L’Osservatorio

Sanità, Abruzzo fuori dalle regioni in area critica

Sono sei, e tutte del Sud, "le regioni in area critica" per quello che riguarda le performance dei servizi sanitari regionali: Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna. Mentre i cittadini che beneficiano dei migliori livelli di tutela della salute sono quelli che vivono a Trento, Toscana e Bolzano. Ma "la distanza tende a ridursi, proporzionalmente al progressivo superamento delle condizioni di ritardo delle regioni in Piano di rientro". Ad aggiornare la fotografia e' il nuovo rapporto Crea Sanita', dell'Universita' di Tor Vergata di Roma. Il rapporto "La misura della Performance dei SSR", spiega Federico Spandonaro, coordinatore del Crea Sanita', "si pone l'obiettivo di fornire una valutazione delle opportunita' di tutela della salute di cui i cittadini dispongono in funzione della loro residenza". Il divario Nord-Sud nel Servizio sanitario si rispecchia nella misurazione delle performance regionali, ovvero indicatori espressi in percentuali e costituiti da 5 aspetti: appropriatezza dell'assistenza, esiti delle cure, equita' di accesso, innovazione e situazione finanziaria. In particolare, si legge, "in area critica si trovano Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna, con valori di performance che arrivano fino al 31%". Trento, Toscana e Bolzano "offrono un livello di opportunita' significativamente superiore alle altre (performance tra 63% e 70%). Altre 6 regioni, ovvero Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Piemonte, sono sempre parte dell'area dell'eccellenza e con una performance tra 57% e 61%. Infine,6 regioni, ovvero Liguria, Valle d'Aosta, Marche, Lazio,Abruzzo e Molise, "rimangono in una posizione intermedia con livelli abbastanza omogenei, compresi nel range 44-52%. Il rapporto, conclude Spandonaro,mostra che per superare il gap la chiave di volta e' puntare sull'innovazione organizzativa"

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Istat: A maggio vendite dettaglio grande distribuzione -0,4%

Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, a maggio il valore delle vendite al dettaglio registra una diminuzione sia per la grande distribuzione (-0,4%) sia, in misura più rilevante, per le imprese operanti su piccole superfici (-3,6%), mentre si presenta crescita il commercio elettronico (+10,6%). Lo rileva l'Istat, osservando che come si confermi l'ampliamento, già osservato in aprile del differenziale di crescita tra le imprese di piccola dimensione, sotto i 5 addetti, che vedono una flessione tendenziale del 4,8%, e quelle grandi, con oltre 50 addetti, che registrano un modesto incremento (+0,4%)

Una dinamica simile, seppure meno ampia, caratterizza i primi cinque mesi del 2019. Le vendite delle piccole imprese risultano infatti in calo (-1,4% rispetto allo stesso periodo del 2018), mentre le grandi imprese, nello stesso arco temporale, mostrano un incremento dell'1,4%.

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La classifica delle università italiane secondo il Censis

Bologna, Padova Firenze e La Sapienza. Sono questi i grandi atenei al top della classifica Censis delle Universita' italiane (edizione 2019/2020) che vede poi al vertice del nuovo ranking degli atenei statali e non statali (in base a strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio, livello di internazionalizzazione, occupabilita' e comunicazione) anche Perugia, Trento, Camerino (a seconda della grandezza dell'ateneo) mentre per i politecnici svettano Milano e Torino e per le universita' non statali la Bocconi di Milano. E prosegue la crescita delle immatricolazioni: per il quarto anno consecutivo, nell'anno accademico 2017-2018 si e' registrato un aumento(+1,3% rispetto all'anno accademico precedente). L'istruzione universitaria e' stata scelta dal 47% dei 19enni. Sono i gruppi disciplinari economico e ingegneria industriale e dell'informazione ad assorbire le quote piu' alte di immatricolati (rispettivamente, il 15,5% e il 12,5%). Ma non in maniera omogenea su tutto il territorio: bene al Nord, in calo al centro e al Sud.

Tra i mega atenei statali (con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l'Universita' di Bologna, con un punteggio complessivo pari a 90,8. Segue, come l'anno scorso, l'Universita' di Padova (88,7). Al terzo posto l'Universita' di Firenze (86,3), che, pur incrementando di 3 punti l'indicatore relativo alla dotazione di strutture per gli studenti, scende di una posizione. La Sapienza di Roma e' stabile al quarto posto (84,3), inseguita dall'Universita' di Torino (83,0), che sale dal settimo al quinto posto e supera Pisa (82,5), che retrocede al sesto. Ultima tra i mega atenei statali e' l'Universita' di Napoli Federico II, preceduta dall'Universita' di Catania. L'Universita' di Bari e' terzultima e sostituisce la Statale di Milano, che guadagna una posizione.

L'Universita' di Perugia e' ancora al vertice della classifica dei grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 91,2. Tiene la seconda posizione l'Universita' della Calabria (90,2), che vede aumentare di 4 e 3 punti rispettivamente gli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione. Mantengono la terza e la quarta posizione le Universita' di Parma e di Pavia (rispettivamente, 89,7 e 88,0 punti). Al quinto posto si afferma l'Universita' di Modena e Reggio Emilia (87,3), che rimpiazza l'Universita' di Cagliari, scivolata in nona posizione (83,5), soprattutto a causa della perdita di 13 punti per borse di studio e altri interventi in favore degli studenti e di 5 punti nell'internazionalizzazione. Segue al sesto posto l'Universita' di Salerno, che guadagna otto posizioni grazie agli incrementi dei punteggi per borse di studio, strutture, servizi digitali. Penultima tra i grandi atenei e' l'Universita' di Roma Tre (79,0 punti). Chiudono la classifica, con il punteggio ex aequo di 75,5, le Universita' della Campania e di Chieti e Pescara.

E' l'Universita' di Trento a guidare la classifica dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 97,0. Con un incremento di 9 e 7 punti rispettivamente negli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione, l'ateneo guadagna due posizioni rispetto allo scorso anno e rimpiazza l'Universita' di Siena, che passa al secondo posto con 95,3 punti. La terza posizione e' condivisa dagli atenei friulani: l'Universita' di Trieste e l'Universita' di Udine ottengono lo stesso punteggio di 91,2. Sono entrambe in ascesa, provenendo dalla quarta (Trieste) e dalla nona posizione (Udine): borse di studio, strutture per gli studenti, comunicazione e servizi digitali sono gli indicatori che, con diversa intensita', hanno agevolato la scalata della classifica. Invece scende dalla seconda alla quinta posizione l'Universita' di Sassari, penalizzata dalla perdita di 12 punti nell'indicatore sulla internazionalizzazione. Chiudono il ranking, rispettivamente all'ultimo, penultimo e terzultimo posto, l'Universita' di Napoli L'Orientale, l'Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro e l'Universita' di Napoli Parthenope.  Nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) primeggia anche quest'anno l'Universita' di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 93,0. Anche la seconda e la terza posizione restano invariate. Seconda e' l'Universita' di Foggia (82,2), incalzata in terza posizione dall'Universita' di Cassino (82,0). Il quarto e il quinto posto sono occupati dalle Universita' della Basilicata (81,3) e dell'Insubria (80,5), che risalgono ciascuna di due posizioni. In penultima e ultima posizione ci sono rispettivamente l'Universita' del Sannio e l'Universita' del Molise.

Al primo posto il Politecnico di Milano (con un punteggio complessivo pari a 95,8), al secondo il Politecnico di Torino (91,5), che fa retrocedere in terza posizione lo Iuav di Venezia, seguito dal Politecnico di Bari, che chiude la classifica. Tra i grandi atenei non statali (oltre 10.000 iscritti) in prima posizione c'e' anche quest'anno l'Universita' Bocconi (96,8), seguita dall'Universita' Cattolica (87,4). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) la Lumsa si colloca in prima posizione (90,0), seguita con un distacco minimo dalla Luiss (89,8), mentre lo Iulm e' al terzo posto (83,0). Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti) la Libera Universita' di Bolzano continua a occupare il vertice della classifica (con un punteggio complessivo pari a 102,4), seguita dalla Liuc Universita' Cattaneo (91,0) e dall'Universita' Roma Europea (83,6), che passa dalla ottava posizione dello scorso anno alla terza. Chiude la graduatoria l'Universita' Lum Jean Monnet, preceduta dall'Universita' della Valle d'Aosta.

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Gli italiani e le spese con la quattordicesima

Quattordicesima in arrivo anche per i pensionati: scade oggi 8 luglio, infatti, il termine ultimo per il pagamento della mensilità aggiuntiva da parte dell'INPS. A riceverla in questo mese dall'Istituto di Previdenza saranno circa 3,15 milioni di italiani, per un importo medio di 525 euro a persona. Un'iniezione di liquidità aggiuntiva che raggiunge complessivamente il valore di circa 1,65 miliardi. Ma che è per massima parte già impegnata: l'82% dell'ammontare della quattordicesima dei pensionati sarà infatti assorbito dalle spese obbligate, dalla salute alle bollette (ed il fisco), mentre solo l'8% andrà al risparmio, ed un ancora più esiguo 5% verrà destinato ai consumi. È quanto emerge dalle elaborazioni dell'Ufficio Economico di Fipac - l'associazione dei pensionati autonomi di Confesercenti - sulla base di un sondaggio somministrato da SWG a un campione di 1.300 pensionati. L'incidenza delle spese obbligate sulla quattordicesima per i pensionati (82%) è sensibilmente più alta della media dei percettori della mensilità in più, che a questa voce dedicano solo il 49% del monte complessivo. Per i pensionati, a pesare sono soprattutto le spese per la salute, in cui verrà investito il 25% della somma aggiuntiva: è il 13% nella media della popolazione generale. Seguono le bollette - spesso arretrate - che impegnano in media il 23% della quattordicesima: un dato anche in questo caso sensibilmente più alto del 10% segnalato dal resto dei beneficiari. I pensionati spendono di più anche per finanziamenti e mutui, per i quali sarà vincolata una quota del 18% della quattordicesima, contro il 14% medio della platea. Anche l'erario gioca la sua parte: in media, il 16% della mensilità aggiuntiva verrà usata per saldare i conti in sospeso con il fisco. 

Ridotte quasi all'osso, invece, le risorse che verranno dedicate al risparmio o ai consumi. L'indicazione dei pensionati è che solo l'8% sarà vincolato a forme di risparmio (4% risparmio vero e proprio, 4% come investimento), mentre la quota che verrà utilizzata per i consumi è il 5%: 2% per una vacanza, e 3% per altre spese, come i saldi estivi, iniziati in tutta Italia proprio lo scorso fine settimana. 

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Istat, prosegue la debolezza del settore produttivo ma migliorano lavoro e potere d’acquisto

"L'economia italiana appare caratterizzata dal proseguimento della fase di debolezza dei ritmi produttivi associata pero' a miglioramenti sul mercato del lavoro e del potere d'acquisto delle famiglie". Lo rileva l'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia. "A giugno - spiega l'istituto - l'indice del clima di fiducia dei consumatori e' tornato a diminuire dopo l'interruzione del mese precedente. Il peggioramento ha interessato tutte le componenti con il clima economico e quello futuro che hanno registrato le flessioni piu' marcate. Anche le aspettative sulla disoccupazione sono peggiorate". "Nello stesso mese - prosegue l'Istat - la fiducia delle imprese ha evidenziato un calo a sintesi di una flessione nel comparto manifatturiero e, soprattutto, nelle costruzioni. Nei servizi l'indice e' diminuito in misura piu' contenuta e nel commercio al dettaglio e' aumentato. Per le imprese manifatturiere, si e' rilevato un peggioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese sulla produzione mentre le scorte di magazzino sono aumentate. L'indicatore anticipatore ha confermato uno scenario a breve termine caratterizzato dalla debolezza dei livelli produttivi"

L'Istat sottolinea che nel mercato del lavoro i segnali per i prossimi mesi sembrano discordanti tra i diversi settori di attivita': "A fronte di una diminuzione delle attese sull'occupazione per la manifattura e le costruzioni si e' registrato un miglioramento di quelle nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio". per quanto riguarda l'economia internazionale, l'Istat note che i segnali di ripresa "appaiono episodici e nel complesso i dati hanno segnalato tendenze meno positive rispetto alle attese, sia nei paesi emergenti sia in quelli avanzati. Le previsioni per l'area dell'euro indicano un possibile rallentamento nel secondo trimestre". Per quanto riguarda l'Italia, ad aprile, l'indice della produzione industriale ha segnato una diminuzione, per il secondo mese consecutivo, interrompendo la tendenza positiva evidenziata nei primi mesi dell'anno. A maggio, e' proseguito l'aumento del numero di occupati in presenza di una forte riduzione del tasso di disoccupazione. L'inflazione italiana, infine, si mantiene su tassi moderati e inferiori a quelli dell'Eurozona, con un differenziale significativamente piu' ampio per la componente core.

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Sogeea: Impennata di alberghi all’asta

 "Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è aumentato del 34,3% in sei mesi: le vendite forzate attualmente in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, stabilimenti balneari, campeggi e simili sono infatti 153, a fronte delle 114 individuate a gennaio. Si tratta di una brusca inversione di tendenza dopo tre cali consecutivi a partire dall'inverno 2018. Il comparto, dunque, torna a muoversi nella stessa direzione rispetto a quello residenziale, che pure ha fatto registrare una sensibile risalita rispetto al dato di inizio anno". Lo riferisce il rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, presentato in Senato. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, però, si evidenzia come le varie macroregioni si siano comportate in modo assai differente. Sostanzialmente stabili sia il Nord del Paese (43 strutture all’asta contro le 41 di sei mesi fa) sia il Centro (le 54 attuali sostanzialmente si sovrappongono alle 50 di gennaio), mentre il Mezzogiorno e le isole maggiori vivono una fase assai delicata: Sicilia e Sardegna insieme ne contano sul mercato 36, valore più che triplo rispetto a quello dell’ultima rilevazione (11); nel Sud continentale, invece, si assiste a un quasi raddoppio della quota, che si attesta a 20 unità contro le 12 fatte registrare in avvio di 2019

La Toscana si conferma ancora una volta la Regione italiana con il più alto numero di strutture in vendita, 34 (dato assolutamente in linea con quello di sei mesi fa), seguita a debita distanza dalla Sardegna (19), dalla Sicilia (17), dal Lazio (16) e dall'accoppiata formata da Abruzzo e Trentino-Alto Adige (12 a testa). In doppia cifra anche l'Emilia-Romagna con 10. In fondo alla graduatoria si trovano Basilicata, Calabria, Liguria, Molise e Valle d'Aosta, che non presentano attualmente strutture all’asta. A livello di province, invece, spiccano le 12 di Grosseto, le 11 di Trento, le 10 di Sassari e le 9 di Rimini. A seguire Frosinone e Pisa con 8, Nuoro con 7, Arezzo con 6. Uno dei dati più interessanti riguarda le fasce di prezzo delle realtà imprenditoriali finite in vendita forzata: la quota di quelle fino a un milione di euro, solitamente ben al di sopra della metà del totale, scende al 48,4%. Contestualmente ha ripreso consistenza la fetta di strutture più pregiate: quelle con prezzo superiore ai 3 milioni di euro sono 29, vale a dire il 19% dell'intero comparto. Gli operatori del mercato, probabilmente, si sono dimostrati meno reattivi del solito a investire su immobili di tipologia più complessa oppure attendono ulteriori ribassi prima di decidersi a presentare offerte tanto impegnative

immagine di repertorio

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Malattie rare, screening neonatale in 5 anni coperture al 78%

Nel quinquennio 2013-2017 si osserva una crescita decisa della copertura dello screening neonatale esteso per le malattie metaboliche ereditarie, aumentato di quasi 50 punti percentuali (dal 30,9% del 2013 al 78,3% del 2017. Emerge da MonitoRare, il V Rapporto sulla condizione delle persone con Malattia Rara in Italia, realizzato dalla Federazione Italiana Malattie Rare Uniamo Fimr Onlus con il contributo non condizionato di Assobiotec. Nel corso dello scorso anno e' andato avanti il lavoro di adeguamento da parte di Regioni e Province Autonome dei registri regionali delle malattie rare e delle reti regionali per le malattie rare in conformita' al nuovo elenco di queste malattie, cosi' come la progressiva implementazione dei sistemi regionali di screening neonatale esteso delle malattie metaboliche ereditarie. A fine 2018 il programma regionale di screening era in via di finalizzazione anche nelle ultime 3 Regioni che non lo avevano ancora attivato (Abruzzo, Calabria, Basilicata). Sempre in quest'ambito va positivamente rilevato secondo Uniamo Fimr anche l'allargamento alle malattie neuromuscolari di origine genetica, alle immunodeficienze congenite severe e a malattie da accumulo lisosomiale avvenuto con la Legge di Bilancio 2019 con una dotazione di ulteriori 4 milioni di euro. Un altro importante fronte che ha visto attivamente impegnate le Regioni e' stato quello dell'attuazione dei programmi di intervento del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilita' grave prive del sostegno familiare con l'impiego delle risorse stanziate, anche se si rileva ancora una certa difficolta' a poter usufruire in pieno degli esiti di questo intervento. Ma Uniamo sottolinea che sono chiaramente evidenti anche alcune mancate azioni "di sistema". Il riferimento va in particolare al ritardato avvio del processo di aggiornamento della programmazione nazionale a una mancata valutazione del Piano nazionale malattie rare 2013-2016

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Istat, tasso di disoccupazione a maggio al 9,9 per cento

Il tasso di disoccupazione cala a maggio al 9,9 per cento (-0,2 punti percentuali). Le persone in cerca di occupazione sono in calo (-1,9 per cento, pari a -51 mila). Lo rileva l'Istat spiegando che la diminuzione è determinata da entrambe le componenti di genere ed è distribuita in tutte le classi d'età tranne i 35-49enni. Dopo la sostanziale stabilità registrata ad aprile, spiega l'istituto nazionale di statistica, a maggio 2019 la stima degli occupati risulta in crescita rispetto al mese precedente (+0,3 per cento, pari a +67 mila); anche il tasso di occupazione sale al 59,0 per cento (+0,1 punti percentuali). L'aumento dell'occupazione si concentra tra gli uomini (+66 mila) mentre risultano sostanzialmente stabili le donne; per età sono stabili i 15-24enni, in calo i 35-49enni (-34 mila) e in aumento le altre classi di età, prevalentemente gli ultracinquantenni (+88 mila). Si registra una crescita sia degli indipendenti (+28 mila) sia dei dipendenti, permanenti e a termine (+39 mila nel complesso).

Le persone in cerca di occupazione sono in calo (-1,9 per cento, pari a -51 mila). La diminuzione è determinata da entrambe le componenti di genere ed è distribuita in tutte le classi d'età tranne i 35-49enni. Il tasso di disoccupazione cala al 9,9 per cento (-0,2 punti percentuali). La stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a maggio è sostanzialmente stabile, l'andamento è sintesi di una diminuzione tra gli uomini (-29 mila) e una crescita tra le donne (+33 mila). Il tasso di inattività è invariato al 34,3 per cento per il quarto mese consecutivo.

Nel trimestre marzo-maggio 2019 l'occupazione registra una crescita rilevante rispetto ai tre mesi precedenti (+0,5 per cento, pari a +125 mila), verificata per entrambi i generi. Nello stesso periodo aumentano sia gli indipendenti (+0,5 per cento, +27 mila) sia i dipendenti permanenti (+0,6 per cento, +96 mila) sia, in misura lieve, quelli a termine; per tutte le classi di età si registrano segnali positivi ad eccezione dei 35-49enni. All'aumento degli occupati si associa, nel trimestre, un ampio calo delle persone in cerca di occupazione (-3,7 per cento, pari a -100 mila) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,3 per cento, -37 mila). Anche su base annua l'occupazione risulta in crescita (+0,4 per cento, pari a +92 mila unità). L'espansione riguarda entrambe le componenti di genere, i 15-24enni (+43 mila) e soprattutto gli ultracinquantenni (+300 mila) mentre risultano in calo le fasce di età centrali. 

Al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età. La crescita nell'anno si distribuisce tra dipendenti permanenti (+63 mila), a termine (+18 mila) e indipendenti (+12 mila). Nei dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna a un notevole calo dei disoccupati (-6,9 per cento, pari a -192 mila unità) e a una sostanziale stabilità degli inattivi tra i 15 e i 64 anni. 

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Multe, solo il 40 per cento degli italiani ha pagato quelle della Polizia Municipale

Solo il 40,8% degli automobilisti italiani ha pagato una multa inflitta dalla Polizia municipale per aver violato il Codice della Strada. Il dato, riguardante il 2017 - ultimo anno con dati disponibili - e' stato diffuso oggi dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre. Dieci anni prima (2007) la riscossione era stata del 59,1%. In buona sostanza, a fronte dei 2,6 miliardi di euro che nel 2017 i quasi ottomila Comuni italiani dovevano riscuotere dai trasgressori, in realta' e' stato incassato poco piu' di un miliardo. La percentuale di riscossione dei Comuni del Sud si e' attestata del 32%. Al Centro la media e' salita al 33%, nel Nordovest al 45,9% e nel Nordest ha raggiunto il 58,9%. Le amministrazioni comunali piu' 'virtuose' sono quelle del Friuli Venezia Giulia con il 63,4%. Subito dopo la Valle d'Aosta con il 62,6% e la Basilicata con il 61,7%. Tra le realta' maggiormente in difficolta' i Comuni del Lazio con il 26,3%, della Campania con il 24,3% e della Sicilia con il 20,3%.

Non e' comunque da escludere - precisa la Cgia - che coloro che non lo hanno fatto due anni fa, ovvero entro i canonici 60 giorni dalla notifica della multa, abbiano effettuato il pagamento successivamente, usufruendo della rottamazione delle cartelle esattoriali introdotta in varie versioni negli ultimi tre anni. 

E se il giro di vite imposto negli ultimi anni dal legislatore ha messo in seria apprensione moltissimi automobilisti e altrettanti artigiani e partite Iva che guidano i veicoli commerciali per ragioni di lavoro (padroncini, idraulici, elettricisti, installatori impianti, falegnami, edili, dipintori, etc.), la cosa è ancor più sentita tra i conducenti professionali: autotrasportatori (alla guida di mezzi con peso superiore alle 3,5 tonnellate); taxisti e autonoleggiatori con conducente. Per queste ultime categorie, che per esercitare l’attività di trasporto di persone o merci hanno l’obbligo di conseguire la Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), alcune infrazioni del Codice della Strada prevedono degli aggravi sanzionatori che possono accelerare, rispetto agli altri conducenti, il ritiro/sospensione della patente professionale che, contestualmente, causa l’interruzione dell’attività lavorativa.

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In Italia il 28,9% dei giovani non studia né lavora

L'Italia conserva il primato di giovani che non studiano ne' lavorano. In Europa nessuno Paese fa peggio. E' cosi' gia' da tre anni. L'ultimo aggiornamento di Eurostat non fa che confermarlo. E questo nonostante il numero dei cosiddetti Neet, l'acronimo inglese che etichetta il fenomeno, sia un po' sceso. I dati parlano chiaro: tra i 20 e i 34 anni le persone che sono fuori da ogni percorso di formazione o istruzione e non hanno un'occupazione sono il 28,9%. Alle nostre spalle anche Grecia e Bulgaria. Cambiando la classe d'eta' il risultano resta lo stesso. Anche considerando, infatti, il complesso degli under 35, a partire dai 15 anni, l'Italia si mantiene in testa alla classifica Ue, con oltre 3 milioni di Neet. Quello che colpisce e' l'entita' delle cifre, l'Italia quasi doppia la media europea (16,5%) ed e' lontanissima dai Paesi con le migliori performance, come Svezia e Olanda. Totalizziamo oltre quattro volte tanto. Il problema tocca soprattutto le donne ed e' concentrato per oltre la meta' nelle Regioni del Mezzogiorno. Ma viste le sue proporzioni non stupisce come la patologia possa aggredire chiunque. Lo dimostra l'incrocio tra le statistiche di Eurostat e quelle dell'Istat. Ecco che tra i 3 milioni e 78 mila under35 identificati come Neet ci sono anche 390 mila con laurea e master e 1.446 diplomati. Colpisce il dato dato sui genitori: 728 mila madri e circa 100 mila padri. Insomma non vale il facile accostamento con la famigerata categoria dei 'bamboccioni'. C'e' pero' un 'fil rouge' che accomuna gran parte dei Neet. Si potrebbe pensare si tratti di ragazzi, anche se trentenni, che, finiti gli studi, sono ora alla ricerca, disperata, di un impiego. E' cosi' in un caso su tre. Il resto, la fetta maggioritaria dei Neet, rientra nell'area grigia dell'inattivita', termine statistico che indica coloro che sono fuori dal mercato del lavoro. Non hanno un'occupazione e neppure la cercano con una qualche assiduita'. Segno di una sorta di rassegnazione.

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