L’Osservatorio

Dimezzati gli alberghi all’asta

Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è diminuito del 41,9% in sei mesi: le procedure in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, motel, campeggi e simili sono infatti 121, a fronte delle 208 individuate lo scorso gennaio. Si tratta del secondo calo consecutivo della quota di complessi in vendita forzata. Il comparto, dunque, è tornato a muoversi stabilmente nella stessa direzione di quello residenziale, in questo caso con percentuali di decremento ancora più decise. Lo riferisce il Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, si evidenzia come tutte le macroregioni abbiano registrato una sensibile diminuzione. Il Nord è passato da 61 a 40 (-34,5%), il Centro da 55 a 35 (-36,4%), il Sud da 47 a 29 (-38,3%) e le Isole addirittura da 45 a 17 (-62,3%, una variazione praticamente doppia rispetto a quelle delle altre aree geografiche del Paese). La Toscana si conferma la regione italiana con il più alto numero di strutture all'asta, 17, seguita dal Lazio (16) e dall'Emilia-Romagna (13). In doppia cifra anche la Campania (12) e la Sicilia (10), mentre in fondo alla graduatoria si trovano Calabria e Umbria che non presentano attualmente vendite forzate. A livello di province, invece, comandano Frosinone e Rimini con 10 strutture turistico-ricettive all'incanto: il dato è l'unico a cifra doppia nel panorama nazionale. A seguire troviamo Salerno con 7, Trento con 6 e, tutte a quota 4, Arezzo, Grosseto, Palermo e Pescara. 

Costante in tutte le rilevazioni, anche se con percentuali minori rispetto al solito, la grande incidenza nel dato complessivo delle realtà imprenditoriali di dimensioni contenute: il 54,6% dei complessi turistico-ricettivi finiti all'asta ha un prezzo inferiore al milione di euro, a conferma che a pagare dazio negli anni della crisi sono state più spesso le attività medio-piccole. Ha però preso più consistenza la fetta rappresentata dalle strutture più pregiate, il cui numero si è mantenuto costante rispetto a sei mesi fa: sono rimaste 27, ma adesso rappresentano il 22,4%. Questo dato può significare che, anche a fronte di prospettive economiche meno fosche se paragonate al recente passato, chi aveva disponibilità finanziarie ha scelto di effettuare investimenti su strutture di tipologia più contenuta, senza avventurarsi in acquisizioni più impegnative. "La conferma dell'arretramento delle vendite forzate nel settore turistico-ricettivo ha un suo peso specifico rilevante - spiega l'ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro Studi -, anche se le tempistiche delle vendite immobiliari forzate non sono sovrapponibili agli scenari economico-finanziari attuali, poiché scaturiscono come reazione a problematiche sorte in precedenza. A differenza di quanto rilevato a inizio anno, si tratta di una tendenza positiva che tocca praticamente tutti i territori: il fatto che il panorama imprenditoriale storicamente più solido del Paese dia consistenti segnali di ricomposizione va accolto con soddisfazione". 

immagine di repertorio

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Calano gli  incidenti stradali, ma si registrano più morti

Diminuiscono gli incidenti stradali, ma si incrementa il numero dei morti durante gli scontri tra auto e moto o gli investimenti di pedoni sulle strade italiane, dove c'è sempre più distrazione alla guida e velocità troppo elevata. Il mese di agosto è quello dove si registrano gli episodi più gravi. Non confortano i numeri dell'Istat relativi al 2017, anno che ha visto 174.933 incidenti stradali con feriti, in leggero calo rispetto al 2016, mentre il numero dei morti purtroppo sale al +2,9% dopo la riduzione registrata lo scorso anno. Tra le vittime sono in aumento i pedoni (+5,3%) e soprattutto i motociclisti (+11,9%) mentre risultano pressoché stabili gli automobilisti(1.464, -0,4%). In calo le vittime tra i ciclisti (-7,6%) e chi guida il motorino -(20,7%). Secondo l'Istat gli incidenti e i feriti registrano una lieve diminuzione (-0,5% e -1,0%). Stabile il numero dei feriti gravi: sulla base dei dati di dimissione ospedaliera nel 2017 sono stati 17.309, più o meno come nel 2016 (-0,1%). Il rapporto tra feriti gravi e deceduti è sceso a 5,1 da 5,3 dell'anno precedente. Il numero di morti è aumentato soprattutto sulle autostrade e sulle strade extraurbane (296 e 1.615 morti; +8,0% e +4,5% sull'anno precedente). Un aumento più contenuto si registra, invece, sulle strade urbane (1.467 morti; +0,3%). In base alle stime del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il costo sociale totale per gli incidenti stradali con lesioni a persone, è di circa 19,3 miliardi di euro, pari all'1,1% del Pil nazionale. "La carenza di sicurezza stradale è una piaga sociale, anche perché i costi sociali del fenomeno sfiorano ormai i 20 miliardi di euro, ben oltre un punto di Pil", ha osservato il ministro delle infrastrutture e trasporti Danilo Toninelli. Il ministro oggi ha annunciato un pacchetto "strade sicure" che "innanzitutto protegge i ciclisti". "Siccome gli incidenti su strade urbane incidono enormemente sul totale, parliamo di oltre 130 mila casi su un totale di poco meno di 175 mila - ha spiegato - il Governo e questo ministero hanno messo a punto proprio partendo dalle città una serie di provvedimenti che ridurranno fortemente gli incidenti e le lesioni". Tra le prime cause degli incidenti, vi sono la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza o del semaforo e la velocità troppo elevata (nel complesso il 40,8% dei casi). I mesi estivi si confermano il periodo con il maggior numero di incidenti stradali e vittime, in particolare maggio, giugno e luglio, con picchi di oltre 16mila sinistri e 300 vittime per ogni mese. Agosto è il periodo in cui si verificano gli incidenti più gravi, con 2 morti ogni 100 incidenti. Le violazioni al Codice della Strada più sanzionate risultano l'eccesso di velocità, il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l'uso di telefono cellulare alla guida. Nel 2017 le prime iscrizioni di veicoli aumentano del 7% rispetto all'anno precedente mentre il parco veicolare cresce dell'1,7%. Le percorrenze autostradali sulla rete in concessione crescono del 2,2% rispetto al 2016, con quasi 84 miliardi di km percorsi. 

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Codacons, le vacanze più care del 7 per cento

A parità di servizi e consumi, le vacanze estive 2018 costeranno agli italiani il 7% in più rispetto al 2017. Lo rileva il Codacons, che ha condotto uno studio sui rincari di prezzi e tariffe che interessano il comparto turistico nel nostro paese.Quest’anno le vacanze estive risultano particolarmente 'salate' per i cittadini, con i listini che registrano sensibili incrementi in tutti i settori, un fenomeno che non si registrava da anni - spiega il presidente Carlo Rienzi - A dare il via ai rincari è stato senza dubbio il caro-carburante, che oramai da mesi sta provocando tensioni nei prezzi specie nel comparto dei trasporti determinando un effetto domino su beni e servizi.
Analizzando le principali voci che compongono le vacanze estive, emerge l’incremento dei prezzi dei biglietti aerei che sfiora il +20% rispetto all’estate del 2017, determinando una maggiore spesa per chi si reca all’estero - afferma il Codacons - Stangata anche sui rifornimenti di carburante per chi raggiunge le località di villeggiatura in auto, con il gasolio che costa oggi il 13,2% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e la benzina che vola a +9,7% sul 2017.Più elevati i listini delle strutture ricettive, per le quali i rincari vanno dal +3% degli alberghi al +3,5% dei villaggi vacanza e campeggi. I classici servizi in spiaggia (ingressi, stabilimenti balneari, parcheggi, ecc.) costano nel complesso il 3,2% in più rispetto alla scorsa estate. Ma non finisce qui: sarà più dispendioso mangiare, con il settore della ristorazione che registra aumenti medi del 2%, e divertirsi, con il comparto svago che aumenta del +1,2%.

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Nel 2016 entrate complessive Comuni in calo del 6,1 per cento

Nel 2016 le entrate complessive accertate delle amministrazioni comunali, pari a 81,325 miliardi di euro, sono diminuite del 6,1% rispetto al 2015. Lo riferisce Istat, spiegando che anche le spese impegnate dai Comuni si sono ridotte perdendo il 5,6% e attestandosi a 78,809 miliardi. Il capitolo di spesa più consistente è rappresentato dall'acquisto di beni e servizi, che incide per il 37% sul totale, seguito dai redditi da lavoro dipendente (17,7%) e dagli investimenti (12,6%). Il grado di autonomia impositiva dei Comuni è pari al 62,8%, in lieve diminuzione rispetto al 2015 (-0,5 punti percentuali). E' invece aumentata di 2,1 punti percentuali la capacità di riscossione (73,8%). Il grado di dipendenza da amministrazioni centrali, prosegue l'istituto di statistica, risulta pari al 5,3%, mentre il grado di dipendenza da amministrazioni locali è al 9,9%. I Comuni del Molise sono quelli che dipendono in misura maggiore dalle amministrazioni centrali (13,2%), i Comuni del Friuli-Venezia Giulia da quelle locali (44,2%). Le spese correnti impegnate dai Comuni ammontano a 54,2 miliardi, corrispondenti a un importo pro capite di 895 euro, coperte con 61,363 miliardi di entrate correnti (1.013 euro per abitante). Nei Comuni della Valle d'Aosta si registra la spesa pro capite più elevata (1.927 euro), mentre in quelli della Puglia la più bassa (694 euro). Nel 2016 l'ammontare complessivo delle entrate accertate delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane risulta pari a 9.537 milioni di euro (-3,7% rispetto all'esercizio precedente). Le spese complessive impegnate dalle amministrazioni provinciali e dalle Città metropolitane per l'anno 2016 sono pari a 10,115 miliardi (-1,6% rispetto al 2015), quasi completamente coperte dai 9,537 miliardi di entrate. Le spese correnti rappresentano il 77,8% del totale. Il 30% delle spese correnti delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane è destinato agli acquisti di beni e servizi. I redditi da lavoro dipendente rappresentano il 17,3% e la loro l'incidenza rispetto alle entrate correnti è del 16,9%. La spesa per abitante delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane raggiunge il livello più elevato nelle province della Basilicata (270 euro) e quello più basso in Sicilia (97 euro). 

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Istat, produzione nelle costruzioni in calo dello 0,2%

A maggio 2018 l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni e' diminuito dello 0,2% rispetto al mese precedente. Lo ha reso noto l'Istat, informando che, nella media del trimestre marzo-maggio, il calo congiunturale e' stato del 2,2%. Su base annua, invece, a maggio sia l'indice della produzione nelle costruzioni corretto per gli effetti di calendario, in quanto i giorni lavorativi sono stati 22 come a maggio 2017, e sia l'indice grezzo sono risultati stazionari. Nei primi cinque mesi del 2018, l'indice della produzione nelle costruzioni, elaborato su dati corretti per effetti di calendario, ha mostrato una crescita tendenziale dello 0,5%. (

 "La contenuta flessione registrata a maggio, manifestatasi peraltro in un contesto metereologico non favorevole - ha commentato l'Istat -, conferma il complessivo rallentamento congiunturale dell'attivita' riscontrato a partire da febbraio 2018, con l'eccezione del mese di aprile". "In termini tendenziali - ha aggiunto - , nonostante il parziale recupero degli ultimi due mesi, la stazionarieta' potrebbe segnalare problemi di tenuta della debole fase espansiva che aveva contrassegnato l'ultimo periodo del 2017 e l'inizio del 2018"

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Cnel: restano elevati i tempi dei pagamenti dei debiti a fornitori della P.A.

"Sensibili progressi si registrano nei ritardi dei tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche che restano comunque elevati. A prima vista, da una media di 180 giorni (anzi che i 90 previsti nei contratti) nei confronti dei propri fornitori, a 95 nel 2017, una riduzione del 47% in poco meno di sei anni. La tendenza al miglioramento sembra tuttavia essersi interrotta". E' quanto emerge dalla relazione annuale del Cnel sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai citta. Resta "molto critico tutto il comparto sanitario. L'Italia resta tuttavia tra i cattivi pagatori nella classifica europea, con punte di ritardo nel settore sanitario e in alcune regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia). Nella classifica dei 500 migliori pagatori della P.A. stilata dal Mef le regioni più virtuose (o meno viziose) sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana".

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Frena l’export italiano a maggio

Frena l'export italiano a maggio, dopo due mesi di aumenti congiunturale. Nel dettaglio, l'Istat stima un calo delle esportazioni dell'1,6% su base mensile, mentre le importazioni registrano un aumento dello 0,8%. La flessione dell'export su base annua e' pari a -0,8% e coinvolge esclusivamente l'area extra Ue (-2,8%) mentre per i paesi Ue si registra una crescita (+0,7%). Il surplus commerciale diminuisce di circa un miliardo di euro (da 4,344 miliardi a maggio 2017 a 3,378 miliardi a maggio 2018). Il saldo nei primi cinque mesi e' positivo per 13,895 miliardi, che salgono a 29,644 al netto dei prodotti energetici.

Tra i settori che contribuiscono in misura piu' rilevante alla diminuzione tendenziale dell'export nel mese di maggio, si segnalano autoveicoli (-10,0%), macchinari e apparecchi n.c.a (-3,0%), articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti. medici e altri prodotti n.c.a. (-7,8%) e sostanze e prodotti chimici (-4,2%), mentre nello stesso mese contribuiscono positivamente i prodotti petroliferi raffinati (+14,1%) e gli articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (+5,1%). Su base annua, i paesi che contribuiscono maggiormente al calo delle esportazioni sono paesi Opec (-16,6%), Turchia (-11,3%), Belgio (-6,8%), Russia (-10,7%) e Cina (-5,7%). Nel periodo gennaio-maggio 2018, la crescita tendenziale dell'export e' pari al 3% ed e' principalmente determinata da metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+6,4%), prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori (+3,6%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+4,9%) e articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+4,7%). L'indice dei prezzi all'importazione aumenta a maggio dello 0,6% su aprile e del 2,3% su base annua. Al netto dei prodotti energetici, l'indice diminuisce dello 0,1% in termini congiunturali e dello 0,4% in termini tendenziali. 

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Comieco, cresce la raccolta di carta e cartone

on quasi 3,3 milioni di tonnellate di materiale cellulosico raccolto dai Comuni (+52.600 tonnellate rispetto all'anno precedente) e un pro-capite che supera i 54 kg/abitante, la raccolta differenziata di carta e cartone in Italia nel 2017 è cresciuta del 1,6% rispetto al 2016. Risultati importanti che confermano il trend di incremento degli ultimi anni e che testimoniano come la raccolta differenziata sia ormai un'abitudine consolidata di senso civico. Sono i dati del 23simo rapporto annuale di Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo di Imballaggi a base cellulosica) presentati oggi a Palermo. A spingere il positivo risultato del 2017 - dice Comieco - è ancora una volta il Sud Italia con un +6,1%; a livello di raccolta pro-capite, l'Abruzzo ha confermato le performance migliori dell'area. Il Centro Italia è cresciuto dell'1,6% grazie soprattutto alle performance della già virtuosa Toscana. Il Nord si trova in una situazione di sostanziale stabilità, garantendo costanza in una raccolta già matura da anni anche se le performance migliorative di regioni storicamente ai vertici della classifica nazionale come Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Lombardia confermano che l'abitudine a fare bene stimola ognuno per la propria parte (filiera, amministrazioni, gestori e cittadini) ad un continuo sviluppo. "Dal 2014 Comieco sta investendo al Sud risorse importanti (8,3 milioni di euro stanziati fino ad oggi) per dare impulso alla raccolta. Un impegno che sta dando i suoi frutti se consideriamo che delle 52.600 tonnellate raccolte in più nel 2017 in Italia, oltre 41mila provengono dalle regioni meridionali - ha commentato Amelio Cecchini, neo presidente di Comieco - Siamo quindi sulla buona strada per diminuire sempre di più il divario tra regioni del Nord e quelle del Sud, ma nel Meridione ci sono ancora oltre 600mila tonnellate di carta e cartone che finiscono nell'indifferenziata e che potrebbero consentire a Comieco di corrispondere alle amministrazioni locali almeno altri 40 milioni di euro"

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Istat, numero laureati italiani molto al di sotto della media europea

La quota di 30-34enni in possesso di titolo di studio terziario (laurea, Afam e post laurea) è pari al 26,9% (39,9% la media Ue) nel 2017. Lo rende noto l'Istat nel Report sui livelli di istruzione. Nonostante un aumento dal 2008 al 2017 di 7,7 punti, l'Italia è la penultima tra i paesi dell'Unione e non è riuscita a ridurre il divario con l'Europa. La quota di 30-34enni laureati, già bassa nel Nord e nel Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce al 21,6%, con un divario territoriale in aumento

Nonostante in Italia i vantaggi occupazionali derivanti da più alti livelli di istruzione siano simili a quelli registrati nella media Ue, i tassi di occupazione restano inferiori a quelli europei (51,8%, 70,9% e 80,6% contro 55,6%, 75,7% e 85,3% rispettivamente per coloro che possiedono bassi, medi ed alti titoli di studio). A parità di livello di istruzione resta, tra uomini e donne, un rilevante svantaggio femminile anche tra quante hanno una laurea: 77% di occupate contro 85,7%. Nella popolazione con titolo terziario permangono ampie disuguaglianze territoriali (70,8% di occupati nel Mezzogiorno, 85,4% nel Nord), ancora più marcate per la componente femminile (65,7% nel Mezzogiorno, 82,2% nel Nord).

Restringendo il campo di osservazione alla generazione dei giovani di 30-34 anni, si stima che il premio occupazionale al crescere dei livelli di istruzione sia più contenuto rispetto a quanto osservato per le precedenti generazioni ed inferiore rispetto a quello medio europeo, anche i livelli occupazionali sono di molto inferiori ai valori europei.

Il tasso di occupazione dei laureati 30-34enni nelle diverse aree disciplinari è così distribuito: medicina e farmacia 84,3%, ambito scientifico e tecnologico 81,3%, area socio-economica e giuridica 75,3%, area umanistica e dei servizi 72,5%. Resta, in generale, sensibile l'incremento del tasso di occupazione al crescere del livello di istruzione: nel 2017, il tasso è del 54,8% per i giovani con al più un titolo secondario inferiore, del 70,5% per coloro in possesso di un titolo secondario superiore ed infine raggiunge il 77,3% per i giovani in possesso di titolo terziario (59,2%, 79,5% e 87,1% i rispettivi tassi medi europei). In Italia, il premio dell'istruzione - inteso come la maggiore occupabilità al crescere dei livelli di istruzione - è pari a 19,1 punti nel passaggio dal titolo secondario inferiore al titolo secondario superiore e a 9,7 punti nel confronto tra quest'ultimo ed il titolo terziario. I vantaggi nell'occupazione sono maggiori proprio laddove si rilevano le maggiori criticità, ossia per le donne e nel Mezzogiorno.

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Bankitalia, debito pubblico tocca nuovo record a 2.327 miliardi

Nuovo massimo storico per il debito pubblico dell'Italia. A maggio ha toccato i 2.327 miliardi di euro secondo i dati contenuti nel supplemento statistico di Bankitalia. Rispetto ad aprile il debito è aumentato di 14,6 miliardi. L'incremento è dovuto al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (7,6 miliardi) e all'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (5,4 miliardi, a 57,6; erano 58,9 a maggio 2017). L'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio ha aumentato il debito di 1,5 miliardi. Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 14,9 miliardi e quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,3 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. Il debito pubblico è in costante crescita dal mese di dicembre e tra maggio del 2017 e il maggio scorso è salito di 48 miliardi di eur

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