L’Osservatorio

Istat, la dimensione media delle imprese in Italia è di 3,8 addetti

Le imprese attive nell'industria e nei servizi di mercato sono 4,4 milioni e occupano 16,5 milioni di addetti, di cui 11,7 milioni dipendenti. La dimensione media è di 3,8 addetti. E' quanto emerge da un report dell'ISTAT sui conti economici delle imprese al 2017. Il 5% delle imprese è organizzato in strutture di gruppo che occupano circa un terzo degli addetti . Sono infatti 219.769 le imprese organizzate in gruppi d'impresa (99.268 gruppi), con 5,7 milioni di addetti, 5,6 milioni di dipendenti e una dimensione media di 26 addetti, che raggiunge i 75,2 addetti nel caso dei gruppi multinazionali. Nel 2017, per il quarto anno consecutivo continua a crescere il valore aggiunto: +3,9% nel 2017 sul 2016, +4,8% nel 2016 sul 2015, +4,0% nel 2015 sul 2014, +1,5% nel 2014 sul 2013. Marcata la performance in termini di redditività, con il margine operativo lordo che, nel 2017, segna un aumento del 3,5%, a seguito di una crescita del costo del lavoro (+4,2%) maggiore di quella del valore aggiunto (+3,9%)

Un impatto significativo sulla crescita del sistema produttivo è determinato dalle imprese organizzate in gruppi, che generano il 56,7% del totale del valore aggiunto, nelle quali l'aumento del valore aggiunto è del 5,8% e quello del margine operativo lordo è del 6,2% (contro +1,4% e +0,7% registrato dalle imprese che non appartengono a gruppi). Alla crescita del valore aggiunto si associa una domanda di lavoro positiva, che ha generato circa 419 mila addetti aggiuntivi (di cui oltre il 60% nelle imprese appartenenti a gruppi), con incrementi in tutte le classi dimensionali, ma più intensi nelle imprese con 10 addetti e oltre. I costi del personale aumentano del 5,5% per le imprese appartenenti a gruppi e del 2,2% per le imprese indipendenti.

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Coldiretti,1,1 milione di firme per dire no al cibo falso

E’ stato raggiunto lo storico obiettivo della raccolta di 1,1 milioni di firme di cittadini europei per chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti con la petizione europea “Eat original! Unmask your food” (Mangia originale, smaschera il tuo cibo) promossa dalla Coldiretti assieme ad altre organizzazioni europee.

E’ quanto reso noto in occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio con la consegna da parte del presidente della Coldiretti Ettore Prandini e della delegata nazionale dei giovani agricoltori Veronica Barbati al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di un “maxi assegno” simbolo dello storico traguardo dall’iniziativa dei cittadini europei (Ice) autorizzata dalla stessa Commissione con la Decisione (UE) 2018/1304 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 244 del 28 settembre 2018 a firma del vice presidente Franz Timmermans. Un’iniziativa che gode del sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza al fianco della Coldiretti e di Fondazione Campagna Amica: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Fondazione Univerde, a Gaia (associazione degli agricoltori greci) a Green protein (Ong svedese), alle quali se ne sono poi aggiunte molte altre.

“In Abruzzo – comunica Coldiretti regionale – le firme raccolte nei mercati di Campagna Amica e in occasione delle iniziative promosse da Coldiretti sono state oltre 34.000 (34mila). Un vero e proprio fronte per la trasparenza che, forte del milione di firme raccolto in tutti i Paesi, non può essere più ignorato da una Ue che – ricorda Coldiretti – ha avuto sinora un atteggiamento incerto e contradditorio, obbligando a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per il miele ma non per lo zucchero”.

Nello specifico – sottolinea la Coldiretti – l’iniziativa dei cittadini si prefigge di rendere obbligatoria l’indicazione del paese di origine per tutti gli alimenti trasformati e non trasformati in circolazione nell’Ue, senza deroghe per i marchi registrati e le indicazioni geografiche e per quanto attiene agli alimenti trasformati, l’etichettatura di origine deve essere resa obbligatoria per gli ingredienti principali se hanno un’origine diversa dal prodotto finale. La petizione chiede infine di migliorare la coerenza delle etichette, inserendo informazioni comuni nell’intera Unione circa la produzione e i metodi di trasformazione, al fine di garantire la trasparenza in tutta la catena alimentare.

“Un obiettivo condiviso dalla maggioranza dei consumatori europei e dall’82% di quelli italiani che ritiene necessario superare le attuali politiche comunitarie sull’origine del cibo per contrastare un fenomeno, quello dei falsi e dei tarocchi, che solo all’Italia costa oltre 100 miliardi di euro all’anno nel mondo” ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che “l’obbligo di indicare l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che, con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare, ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004”.

L’Italia è, infatti, all’avanguardia in Europa proprio grazie al pressing della Coldiretti che ha fatto scattare anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

 

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Clima,per 3 italiani su 4 e’ emergenza grave

Ben 3 italiani su 4 (75%) ritengono che la situazione ambientale nel mondo sia grave o gravissima. E' quanto emerge dalla prima indagine Coldiretti/Ixe' "La svolta green degli italiani" nel 2019 presentato al Forum internazionale dell'agricoltura a Cernobbio dove e' stato aperto il primo 'Salone dell'Economia Circolare'. Nei primi nove mesi del 2019, sottolinea Coldiretti, "ci sono stati 1336 eventi estremi, due volte e mezzo piu' di quelli della Francia e oltre sette volte in piu' rispetto a Spagna e Regno Unito. Rispetto allo scorso anno c'e' stato in Italia un incremento del +75% degli eventi estremi". Fra gli interventi, secondo gli italiani, considerati piu' urgenti per limitare i problemi ambientali ci sono la raccolta differenziata (52%) e la depurazione dei corsi d'acqua e delle falde (37%) in un paese come l'Italia messa in procedura di infrazione da parte della Ue proprio perche', ricorda la Coldiretti, 237 centri urbani in 13 regioni non dispongono di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane. Sul capitolo acque reflue l'Italia - evidenzia la Coldiretti - sta subendo anche altre procedure di infrazione e una di queste ha gia' portato la Corte Ue a condannare il nostro Paese a pagare una multa di 25 milioni di euro, piu' 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre 70 centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie e adeguati depuratori. Il comparto industriale e' ritenuto il principale responsabile dei problemi ambientali con il 76% dei giudizi, seguito dai trasporti con il 43% e dal settore energetico con il 23%, mentre l'agricoltura prende il 14% dei giudizi negativi. Al contrario per oltre 8 italiani su 10 (88%) l'agricoltura e' una risorsa per l'ambiente. (

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Produzione industriale +0,3% ad agosto, annuale -1,8%

Ad agosto la produzione industriale destagionalizzata aumenta dello 0,3% rispetto a luglio. Lo rileva l'Istat. Corretto per gli effetti di calendario, ad agosto 2019 l’indice complessivo è diminuito su anno dell’1,8% (i giorni lavorativi sono stati 21, contro i 22 di agosto 2018). Nella media dei primi otto mesi del 2019 l’indice ha registrato una flessione dello 0,9% sullo stesso periodo dello scorso anno

Nella media del trimestre giugno-agosto, invece, la produzione mostra una flessione dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile ad agosto mostra aumenti congiunturali nei comparti dei beni strumentali (+0,4%) e dei beni di consumo (+0,3%); variazioni negative registrano, invece, l’energia (-0,9%) e i beni intermedi (-0,5%).Su base annua e al netto degli effetti di calendario, ad agosto 2019 si registra una contenuta crescita per l’energia (+1,8%) e una più lieve per i beni di consumo (+0,7%); diminuiscono, in misura marcata, i beni strumentali (-4,9%) e i beni intermedi (-3,1%).I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono i prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+6,6%), le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+6,1%) e l’industria del legno, della carta e stampa (+5,5%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,3%), nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo esclusi macchine e impianti (-8,8%) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-6,9%). 

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Istat: vendite al dettaglio ad agosto -0,6% mese, +0,7% anno

Ad agosto 2019 si stima, per le vendite al dettaglio, una diminuzione congiunturale dello 0,6% in valore e in volume. Sono in flessione sia le vendite dei beni alimentari (-0,9% in valore e -1,0% in volume) sia quelle dei beni non alimentari (-0,3% in valore e -0,4% in volume). Lo rende noto l'Istat, aggiungendo che nel trimestre giugno-agosto 2019, rispetto al trimestre precedente, le vendite al dettaglio aumentano dello 0,9% in valore e dello 0,8% in volume. Sono in aumento sia le vendite dei beni alimentari (+1,0% in valore e +0,5% in volume) sia quelle dei prodotti non alimentari (+0,9% in valore e +1,0% in volume). Su base annua, le vendite al dettaglio registrano un aumento dello 0,7% in valore e dello 0,5% in volume. Sono in crescita sia le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +0,1% in volume), sia quelle dei beni non alimentari (+0,4% in valore e +0,8% in volume). "Nuova flessione congiunturale per il valore delle vendite al dettaglio ad agosto, dopo quella registrata a luglio. In entrambi i mesi - spiega l'Istat - la diminuzione ha interessato sia i prodotti alimentari sia quelli non alimentari. In calo, nello stesso periodo, anche il volume delle vendite. Peraltro, negli ultimi tre mesi, la variazione congiunturale resta positiva, grazie al forte incremento che si era registrato a giugno. Su base tendenziale, ad agosto, si osserva una crescita moderata, in rallentamento rispetto al mese precedente. Il segno positivo riguarda la grande distribuzione e, soprattutto, il commercio elettronico mentre tornano a diminuire le vendite delle piccole superfici"

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Istat: Indicatore anticipatore suggerisce debolezza del Pil

A settembre l'indicatore anticipatore "ha mantenuto un profilo negativo, suggerendo il proseguimento della fase di debolezza dei livelli produttivi". E' quanto si legge nell'ultima nota mensile dell'Istat sull'andamento dell'economia italiana. In particolare, segnala l'Istat, i dazi imposti dagli Usa e le misure compensative attivate dai paesi coinvolti, i fattori geopolitici destabilizzanti e il rallentamento dell'economia cinese, continuano a influenzare negativamente il commercio mondiale. In Italia, spiega l'Istat, la revisione dei conti economici ha lievemente modificato il profilo del Pil che ora evidenzia un marginale incremento congiunturale sia nel primo sia nel secondo trimestre (+0,1%). Tuttavia, a luglio, l'indice della produzione industriale ha registrato la seconda flessione congiunturale consecutiva. Nel primo semestre, i miglioramenti del mercato del lavoro si sono riflessi sull'andamento favorevole del reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici, traducendosi in un aumento del potere d'acquisto e della propensione al risparmio. L'inflazione al consumo, nota l'Istat, rimane bassa sia nella misura complessiva sia in quella di fondo. Le indicazioni prospettiche a breve degli operatori economici delineano la prosecuzione dell'attuale fase di moderazione. A settembre, l'indice del clima di fiducia dei consumatori e l'indice composito per le imprese hanno fornito indicazioni diverse. La fiducia dei consumatori ha segnato un lieve aumento, a sintesi di un deterioramento del clima economico e di un miglioramento della valutazione delle prospettive future, mentre la fiducia delle imprese ha evidenziato un peggioramento

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In calo le quotazioni del tartufo

Al via la stagione di raccolta del tartufo bianco con le prime quotazioni che spingono gli italiani all'acquisto facendo registrare un calo del 5% rispetto allo scorso anno ed un valore di 2000 euro al chilo per pezzature oltre i 50 grammi (la piu' pregiata) alla borsa del tartufo di Acqualagna, la prima a rendere note le quotazioni del pregiato tubero. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione dell'avvio della ricerche con feste, sagre e mostre che si moltiplicano lungo tutto lo Stivale e che rappresentano una ottima occasione per acquistare o assaggiarlo nelle migliori condizioni e ai prezzi piu' convenienti. "All'avvio della stagione - sottolinea la Coldiretti - si rileva dunque un contenimento dei prezzi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando si registravano per le stesse dimensioni valori di 2100 euro al chilo, gia' molto convenienti. Importi ancora piu' contenuti - continua la Coldiretti - sono stati raggiunti quest'anno per le pezzature piu' piccole con valori che vanno da 1500 euro tra i 15 ed i 50 grammi a 1000 euro al chilo sotto i 15 grammi". "Si tratta di un vero affare - afferma Coldiretti - soprattutto se confrontati con i valori record del 2017 quando a causa della siccita' al debutto della stagione 2017 sullo stesso mercato di Acqualagna un bianco grande era quotato 3.500 euro al chilo, un medio 2.900, un piccolo 2mila euro, praticamente il doppio". Le condizioni climatiche, se non cambieranno, fanno prevedere infatti, secondo la Coldiretti "una buona raccolta per il Tuber magnatum Pico che si sviluppa in terreni freschi e umidi". "Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all'Umbria, dall'Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi - precisa la Coldiretti - i territori battuti dai ricercatori. Si stima che siano coinvolti complessivamente oltre centomila i raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti ed alimentano un business che comprensivo di indotto sviluppa un valore stimato in circa mezzo miliardo di euro tra fresco, conservato o trasformato anche grazie alla grande capacita' di attrazione turistica ed enogastronomica"

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Coldiretti, i dazi affossano record del Made in Italy in Usa

 L’arrivo dei dazi affossa il record storico realizzato dall’alimentare Made in Italy in Usa dove si è realizzato un balzo del +8,3% nelle esportazioni nei primi otto mesi del 2019. E’ quanto emerge da una analisi ella Coldiretti in riferimento al Verdetto del Wto che ha autorizzato dazi Usa nei confronti dei Paesi Europei per un ammontare di 7,5 miliardi di dollari nell’ambito della disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus, sulla base dei dati Istat relativi ai primi 8 mesi. "Saranno colpiti da dazi Usa del 25% a partire dal 18 ottobre le esportazioni agroalimentari Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro con la presenza nella black list di prodotti come - sottolinea la Coldiretti - Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola e altri lattiero caseari ma anche su salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori.Un ostacolo che rischia di frenare pesantemente la crescita del Made in Italy su mercato statunitense che - sottolinea la Coldiretti - ha realizzato 42,4 miliardi nel 2018, il 10% nell’agroalimentare (4,2 miliardi)

Il dazio passerà per il Parmigiano Reggiano - spiega la Coldiretti - dagli attuali 2,15 dollari al chilo a circa 6 dollari al chilo ed il consumatore americano lo dovrà acquistare sullo scaffale ad un prezzo che passa dagli attuali circa 40 dollari al chilo ad oltre i 45 dollari, con un probabile effetto di contenimento dei consumi che rischia di azzerare la crescita che si è avuta fino ad ora su quel mercato.Il record del 2019 è infatti stato proprio spinto dai risultati eccezionali messi a segno in Usa dal settore lattiero caseario (+23%) e tra questo sono proprio il Parmigiano Reggiano ed il Grana Padano a pesare di piu’ con un +26% nei primi sei mesi secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat.Con gli Stati Uniti che sono il principale mercato di sbocco dei prodotti nazionali fuori dai confini comunitari, il rischio - sottolinea la Coldiretti - è che i dazi possano generare una spirale recessiva per il commercio estero con l’aumento del made in Italy generale è stato di appena il +3,4%

 E’ dunque positivo l’accoglimento da parte del Governo della richiesta della Coldiretti di attivare aiuti compensativi per azzerare l'effetto dei dazi americani su alcuni prodotti agroalimentari Made in Italy afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che è importante intervenire subito con risorse adeguate per sostenere le imprese colpite dai dazi ed evitare la perdita di competitività sul mercato americano a vantaggio dei Paesi concorrenti. Ora - conclude Prandini - è anche necessario aprire subito la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte”

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Produzione di olio in Abruzzo: qualità eccellente e +52% rispetto al 2018

 

Qualità eccellente e il 52% di raccolto in più rispetto alla disastrosa annata del 2018. E’ quanto emerge sulla produzione di olio extravergine d’oliva in Abruzzo dall’indagine esclusiva eseguita dagli osservatori di mercato di Cia - Agricoltori Italiani, Italia Olivicola e Associazione italiana frantoiani oleari.

“Un dato positivo per la regione ma solo rispetto allo scorso anno, annata tra le peggiori di sempre, dopo quella del 2016”, afferma il presidente regionale di Cia - Agricoltori Italiani Mauro Di Zio, “L’Abruzzo, e più in generale il Centro Sud, è in netta ripresa con un’annata caratterizzata dalla qualità ma anche dalla quantità. Un dato che è stato favorito principalmente dall’andamento climatico con una produzione stimata di oltre 10mila tonnellate”.

Il clima, infatti, ha favorito, questa volta, lo sviluppo dell’olivo: il caldo estivo e la bassa umidità, in particolare, hanno evitato gli attacchi della mosca olearia. I risultati dei monitoraggi in corso parlano di percentuali intorno al 3-5% nelle zone interne e la totale assenza del parassita nelle zone pre-montane, mentre sulla fascia litoranea in alcuni areali verso la metà di settembre sono state raggiunte le soglie di intervento.

Nella fase molto delicata della fioritura, però, i repentini incrementi di temperatura hanno danneggiato i fiori e la conseguente allegagione. Diversamente, la produzione sarebbe stata ancora più alta.

L’ Abruzzo presenta una alternanza di zone a buona produzione e zone meno produttive con una distribuzione che si caratterizza per fasce altimetriche

Lungo la fascia litoranea del pescarese si osserva un calo produttivo dell'ordine del 10-20% con riferimento alla produzione dello scorso anno. Nella fascia pre-montana e in montagna questa improvvisa escalation delle temperature è stata, invece, meglio sopportata dalle piante e mentre lo scorso anno non si era praticamente avuta produzione oggi ci si attendono dei buoni risultati.

Nel teramano la produzione si presenta a macchia di leopardo con aree in cui alcune aziende non reputano valga la pena di raccogliere. Il monitoraggio della produzione sul territorio fa stimare una riduzione del 50% rispetto allo scorso anno.

Per la provincia di Chieti, che è quella che maggiormente incide sulla produzione regionale, si stima invece un incremento di circa il 70% che pure non riporta la produzione ad una piena carica. Sotto il profilo dell’andamento degli attacchi parassitari che tanto influiscono sia sulla quantità che sulla qualità delle olive, non sono stati praticamente registrati attacchi di tignola se non qualcosa sulla fascia costiera.

La qualità dell’olio extravergine d’oliva sarà assolutamente eccellente, soprattutto grazie agli interventi e alle spese sostenute dagli agricoltori nei mesi estivi per effettuare le corrette pratiche agronomiche, ed entro la metà di ottobre quasi tutte le cooperative e i frantoi avranno iniziato la campagna di raccolta.

 

 

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Prospettive di crescita debole per l’area dell’euro

 Prospettive di crescita debole per l'area dell'euro: lo si legge nello Eurozone economic outlook, realizzato dagli istituti di statistica Ifo Institute, Istat e Kof Swiss economic Institute. "Le turbolenze geopolitiche, associate alla riduzione dei flussi di commercio mondiale, - si legge - hanno influenzato negativamente le prospettive internazionali. In questo contesto, la crescita economica per l'area dell'euro e' attesa rallentare. Le spese per consumi privati costituiranno il principale sostegno alla crescita mentre gli investimenti fissi lordi forniranno un contributo piu' contenuto. L'inflazione e' attesa attestarsi sul livello dell'1% fino alla fine dell'anno per poi riprendere ad aumentare all'inizio del 2020. I rischi per le prospettive sono al ribasso e continuano a provenire dalle tensioni commerciali a livello mondiale e dalla gestione, ancora incerta, della Brexit". Il Pil dell'area dell'euro, prosegue la nota, "e' aumentato dello 0,2% nel secondo trimestre, in rallentamento rispetto al primo (+0,4%) a seguito del contributo negativo delle esportazioni nette (-0,1 punti percentuali) e della flessione del valore aggiunto del settore manifatturiero (-0,7%)".

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