L’Osservatorio

Oltre 18 milioni di italiani a rischio povertà

 Sono oltre 18 milioni (esattamente 18.136.663) gli italiani a rischio poverta' o esclusione sociale. A questa cifra cifra corrisponde infatti la percentuale del 30% cui fa riferimento l'Istat nel report 'Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie', riferito al 2016. Sul fronte europeo, scrive l'Istat, "nel 2016 sono ancora lontani gli obiettivi prefissati" dalla Strategia Europea 2020: "la popolazione italiana esposta a rischio di poverta' o esclusione sociale e' infatti superiore di 5.255.000 unita' rispetto al target previsto". 

In Italia la quota di popolazione a rischio di poverta' o esclusione sociale e' passata da 28,7% a 30,0% tra il 2015 e il 2016. L'Istat rileva segnali di peggioramento per le persone che vivono da sole (la stima passa dal 31,6% al 34,9%) e, in particolare, per le persone sole con meno di 65 anni (dal 33,1% al 37,0%). Tale peggioramento e' associato "a un incremento di tutti gli indicatori - spiega l'istituto - rischio di poverta' (+0,7 punti percentuali), grave deprivazione materiale (+0,6 punti percentuali) e bassa intensita' lavorativa (+1,1)". Il peggioramento del rischio di poverta' o esclusione sociale interessa soprattutto i residenti del Nord-ovest (da 18,5% a 21,0%) per i quali cresce l'indicatore di bassa intensita' lavorativa e, in misura minore, le persone che risiedono al Sud e nelle Isole (dal 46,4% al 46,9%), dove tale rischio rimane comunque molto piu' elevato e prossimo a coinvolgere il 50% delle persone residenti. Si aggrava il rischio di poverta' o esclusione sociale anche per coloro che vivono prevalentemente di reddito da lavoro autonomo o di reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (+2,9 punti percentuali per entrambe le tipologie di reddito), in concomitanza all'incremento della bassa intensita' lavorativa per la seconda tipologia. Al contrario, diminuiscono l'esposizione al rischio di poverta' o esclusione sociale (da 23,5% a 22,1%) e l'indicatore di bassa intensita' lavorativa (da 4,9% a 4,4%) tra coloro il cui reddito principale familiare e' costituito da lavoro dipendente.

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Circa il 7-8% della popolazione italiana soffre di dolore neuropatico

 "Circa il 7-8% della popolazione italiana soffre di dolore neuropatico e almeno un paziente su tre necessita di trattamento riabilitativo, per non dire forse il 50%". A dipingere il quadro dell'incidenza delle neuropatie nel nostro Paese è Raoul Saggini, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina fisica e riabilitativa dell'Università D'Annunzio di Chieti, che aggiunge: "Questi numeri ci portano a capire quanto il dolore neuropatico debba essere affrontato in maniera assolutamente attenta e consapevole".

Sono sempre di più, infatti, gli italiani interessati da lombosciatalgia, mal di schiena, sciatica e radicolopatie. Si tratta di sensazioni dolorose che compaiono a seguito di un deterioramento o un malfunzionamento del sistema nervoso periferico, o delle strutture del sistema nervoso centrale.

"Il dolore può essere acuto, improvviso, oppure cronico, che perdura per molto tempo, e che il paziente normalmente cerca di contrastare in maniera assolutamente inadeguata con dei rimedi spesso 'della nonna' - continua Saggini - Questi soggetti a un certo punto si rivolgono ad esperti per sottoporsi a un'indagine più approfondita e costruire finalmente un percorso riabilitativo individuale che possa portare a una risoluzione del quadro". 

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Fotovoltaico, l’Abruzzo regione col maggior decremento

In aumento, nei primi dieci mesi del 2017, le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico, che hanno raggiunto nel complesso circa 726 MW (+20% rispetto allo stesso periodo del 2016). E' quanto emerge dai risultati dell'Osservatorio Fer (fonti di energia rinnovabile) di Anie Rinnovabili (l'associazione delle imprese di settore, aderente a Confindustria). Si conferma il trend mensile del fotovoltaico, che con i 29 MW connessi a ottobre raggiunge quota 352 MW complessivi (+12% rispetto allo stesso periodo del 2016). In leggero calo invece il numero di unita' di produzione connesse (-1%). Gli impianti di tipo residenziale costituiscono il 49% della nuova potenza installata nel 2017. Si registra un calo nel trend mensile delle installazioni eoliche, che nel mese di ottobre 2017 si attestano solo a 1,9 MW. Comunque, nel complesso si raggiunge quota 315 MW (+35% rispetto ai primi dieci mesi del 2016). Notevole l'aumento (+141%) delle unita' di produzione, grazie alle attivazioni di impianti mini-eolici di taglia compresa tra 20 e 60 kW. Ottobre 2017 e' stato un mese positivo per l'idroelettrico (+6,9 MW), che con 6,9 MW raggiunge i 56 MW complessivi (+4% per la nuova potenza installata rispetto ai valori registrati nei primi dieci mesi del 2016). In aumento anche le unita' di produzione (+15%)

Per il fotovoltaico le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di potenza sono Basilicata, Lazio, Lombardia Piemonte, Toscana, Valle d'Aosta e Veneto, mentre quelle con il maggior decremento sono Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di unita' di produzione sono Basilicata, Molise, Piemonte, Valle d'Aosta e Veneto, mentre quelle con il maggior decremento sono Abruzzo, Liguria, Marche, Sardegna, Trentino Alto Adige e Umbria. Per l'eolico "notevole l'aumento (+141%) delle unita' di produzione, grazie alle attivazioni di impianti mini-eolici di taglia compresa tra 20 e 60 kW", osserva l'Anie Rinnovabili. La maggior parte della potenza connessa (92%) e' localizzata nelle regioni del Sud Italia. Le richieste di connessione di impianti di taglia inferiore ai 60 kW sono il 28% del totale installato fino a ottobre 2017, mentre gli impianti superiori ai 200 kW costituiscono il 71% del totale. Per l'idroelettrico, le regioni che hanno registrato il maggior incremento di potenza nei primi dieci mesi del 2017 rispetto all'anno precedente sono Abruzzo, Marche, Molise, Sicilia e Veneto. I nuovi impianti idroelettrici di taglia inferiore a 1 MW connessi fino a ottobre 2017 costituiscono il 54% del totale. Anie Rinnovabili segnala l'attivazione di un impianto da 3,2 MW in Lombardia, in provincia di Brescia.

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Shopping natalizio, sale del 56 per cento l’interesse per gli acquisti on line

L'immancabile corsa ai regali di Natale quest'anno è già iniziata: il successo dell'ultimo Black Friday ha mostrato come la tendenza all'acquisto 'last minute' si sia ridotta e come il periodo dello shopping in vista delle festività inizi ormai a metà novembre. "Con la complicità delle grandi giornate di sconto da parte dei colossi dell'e-commerce, anche l'acquisto in previsione del Natale ha la tendenza ad essere online. Per questo motivo ci riferiamo a questo intenso periodo di spese chiamandolo ormai Natale digitale" commenta all'Adnkronos Fabio Plebani, Country Manager per l'Italia di idealo, la piattaforma internazionale di comparazione dei prezzi che ha messo a disposizione i suoi dati e analizzato varie ricerche per inquadrare il fenomeno. L'interesse manifestato dai consumatori attraverso le intenzioni di acquisto online è cresciuto del 56% rispetto allo scorso anno e anche Deloitte, l'azienda di consulenza e revisione, in una survey a tema e-commerce e Natale ha riferito dati incoraggianti: si parla di una crescita del 16% degli acquisti online in Italia rispetto al 2016 - più del doppio della media europea -; secondo il sondaggio il nostro sarà il terzo mercato di spesa più alto in Europa (con previsione di 528 euro), dietro a Spagna (632 euro) e UK (614 euro). "L'attenzione allo shopping si sta spostando online e iniziano ad esserci anche delle differenze, in positivo, nel profilo del consumatore medio" sottolinea Plebani, raggiunto telefonicamente a Berlino nel quartier generale dell'azienda tedesca. "Pur restando al secondo posto rispetto agli utenti maschi, che da soli raggiungono il 56,3% dei click -l'identikit standard dell'e-consumer natalizio è quello di un uomo tra i 35 e i 44 anni-, cresce prima di Natale la percentuale di donne che si rivolgono al web per lo shopping"

 

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Rapporto Censis, boom di persone in poverta’ assoluta

 Sono oltre 1,6 milioni le famiglie che nel 2016 sono in condizioni di poverta' assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi. Gli individui in poverta' assoluta sono 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Tali dinamiche incrementali hanno coinvolto tutte le aree geografiche, con un'intensita' maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Lo rileva il Censis nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese

- Il boom della poverta' assoluta, osserva l'istituto di ricerca, rinvia a una molteplicita' di ragioni ma in primo luogo alle difficolta' occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in poverta' assoluta sono pari al 23,2%. Il fenomeno ha una relazione inversa con l'eta': nel 2016 si passa dal 12,5% tra i minori (+2,6% negli ultimi tre anni) al 10% tra i millennial (+1,3%), al 7,3% tra i baby boomer, al 3,8% tra gli anziani (-1,3%). La poverta' assoluta ha l'incidenza piu' elevata tra le famiglie con tre o piu' figli minori (il 26,8%, +8,5%). I dati mostrano "un altro trend - aggiunge il Censis - il cui potenziale sviluppo puo' avere gravi implicazioni nel futuro: l'etnicizzazione della poverta' assoluta". Nel 2016 il 25,7% delle famiglie straniere e' in condizioni di poverta' assoluta contro il 4,4% delle famiglie italiane, mentre nel 2013 erano rispettivamente il 23,8% e il 5,1%

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Mobilità sostenibile, Parma città ‘regina’, Catanzaro maglia nera

E' Parma a conquistare la prima posizione e quindi il titolo di citta' piu' 'eco-mobile' d'Italia. Vince non solo perche' fa della pianificazione lo strumento di governo della mobilita' - e' una delle prime citta' italiane ad aver approvato il Piano Urbano della Mobilita' Sostenibile - ma anche per una buona dotazione di aree pedonali e ZTL, per i servizi di trasporto pubblico offerti ai cittadini e per un parco circolante ricco di veicoli a basso impatto; ma vince anche per la consolidata presenza di un mobility manager di citta' e di servizi di sharing mobility. Sul podio anche quest'anno tutte citta' del nord, con il secondo posto a Milano e il terzo a Torino; poco sotto Venezia al quarto posto e Padova al quinto. In fondo alla classifica, L'Aquila, Siracusa e Catanzaro. E' la fotografia scattata dall'undicesimo Rapporto 'Mobilita' sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 citta'', elaborato da Euromobility con il patrocinio del ministero dell'Ambiente. Nella top ten figurano poi Bologna al sesto posto e Brescia al settimo, mentre Roma conferma soltanto il quindicesimo posto. Chiudono la top ten Modena all'ottavo posto, Prato al nono e Reggio Emilia al decimo. Sono due citta' del sud, Cagliari e Bari, quelle che scalano piu' posti in classifica. Il rapporto segnala che continua ad aumentare (+0,5%) il tasso di motorizzazione nelle principali 50 citta' italiane (si attesta a 58,5% in linea con il dato nazionale, che fa registrare un incremento ancora superiore, +0,9%) anche se aumenta il numero di veicoli a basso impatto, soprattutto Gpl e metano, che raggiungono complessivamente l'8,78% del parco nazionale circolante, e quelli ibridi ed elettrici che aumentano del 39%. Si inverte il trend per la qualita' dell'aria che, dopo il peggioramento del 2015 causato dalle avverse condizioni meteorologiche, torna a far registrare un miglioramento netto: ben 23 citta' rispettano tutti i limiti di normativa. Vietato pero' abbassare la guardia. A 'targhe alterne', infine, la sharing mobility: bene il car sharing a flusso libero, meno quello convenzionale e alcuni servizi di bike sharing. 

"Questo undicesimo rapporto - sottolinea Lorenzo Bertuccio, presidente di Euromobility - segnala un miglioramento della qualita' dell'aria nelle nostre citta', da attribuire pero' in massima parte alle condizioni meteorologiche decisamente piu' favorevoli di quelle che nel 2015 avevano portato il ministero dell'Ambiente a emanare un piano di contenimento e stanziare risorse dedicate". Non abbassare la guardia "significa pero' soprattutto uscire dalla logica emergenziale e affidarsi alla pianificazione, seguendo l'esempio di citta' come Bari, Foggia, Forli', Parma Pescara, Prato, Reggio Calabria, Milano e Torino, che hanno gia' approvato o quanto meno adottato in giunta il proprio Piano Urbano della Mobilita' Sostenibile (Pums). L'auspicio - continua - e' che nei prossimi anni sempre piu' citta' ne seguano l'esempio anche grazie al Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di qualche settimana fa che, con apposite linee guida, ha indicato non solo le procedure per la redazione e approvazione dei Pums, ma anche quelle per la verifica che gli obiettivi fissati vengano realmente raggiunti. Nei prossimi mesi, inoltre, ci si attende che nella maggioranza delle citta' riprendano vigore le attivita' di mobility management, grazie ai fondi del programma sperimentale nazionale di mobilita' sostenibile casa-scuola e casa-lavoro gestito dal ministero dell'Ambiente". "Siamo contenti e soddisfatti per il riconoscimento - dichiara l'assessore Tiziana Benassi di Parma - Parma sta dimostrando di essere un vero modello di smart city, esempio per molte altre realta' italiane. Il premio, infatti, arriva esattamente nel periodo in cui in sinergia tra pubblico, societa' civile e privati stiamo presentando il progetto europeo 'Parma Futuro Smart', e a distanza di pochi giorni dal finanziamento di quasi un milione di euro da parte del Ministero dell'Ambiente al progetto 'Parma, mobilita' in azione!'. Per noi, che continueremo su questa strada fatta di risultati concreti - osserva ancora - il futuro di Parma sara' definito da tre parole: sostenibile, innovativo e all'avanguardia. Ci guadagna la citta' in termini di servizi e qualita', ci guadagna il territorio agli occhi delle altre realta' internazionali". "Fa sempre piacere ricevere un riconoscimento di prestigio - le fa eco il sindaco Federico Pizzarotti - perche' e' testimonianza del buon lavoro svolto in questi anni in termini di qualita', sostenibilita' e innovazione. Questo riconoscimento e' un punto d'arrivo? Per noi no, semmai di partenza: Parma e' una citta' che puo' e vuole dare ancora tanto. In particolare sulla mobilita' avvieremo nuovi progetti ecosostenibili e smart al pari delle piu' progredite citta' europee. Parma e' una citta' che ha fame di progresso: vuole migliorare dove c'e' da migliorarsi, e accrescere i risultati positivi la' dove siamo gia' tra le prime in Italia. Questo - conclude - e' il nostro obiettivo".

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Inail: infortuni sul lavoro +0,7% in 10 mesi

Aumentano le morti sul lavoro nei primi 10 mesi dell'anno. E' quanto emerge dai dai elaborati da Inail relativi ai primi 10 mesi dell'anno. Tra gennaio e ottobre sono state presentate all'Istituto circa 534mila denunce di infortuni sul lavoro (+0,7%), 864 dei quali con esito mortale (+1,6%). Prosegue invece il trend in diminuzione delle malattie professionali (-3,0%). Le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale presentate all'Istituto nei primi dieci mesi di quest'anno sono state 864, con un incremento di 14 casi rispetto agli 850 dell'analogo periodo del 2016 (+1,6%) e una diminuzione di 124 casi rispetto ai 988 decessi denunciati tra gennaio e ottobre del 2015 (-12,6%). Nonostante un numero di denunce mortali presentate nel solo mese di ottobre superiore a quello dello stesso mese del 2016 (56 casi contro 43), l'incremento è attenuato se confrontato con quello registrato nei primi nove mesi (+2,1%). A fare la differenza nel saldo finale dei primi 10 mesi di quest'anno continua a essere soprattutto il mese di gennaio, con 31 denunce mortali in più rispetto al primo mese del 2016, oltre la metà delle quali registrate in Abruzzo, nelle due tragedie di Rigopiano e Campo Felice. I dati rilevati al 31 ottobre del 2016 e del 2017 evidenziano un aumento di 30 casi (da 695 a 725) nella gestione Industria e servizi (+4,3%), una diminuzione di due casi (da 117 a 115) in Agricoltura (-1,7%) e un calo di 14 casi (da 38 a 24) nel Conto Stato (-36,8%). Nei primi 10 mesi del 2017 si sono registrati degli incrementi solo per i casi occorsi in itinere (+12,4%), mentre per quelli avvenuti in occasione di lavoro si è registrata una diminuzione (-2,1%). Nei primi nove mesi, invece, entrambe le tipologie di infortunio avevano fatto registrare un incremento pari, rispettivamente, al +0,4% e +6,9%. L'analisi territoriale evidenzia un aumento di 37 denunce di infortuni con esito mortale nel Nord-Ovest (Lombardia +20, Liguria +14, Piemonte +2, Valle d'Aosta +1), di 15 casi al Sud (Abruzzo +22, Puglia +3, Calabria +2, Campania -11, Basilicata -1) e di cinque casi nelle Isole (Sicilia +7, Sardegna -2). Le denunce mortali sono in diminuzione, invece, nel Nord-Est (-33 casi), dove ai cali rilevati in Veneto (-24), Emilia Romagna (-7), province autonome di Trento (-4) e Bolzano (-2) si contrappone l'incremento del Friuli Venezia Giulia (+4 casi). In diminuzione anche il dato del Centro (-10 decessi), sintesi della riduzione rilevata in Umbria (-8 ), nelle Marche (-3) e in Toscana (-1) e dell'aumento di due casi mortali nel Lazio. L'incremento rilevato nel confronto tra i primi 10 mesi del 2016 e del 2017 è legato esclusivamente alla componente maschile, i cui casi mortali sono aumentati di 15 unità, da 767 a 782 (+2,0%), mentre quella femminile ha fatto registrare una diminuzione di un solo caso, da 83 a 82 decessi (-1,2%). Aumentano, inoltre, le denunce che riguardano lavoratori italiani (+14 casi) e stranieri dell'Unione Europea (+1), mentre diminuiscono quelle dei lavoratori extracomunitari (-1).

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Auto, budget medio per acquisto online 22.800 euro

Gli italiani che cercano in rete quale automobile acquistare vogliono spendere mediamente 22.800 euro. Una cifra che li lascia liberi di scegliere tra un ampio ventaglio di possibilità: dalla citycar scontata al monovolume super accessoriato, dalla berlina compatta al crossover. Ma che si abbassa a 18 mila euro se a guidare il processo d'acquisto dell'auto è una donna. Lo rileva l'Osservatorio sulla ricerca delle auto online del portale DriveK, segnalando che il dato varia notevolmente dal Nord al Sud: gli importi medi più elevati che le famiglie italiane vorrebbero spendere si registrano infatti in Trentino-Alto Adige (25.000 euro), Valle d'Aosta (24.900 euro) e Veneto (24.700 euro). Nella prima parte si trovano comunque anche l'Abruzzo (quinta in classifica con 23.600 euro) e la Puglia (23.400 euro), che battono la Lombardia, solo nona con 23.250 euro. In coda si posizionano invece la Sardegna, con 21.100 euro di disponibilità media e il Lazio, con 21.200 euro.

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Istat, crisi natalità in coppie italiane: 12mila bimbi in meno 

L'Italia è sempre più un paese popolato da anziani. Calano infatti le nascite, con 100mila nuovi bambini in meno in otto anni. Aumentano le donne senza figli e anche il numero di quelle con un solo bimbo. E, seppur lievemente, diminuiscono anche i nati da genitori stranieri. È la fotografia dell'Italia del 2016 presentata dall'Istat nel suo rapporto sulla 'Natalità e fecondità della popolazione residente'. L'istituto di statistica conferma che dal 2015 al 2016 sono nati 12 mila bambini in meno e, nell'arco di 8 anni (dal 2008 al 2016), le nascite sono diminuite di oltre 100 mila unità: a influire sono soprattutto le coppie italiane. Le donne di origine rumena, marocchina e albanese le più feconde anche se, dal 2012 diminuiscono, seppur lievemente (-7 mila), anche i nati con almeno un genitore straniero pari a poco più di 100 mila nel 2016 (21,2% del totale). Tra questi, a calare in maniera più accentuata sono i nati da genitori entrambi stranieri, che nel 2016 scendono per la prima volta sotto i 70 mila.CALANO LE NASCITE - Secondo il rapporto Istat, i nati da coppie di genitori entrambi italiani scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107 mila in meno in questo arco temporale). "Ciò avviene fondamentalmente per due fattori: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli", spiegano gli esperti. La fase di calo della natalità avviatasi con la crisi è caratterizzata da una diminuzione soprattutto dei primi figli, passati da 922 del 2008 a 227.412 del 2016 (-20% rispetto a -16% dei figli di ordine successivo). La diminuzione delle nascite registrata dal 2008 è da attribuire interamente al calo dei nati all’interno del matrimonio: nel 2016 sono solo 331.681 (oltre 132 mila in meno in soli 8 anni). Questa importante diminuzione è in parte dovuta al contemporaneo forte calo dei matrimoni, che hanno toccato il minimo nel 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (57 mila in meno rispetto al 2008).Allo stesso tempo, diminuiscono, seppur lievemente (-7 mila), anche i nati con almeno un genitore straniero. Tra i nati stranieri, al primo posto si confermano i bambini rumeni (15.417 nel 2016), seguiti da marocchini (9.373), albanesi (7.798) e cinesi (4.602). Queste quattro comunità rappresentano il 53,6% del totale dei nati stranieri.L'incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri invece è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (circa 20,8%), dove la presenza straniera è più stabile e radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (16,9%), secondo i dati dell'Istat; nel Mezzogiorno l'incidenza è molto inferiore rispetto al resto d'Italia (5,7% al Sud e 5,1% nelle Isole). Nel 2016 è di cittadinanza straniera circa un nato su quattro in Emilia-Romagna, quasi il 22% in Lombardia, circa un nato su cinque in Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana. La percentuale di nati stranieri è decisamente più contenuta in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, con l'eccezione dell'Abruzzo dove supera il 10%.CALA LA FERTILITA' - Aumenta il numero delle donne senza figli ma anche il numero di quelle con un solo bimbo. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010) . Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010). La 'colpa' del calo negli ultimi otto anni è per quasi tre quarti dell’età delle donne: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose. La restante quota dipende invece dalla diminuzione della propensione ad avere figli. Osservando le generazioni, il numero medio di figli per donna in Italia continua a decrescere senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (cioè subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,44 figli per le donne della generazione del 1976.AUMENTANO I MATRIMONI - Dal 2015 i matrimoni hanno ripreso ad aumentare (+4.612 rispetto all'anno precedente) e la tendenza si è accentuata nel 2016 (+9 mila), anno in cui è stata di nuovo superata la soglia delle 200 mila celebrazioni. Anche la propensione al primo matrimonio, da anni in diminuzione, mostra, una lieve ripresa a partire dal 2015. Nel 2016 il tasso di primo-nuzialità maschile arriva a 449,6 per mille (da 421,1 nel 2014) e quello femminile a 496,9 per mille (da 463,4 nel 2014). Il legame tra nuzialità e natalità è ancora molto forte nel nostro Paese (nel 2016 il 70% delle nascite avviene all'interno del matrimonio); ci si può quindi attendere nel breve periodo un ridimensionamento del calo delle nascite dovuto al recupero dei matrimoni. Secondo i dati provvisori dell'Istat riferiti al periodo gennaio-giugno 2017, i nati sono solo 1.500 in meno rispetto allo stesso semestre del 2016. Si tratta della diminuzione più contenuta dal 2008.In un contesto di nascite decrescenti quelle che avvengono fuori del matrimonio sono in aumento: 141.757 i nati da genitori non coniugati nel 2016, oltre duemila in più rispetto al 2015. Il loro peso relativo è più che triplicato rispetto al 1995 e raggiunge il 29,9% nel 2016. La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (35,6%), seguito dal Nord-est (33,7%). Tra le regioni del Centro spicca la Toscana (37,1%), mentre tra le regioni del Nord la proporzione più alta di nati fuori dal matrimonio si registra nella Provincia autonoma di Bolzano (47,3%, il valore più alto a livello nazionale). Sud e Isole presentano incidenze di nati fuori dal matrimonio molto più contenute, con le percentuali più basse in Basilicata (18,4%) e Calabria (18,8%). Il valore della Sardegna (37,4%) supera invece la media del Centro-Nord. Se consideriamo solo i nati da genitori entrambi italiani, quasi un nato su tre ha genitori non coniugati, con una distribuzione territoriale sostanzialmente analoga a quella del totale dei residenti.I NOMI PIU' DIFFUSI - Francesco e Sofia sono i nomi più diffusi tra i neo genitori italiani. Adam e Sofia si chiamano invece i bimbi di neo genitori stranieri residenti in Italia. A livello nazionale si conferma il primato del nome Francesco che si è rafforzato tra il 2013 e il 2014 in seguito, verosimilmente, alla elezione del Sommo Pontefice. Il secondo nome più frequente è Alessandro, seguito da Leonardo. Sofia, Aurora e Giulia si confermano i nomi più diffusi tra le bambine, con frequenze che distanziano decisamente tutti gli altri nomi femminili.

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Istat, a novembre in calo fiducia dei consumatori e delle imprese 

A novembre 2017 l'indice del clima di fiducia dei consumatori torna a diminuire passando da 116,0 a 114,3; anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese registra un lieve calo (0,3 punti percentuali) spostandosi da 109,1 a 108,8. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono in diminuzione seppur con intensità diverse: la componente economica e quella futura registrano un calo più deciso (da 143,3 a 139,2 e da 121,6 a 119,8 rispettivamente) mentre il deterioramento è più contenuto per la componente personale (da 105,9 a 105,7) e corrente (da 111,5 a 110,1). Più in dettaglio, si evidenzia una diminuzione del saldo relativo sia ai giudizi sia alle aspettative sulla situazione economica del paese nonché un aumento delle aspettative sulla disoccupazione; per quanto riguarda la situazione personale, i giudizi sulla situazione economica della famiglia sono in peggioramento mentre le aspettative sono in aumento. Con riferimento alle imprese, nel mese di novembre segnali eterogenei provengono dai climi di fiducia dei settori indagati. In particolare, il clima di fiducia rimane sostanzialmente stabile nel settore manifatturiero (da 110,9 a 110,8), aumenta nelle costruzioni e nei servizi (i climi passano, rispettivamente, da 130,3 a 132,1 e da 107,7 a 108,2); invece, il commercio al dettaglio registra una diminuzione (da 113,2 a 110,0). 

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