Il sentiment italiano sull'economia "dopo aver segnato il valore minimo del 2019 nei primi giorni di luglio" risale, mostrando un trend "in miglioramento persistente", fino a raggiungere "nel mese di settembre valori positivi per la prima volta nell'anno". E' quanto emerge dal 'Social Mood on Economy Index', la statistica sperimentale dell'Istat, che misura il morale della popolazione attraverso campioni di tweet. Nel grafico che registra i flussi giornalieri si evidenzia un picco il 10 settembre, giorno in cui il Senato ha votato la fiducia al nuovo governo.
Leggi Tutto »Il mercato italiano dell’auto cresce a ottobre
Il mercato italiano dell'auto continua a crescere nel mese di ottobre. Tra i canali di vendita sfiora il 20 per cento quello delle societa' di noleggio (+19,4%). Le immatricolazioni, secondo i dati resi noti dal Ministero dei Trasporti, sono state 156.851, il 6,7% in piu' dello stesso mese del 2018, e portano il totale da gennaio a quota 1.624.922, con una flessione dello 0,85% rispetto all'analogo periodo dell'anno scorso.
"E' un segnale positivo, il mercato potrebbe chiudere sui livelli del 2018 (1.910.000 immatricolazioni) purche' il Governo accantoni ogni provvedimento punitivo nei confronti degli automobilisti come il deplorevole tentativo di rendere ancora piu' aspra una persecuzione fiscale sull'auto aziendale", commenta il presidente del Centro Studi Promotor, Gian Primo Quagliano. Toni duri da parte dell'Unrae, l'associazione delle case automobilistiche estere, per la quale "le previsioni sul mercato auto nel 2020 rischiano di dover essere rivista pesantemente al ribasso, alla luce della recente proposta del Governo". Concorda l'Anfia che chiede "l'immediato ritiro della proposta". In questo contesto il gruppo Fca - che ha annunciato pochi giorni fa il progetto di fusione con il gruppo Psa - ha immatricolato 33.663 auto a ottobre, con un calo dell'1,93% e la quota che scende dal 23,35 al 21,46%. Il totale dei dieci mesi e' di 386.946 auto vendute, in flessione del 2,57% e quota che passa dal 26,39% al 23,8%. Cresce Jeep che in ottobre aumenta le vendite dello 0,8% grazie a Renegade e Compass e con 5.400 immatricolazioni ottiene il 3,5% di quota del mercato. Va bene anche la Lancia che da inizio anno ha venduto 50.508 unita', il 27,1% in piu' del 2018. Quattro modelli del gruppo - Panda, Ypsilon, 500X e 500 - sono tra le dieci auto piu' vendute. Alle spalle di Fca nel mese c'e' Volkswagen, che a ottobre registra un balzo del 36,9% dopo dopo il +44,49% di settembre. Seguono Ford (+1,6%), Peugeot (+8,34%) e Toyota (+5,32%). Oltre a Fca i brand in calo sono Mercedes (-4,21%) e Opel che cede oltre il 30%. Continua a perdere terreno il diesel (-13,3%), mentre registrano un segno positivo benzina (+17%), ibrido (+42,6%), elettrico (+61%), gpl (+1,9%) e metano (+283,9%).
Leggi Tutto »Superenalotto, in 10 mesi incassati 1,44 miliardi di euro
Nei primi dieci mesi del 2019 il Superenalotto - comprendente anche la raccolta del SiVinceTutto - ha incassato 1,44 miliardi di euro, grazie soprattutto all'effetto del jackpot record da 209 milioni di euro centrato a Lodi lo scorso 13 agosto. Nell'anno in corso - ricorda Agimeg - oltre al jackpot a tre cifre, è stata centrata anche un'altra sestina vincente, lo scorso 17 settembre in provincia di Parma, da oltre 66 milioni. Sono stati vinti inoltre cinque "5+" per un totale di 3,5 milioni di euro (a Pescara, Roma, Milano, Alghero e Chioggia) e sette "5Stella", per oltre 2,7 milioni di euro. Nel prossimo concorso, in programma domani sera, il '6' mette sul piatto 27,8 milioni, terzo jackpot più alto d'Europa alle spalle dell'Euromillions (86 milioni) e dell'Eurojackpot (79 milioni).
Leggi Tutto »Innovazione, il Lazio è la regione più virtuosa in Italia
Il Lazio è la regione più innovativa in Italia, a dirlo è l'European Regional Competitiveness Index, il quarto e ultimo report della Commissione europea, a cura di Eurostat, sull'indice di competitività dei Paesi Ue, pubblicato sul sito ella Commissione Europea. L'Indice di Competitività Regionale (RCI) misura i principali fattori di competitività negli ultimi dieci anni per le regioni di tutta l'Unione europea. All'interno del rapporto sono elencati oltre 70 indicatori comparabili, attraverso cui viene misurata la capacità di una regione di offrire un ambiente attraente e sostenibile per le imprese e per i residenti che ci vivono e lavorano. Lo rende noto in un comunicato la Regione Lazio. Per quanto riguarda l'indicatore relativo all'Innovazione, su una scala che va da 0 a 100, la media europea si attesta su un punteggio di 49.2. La regione Lazio è l'unica tra quelle italiane, che supera questa media con un punteggio di 55.1. Per arrivare a questo risultato la Commissione Europea ha preso in considerazione diversi parametri che hanno portato a formulare un risultato così di spicco. Tra i differenti elementi che hanno portato all'elaborazione di questo dato ci sono le domande di brevetto, le pubblicazioni scientifiche, la spesa in ricerca e sviluppo e la percentuale di lavoratori in settori tecnologici sul totale, ma tra questi si trovano anche le esportazioni di prodotti di alto livello tecnologico. Anche a livello complessivo la regione Lazio si dimostra essere tra le più virtuose in Italia. Infatti, secondo l'Indice stilato dalla Commissione, per quanto riguarda la Competitività, il Lazio si trova al quarto posto con un punteggio di 53.9, dopo Lombardia (57.1), Provincia Autonoma di Trento (54.55) ed Emilia Romagna (53.19).
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Lavoro, il tasso di disoccupazione sale al 9,9%
A settembre 2019 la stima degli occupati risulta in leggero calo (-0,1%, pari a -32 mila unità) rispetto ad agosto mentre il tasso di occupazione resta stabile al 59,1%. L’occupazione è in diminuzione per entrambe le componenti di genere; aumenta tra gli under 35 (+16 mila) mentre cala da 35 anni in poi (-49 mila). L’andamento dell’occupazione è sintesi della crescita dei dipendenti a termine (+30 mila) e della diminuzione sia dei permanenti (-18 mila) sia, soprattutto, degli indipendenti (-44 mila). Le persone in cerca di occupazione sono in aumento (+3,0%, pari a +73 mila unità nell’ultimo mese). La crescita della disoccupazione riguarda entrambe le componenti di genere e coinvolge tutte le classi d’età tranne i 25-34enni. Il tasso di disoccupazione sale al 9,9% (+0,3 punti percentuali). La stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a settembre è in calo (-0,6%, pari a -77 mila unità) per entrambe le componenti di genere. Il tasso di inattività scende al 34,3% (-0,2 punti percentuali). Nel terzo trimestre 2019 l’occupazione è sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente sia nel complesso sia per genere. Nello stesso periodo aumentano sia i dipendenti permanenti (+0,2%, +27 mila) sia quelli a termine (+0,8%, +25 mila) mentre risultano in calo gli indipendenti (-1,1%, -59 mila); si registrano segnali positivi in tutte le classi di età, ad eccezione dei 35-49enni. Alla stabilità degli occupati si associa, nel trimestre, il calo delle persone in cerca di occupazione (-1,9%, pari a -48 mila) e una lieve diminuzione degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,1%, -9 mila). Su base annua l’occupazione risulta in crescita (+0,5%, pari a +111 mila unità). L’espansione riguarda sia donne sia uomini e tutte le classi d’età fatta eccezione per i 35-49enni. Al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età. La crescita nell’anno è trainata dai dipendenti (+226 mila unità nel complesso) e in particolare da quelli permanenti (+214 mila), mentre calano gli indipendenti (-115 mila). Nell’arco dei dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna a un calo dei disoccupati (-4,8%, pari a -129 mila unità) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,0%, pari a -137 mila).
«Dopo la crescita dell’occupazione registrata nel primo semestre dell’anno e il picco raggiunto a giugno, a partire da luglio i livelli occupazionali risultano in lieve ma costante calo, con la perdita di 60 mila occupati tra luglio e settembre. Nell’ultimo mese si stima un calo occupazionale rispetto ad agosto, sintesi dell’aumento dei lavoratori a termine e di una flessione di permanenti e più marcatamente degli indipendenti, contestualmente ad una crescita della disoccupazione e una diminuzione dell’inattività. Nel confronto trimestrale, l’occupazione risulta stabile mentre nell’anno permane la crescita», si legge nel commento della nota.
Leggi Tutto »Lavoro, a settembre retribuzioni contrattuali in aumento dello 0,1%
Nel trimestre luglio-settembre 2019 e' stato rinnovato l'accordo dei laterizi e manufatti in cemento mentre tre contratti sono venuti a scadenza: gomma e plastica, servizio di smaltimento rifiuti aziende municipalizzate e servizio di smaltimento rifiuti aziende private. Il dato emerge dalle ultime rilevazioni Istat contenute nel rapporto pubblicato questa mattina. Alla fine di settembre i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica hanno riguardato 6,9 milioni di dipendenti (56,0% del totale) e corrisposto al 53,7% del monte retributivo osservato. Complessivamente i contratti in attesa di rinnovo a fine settembre sono stati 47, relativi a circa 5,4 milioni di dipendenti (44,0%), in calo rispetto al mese precedente (44,2%). A settembre l'attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto e' stata in media di 18 mesi. L'attesa media calcolata sul totale dei dipendenti e' stata di 7,9 mesi, in aumento rispetto a un anno prima (4,4). A settembre l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie e' risultato in lieve aumento sia rispetto al mese precedente (+0,1%) sia nei confronti di settembre 2018 (+0,8%). Complessivamente, nei primi nove mesi del 2019 la retribuzione oraria media e' cresciuta dell'1,2% rispetto al corrispondente periodo del 2018. Con riferimento ai principali macrosettori, a settembre le retribuzioni contrattuali orarie hanno registrato un incremento tendenziale dello 0,8% per i dipendenti del settore privato (+0,9% nell'industria e +0,6% nei servizi privati) e dello 0,7% per quelli della pubblica amministrazione. Gli incrementi tendenziali maggiori sono stati registrati nel settore alimentare (+2,5%), in quello dell'acqua e servizi di smaltimento rifiuti (+1,8%), nel settore chimico e in quello dei trasporti, servizi postali e attivita' connesse (entrambi +1,5%). L'Istat ha rilevato variazioni nulle nel settore dell'energia elettrica e gas, nel commercio, nelle farmacie private, nelle telecomunicazioni e nell'aggregato altri servizi privati.
Leggi Tutto »Chiuso il primo bando di dismissione dei beni pubblici
Dalla vecchia stazione di Fermo aggiudicata per oltre un milione e mezzo di euro con un rialzo del 136% sulla base d'asta, ad un loft a Porta Ticinese a Milano conteso con ben 12 rilanci: sono due dei beni assegnati tra quelli messi in vendita con il bando di dismissioni nazionali del Demanio avviato il 18 luglio, il primo di tre. Aggiudicati 18 dei 50 immobili coinvolti per un valore complessivo di oltre 18 milioni (18.387.940,77 euro per l'esattezza) pari a circa il 40% del prezzo totale a base d'asta. L'operazione rientrava nel piano straordinario previsto dalla legge di Bilancio 2019 e riguardava un portafoglio variegato ed eterogeneo di beni: edifici residenziali, commerciali, ex caserme, terreni, immobili storici, strutture industriali e direzionali. Per i 18 beni aggiudicati l'incremento di valore sulla base d'asta e' stato di circa il 16% pari a 2.488.620,77 euro. Tra gli immobili che hanno ricevuto piu' offerte, sottolinea il Demanio, quelli dotati di particolari caratteristiche, come ad esempio i piazzali ferroviari o le ex caserme che sono stati aggiudicati dopo cospicui incrementi sulla base d'asta. E' accaduto oltre che a Fermo e a Milano, anche a Bologna dove una porzione della Caserma Mameli e' stata aggiudicata a un prezzo finale di 857.250 euro, dopo ben 25 rilanci; a Milano con il Capannone Industriale di via Guglielmo Silva, aggiudicato per 4.105.000 euro rispetto al prezzo di partenza di circa 3.400.000 euro. Piu' offerte ricevute anche per l'Ex Casa del Fascio a Cittadella in provincia di Padova, il campo da golf a Rosolina, in provincia di Rovigo, la Palazzina Forte della Rocca a Bergamo Alta e l'ufficio di Via Colli situato in una zona residenziale di Torino. Inoltre un ristorante in piazza San Pancrazio a Firenze, e' stato aggiudicato con un rialzo di quasi il 19% sulla base d'asta. Le aggiudicazioni diventeranno ora definitive dopo le verifiche di rito, mentre il 15 novembre si avranno i risultati degli altri due bandi di vendita che riguardano altri 43 immobili per un valore totale di oltre 98 milioni di euro
Leggi Tutto »Take away e cibi pronti, in Italia business da 5,5 miliardi
Guadagnano terreno take away e cibi pronti in Italia con le imprese attive di settore che crescono in un anno di circa + 1%. Il business e' di 5,5 miliardi. Lo rileva un'elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza, Brianza, Lodi su fonte registro imprese al 2019 e 2018. Dati alle mano le aziende censite nel 2019 sono 37.966, mentre gli addetti sono 112 mila contro i 109 mila dello scorso anno, con una crescita del 3%. A guidare il giro d'affari e' l'Emilia Romagna, prima tra le regioni con 1,5 miliardi, seconda la Lombardia con 1,3 miliardi e terzo il Lazio con 840 milioni. Tra i territori e' Roma in testa con 784 milioni, seguita da Ravenna con 578, Milano con 332, Monza con 300, Parma con 291, Modena con 239, Napoli con 195, Brescia con 182, Rimini con 147, Bergamo con 134, Mantova con 125, Pavia con 118. Il maggiore numero di imprese in Italia e' presente nella Capitale (3 mila imprese, +1%), seguita da Napoli (1.977, +0,4%) e Milano (1.922, +2%). Subito dopo Torino (1.534), Bologna (839), Catania (836), Bari (809), Brescia (804). Le zone crescono di piu' sono Lodi (116 imprese, +8%), L'Aquila (169, +7%), Genova (768, +7%), Prato (134, +6%)."La ristorazione senza somministrazione- commenta il consigliere della Camera di commercio di Milano, Monza, Brianza, Lodi Annarita Granata- e' un settore in cui convivono forme tradizionali di preparazione dei cibi da asporto come le rosticcerie e altre emergenti, innovative nel prodotto e nel servizio". "L'importante in ogni caso e' mantenere alta - aggiunge - la qualita' dell'offerta valorizzando anche il territorio e i suoi prodotti, in un settore come quello del food che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy nel mondo".
Leggi Tutto »Cresce il mercato delle aste immobiliari per comprare casa
Prezzi scontati del 35% rispetto al libero mercato, tempi dei tribunali più snelli, un'accessibilità agli annunci e alle offerte di gran lunga maggiore che in passato: sono questi gli elementi che stanno contribuendo a un crescente interesse degli italiani verso il mercato delle aste immobiliari. Secondo l'annuale Osservatorio di Immobiliare.it su questo settore, nel corso dell'ultimo anno l'offerta di immobili in asta è aumentata del 20% e, di pari passo, anche la domanda ha subito un'importante variazione positiva, pari al 29%. L'aumento delle richieste si traduce in segnali che fanno ben sperare per il settore: un anno fa, dall'analisi del portale, emergeva che un annuncio di asta rimaneva online quattro volte più a lungo rispetto alle inserzioni di compravendita tradizionale. Lo studio rivela ora che questo scarto è sceso a tre. Nonostante il bacino di utenza più ampio, grazie soprattutto alla pubblicazione degli annunci in rete al pari di quelli delle tradizionali compravendite, il settore rimane ancora appannaggio degli operatori. Lo dimostrano le analisi relative ai contatti generati dalle inserzioni: i potenziali acquirenti si mostrano tanto consapevoli che solo uno su cinque chiede informazioni in merito al funzionamento delle procedure di asta. L'identikit dell'immobile tipo misura 111 metri quadrati e ha un costo medio di 145mila euro.
Acquistare con questa formula consente di risparmiare, in media, il 35% rispetto al libero mercato ma ci sono città e regioni dove lo sconto è maggiore. A Napoli e Palermo, infatti, lo scarto rispetto ai prezzi degli immobili in vendita sul libero mercato raggiunge rispettivamente il 37% e il 35%. Nel capoluogo campano l'immobile tipo in asta misura mediamente 97 metri quadri per un costo medio di 183.000 euro. A Palermo gli immobili in asta hanno una superficie media maggiore, pari a 106 metri quadri, e si parte da un costo medio di 163mila euro. Al terzo posto per gli sconti più consistenti della base d'asta rispetto ai prezzi del libero mercato si trovano Bari e Genova, dove lo scarto è pari al 33%. Uno sguardo alle regioni rivela che sono l'Abruzzo, la Campania e la Liguria ad offrire le migliori occasioni di risparmio, con prezzi medi più bassi di circa il 40% rispetto al mercato libero.
Leggi Tutto »Pubblica Amministrazione, 100 miliardi di spesa nel 2018 per consumi
L'Italia è la più spendacciona in Europa per i consumi intermedi della pubblica amministrazione, perché secondo l'ufficio studi della Cgia di Mestre per la manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca-sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno, la quota annuale per l'acquisto dei macchinari, etc., nel 2018 lo Stato centrale, le sue articolazioni periferiche, le Regioni e gli Enti locali hanno speso 100,2 miliardi di euro.Tra il 2010 e il 2014 la dinamica delle uscite relative a questa tipologia di spesa si era pressoché arrestata: tuttavia, con il superamento della fase più critica dei conti pubblici, tale aggregato di costo, è tornato ad aumentare. Negli ultimi 5 anni, ad esempio, avverte la Cgia, la crescita è stata del 9,2 per cento (+8,5 miliardi in valore assoluto), mentre l'inflazione, sempre nello stesso periodo di tempo, è aumentata solo del 2 per cento. "Malgrado il grande lavoro svolto dalla Consip per rendere più efficiente e trasparente l'utilizzo delle risorse pubbliche, il contenimento della spesa ha funzionato poco o, addirittura, non è stato conseguito", dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo. "Al netto degli effetti di quota 100 e del reddito di cittadinanza - continua - è chiaro a tutti che se le uscite di parte corrente torneranno ad aumentare, non sarà possibile ridurre in misura significativa il peso fiscale. Nel giro di qualche anno ci ritroveremo, nonostante le promesse che in questi ultimi anni molti politici ci hanno raccontato, con più tasse e una spesa pubblica incomprimibile".Dal confronto con i principali Paesi dell'Unione Europea emerge, inoltre, che siamo i più 'spendaccioni'. Nel 2017 (ultimo anno in cui è possibile la comparazione), per i consumi intermedi la nostra Pa ha speso il 5,5 per cento del Pil, contro il 5 per cento della Spagna, il 4,9 per cento della Francia e il 4,8 per cento della Germania. La media dell'area dell'euro si è attestata al 5,1 per cento del Pil. "Non è da escludere che la ripresa della spesa per consumi intermedi avvenuta in Italia negli ultimi anni sia riconducibile, almeno in parte, agli effetti restrittivi che gli uffici preposti agli acquisti hanno subito tra il 2010 e il 2014", afferma il segretario della Cgia Renato Mason. Non solo, spiega: "è altresì utile ricordare che dopo anni in cui le manutenzioni ordinarie e le riparazioni sono rimaste pressoché bloccate, una volta ridata la possibilità di riattivarle, si è tornati a spendere in misura copiosa, anche perché gli interventi lo richiedevano".Dalla disaggregazione per funzioni della spesa per consumi intermedi emerge come la quota più significativa spetti alla sanità con 33,7 miliardi di euro. Seguono i servizi generali della PA con 16,1 miliardi, la protezione dell'ambiente con 11,7 miliardi di euro, l'istruzione con 7 miliardi e le attività culturali/ricreative con 6,4 miliardi. Questi dati si riferiscono sempre al 2017 (ultimo anno in cui è possibile eseguire questa comparazione) e non tengono conto delle nuove revisioni dei conti pubblici avvenute nel 2019. Trattandosi di costi intermedi non includono, ovviamente, i costi del personale. Analizzando l'andamento delle principali 3 funzioni, osserviamo che nel decennio 2007-2017 la spesa sanitaria nominale, in particolar modo, ha subito un'impennata molto significativa, passando da 24,1 a 33,7 miliardi di euro (+39,8 per cento).In ultima analisi è stata evidenziata la spesa delle principali voci a cui fanno capo le funzioni citate in precedenza. Ebbene, i servizi ospedalieri registrano l'uscita più importante: nel 2017 è stata pari a 16,4 miliardi di euro. Tale voce include gli acquisti di beni e servizi per gestire il sistema sanitario ospedaliero (per il funzionamento, l'ispezione e l'amministrazione). Segue la gestione dei rifiuti con 10,1 miliardi di euro che comprende i costi di raccolta, trattamento, smaltimento e dei servizi di amministrazione, vigilanza, funzionamento o supporto a queste attività. La terza voce di spesa si riferisce ai servizi ambulatoriali che ci sono costati 8,9 miliardi di euro. Questa uscita è andata a copertura dell'acquisto di beni e servizi per gestire il sistema sanitario non ospedaliero (generici/specialisti/paramedici/di ambulanza diversa da ospedaliera) per il funzionamento, l'ispezione e l'amministrazione
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