L’Osservatorio

Cresce il numero delle aziende agrituristiche

Nel 2017 si contano 12.986 aziende agrituristiche (+4,3% sul 2016) autorizzate all'esercizio di altre attività agrituristiche (equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, trekking, mountain bike, fattorie didattiche, corsi, sport e varie), che rappresentano il 55,5% degli agriturismi italiani. Lo rende noto l'ISTAT. Il 63,9% degli agriturismi che svolgono altre attività è localizzato nelle regioni centro-meridionali a fronte del 36,1% ubicato nel Nord. Fra le aziende autorizzate, il 38,5% propone lo sport e il 57,1% servizi vari. Il 39,3% dei servizi autorizzati è ubicato nel Centro, il 32,8% al Nord e il restante 27,9% nel Mezzogiorno. L'attività di fattoria didattica viene invece svolta da 1.547 agriturismi (+3,3% sul 2016); tale attività è una specifica espressione della multifunzionalità delle aziende agricole e, in base alle diverse legislazioni regionali, può rientrare a pieno titolo tra le attività ricreative e culturali proprie degli agriturismi. Fra le aziende che esercitano le altre attività agrituristiche, il 6,1% è autorizzato esclusivamente allo svolgimento delle altre attività, l'82,8% associa le altre attività all'alloggio, il 51,1% alla ristorazione e il 25,4% combina le altre attività con la degustazione. Il maggior numero di aziende che svolgono altre attività agrituristiche si trova in Toscana (2.850 unità), Umbria (1.175) e Alto-Adige (1.147); nel Mezzogiorno prevale la Sicilia con 813 aziende

Leggi Tutto »

Studio Uecoop: in Italia addio a un piccolo borgo su 4

 Addio ai piccoli borghi d'Italia. Uno su 4 che avrebbe chiuso i battenti negli ultimi 30 anni, con un crollo di oltre il 25%. E' quanto emerge da un'analisi dell'Unione europea delle cooperative Uecoop in occasione della Giornata mondiale del turismo il 27 settembre su dati Istat relativi ai micro paesi d'Italia con meno di 150 abitanti, veri e propri tesori di tradizione, paesaggio e architettura da scoprire anche fuori dai tradizionali itinerari turistici. Da nord a sud della Penisola i 139 micro paesi che ancora resistono- afferma Uecoop - rappresentano un patrimonio da promuovere con un'azione congiunta di Stato e cooperative grazie a progetti di valorizzazione del paesaggio e di creazione di servizi in loco con il recupero di opportunità professionali per i giovani italiani e per le categorie più svantaggiate, con 1 italiano su 2 favorevole - secondo il sondaggio Uecoop/Ixè - alla distribuzione degli immigrati nelle aree interne del Paese per recuperare i piccoli borghi abbandonati e combattere lo spopolamento del territorio. Una cooperazione buona che fa bene all'Italia sviluppa l'economia senza perdere valore sociale,sottolinea Uecoop.

Dei micro paesi con meno di 150 residenti circa la metà si trova in Piemonte, in particolare nella provincia di Cuneo (ma anche nel Torinese e fra Asti e Alessandria), ma se ne trovano anche in Lombardia nelle province di Pavia, Brescia, Lodi, Sondrio e Bergamo, nel Lazio in provincia di Rieti, in Liguria fra Savona e Imperia, nelle Marche in provincia di Macerata, in Emilia Romagna nel Piacentino, in Sardegna fra Sassari e Oristano, in Abruzzo nelle province di Chieti e L'Aquila, ma anche in Molise, Veneto e Valle d'Aosta. All'inizio del 2018 dalla lista ne sono spariti altri tre per fusione con altri comuni, mentre nella top ten dei comuni più piccoli - spiega Uecoop - troviamo al primo posto Moncenisio (Torino) con 29 abitanti e a seguire Morterone (Lecco) con 35 abitanti, Briga Alta (Cuneo) con 40 residenti, Pedesina (Sondrio) con 41, Ingria (Torino) con 46, Valmala (Cuneo) e Ribordone (Torino) con 49, Torresina (Cuneo) con 51, Massello (Torino) con 52 e fino al 2017 c'era Sabbia in provincia di Vercelli con 54 abitanti che però è stato fuso con Varallo e quindi al decimo posto è subentrato il comune di Cervatto, sempre nel Vercellese e sempre con 54 abitanti. "Non dobbiamo disperdere l'enorme potenziale dei piccoli borghi - spiega il presidente di Uecoop Gherardo Colombo, storico componente del pool di Mani Pulite - perché sono presidi importanti su territori sempre più abbandonati e perché possono diventare occasioni di lavoro in ambito sociale e turistico per l'inserimento di giovani, stranieri ma anche persone che cercano uno strada per costruirsi un futuro nella legalità dopo gli errori del passato. Nei piccoli borghi la buona cooperazione, quella che punta allo sviluppo sostenibile e al rispetto delle persone, può trovare un formidabile terreno di azione utile all'economia, alla società, a chi già vi abita e a coloro che intendano trasferirvisi per contribuire, attraverso le più diverse attività, alla rinascita di queste comunità".

Leggi Tutto »

Il 60% della produzione di vino made in Italy è cooperativo

Il 60% della produzione di vino made in Italy è cooperativo. Il dato economico emerge in occasione del "Gran Nazionale Premio Vino della Cooperazione - Gino Friedmann" in programma a Nonantola (Modena) sabato 29 settembre presso il Palazzo della Partecipanza Agraria. Dall'analisi di presentazione del concorso, organizzato dall'associazione culturale "Emilia storie di territori e di comunità" e dedicato al padre fondatore del movimento cooperativo vitivinicolo italiano Gino Friedamann, è indicato inoltre che nella top 10 delle più grandi aziende la metà sono cooperative. Viene specificato anche che in 498 cantine cooperative, con 148mila soci aderenti, un giro d'affari di 4,3 miliardi (il 40% del fatturato nazionale), lavorano quasi 10mila persone (dati report Mediobanca 2017). La leadership - si legge nella nota - è presente nelle Dop e Igp: sono cooperativi il 90% del Teroldego, l'80% del Soave, il 62% del Valpolicella e il 50% del Montepulciano (dati Ismea). Le etichette in gara per vincere la sesta edizione del premio definito come "Oscar del vino cooperativo" sono 43 presentate da 9 differenti produttori: Cantine di Carpi e Sorbara, Caviro, Cevico, Riunite Civ, Santa Croce, Terra di Brisghella, Valtidone, per l'Emilia Romagna, Valpolicella Negrar del Veneto e Tollo dall'Abruzzo. La giuria diretta da Giorgio Melandri - precisano gli organizzatori - ha degustato alla cieca, seguendo parametri di tipicità, classicità, stile, rapporto qualità prezzo.

Leggi Tutto »

Commercialisti, attività individuale per il 61% dei professionisti

Il commercialista è una professione esercitata sempre più in forma individuale. A dirlo sono i dati di uno studio realizzato per la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, illustrati a Milano. In base all'indagine statistica il commercialista esercita individualmente nel 61,3% dei casi. In merito al titolo di studio posseduto, dall'indagine emerge come la maggior parte degli iscritti si divide tra laurea magistrale (vecchio ordinamento) con il 38,7% e laurea quadriennale o specialistica con il 31,8%. Insieme essi raggiungono il 70,5%. Segue con il 20,4% il diploma di scuola media superiore e con il 5,2% la laurea triennale. Infine, il 3% ha un master universitario e l'1% un dottorato di ricerca. Sul fronte dell'esercizio della professione se l'89% di quanti hanno risposto all'indagine ha dichiarato di esercitare la in uno studio organizzato il restante campione si divide tra chi lavora in forma non organizzata (8,8%), ad esempio mediante l'uso promiscuo della propria abitazione e chi dichiara di non esercitare la professione o perché iscritto nell'elenco speciale o perché inattivo. L'area professionale più gettonata dove si è maturata una specifica esperienza, è come prevedibile, è Contabilità e bilancio con l'89% di preferenze, seguita da Consulenza e pianificazione fiscale, anche se a debita distanza, con il 55,2%. Molto vicina a quest'ultima si trova l'area Revisione legale e controllo di legalità con il 54%. Un po' più distanti troviamo Valutazioni d'azienda con il 41,1%, Contenzioso tributario con il 38,5% e, sorpresa molto interessante, Consulenza e finanza aziendale con il 38,1%. Ancora più distanti, quasi a prefigurare aree professionali di nicchia, troviamo Crisi d'impresa con il 18%, Enti del terzo settore con il 15,7%, Enti locali con il 14,3%, Economia e fiscalità del lavoro con il 13,4%, Funzioni giudiziarie con il 13,2% e, infine, Corporate governance ovvero Amministrazione di imprese con il 9,4%

I dati - presentati nel corso del secondo Forum Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili in corso a Milano dal 24 al 27 settembre - sono solo una anticipazione dei risultati dell'indagine statistica (ISDCEC 2018) avviata dalla FNC nel mese di luglio con l'obiettivo di analizzare l'evoluzione della professione a sei anni di distanza dalla precedente indagine strutturale. In questa anteprima, sono rappresentati i dati relativi all'esercizio della professione e alla tipologia di studio, alle specializzazioni professionali, alla dimensione degli studi in termini di addetti e di fatturato e al posizionamento dello studio rispetto alle attività basilari rappresentate dall'assistenza e dalla consulenza contabile e fiscale alla clientela stabile. Quest'ultimo aspetto costituisce di fatto una novità nel modello di analisi dell'organizzazione della professione di Commercialista introdotta dalla FNC per la prima volta in occasione del Sondaggio 2017 sui costi degli adempimenti fiscali. Nelle prossime settimane, la FNC procederà ad ulteriori elaborazioni e analisi dei dati fornendo, in particolare, dettagli relativi alle macroaree territoriali, alle differenze di genere e a quelle di età. Ulteriori approfondimenti statistici saranno condotti successivamente soprattutto per l'analisi di correlazioni esistenti tra le economie di scala e le economie di specializzazione. 

Leggi Tutto »

Sanità italiana promossa dall’Health Care Efficiency di Bloomberg

Due promozioni in un giorno per la sanità italiana, col rapporto Health Care Efficiency di Bloomberg piazza l'efficienza della nostra spesa sanitaria al quarto posto al mondo, e uno studio pubblicato su Lancet ci mette tra i migliori nella riduzione delle morti per malattie non infettive. Nella valutazione di Bloomberg, che giudica l'efficienza legando la spesa sanitaria all'aspettativa di vita sulla base dei dati di Oms, Fmi e altre agenzie, il nostro paese è salito di due posti rispetto allo scorso anno ed è dietro solo a Hong Kong, Singapore e Spagna. L'Italia ha totalizzato un punteggio di 67,6, appena sotto la Spagna ma a grande distanza dalle due prime della classe, che hanno una minore spesa sanitaria rispetto al Pil con una aspettativa di vita paragonabile alla nostra.

Fra i paesi che a differenza dell'Italia hanno peggiorato l'aspettativa ci sono la Gran Bretagna, uscita dalle prime 10, e soprattutto gli Usa, al posto numero 54, che pur avendo la seconda spesa procapite per la sanità hanno un'aspettativa di vita di 76 anni, sei meno dei paesi più avanzati. La bontà del Servizio Sanitario Nazionale è confermata anche da uno studio pubblicato su Lancet che ha valutato a che punto sono i diversi paesi nel perseguire l'obiettivo dell'Onu sulla riduzione delle malattie trasmissibili, che prevedeva una riduzione di un terzo delle morti entro il 2030. Secondo l'analisi dell'Imperial College di Londra e dell'Oms solo 30 paesi per le donne e 35 per gli uomini sono risultati 'in regola' con il calo richiesto. Fra questi c'è l'Italia, che nella mappa elaborata a partire dai dati del 2016 è inserita nel gruppo dei migliori insieme a Francia, Corea del Sud e Australia con un rischio del 7,2% per le donne e del 12% per gli uomini. Le malattie non trasmissibili, ricordano gli autori, uccidono ogni anno circa 41 milioni di persone nel mondo, e 17 milioni di queste sono classificate come premature, cioè che avvengono prima dei 70 anni. Nel 2015 l'Onu ha pubblicato l'obiettivo per ogni paese di ridurre di un terzo le morti delle quattro principali Ncd, cancro, malattie cardiovascolari, diabete e problemi respiratori cronici, entro il 2030. Nello studio è stato calcolato il rischio di morte entro 70 anni per queste patologie per 180 paesi, e solo 30 per le donne e 35 per gli uomini sono risultati 'in regola' con il calo richiesto. Fra questi l'Italia, che nella mappa elaborata a partire dai dati del 2016 è inserita nel gruppo dei migliori con un rischio del 7,2% per le donne e del 12% per gli uomini. Le performance peggiori segnalate tra i paesi avanzati, come nel caso del rapporto di Bloomberg, si hanno invece per Usa e Gran Bretagna. 

Leggi Tutto »

Finanza, in nero il 50 per cento degli affitti estivi

Proprietari di seconde e terze case per gli affitti nelle localita' di vacanza nel mirino della Guardia di finanza: dei 1.477 controlli svolti da meta' giugno a oggi, uno su due (753) ha portato al riscontro di irregolarita'. Nel dettaglio sono 902 le violazioni rilevate: in Puglia, Toscana e Lazio i casi piu' numerosi. Scoperti anche 4.126 venditori abusivi: persone che non hanno mai richiesto la licenza e i permessi ovvero esercenti che, seppur in regola con le autorizzazioni, non hanno mai comunicato al fisco l'avvio delle attivita' o non hanno mai installato gli apparecchi per l'emissione dello scontrino. A Pescara le Fiamme gialle hanno scoperto un'evasione immobiliare da 350 mila euro realizzata da 20 persone che affittavano in "nero" appartamenti e B&B ai turisti. Ad una societa' sono state contestate operazioni in evasione d'imposta per complessivi 150 mila euro. A Torino i militari del Corpo hanno individuato un B&B abusivo a due passi dal centro storico, pubblicizzato online come una dimora ottocentesca in stile "barocco": il complesso, oltre a non avere le necessarie autorizzazioni, era diventato un centro di smercio di borse e scarpe di brand di lusso contraffatti ed ospitava uno studio medico abusivo di massofisioterapista. A Nocera Terinese (Catanzaro) e Bisceglie (Barletta) due stabilimenti balneari sono stati trasformati in discoteche a cielo aperto completamente abusive. A Napoli, sul litorale di via Coroglio, sono stati sequestrati due lidi 'fantasma' che occupavano illegalmente un'area demaniale marittima di 1.500 metri quadrati, esercitando attivita' di noleggio di sdraio, lettini, tavoli e sedie e vendita di alimenti

Leggi Tutto »

Istat, ordini in calo per l’industria a luglio

Nuovo stop a luglio per il fatturato e gli ordinativi dell'industria secondo i dati pubblicati dall'Istat. Le vendite hanno registrato un calo dell'1% rispetto a giugno (mese nel quale si era già verificato uno stop, -0,3%)), mentre gli ordini hanno registrato un arretramento del 2,3%, dopo la flessione dell'1,5% registrata a giugno. Su base tendenziale il fatturato cresce del 2,9% su luglio 2017 (dato corretto per i giorni lavorativi) mentre nei primi 7 mesi 2018 (dati grezzi) l'avanzamento è del 4,8% sullo stesso periodo del 2017. Nei primi 7 mesi aumentano anche gli ordini (+4,3%). Guardando ai dati tendenziali grezzi il fatturato è aumentato a luglio del 6,2% mentre gli ordinativi sono aumentati del 2,8% con una percentuale maggiore per gli ordini interni (+4%) rispetto a quelli dall'estero (+1%). Oggi è stata diffusa anche la nota congiunta sul mercato del lavoro messa a punto da Istat, Inps, Inail, ministero del Lavoro e Anpal secondo la quale nel secondo trimestre c'è stata una "significativa crescita" dell'occupazione e un calo della disoccupazione e dell'inattività.

Secondo l'Istat guardando all'intera offerta di lavoro (sia dipendente che autonoma) nel secondo trimestre gli occupati sono cresciuti di 387.000 unità su base tendenziale (dati grezzi) e di 2013.000 unità sul trimestre precedente (dati destagionalizzati) mentre il tasso di occupazione è al 58,7% e torna ai livelli pre-crisi sfiorando il valore massimo del secondo trimestre 2008 (58,8%). La situazione però resta incerta (a luglio si è registrato un calo di occupati di 28.000 unità su base mensile ma con -44.000 dipendenti permanenti) e i sindacati hanno scritto al ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi di Maio per chiedere un "incontro urgente" sulle questioni del mercato del lavoro a partire dagli ammortizzatori sociali. "É urgente - affermano i sindacati - che si superi la logica degli interventi a spot, per avviare un confronto sistemico sulle emergenze che gravano sul mondo del lavoro. Nelle prossime settimane migliaia di lavoratori vedranno terminare la copertura garantita dai loro ammortizzatori sociali, senza che, nel frattempo, siano ripartiti adeguati investimenti e processi di riorganizzazione e riconversione produttiva. Occorre aprire subito un confronto per risolvere tale situazione, a partire dal superamento delle rigidità delle attuali norme che regolano gli ammortizzatori sociali"

Leggi Tutto »

Lavoro, cresce l’occupazione nel secondo trimestre

Nel secondo trimestre 2018 l'occupazione è significativamente in crescita sia rispetto al primo trimestre sia a livello tendenziale, in leggera accelerazione rispetto al trimestre precedente. E' quanto emerge dall'ottava Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell'occupazione relativa al secondo trimestre 2018 che l'Istat, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Inps, l'Inail e l'Anpal pubblicano oggi in contemporanea sui rispettivi siti web. Il tasso di occupazione destagionalizzato è risultato pari al 58,7%, in notevole crescita (+0,5 punti percentuali) rispetto al trimestre precedente, l'aumento interessa tutte le classi di età (anche a livello tendenziale). L'indicatore supera di oltre tre punti il valore minimo del terzo trimestre 2013 (55,4%), tornando ai valori pre-crisi e sfiorando il livello massimo del secondo trimestre del 2008 (58,8%). Le dinamiche del mercato del lavoro si sono sviluppate, si legge nella Nota, in un contesto di lieve rallentamento della crescita del Pil (+0,2% in termini congiunturali e +1,2% su base annua) rispetto al ritmo registrato nei due trimestri precedenti; l'input di lavoro misurato in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) registra una dinamica più rapida di quella del Pil a livello congiunturale (+0,4%) e più lenta su base tendenziale (+0,9%). 

 Nel secondo trimestre - continua la Nota congiunta Istat, Inps, ministero del Lavoro, Inail e Anpal - l'aumento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti riguarda sia le posizioni a tempo indeterminato (+53 mila) sia quelle a tempo determinato (+34 mila). Se le prime crescono per il secondo trimestre consecutivo, a ritmi più accentuati per un aumento delle trasformazioni, le posizioni a termine aumentano ininterrottamente dal secondo trimestre 2016. Secondo i dati tendenziali delle CO l'incidenza delle attivazioni a tempo determinato è pari all'80,3%, in aumento rispetto al 78,2% registrato nel secondo trimestre del 2017. In termini di saldi tra attivazioni e cessazioni, su base annua e a ritmi meno intensi, l'aumento del lavoro dipendente a tempo determinato continua per il nono trimestre consecutivo (+361 mila). Questi segnali si confermano per le imprese industriali e dei servizi che mostrano, secondo la fonte Inps-Uniemens che include il lavoro in somministrazione e a chiamata, un nuovo incremento del tempo determinato (+335 mila su base annua). Contestualmente, le posizioni lavorative a tempo indeterminato presentano una crescita nei dati sia delle CO (+64 mila posizioni) sia dell'Inps (+57 mila posizioni). 

Leggi Tutto »

Entrate tributarie in crescita del 2 per cento

Le entrate tributarie e contributive nei primi sette mesi del 2018 evidenziano nel complesso un incremento del 2,0% (+ 7.680 milioni di euro) rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Lo rileva il Mef nel Rapporto sull’andamento delle entrate tributarie e contributive nel periodo gennaio-luglio 2018. Il dato - si legge in una nota - tiene conto dell’aumento dello 0,9% (+ 2.361 milioni di euro) delle entrate tributarie e della crescita delle entrate contributive del 4,1% (+ 5.319 milioni di euro). L’importo delle entrate tributarie comprende anche i principali tributi degli enti territoriali e le poste correttive, e integra il dato già diffuso il 6 agosto scorso.

Leggi Tutto »

Cgia: con Pil inferiore alle attese peso del fisco in aumento

Con il Pil in frenata, rispetto alle previsioni elaborate dai principali istituti economici qualche mese fa, "già da quest'anno la pressione fiscale sui contribuenti italiani è destinata a crescere". Lo sostiene una ricerca dell'Ufficio Studi della Cgia di Mestre. "Per la conferma, comunque, dovremo attendere la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def prevista entro il prossimo 27 settembre" ha dichiarato il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo. "In effetti - ha aggiunto - a seguito del rallentamento del Pil, è molto probabile che nel 2018 la pressione fiscale sarà superiore al 42,2 per cento previsto a inizio anno. Se dovesse tornare a salire addirittura oltre il risultato conseguito nel 2017, invertiremmo la tendenza che era iniziata nel biennio 2012-2013, anni in cui la pressione fiscale nazionale aveva toccato il record storico del 43,6 per cento". Tra le imposte che gravano maggiormente sui contribuenti italiani ricordiamo quelle sul reddito (Irpef e addizionali comunali/regionali Irpef) che alleggeriscono le tasche delle persone fisiche (lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.) per circa 186,5 miliardi di euro all'anno. Anche le società di capitali (Spa, Srl, etc.) sono sottoposte ad un prelievo sul reddito (Ires) significativo che vale circa 34 miliardi di euro all'anno.

 

Leggi Tutto »