L’Osservatorio

Confesercenti, Natale sottotono e i negozi puntano sui ritardatari

Un Natale "sottotono" per i consumi e i commercianti ora puntano sugli ultimi acquisti dei ritardatari. Lo afferma la Confesercenti, secondo cui "due italiani su dieci (il 18%) devono ancora completare l'acquisto dei regali di Natale e progettano di farlo tra oggi e domani. Una quota consistente, attesa con ansia soprattutto nei negozi indipendenti. Per i quali le feste, finora, sono state avare di soddisfazioni: in molte zone d'Italia le vendite di regali sono state sottotono, e non sono mancati i cali, come a Roma e in Abruzzo". "Un dato - spiegano i commercianti - confermato dall'opinione dei consumatori: secondo le rilevazioni condotte tra il 19 e 22 dicembre, il 41% degli italiani ritiene di aver speso finora per i regali meno dello scorso anno, contro appena un 11% che pensa di avere investito un budget superiore a quello del 2015". "Gli ultimi giorni però - aggiunge la Confesercenti - potrebbero portare a un aumento dei flussi di clienti nei negozi tradizionali: il 64% dei ritardatari, infatti, pensa di acquistare i doni che gli rimangono in un'attività commerciale. Quasi sette su dieci lo faranno oggi, ma il 31% prolungherà lo shopping anche alla Vigilia". 

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Industria, Istat: a ottobre aumentano fatturato (+0,8%) e ordinativi (+0,9%)

 A ottobre, rispetto al mese precedente, nell'industria si rileva un aumento sia del fatturato (+0,8%), sia degli ordinativi (+0,9%). Lo comunica l'ISTAT. L'incremento del fatturato e' maggiore sul mercato interno (+1,0%) rispetto a quanto rilevato sul mercato estero (+0,3). Gli ordinativi mostrano invece andamenti simili, +1,0% sul mercato interno e +0,9% su quello estero. Nella media degli ultimi tre mesi, l'indice complessivo del fatturato cresce del 2,3% rispetto ai tre mesi precedenti (+2,1% per il fatturato interno e +2,6% per quello estero), quello degli ordinativi del 3,3%. Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 22 di ottobre 2015), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali dello 0,9%, con un calo dell'1,2% sul mercato interno e dello 0,5% su quello estero.

Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per tutti i raggruppamenti principali di industrie, particolarmente rilevanti per l'energia (+4,4%) e per i beni di consumo (+0,7%). L'indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali, del 4,1%: il contributo piu' ampio a tale flessione viene dalla componente interna dei beni intermedi. Per il fatturato la maggiore diminuzione tendenziale, nel comparto manifatturiero, riguarda la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (-18,7%), mentre l'incremento piu' rilevante si registra nelle industrie alimentari e delle bevande (+3,4%). Nel confronto con il mese di ottobre 2015, l'indice grezzo degli ordinativi segna una diminuzione del 3,2%. La flessione piu' rilevante si registra nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (-17,4%), mentre l'aumento maggiore si osserva nella fabbricazione di macchinari (+0,7%).

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Istat, retribuzioni contrattuali a novembre +0,1% mese

A novembre l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie e' aumentato dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,5% nei confronti di novembre 2015. Lo comunica l'Istat, il quale segnala che complessivamente, nei primi undici mesi del 2016 la retribuzione oraria media e' cresciuta dello 0,6% rispetto al corrispondente periodo del 2015. Il dato riflette un incremento tendenziale dello 0,7% per i dipendenti del settore privato (0,3% nell'industria e 1,2% nei servizi privati) e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: commercio (2,0%); alimentari, bevande e tabacco (1,8%); energia elettrica e gas (1,4%). Si registrano variazioni nulle nei settori dell'agricoltura; delle estrazione minerali; del legno, carta e stampa; dell'energia e petroli; delle chimiche; della metalmeccanica; dei servizi di informazione e comunicazione; delle telecomunicazioni e in tutti i comparti della pubblica amministrazione.

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Studio Cgia, nel 2016 prezzi al consumo -0,1%

 Nel 2016 i prezzi al consumo per i cittadini italiani sono mediamente diminuiti dello 0,1 per cento. Ciò non avveniva dal lontano 1959 e il nostro Paese è in deflazione. Questo il primo risultato dell'ultima analisi dell'Ufficio Studi della Cgia che ha monitorato la variazione media dei prezzi di 200 voci di prodotto nei primi 11 mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In primis quelli dove il progresso tecnologico consente, sovente, la contrazione dei prezzi (computer fisso -11,5%, apparecchi per la telefonia fissa e telefax -9,5%, apparecchi per la riproduzione di immagini e suoni come tv/dvd -3,8% e giochi -2,4% che sono sempre più elettronici). In seconda battuta, nel 2016, sono scesi i prezzi degli energetici: gasolio per riscaldamento -9,5%, gasolio auto -8,8%, altri carburanti come GLP/metano -8,2%, gas per la casa -8,1%, benzina -5,9%; la determinante di tale discesa è ovviamente legata al prezzo del petrolio mantenutosi per gran parte del 2016 al di sotto dei 50 dollari al barile.

 In terzo luogo la deflazione ha colpito gli alimentari: pomodori (-5,4%), insalata (-3,9%), zucchero (-2,2%), arance (-1,9%) e gelati (-1,8%) sono i prodotti che hanno segnato la riduzione più ampia dei prezzi ma la lista degli alimentari con il segno meno è lunga: cereali per colazione (-1,4%), farina/altri cereali diversi dal riso (-1,2%), yogurt (-1,1%), preparati di pasta (-0,9%), prodotti di pasticceria confezionati (-0,8%), burro (-0,8%), carne suina (-0,7%) e banane (-0,5%). Dalla classifica dei prodotti alimentari con il segno meno se ne contano in tutto ventisette. Scorrendo il rank dei prezzi in diminuzione si notano anche i voli internazionali (-7,3%) sfavoriti in termini di domanda dalla paura generata dal terrorismo e i canoni/abbonamenti radio-tv (-2,4%) che includono gli effetti della riduzione del canone Rai. "Il calo del prezzo di alcuni prodotti è sicuramente una buona notizia per i consumatori ma un problema per l'economia italiana che fatica a crescere. Solo nel 1959 i prezzi sono diminuiti ma il Pil cresceva del 7 per cento, nel 2016, invece, la crescita dell'economia italiana è inferiore all'1% e la deflazione esiste perché la domanda è debole e i consumi sono troppo lontani dai livelli pre-crisi", dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo.

La Cgia ha anche verificato l'andamento dei prezzi al consumo nei comuni capoluogo di provincia. In 44 comuni sui 72 per i quali i dati erano disponibili gli indici dei prezzi sono stati in flessione (Tab. 3). La deflazione coinvolge, a macchia di leopardo, tutto il Paese e nel 2016 nemmeno le metropoli si sono salvate dalla deflazione: Milano (-0,6%), Torino (-0,3%) e Roma (-0,3%); in testa alla classifica, insieme a Milano, Potenza (-0,6%) e Vicenza (-0,6%). Per il Centro Italia le contrazioni maggiori sono state ad Ancona (-0,3%), Terni (-0,3%) e Perugia (-0,2%). Il fatto che la discesa dei prezzi coinvolga quasi tutto il Paese testimonia come nei consumatori prevalgano preoccupazioni; l'incertezza non favorisce la fiducia

 La deflazione preoccupa gli artigiani comprimendo i margini delle imprese, spiega la nota della Cgia, ricordando come nel 2016, che si chiude con una variazione negativa dei prezzi al consumo pari a -0,1% su base annua, il calo dei prezzi abbia colpito 11 capitoli di spesa su 12. "L'artigianato, il piccolo commercio e il lavoro autonomo vivono soprattutto di domanda interna. I soli consumi delle famiglie rappresentano più del 60 per cento del Pil italiano mentre le esportazioni nette appena il 3%. E nonostante i consumi delle famiglie abbiano registrato una leggera ripresa negli ultimi tre anni, purtroppo questi sono circa 5 punti percentuali al di sotto del livello del 2007. La domanda è debole e questo influisce sul livello dei prezzi che continuano a scendere, comprimendo i margini di guadagno delle imprese", conclude puntualizza il Segretario della Cgia Renato Maso

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Tra Natale e Capodanno andranno in vacanza complessivamente circa 14,2 milioni di italiani

Tra Natale e Capodanno andranno in vacanza complessivamente circa 14,2 milioni di italiani (+11,6% rispetto al 2015) dormendo almeno una notte fuori casa. Emerge da un'indagine last minute di Federalberghi. Il giro d'affari sara' di circa 8,7 miliardi (+9,5% rispetto al 2015). Tra coloro che non faranno alcuna vacanza (46 milioni di italiani) quasi 23 milioni dichiarano di non potersi muovere per motivi economici.

 Per Natale saranno circa 6,9 milioni (6,6 milioni nel 2015) gli italiani che si muoveranno dalla propria citta', dormendo almeno una notte fuori casa, per un incremento del 4,8%. Tra chi andra' in vacanza il 91% (86% nel 2015) restera' in Italia, mentre il 9% (14% nel 2015) andra' all'estero. Per Capodanno saranno circa 7,3 milioni gli italiani (circa 6,2 milioni nel 2015) che si muoveranno dalla propria citta', dormendo almeno una notte fuori casa, per un +18,9% rispetto al 2015. Tra chi partira' in vacanza l'83% (80% nel 2015) restera' in Italia, mentre il 17% (20% nel 2015) andra' all'estero.

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Indagine Casevacanza.it, tra Natale e Capodanno il boom di prenotazioni a dicembre

Tra Natale e Capodanno si concentra oltre l'80% di tutte le richieste di soggiorno e prenotazioni registrate dal portale CaseVacanza.it nel mese di dicembre 2016. Stando ai volumi di domanda è Roma la città che cattura l'interesse maggiore da parte degli italiani. La Capitale raccoglie, spiega CaseVacanza.it, consensi in tutto il periodo considerato, tanto da occupare la prima posizione sia per i giorni di Natale, sia per San Silvestro. Se poi si distinguono i due periodi emerge una generale diversità di gusto: gli italiani sembrano preferire la montagna nella settimana in cui cadono il 25 e il 26 dicembre, mentre punteranno alle città d'arte per dare il benvenuto al nuovo anno. Scorrendo la classifica relativa a domanda e prenotazioni per il periodo compreso tra il 23 e il 27 dicembre le località più gettonate (oltre a Roma) sono note destinazioni montane: nella top ten dominano i comuni della Valle d'Aosta, con Aosta in seconda posizione e Bionaz - nota agli appassionati di sci di fondo - in quarta, La Salle in quinta e Valtournenche e Bard rispettivamente in nona e in decima posizione. Bene anche il Trentino Alto Adige, la regione più presente tra le 40 mete più prenotate del Natale: due sono le destinazioni entrate nella top 10, Molveno (Tn) in sesta e Ortisei (Bz) in ottava posizione.

Anche la Lombardia ha una località montana in classifica, Aprica, in provincia di Sondrio, che occupa la terza posizione. Unica città del Sud Italia presente nella classifica delle dieci mete più ambite è Napoli - il cui Natale è uno dei più suggestivi e pittoreschi d'Italia. Gli italiani che alloggeranno in casa vacanza in questo periodo resteranno 3,4 giorni, con un picco a Roma (4,2) e con una media di soli 3 giorni a Ortisei. La spesa più alta, tra le località in classifica, è prevista a La Salle, dove una famiglia di quattro persone spenderà 192 euro a notte. Solo 136 ne serviranno a Bard, che è il comune più conveniente tra i primi dieci. Nel periodo 30 dicembre-3 gennaio Roma, come detto, è prima in classifica e condivide il podio con altre due città contraddistinte da un alto traffico turistico: Firenze e Verona. A strettissimo giro c'è poi un'altra delle destinazioni regine dell'inverno, Bormio (So), che non è l'unica località lombarda presente in classifica, visto che in nona posizione si trova Milano, ormai diventata una destinazione turistica molto ambita. Fa ancora meglio Torino, che è sesta, con una performance di poco superiore ad Aosta, settima. Chiude la classifica Rivisondoli, località montana in provincia de L'Aquila.

A Capodanno, com'è tradizione, i prezzi salgono e, considerando le dieci destinazioni più prenotate, la più costosa è Bormio, in cui un gruppo di quattro persone spenderà 204 euro a notte; ben più conveniente è Abetone, con soli 144 euro a notte. Il pernottamento medio più lungo lo si registra a Torino (5 giorni), quello più breve - forse per via dei costi - è nella cittadina di Bormio (2,6 giorni)

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Un regalo su tre, il 29%, proverra’ dal web

Babbo Natale e' sempre piu' digitale. Sotto l'albero quasi un regalo su tre, il 29%, proverra' dal web. Vestiti, libri e specialita' gastronomiche saranno le prime scelte delle famiglie, insieme a smartphone e tablet. Una novita' sara' poi rappresentata dagli abbonamenti alle piattaforme streaming come Netflix o Spotify, esplosi come dono natalizio nell'ultimo anno. Sono queste le indicazioni del sondaggio di Confesercenti e Swg in occasione delle feste di Natale. La spesa prevista per i doni e' in media di 600 euro a famiglia, in linea con quella dello scorso anno (609 euro), ma con un deciso aumento delle disuguaglianze. Sono sempre di piu', infatti, quanti stanziano per i doni meno di 250 euro: quattro famiglie su dieci. E allo stesso tempo aumentano, dal 13% al 17%, coloro che non badano a spese, pagando oltre 800 euro per i regali. Pesa sulle intenzioni di acquisto l'aumento dell'incertezza percepita sia a livello politico, sia a livello personale, e c'e' una sensazione diffusa che sia peggiorata la situazione economica e sociale del Paese nel 2016. Non e' quindi il momento di "fare follie", oltre sette italiani su dieci hanno gia' ridotto le loro spese nel corso dell'anno, a Natale, pero', molti sono pronti a fare qualche sacrifico per offrire un regalo ai propri cari. Il 58% cerca un dono - anche solo simbolico - per tutti i familiari. Il 33% si concentra soprattutto sui bambini, mentre uno su dieci compra doni solo ed esclusivamente per i piu' piccoli. Per lo shopping, sempre piu' spesso le famiglie si lasciano tentare dalle offerte del web, a discapito soprattutto dei centri commerciali e dei grandi esercizi commerciali, presi un po' meno d'assalto del solito. La grande distribuzione resta comunque al primo posto per numero di preferenze, ma queste passano dal 39% del 2015 al 37% di quest'anno. Per una volta, resistono meglio all'avanzata dell'e-commerce i piccoli negozi e i mercatini di Natale, che vengono scelti dal 31% degli italiani per i loro regali (era il 32% lo scorso anno). "La stagione natalizia 2016 - afferma il presidente di Confesercenti, Massimo Vivoli - e' un banco di prova importante per i consumi, e, in particolar modo, per i negozi tradizionali: sono infatti proprio le attivita' di quartiere che hanno pagato in questi anni il conto piu' salato della crisi. Sarebbe bello se, anche per questo, gli italiani scegliessero i negozi tradizionali per i loro regali di Natale".

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Confesercenti-Swg, per 42% Italia peggiorata nel 2016

Questo Natale quasi un italiano su due (il 47%) segnala di vivere con meno certezze rispetto al 2015 e una quota simile (il 42%) ritiene che l'Italia peggiorata dal punto di vista economico e sociale, mentre solo il 17% intravede un miglioramento. Il sondaggio natalizio di Confesercenti e Swg mostra un sentiment negativo forte soprattutto nell'eta' di mezzo: nelle persone tra i 34 ed i 54 anni, infatti, la quota di chi segnala un deterioramento del Paese arriva a toccare il 53%, piu' di uno su due. Le difficolta' emergono ancora piu' nettamente se si limita l'analisi ai comportamenti di spesa: il 72% degli intervistati ammette di aver ridotto le spese anche quest'anno, contro un 5% che le ha invece aumentate. In ogni caso l'esito del referendum pesa poco sull'atmosfera natalizia - solo il 13% ritiene che possa incidere negativamente - ma altrettanto non si puo' dire del quadro politico emerso dopo il voto, che rende piu' incerto il 45% degli intervistati. A preoccupare di piu', pero', sono ancora altre questioni: in primis l'aumento dei flussi di migranti e rifugiati ed il rallentamento dell'economia, rispettivamente segnalati dal 47 e dal 46% degli intervistati come gli eventi che hanno maggiormente contribuito a creare incertezza sociale ed economica. Ma incidono anche Brexit ed emergenza terrorismo (entrambi indicati dal 20%), cosi' come i terremoti dell'Italia centrale (17%).

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Istat, al Sud Pil per abitante -44,2% inferiore rispetto al Centro-Nord

Nel 2015 il Pil per abitante risulta pari a 33,4mila euro nel Nord-ovest, a 32,3mila euro nel Nord-est e a 29,3mila euro nel Centro. Il differenziale negativo del Mezzogiorno e' molto ampio: il livello del Pil pro capite e' di 17,8mila euro, inferiore del 44,2% rispetto a quello del Centro-Nord (44,5% nel 2014). In termini di reddito disponibile per abitante, il divario scende al 34,3% (35,0% nel 2014). Lo rivelano i dati dell'Istat.

 La spesa per consumi finali delle famiglie a prezzi correnti e' di 19,4mila euro nel Nord-ovest, 19,2mila euro nel Nord-est, 17,4mila euro al Centro e 12,7mila euro nel Mezzogiorno. Il divario negativo tra Mezzogiorno e Centro-Nord e' del 32,1% Nel 2015 il Pil in volume, a fronte di una crescita a livello nazionale dello 0,7% rispetto all'anno precedente, ha registrato un incremento dell'1,1% nel Mezzogiorno, dello 0,8% nel Nord-ovest, dello 0,7% nel Nord-est e dello 0,3% al Centro. Tra il 2011 e il 2015 le aree che registrano i cali piu' marcati del Pil sono il Centro (-1,2%) e il Mezzogiorno (-1,1%). La flessione e' stata piu' contenuta nel Nord-ovest (-0,9%) e nel Nord-est (-0,5%)

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Cgia, per imprese arriva stangata da 5 miliardi

Entro il prossimo 16 dicembre gli imprenditori saranno chiamati a versare la seconda rata di Imu e Tasi sugli immobili strumentali, che complessivamente costera' poco meno di 5 miliardi di euro. Al lordo del risparmio fiscale, secondo la Cgia, "lo sforzo maggiore sara' richiesto agli albergatori che mediamente saranno chiamati a versare 6.000 euro circa a immobile. Seguono i proprietari dei grandi magazzini commerciali (categoria catastale D8), con poco piu' di 4.000 euro, e i "capitani" delle grandi industrie (D7), con poco piu' di 3.220 euro. Se per i capannoni di minori dimensioni (D1), gli artigiani e i piccoli imprenditori pagheranno poco piu' di 2.000 euro, per gli uffici e per gli studi privati (A10) i liberi professionisti verseranno un'imposta media di poco superiore di 1.000 euro. Infine, il saldo su negozi (C1) e laboratori (C3) costera' ai commercianti e ai piccoli artigiani rispettivamente 498 e 377 euro". L'Ufficio studi della Cgia fa sapere che "e' giunto a questi risultati utilizzando, per ciascuna tipologia di immobile strumentale, le aliquote medie risultanti dall'analisi delle delibere dei Comuni capoluogo di provincia pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze. Per ogni tipologia di immobile sono state utilizzate le rendite catastali medie ricavate dalla banca dati dell'Agenzia delle Entrate". Ma le brutte notizie, secondo l'ufficio studi, "non finiscono qui". Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, ricorda che "dal 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l'Ici, al 2016 l'incremento del carico fiscale sugli immobili ad uso produttivo e commerciale e' stato spaventoso. Tutto cio' ha dell'incredibile. E' utile ricordare che il capannone, ad esempio, non viene esibito dall'imprenditore come un elemento di ricchezza, bensi' e' un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all'attivita' produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili come e' avvenuto in questi ultimi anni non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando l'economia reale del Paese e, conseguentemente, l'occupazione". 

Secondo la Cgia, "gli aumenti verificatisi negli ultimi anni per singola tipologia di immobile strumentale sono stati molto pesanti". "Dal 2011 al 2016, l'incremento del carico fiscale al lordo del risparmio fiscale sugli uffici ha toccato il 145,5 per cento. Per i negozi l'aumento e' stato del 140,9 per cento, per i laboratori artigianali del 109,7 per cento, mentre per gli alberghi, per i grandi magazzini commerciali e per i capannoni industriali il prelievo e' quasi raddoppiato". Dalla Cgia, inoltre, si segnala che il prossimo 16 dicembre sara' una giornata di "passione" per milioni di imprenditori italiani. "Oltre al pagamento della seconda rata dell'Imu e della Tasi, le imprese saranno chiamate a versare le ritenute Irpef e i contributi previdenziali dei dipendenti e dei collaboratori. Inoltre, coloro che hanno optato per il pagamento su base mensile dell'Iva dovranno versare all'erario quella riferita al mese di novembre". "Se si considera che entro Natale bisognera' pagare anche le tredicesime dei lavoratori dipendenti - afferma il segretario della Cgia Renato Mason - per moltissimi imprenditori non sara' facile recuperare la liquidita' necessaria per onorare tutte queste scadenze". Dalla Cgia fanno notare che "a fronte di circa 20,9 miliardi di gettito previsti per l'anno in corso e riconducibili al pagamento dell'Imu e della Tasi su tutti gli immobili presenti nel Paese, quasi la meta' (10,5 miliardi) sono in capo a quelli strumentali". "Di questi, poco piu' di 9 miliardi saranno versati dagli imprenditori proprietari di questi edifici. Gli altri 11,8 miliardi di gettito non riferiti a edifici a uso produttivo/commerciale saranno "garantiti" dai proprietari di immobili sfitti, dai proprietari di seconde e terze case, da coloro che sono chiamati a pagare la Tasi sulle abitazioni principali di lusso, sulle aree edificabili, ". L'Ufficio studi fa infine notare che "grazie alle misure di alleggerimento introdotte con la legge di Stabilita' 2016, quest'anno i proprietari di immobili risparmieranno 4,3 miliardi di euro: di cui 3,5 miliardi dall'eliminazione della Tasi sulla prima casa; 530 milioni dall'eliminazione dell'Imu sugli imbullonati; 160 milioni dall' ampliamento dell'esenzione Imu sui terreni agricoli; 81,4 milioni dallo sconto Imu-Tasi sugli affitti con canone concordato; 21 milioni dalla riduzione per i comodati d'uso e 16 milioni dall'abolizione della Tasi agli inquilini". 

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