L’Osservatorio

Clima, le aziende italiane stimano rischi per oltre 40 miliardi

 Le imprese italiane stimano oltre 40 miliardi di euro per i rischi collegati ai cambiamenti climatici ma meno di 1 azienda su 5 tra quelle interpellate ha obiettivi sufficientemente ambiziosi per ridurre le emissioni di gas serra. Il 76% delle citta', invece, rileva rischi legati al cambiamento climatico, ma solo 1 su 4 ha gia' completato una valutazione dei rischi e delle vulnerabilita', e solo il 12% ha gia' approvato un piano di adattamento. E' quanto emerge da un nuovo report su come le maggiori aziende, citta' e regioni italiane stanno affrontando il cambiamento climatico pubblicato oggi da Cdp, l'organizzazione no-profit che esegue indagini sull'ambiente. Il "Cdp Italy Report", presentato alla Cop25 alla presenza del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, analizza 45 aziende italiane, tra le piu' grandi e a maggior impatto ambientale, oltre a 34 citta' e regioni che rappresentano oltre un terzo delle popolazione in Italia. I rischi piu' segnalati dalle citta' sono forti precipitazioni, ondate di caldo, e alluvioni. Venezia, Roma e Parma presentano l'indice di rischio maggiore, che riflette il numero di rischi riportati da una citta' e la loro pericolosita'. Allo stesso tempo, tale dato dimostra anche che queste citta' sono maggiormente consapevoli di essere esposte a tali rischi, un primo e fondamentale passo per la loro gestione, osserva Cdp. Per le aziende, circa 37 miliardi dei 40 stimati sono collegati ai rischi di trasformazione del business, come cambiamenti regolatori e di mercato. Ulteriori 7 miliardi di potenziale impatto finanziario sono stati identificati come risultato di rischi di natura fisica, che comprendono eventi meteorologici estremi come siccita' e alluvioni che influiscono sulle attivita' di business. Tuttavia, le imprese vedono importanti opportunita' derivanti dall'adattamento dei loro modelli di business all'impiego di tecnologie a piu' basse emissioni di carbonio. Le aziende stimano 67 miliardi di potenziali opportunita' finanziarie, la maggior parte relative allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi con livelli piu' bassi di carbonio

Il ministro per l'Ambiente Sergio Costa spiega che "la nostra collaborazione con Cdp rappresenta un esempio della leadership dell'Italia in Europa e il nostro impegno nel promuovere una maggiore consapevolezza da parte di aziende, citta', stati e regioni italiane sul proprio impatto e rischi ambientali". Questo consente di "monitorare i nostri progressi e aumentare la nostra ambizione". Sebbene il 60% delle aziende abbia gia' fissato obiettivi di riduzione delle emissioni totali, afferma Cdp, meno di 1 su 5 ha obiettivi che coprono almeno il 70% delle emissioni derivanti da attivita' dirette e dall'impiego di energia. Solo due aziende italiane, Enel e Danieli Officine Meccaniche, hanno ufficialmente visto approvati i propri obiettivi di riduzione delle emissioni come "basati sulla scienza". Oltre 280 aziende nel mondo hanno gia' fissato obiettivi di questo tipo, che definiscono un percorso per la decarbonizzazione in linea con gli obiettivi dell'accordo di Parigi. Tra le autorita' locali e regionali, oltre il 60% delle citta' e regioni italiane che hanno fornito i propri dati a Cdp ha stabilito obiettivi di riduzione delle emissioni. Tra le regioni incluse nel rapporto, 5 delle 9 (Abruzzo, Emilia-Romagna, Piemonte, Sardegna e Veneto) collaborano con le citta' nei loro territori per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica fissati. Nel 2019, l'Abruzzo e' stata la prima regione italiana a lavorare attivamente per supportare tutte le principali citta' sul territorio (Chieti, L'Aquila, Pescara, Teramo) nel monitoraggio dei dati ambientali. Tuttavia, la maggior parte delle citta' e' ancora in una fase di sviluppo delle valutazioni di vulnerabilita' e dei piani di adattamento. Meno di 1 su 4 ha gia' portato a termine una valutazione delle vulnerabilita' e solo il 12% ha gia' redatto un piano di adattamento, sebbene il 36% ne stia sviluppando uno e l'8% stia pianificando di farlo a breve. Steven Tebbe, Managing Director di Cdp Europa, afferma che questo rapporto "chiarisce che gli obiettivi di taglio di emissioni delle imprese non sono abbastanza ambiziosi e c'e' ancora molta strada da fare per essere in linea con gli obiettivi dell'accordo di Parigi".

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Salute, alti livelli di assistenza oncologica in 9 Regioni e criticità al Sud

L’Italia mostra ancora forti disomogeneità territoriali per qualità dell’assistenza oncologica. Nove Regioni mostrano livelli elevati di adeguatezza nella cura dei tumori: Piemonte, Valle d’Asta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana. Il livello è buono anche nelle Marche, Umbria e Lazio. Ampi, invece, i margini di miglioramento al Sud, anche se passi in avanti importanti sono stati realizzati in Puglia e Campania con la recente istituzione delle reti oncologiche regionali. La presenza dei Pdta (percorsi diagnostico, terapeutico, assistenziali) per le patologie oncologiche, che garantiscono maggiore appropriatezza e chiarezza dei percorsi, è distribuita in maniera eterogenea tra le Regioni del Nord (in cui si supera una copertura dell’85%), del Centro (67%) e del Sud (52%). Nel Centro-Nord è costante la valutazione multidisciplinare del paziente, garanzia di un migliore percorso di cura, e sempre al Centro-Nord è più facile trovare più adeguata risposta ai propri bisogni, grazie all’assistenza domiciliare e al supporto delle Associazioni di volontariato, disseminate sul territorio. Sono i dati principali del report 'Le disparità regionali in oncologia: analisi ed azioni' presentato oggi a Roma in un convegno nazionale e stilato da All.Can Italia, coalizione che si propone di ridefinire il paradigma di gestione del cancro, adottando un’ottica interamente centrata sul paziente. All.Can ha valutato le Regioni in relazione a quattro aree di miglioramento (accesso all’innovazione, ospedali senza mura e cure palliative, cura giusta nel posto giusto, turismo salutare). L’accesso alle cure domiciliari e palliative rimane, comunque, difficile in tutto il Paese: solo Emilia-Romagna e Toscana sono in grado di assicurare una migliore assistenza domiciliare integrata, con oltre 280 assistiti ogni 10.000 abitanti contro una media nazionale di 96. L’innovazione che permette di ridurre l’invasività della chirurgia è invece più accessibile in Liguria, Umbria e Toscana, con importanti benefici in termini di riduzione del rischio di infezioni e diminuzione dei tempi di recupero post-operator, mentre l’accesso ai servizi di radioterapia è più facilitato in Umbria (4,5 posti letto in radioterapia per 1 milione di abitanti), Emilia-Romagna (3,82) e Toscana (3,74).

La presenza delle reti oncologiche e la facilità nell’accedervi risultano fattori fondamentali nel determinare un sistema di cura comune e condiviso che riduca gli sprechi derivanti dalla mancata applicazione dei Pdta e dei criteri del dm 70/2015, consentendo così il reinvestimento in personale e nella tecnologia digitale, a partire dal fascicolo sanitario oncologico, e l’implementazione dei punti unici di accesso alle cure oncologiche. Nel 2019 in Italia sono stimati 371.000 nuovi casi di tumore e sono più di 3 milioni e quattrocentomila i cittadini che vivono dopo la diagnosi. 

Il Servizio sanitario nazionale ha chiesto agli ospedali di aumentare la loro efficienza. Per l’oncologia, lo standard prevedeva 1 reparto ogni 300.000 abitanti ma, con una norma specifica (dm 70/15), si passa a 1 reparto ogni 600.000 abitanti.

E' ancora alto nel nostro Paese il livello di mobilità sanitaria. Se infatti il Friuli Venezia Giulia si caratterizza per il maggiore equilibrio tra posti letto e numero di pazienti, molti cittadini del Sud si spostano al Nord soprattutto per la cura dei tumori che richiedono ricovero, con importanti ripercussioni di ordine economico. Le Regioni con il più elevato indice di fuga sono Abruzzo (71,21), Calabria (60,45), Puglia (44,58) e Sicilia (36,2). Il valore economico della mobilità oncologica per il cittadino ammonta a 10 miliardi di euro l’anno ed è il risultato delle carenze nell’organizzazione dei percorsi di cura. Questa mobilità infatti non è necessariamente motivata dalla qualità dell’offerta.

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In 10 anni aumentati del 48% imprenditori stranieri

Al primo semestre del 2019 i titolari di impresa nati all'estero che esercitano la propria attivita' nel nostro Paese sono 452.204 e rappresentano il 14,9% dei 3.037.661 titolari di impresa attivi in Italia. L'81,1% di questi (367.104) proviene da un Paese extracomunitario. Le imprese straniere sono enormemente cresciute anche negli anni della crisi: dal 2008 al 2019, mentre gli imprenditori italiani diminuivano del 16,3%, quelli stranieri sono aumentati del 48,4% (quelli extracomunitari del 57,6%). Lo si evince dal 53 Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Le citta' metropolitane si trovano ai vertici del ranking provinciale costruito sulla base della numerosita' dei titolari di impresa stranieri attivi: al primo posto si trova Roma, con 45.759 titolari di impresa nati all'estero, pari al 10,1% del totale, seguita da Milano (36.729, l'8,1%), Napoli (21.460, il 4,7%) e Torino (20.741, il 4,6%). In queste quattro aree metropolitane e' concentrato il 27,5% del totale dei titolari di impresa stranieri. La graduatoria dell'incidenza degli imprenditori stranieri sul totale dei titolari di impresa invece e' guidata da Prato, dove rappresentano il 47,3% del totale. Secondo un'indagine del Censis, il 76,7% degli imprenditori stranieri ha avuto precedenti esperienze come imprenditore in Italia o nel Paese di origine, il 71,9% ha almeno una persona alle proprie dipendenze, il 59,9% e' in attivita' da piu' di tre anni e il 76,6% si dichiara del tutto (21,3%) o in parte (55,3%) soddisfatto dell'andamento della sua attivita'.

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Dal 1° gennaio Bonus sociale acqua, luce e gas per 200mila nuove famiglie

Dal 1° gennaio 2020 il Bonus sociale acqua, luce e gas sarà esteso a 200 mila nuove famiglie. L'Autorità di reagolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) alza infatti da 8.107,5 a 8.256 euro la soglia massima ISEE (indicatore situazione economia equivalente) per poter ottenere il Bonus sociale di sconto da applicare sulle bollette di acqua, luce e gas. Restano invece invariate le condizioni alternative per ottenerlo: famiglie con almeno 4 figli a carico e ISEE non superiore a 20 mila euro, nucleo titolare di Reddito/Pensione di cittadinanza oppure per i casi in cui una grave malattia costringa all'utilizzo di apparecchiature mediche alimentate con l'energia elettrica (elettromedicali) indispensabili per il mantenimento in vita. È quanto prevede la delibera 499/2019/R/com che ha adeguato la soglia ISEE sulla base dell'indice dei prezzi ISTAT. Importante però che i cittadini si attivino per richiederlo al proprio Comune di residenza o presso un ente designato come CAF e Comunità montane. Da quando esiste questa agevolazione, infatti, le persone che effettivamente hanno richiesto e ottenuto il bonus di sconto non è andato oltre il 35% degli aventi diritto. Anche per questo l'ARERA accoglie con favore le possibili novità in via di introduzione nel cd Decreto fiscale (articolo 57 bis dl 124 del 2019), in fase di conversione in Legge, che prevedono l'introduzione del Bonus rifiuti e l'allargamento del Bonus acqua non solo al consumo ma anche ai costi relativi a fognatura e depurazione, e dal 2021 il riconoscimento automatico dei Bonus applicati direttamente in bolletta alle famiglie che ne hanno diritto senza necessità di doverlo richiedere come avvenuto finora. "Attendiamo il provvedimento in fase di approvazione, che registrerebbe i nostri ripetuti appelli in merito all'automatismo del bonus - dichiara Stefano Besseghini, presidente ARERA -. Con la segnalazione del giugno scorso a Parlamento e Governo abbiamo infatti chiesto di cambiare l'attuale legge per azzerare le incombenze delle famiglie e applicare automaticamente il bonus in bolletta, consentendo lo scambio dei dati necessari tra le amministrazioni interessate e valorizzando il ruolo dei Comuni a supporto e informazione dei cittadini. Garantiremmo così la copertura della spesa energetica e idrica a circa 2,4 milioni di famiglie pari a circa 7,4 milioni di persone". La domanda va presentata presso il Comune di residenza o presso un altro ente designato dal Comune (CAF, Comunità montane). 

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Istat, il Pil frena a +0,2% nel 2019 e accelera a +0,6% nel 2020

Nel 2019, il prodotto interno lordo (Pil) e' previsto aumentare dello 0,2% in termini reali, "in deciso rallentamento rispetto all'anno precedente". Lo rileva l'Istat nelle previsioni delle 'Prospettive per l'economia italiana nel 2019 e 2020' aggiungendo che la crescita risulterebbe "in lieve accelerazione" nel 2020, allo 0,6%.

L'economia italiana continua a essere caratterizzata "da una prolungata fase di bassa crescita della produttività", sottolinea l'istituto. Nel periodo 2014-2018, in Italia la produttivita' del lavoro, misurata in termini di ore lavorate, e' aumentata in misura contenuta (+0,3% la crescita media annua), con un ampliamento del divario rispetto all'area euro (+1,0%). In particolare, nel 2018 la produttivita' del lavoro e' diminuita dello 0,3%, sintesi di una crescita delle ore lavorate (+1,3%) superiore a quella del valore aggiunto (+1,0%). L'andamento della produttivita' si lega con la dinamica particolarmente modesta dei ritmi produttivi che si estende anche all'anno corrente. Nel terzo trimestre, il Pil italiano ha evidenziato un modesto aumento, di intensita' uguale a quello dei precedenti tre trimestri (+0,1%). La crescita e' stata alimentata dal contributo positivo della domanda nazionale al netto delle scorte (+0,2 punti percentuali) spinta dal recupero dei consumi privati. La componente estera netta ha fornito un contributo negativo a seguito del rallentamento delle esportazioni di beni e servizi e dell'incremento delle importazioni. Nel dettaglio, nell'anno corrente, spiega l'Istat, la domanda interna al netto delle scorte fornirebbe un contributo positivo alla crescita del Pil pari a 0,8 punti percentuali; l'apporto della domanda estera netta risulterebbe moderatamente positivo (+0,2 punti percentuali) mentre la variazione delle scorte fornirebbe un impulso ampiamente negativo (-0,8). Nel 2020, il contributo della domanda interna si manterrebbe su livelli simili a quelli dell'anno corrente (+0,7), la domanda estera netta contribuirebbe ancora positivamente (+0,1) mentre le scorte fornirebbero un contributo negativo ma di intensita' contenuta (-0,2 punti percentuali). I dati sulla fiducia delle famiglie mostrano un orientamento negativo. A novembre, l'indice del clima di fiducia dei consumatori ha segnato una forte flessione a seguito del peggioramento di giudizi e attese sulla situazione economica italiana e dell'aumento delle aspettative sulla disoccupazione. L'indice di fiducia delle imprese ha registrato, invece, un lieve aumento, legato all'evoluzione positiva dei giudizi e delle attese sugli ordini nel settore dei servizi. I livelli sono comunque significativamente inferiori a quelli medi del 2018. Nel settore manifatturiero, per il quale l'indice ha segnato una lieve diminuzione, i giudizi sul livello degli ordini sia interni sia esteri sono peggiorati. L'indicatore anticipatore segnala il proseguimento della fase di modesta dinamica dei livelli di attivita' economica.

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Istat,in Italia 2,3 di famiglie hanno vivono con persone con limitazioni gravi

In Italia sono circa due milioni e trecentomila le famiglie nelle quali vive almeno una persona con limitazioni gravi. E' quanto emerge dal rapporto Istat "Conoscere la disabilita'". Per assistere il familiare con disabilita' il 32,4% delle famiglie riceve sostegno da reti informali; si tratta - sottolinea l'Istat - di una percentuale quasi doppia rispetto al totale delle famiglie che e' del 16,8%. La rete informale di aiuti alle famiglie non consente di fare a meno dei servizi a pagamento. Sono, infatti, comparativamente molto di piu' le famiglie con disabili che vi fanno ricorso: il 24,4% contro il 10,1% del resto delle famiglie. Le famiglie in cui vivono persone con disabilita' faticano a conciliare la carriera lavorativa e l'attivita' di cura: solo il 24,5% ha almeno un componente della famiglia in una posizione apicale o intermedia nella propria attivita' lavorativa (nel resto delle famiglie e' il 30%). Le condizioni economiche complessive sono peggiori rispetto a quello del resto delle famiglie: il loro reddito annuo equivalente medio e' di 17.476 mila euro inferiore del 7,8% di quello nazionale.

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Sondaggio, la Lega di Matteo Salvini torna a crescere

 La Lega di Matteo Salvini torna a crescere dopo una battuta di arresto della scorsa settimana e si attesta al 33,8 dal 33,1%. Scendono tutti i partiti di governo: il Pd cala al 17,7 dal 18,1, Movimento Cinque Stelle scende al 15,5 dal 16,5 e Iv cala al 4,9 dal 5,5. Sono i dati che emergono da un sondaggio Swg in merito alle intenzioni di voto. Nel Centrodestra, Fratelli d'Italia resta sopra il tetto del 10. Fi scende invece al 5,1 dal 6. Per la prima volta viene rilevato il partito di Calenda, Azione, che e' al 3,3 come la Sinistra. Nota informativa: valori espressi in%. Date di esecuzione:27 novembre-2 dicembre 2019.Metodo di rilevazione: sondaggio CATI-CAMI-CAWI su un campione rappresentativo nazionale di 1.500soggetti maggiorenni

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Rottamazione-ter e saldo e stralcio, ultima chiamata per 1,8 milioni di contribuenti

Lunedi' 2 dicembre  scade il termine per il pagamento della rata per chi ha aderito alla "rottamazione-ter" e al "saldo e stralcio" delle cartelle (ci sono comunque 5 giorni di 'tolleranza'). Si tratta dell'ultima chiamata per 1,8 milioni di contribuenti che dovrebbe portare nelle casse dello Stato almeno 1,2 miliardi di euro che si aggiungeranno agli 1,6 miliardi gia' incassati a luglio in occasione della prima rata della rottamazione-ter, per un gettito complessivo nel 2019 di 2,8 miliardi atteso dai due provvedimenti di definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo. L'obiettivo di incasso per l'anno in corso e' contenuto nell'atto aggiuntivo tra Mef e Agenzia delle entrate-Riscossione illustrato il mese scorso dal presidente dell'Ente Antonino Maggiore durante l'audizione allla Camera. In quella occasione e' emerso che la prima rata della rottamazione-ter, scaduta il 31 luglio, ha registrato pagamenti superiori alle attese e pertanto a fine anno il risultato complessivo potrebbe anche essere piu' alto del previsto. In effetti la platea dei contribuenti interessati e' molto ampia. La scadenza del 2 dicembre (il termine fissato al 30 novembre cade di sabato ed e' posticipato al lunedi' successivo) riguarda il pagamento della prima rata di circa 385 mila contribuenti che hanno aderito al "saldo e stralcio" e di circa 267 mila "ritardatari" della "rottamazione-ter", cioe' chi ha usufruito della riapertura dei termini fino al 31 luglio 2019 per presentare la domanda (la scadenza iniziale era fissata al 30 aprile 2019). A questa platea si aggiungono circa 1 milione 170 mila contribuenti che hanno aderito alla "rottamazione-ter" entro il 30 aprile, compresi coloro che hanno mancato l'appuntamento della prima rata fissato allo scorso 31 luglio. Per questi ultimi, infatti, e' prevista la possibilita' di rientrare nei benefici della "rottamazione" saldando prima e seconda rata entro il 2 dicembre. Alla stessa data e' fissato il termine per il pagamento della seconda rata della "rottamazione-ter" per i contribuenti che hanno versato la prima entro lo scorso 31 luglio. Il mancato, insufficiente o tardivo pagamento anche di una sola rata, oltre la tolleranza di cinque giorni prevista per legge (sono validi i pagamenti effettuati entro il 9 dicembre 2019), determina l'inefficacia della definizione agevolata, il debito non potra' essere piu' rateizzato e l'Agente della riscossione dovra' riprendere le azioni di recupero

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Pil acquisito per il 2019 a +0,2%

La variazione acquisita del Pil per il 2019 e' pari allo 0,2%. Lo rileva l'Istat dando conto della crescita che si avrebbe a fine anno se l'ultimo trimestre presentasse un Pil fermo in termini congiunturali.

 In Italia prosegue "la fase di quasi ristagno dell'attivita' economica che dura ormai da poco meno di due anni". Lo scrive l'Istat commentando i dati sul Pil del terzo trimestre del 2019. Dall'inizio del 2018, infatti, il Prodotto interno lordo oscilla intorno allo zero virgola, collezionando aumenti consecutivi di un decimo di punto, interrotti solo dalla recessione tecnica tra il secondo e il terzo trimestre dello scorso anno.

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Boom per il turismo in Italia nel 2018

Boom per il turismo in Italia nel 2018.Roma è ancora regina della classifica delle città più visitate, mentre Venezia acquista sempre più interesse e affianca Milano sul podio. E poi, fra chi arriva nel nostro Paese, i tedeschi rappresentano la fetta più importante (27,1%). Ecco alcuni dei principali resi noti dall'Istat in un report sul tema.Nel corso dell'anno scorso, "gli esercizi ricettivi italiani, con circa 428,8 milioni di presenze e 128,1 milioni di arrivi, hanno raggiunto un nuovo massimo storico, superando il picco già raggiunto nel 2017. Con una quota del 13,6% sul totale della Ue28 - riferisce l'Istituto di statistica - l'Italia è il terzo Paese in Europa per numero di presenze negli esercizi ricettivi, dopo Spagna e Francia". Intanto, continua la dinamica positiva della domanda interna di turismo, con un aumento sia degli arrivi (+3,6%) sia delle presenze (+1,1%) di clienti residenti in Italia. L'incremento della clientela residente - segnala ancora l'Istituto nazionale di statistica - ha interessato soprattutto le presenze nelle strutture extra-alberghiere (+1,7% rispetto al 2017).Nel 2018, ancora, si stima che le vacanze rappresentino circa l'85% dei viaggi effettuati dai residenti pernottando negli esercizi ricettivi italiani (91,0% delle notti), in aumento del 13,9% rispetto all'anno precedente (+8,3% in termini di notti), consolidando il trend positivo registrato a partire dal 2016. E non solo. I residenti che pernottano in alberghi, b&b, agriturismi e altre strutture ricettive in Italia spendono in media 365 euro per viaggio e 83 euro per notte, in diminuzione rispetto al 2017 (rispettivamente -9,7% e -4,6%) attestandosi ai livelli del 2016.Andando nel dettaglio, Roma si conferma la principale destinazione con circa 29 milioni di presenze (6,8% del totale nazionale; 4,1% della clientela nazionale e 9,4% di quella estera). Venezia guadagna un posto in graduatoria e affianca al secondo posto Milano (entrambe con 12,1 milioni di presenze circa, pari al 2,8% di quote). Rispetto al 2017, la Capitale rileva un +7,6% di presenze, in vantaggio sulla Serenissima (+3,7%) e sul capoluogo lombardo (+1,7%).Ma c'è di più. La Germania è storicamente il principale Paese di provenienza dei turisti stranieri ospiti in Italia. L'anno scorso, i cittadini tedeschi hanno fatto registrare quasi 59 milioni di notti trascorse, con una quota sul totale delle presenze di turisti non residenti pari al 27,1%. Seguono, con percentuali molto più basse, coloro che provengono da Stati Uniti, Francia, Regno Unito (tutte intorno ai 6,5 punti percentuali) e quelli in arrivo da Paesi Bassi, Svizzera, Liechtenstein e Austria (circa 5%). 

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