiede una riflessione di ampio respiro" ha osservato Cardani. Ai giornali si preferisce per molti versi internet (la cui credibilità nell'informazione è comunque ancora inferiore agli organi di stampa) e anche per la fruizione di video molti italiani puntano sullo streaming. Crescono in Italia gli accessi a banda larga e ultralarga da rete fissa: nel 2017 si è registrato un +3,8%. Gli abbonati broadband su rete fissa aumentano di circa un milione e raddoppiano gli accessi ultrabroadband (da 2,3 a 4,5 milioni). Alla base c'è la crescente domanda di contenuti video online su rete fissa (+30%). Il consumo di dati da parte degli utenti è cresciuto in misura ancora maggiore (+48% circa) nella telefonia mobile. 

A spiegare l'aumento di abbonati a internet veloce (sopra i 30 megabit) e superveloce, anche il diffondersi di servizi e copertura delle nuove reti (NGA che comprendono sia Fixed wireless access che broadband e fibra). Il numero totale di servizi all'ingrosso NGA è aumentato dell'80% in un anno e la copertura nel 2017 ha raggiunto l'87% delle famiglie, attestando così l'Italia al di sopra della media UE (80%). Cardani conia la definizione di 'tv liquida', che "è ormai una realtà 'consolidata'. Crescono le forme di accesso non tradizionali alla tv; in tal senso il 2017 può essere ricordato anche come l'anno della definitiva consacrazione della 'televisione liquida', con una stima di circa 3 milioni di cittadini che guardano abitualmente la tv in streaming e in numero 3/4 volte superiore (dai 9 ai 12 milioni n.d.r.) che scaricano abitualmente contenuti televisivi sui propri device". "La televisione tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta sia in termini di valore economico sia in termini di ascolti, con una audience media nel prime time serale stabilmente sopra i 25 milioni di contatti, come a fine 2016". Anche "la radio, come già nel 2016, registra segnali di tenuta e consolidamento delle proprie posizioni tradizionali sia in termini di ricavi complessivi (626 milioni di euro, -0,7%), sia in termini di audience"

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Istat, a maggio torna a crescere la produzione industriale

A maggio l'indice destagionalizzato della produzione industriale e' aumentato dello 0,7% rispetto ad aprile. Nella media del trimestre marzo-maggio la produzione e' diminuita dello 0,4% sul trimestre precedente. Lo ha reso noto l'Istat, informando che l'indice destagionalizzato mensile ha mostrato una crescita congiunturale in tutti i comparti. In particolare, hanno segnato variazioni positive l'energia (+1,2%), i beni intermedi (+0,9%), i beni strumentali (+0,4%) e i beni di consumo (+0,2%). Corretto per gli effetti di calendario, a maggio l'indice e' aumentato in termini tendenziali del 2,1%, poiche' i giorni lavorativi sono stati 22 come a maggio 2017. Nella media dei primi cinque mesi la produzione e' cresciuta del 2,8% su base annua. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a maggio 2018 variazioni tendenziali positive in tutti i raggruppamenti. Rilevanti gli incrementi per i beni strumentali (+3,1%), l'energia (+2,2%) e i beni di consumo (+2,1%) mentre piu' limitato e' stato l'aumento dei beni intermedi (+1,3%).

I settori manifatturieri che hanno registrato la maggiore crescita tendenziale sono la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+7,3%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+6,6%) e i macchinari e attrezzature n.c.a (+5,1%). Le maggiori flessioni sono state registrate invece nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (-1,6%) e della metallurgia e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-1,0%). 

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Casa, Istat: nel I trimestre prezzi in moderato calo, -0,4%

 Nel primo trimestre l'indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2017 (era -1,2% nel quarto trimestre 2017). Lo ha reso noto l'Istat. La flessione tendenziale "è da attribuire esclusivamente ai prezzi delle abitazioni esistenti che manifestano una variazione negativa pari a -0,8%, in attenuazione da -1,5% del trimestre precedente". I prezzi delle abitazioni nuove, invece, accelerano su base tendenziale passando dal +0,2% del quarto trimestre del 2017 al +1,3% del primo trimestre del 2018. Su base congiunturale la diminuzione è dovuta esclusivamente al calo dei prezzi delle abitazioni nuove (-1,3%), mentre quelli delle abitazioni esistenti registrano un aumento dello 0,2%. Il tasso di variazione acquisito dei prezzi per il 2018 risulta pari a -0,5%. "I dati recenti - è l'analisi dell'Istat - mostrano il consolidarsi della fase di moderata flessione dei prezzi delle abitazioni iniziata nel 2017, che ha interrotto la lieve ripresa del 2016, anno in cui si era registrato il forte incremento delle transazioni di immobili residenziali, evidenziato dai dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare-Omi dell'Agenzia delle Entrate (+18,4%) Non è stata infatti sufficiente la crescita dei prezzi delle abitazioni nuove per far tornare in territorio positivo le variazioni tendenziali dell'indice il cui andamento è sempre più determinato dalle abitazioni esistenti che pesano ormai per oltre l'80% nel calcolo degli indici del 2018".

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Dodici milioni di italiani rinunciano a curarsi per motivi economici

"Oltre 27 milioni di italiani desiderano aderire a un sistema sanitario mutualistico per evitare liste di attesa interminabili. Dunque dal sondaggio del Censis del 2016 sono ancora aumentati cittadini che vorrebbero un ritorno alla Cassa Mutua". E' quanto si legge in uno studio di Federcontribuenti-Fondosalute in cui si evidenzia come il sistema del mutuo soccorso, la famosa Cassa Mutua, è rimasta sempre nel cuore degli italiani. Inoltre nello studio emerge che 12 milioni di italiani rinunciano a curarsi per motivi economici e la rinuncia non riguarda solo gli anziani soli o con una pensione al minimo che sono stanchi delle lunghe attese per visite e ricoveri ma riguarda in particolare i giovani, una popolazione il cui stile di vita appare gia' di per sé allarmante, rileva Federcontribuenti-Fondosalute. In Italia, sempre secondo lo studio di Federcontribuenti-Fondosalute, il 24,8% dei giovani di età compresa tra 20 e 24 anni fuma, il 44,8% beve regolarmente alcolici fuori pasto e il 22,8% è in sovrappeso od obeso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità prevede un'epidemia globale di obesità in Europa entro il 2030

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In Italia ci sono 3,3 milioni di lavoratori in nero

In Italia ci sono 3,3 milioni di "lavoratori invisibili" che ogni giorno si recano nei campi, nei cantieri, nei capannoni o nelle case degli italiani per prestare la propria attività lavorativa. Pur essendo sconosciuti all'Inps, all'Inail e al fisco, gli effetti economici che producono questi soggetti sono importanti e pesantissimi. Secondo le ultime stime elaborate dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre, questo esercito di irregolari genera 77,3 miliardi di fatturato in nero all'anno, sottraendo al fisco un gettito di 42,6 miliardi di euro. Un importo, quest'ultimo, pari a oltre il 40% dell'evasione di imposta annua stimata dai tecnici del ministero dell'Economia e delle Finanze. Per contenere il fenomeno, secondo la Cgia bisognerebbe "ripristinare i vaucher". Dalle cifre emerse dall'elaborazione, la regione più a "rischio" è la Calabria che presenta 146 mila lavoratori in nero, ma un'incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,9%. Un risultato che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,2%). Questa situazione, secondo l'elaborazione della Cgia, si traduce in quasi 1,6 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato dalla Calabria. Segue la Campania che con 382.900 unità di lavoro irregolari "produce" un Pil in "nero" che pesa su quello ufficiale per l'8,8%. Le tasse che mediamente vengono a mancare in Campania ammontano a 4,4 miliardi di euro all'anno. Al terzo posto di questa graduatoria troviamo la Sicilia: con 312.600 irregolari e un peso dell'economia sommersa su quella complessiva pari all' 8,1%, le imposte e i contributi non versati sfiorano i 3,5 miliardi di euro all'anno. Il territorio meno interessato dalla presenza dell'economia sommersa è il Veneto: i 199.400 lavoratori in nero "causano" 5,2 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso (pari al 3,8%) che sottraggono al fisco quasi 2,9 miliardi di euro

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