Primo Piano

Indagine Istituto Cattaneo, gli italiani sovrastimano l’immigrazione

I cittadini europei non hanno una corretta percezione della presenza di stranieri nei loro Paesi, e tra tutti sono gli italiani quelli che la sovrastimano di più. Di fronte al 7,2% di immigrati non-Ue presenti realmente negli Stati europei, infatti, gli intervistati ne stimano il 16,7% mentre gli intervistati italiani mostrano un maggior distacco tra la percentuale di immigrati realmente presenti, il 7%, e quella stimata, o percepita, pari al 25%, che diventa del 32,4% tra chi si definisce di destra o di centrodestra. Sono i dati forniti da una ricerca dell'Istituto Cattaneo. Il primo dato che emerge dall'analisi è che, nell'intero contesto europeo, all'incirca un terzo dei rispondenti (31,5%) non sa fornire una risposta sulla percentuale di immigrati che vivono nei loro Paesi. In alcuni casi (Bulgaria, Portogallo, Malta e Spagna) la percentuale di chi non sa rispondere supera abbondantemente il 50%, mentre l'Italia si attesta al di sotto della media europea. Infatti, gli italiani che non sanno rispondere sono il 27% del campione. 

Lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita, rileva l'Istituto Cattaneo, varia anche in base agli orientamenti politici. Tra chi si definisce di centrodestra o di destra è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All'opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente. Ad esempio, per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono solo il 18,5%. Ma oltre a questo fattore in grado di spiegare, almeno in parte, la distanza tra realtà e percezione, va tenuto conto anche del livello di informazioni posseduto dai cittadini. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che gli intervistati con un maggiore grado di istruzione siano anche quelli più informati sulla società e sulla politica, e quindi capaci di fornire un'indicazione più precisa sul fenomeno dell'immigrazione. Infatti, per chi non è andato oltre la scuola dell'obbligo nel suo percorso di istruzione, l'immigrazione percepita in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti percentuali, attestandosi al 17,9%. L'istruzione e, tramite essa, la predisposizione a una maggiore informazione politica sembrano dunque in grado di limitare l'errore percettivo dei cittadini italiani sulla questione dell'immigrazione.

Quanto all'influenza della sfera professionale, sono i lavoratori manuali o a bassa qualifica quelli che considerano maggiormente a rischio la loro occupazione e che, quindi, possono avvertire come una minaccia la presenza o l'arrivo di persone straniere. Al contrario, i lavoratori che svolgono mansioni altamente qualificate non vedono necessariamente messo in pericolo il proprio posto di lavoro dagli immigrati. Pertanto l'occupazione degli intervistati ha un effetto sui loro orientamenti nei confronti dell'immigrazione: i lavoratori appartenenti alle classi medio-alte tendono a sottostimare di circa 5 punti percentuali, rispetto al valore medio nel campione italiano del 25%, la presenza di immigrati in Italia. Invece, tra chi ha una professione riconducibile alla classe operaia, specializzata e non-specializzata, la percentuale di immigrati tende a essere ulteriormente sovrastimata, superando il 28%. La ricerca dell'Istituto Cattaneo osserva poi la stima sulla presenza di immigrati in Italia in base alle zone geografiche di appartenenza degli intervistati, rilevando una differenza piuttosto netta tra i residenti al nord e quelli al centro-sud. Sia a est che a ovest, gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26%, con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud. La percezione è infine maggiore nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni o alle aree rurali: nelle prima la stima raggiunge quasi il 31%, mentre nei secondi si ferma al 21,9%. Questo dato, tra l'altro, sembra essere in linea con la realtà dell'immigrazione italiana, maggiormente concentrata nelle grandi metropoli e tendenzialmente più diluita nei piccoli paesi lontani dai centri urbani

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Lolli: supporto alle attività domestiche alimentari

 La Giunta regionale ha approvato la delibera n. 524/2018 che recepisce la legislazione europea sulle micro attività domestiche alimentari (MDA). Il provvedimento mira a normare il settore delle aziende che lavorano attraverso la conoscenza e la diffusione delle ricette tradizionali e dei prodotti tipici abruzzesi e istituisce il relativo Albo regionale, conferendo altresì maggiori tutele al consumatore.

Nel testo sono specificati gli elementi che definiscono le micro attività domestiche alimentari; i requisiti fiscali, di esercizio e quelli dell'immobile destinato ad ospitare le stesse; le caratteristiche delle materie prime e dei prodotti destinati alla somministrazione. Gli articoli 7 e 8 delineano rispettivamente la disciplina dei controlli e il funzionamento dell'Albo regionale. 

"Si tratta di una delibera - ha spiegato il presidente vicario Giovanni Lolli - che supporta le micro attività domestiche alimentari come libera espressione dell'iniziativa economica privata tesa a offrire nuove fonti di reddito all'imprenditore e nuove occasioni occupazionali. In Abruzzo si stima che vi siano 5.000 aziende operanti nel settore, e siamo tra le prime Regioni ad aver fatto un regolamento di questo tipo".

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Reddito, le province dell’Abruzzo sotto la media nazionale

Il reddito degli italiani non recupera i livelli degli anni pre-crisi. Il dato emerge da un articolo del Sole 24 ore nel quale emerge che in 91 capoluoghi su 108 i valori reali risultino ancora inferiori al 2008. L'elaborazione del Sole 24 Ore esamina il reddito 2016 (con le dichiarazioni presentate 2017) nei capoluoghi di provincia. Il valore medio dichiarato è di 25.170 euro. Lo scarto tra Milano, con 34mila euro in cima alla classifica e Barletta, (16mila euro) è di 18mila euro. 

A Pescara la media è di 22.930, in calo del 2,13%. A Chieti invece l'importo è di 21.249, con un calo dell'1,80 per cento. A L'Aquila invece il reddito è di 21.681 con un balzo in avanti del 5,64 per cento sul quale però influisce il post terremoto. Infine c'è Teramo con 20.962 euro e un calo dell'1,59%.

 

 

 

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Lolli: priorità alla spesa dei fondi europei e ordine nei conti

 Il presidente vicario della Regione, Giovanni Lolli, ha incontrato  il personale della segreteria di presidenza nella sede di viale Bovio a Pescara. Lolli ha illustrato i criteri e le modalità con cui intende gestire le attività dell'ente e ha assegnato a ciascun componente un ruolo sulla base delle competenze personali e delle necessità relative alla preparazione dei prossimi bandi per i fondi europei. "Punteremo soprattutto su due aspetti: completare la messa in ordine dei conti della Regione e dare un'ulteriore accelerazione all'impiego delle risorse comunitarie - ha commentato il presidente al termine della riunione - inoltre cercheremo di essere presenti laddove vi siano situazioni problematiche o di disagio: penso alle tante crisi occupazionali e alla ricostruzione post sismica, ma anche alla sicurezza delle infrastrutture, al sociale e alle emergenze ambientali"

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Cgia: +77% denunce estorsione negli ultimi 10 anni

Negli ultimi 10 anni il numero delle denunce per estorsione e' aumentato del 77,2 per cento. Se in termini assoluti nel 2006 c'erano state 5.400 segnalazioni alle forze dell'ordine, nel 2016 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati) hanno raggiunto quota 9.568. Soglia, quest'ultima, comunque in diminuzione di 2,7 punti percentuali rispetto al risultato registrato nel 2015. A dirlo e' l'Ufficio studi della Cgia. "Le estorsioni - afferma il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - sono reati spesso compiuti dalle organizzazioni di stampo mafioso nei confronti degli imprenditori. Oltre ad acquisire illecitamente del denaro attraverso soprusi, ritorsioni o minacce, l'obbiettivo di questi malavitosi e' di esercitare un forte controllo del territorio. Il deciso aumento delle denunce, comunque, presenta diverse chiavi di lettura. Una di queste e' ascrivibile anche alla ritrovata fiducia delle vittime nei confronti delle forze dell'ordine. In particolar modo al Nord, dove solo da qualche decennio il tessuto produttivo di quest'area ha cominciato a conoscere questo fenomeno criminale"

Secondo i dati di Transcrime (Centro di ricerca dell'Universita' Cattolica di Milano), fa sapere l'Ufficio studi della Cgia, si stima che il fatturato complessivo dell'estorsione organizzata in Italia oscilli tra i 2,7 e i 7,7 miliardi di euro l'anno. A livello regionale il trend di crescita delle denunce registrato tra il 2010 e il 2016 ha interessato soprattutto le regioni del Nordest: ad eccezione della Valle d'Aosta (+533,3 per cento), nel Trentino Alto Adige (+188 per cento) e in Emilia Romagna (+ 179,7 per cento) si sono verificate le variazioni piu' importanti. Pur essendo decisamente piu' contenute (nel 2016 le segnalazioni a livello nazionale sono state 408), non va nemmeno sottovalutato il fenomeno dell'usura. "Con le sole denunce effettuate all'Autorita' giudiziaria - dichiara il segretario Renato Mason - non e' possibile dimensionare il fenomeno dell'usura. Le segnalazioni, purtroppo, sono molto esigue. Tuttavia, l'attenzione non va assolutamente abbassata, perche' come sanno gli esperti di questo fenomeno e' molto difficile che le vittime trovino la forza di denunciare i propri strozzini. Oltre agli effetti della crisi che abbiamo subito negli anni scorsi, un impatto negativo l'ha provocata la stretta creditizia praticata dalle banche nei confronti degli imprenditori, fenomeno, purtroppo, che continua ancora adesso". Come per le estorsioni, anche i dati regionali sulle denunce per usura vedono il Nordest, e in particolar modo l'Emilia Romagna, tra le realta' piu' colpite: tra il 2010 e il 2016 la variazione percentuale della regione guidata dal governatore Bonaccini e' salita di oltre 266 punti. Seguono la Calabria (+100 per cento) e le Marche (+85,7 per cento). Una delle cause che probabilmente ha spinto molti piccoli commercianti e artigiani tra le braccia degli usurai e' il perdurare del credit crunch praticato dalle banche agli imprenditori.

Rispetto alla fine del mese di giugno del 2011, nello stesso mese di quest'anno l'importo complessivo dei prestiti bancari alle imprese e' stato inferiore di quasi 217 miliardi di euro. Le sofferenze in capo alle imprese sono ancora elevate (101 miliardi di euro a fine giugno 2018), nonostante nell'ultimo anno si sia registrata una vendita massiccia di crediti problematici (quasi 56 miliardi di euro di cartolarizzazioni e cessioni relativi alle societa' non finanziarie) che sono usciti cosi' dai bilanci bancari, scomparendo dalle statistiche delle sofferenze e dei prestiti. Negli ultimi mesi, secondo quanto indicato dalla Banca d'Italia il 9 agosto 2018, la situazione creditizia sarebbe tuttavia migliorata: nello scorso mese di giugno l'ammontare dei prestiti alle societa' non finanziarie (imprese con piu' di 5 addetti) e' cresciuta dello 0,6 per cento (il dato tiene conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti/cancellati dai bilanci bancari ed e' costruito sulla base di tassi di variazione sui 12 mesi precedenti). Rimane tuttavia evidente come rispetto a prima della seconda ondata di crisi economica (iniziata nell'autunno del 2011), il credito disponibile per le imprese risulta, a fine giugno 2018, piu' basso di almeno il 20 per cento. E volgendo lo sguardo ai prestiti vivi, ovvero ai crediti in bonis (prestiti al netto delle sofferenze), tra fine giugno 2011 e fine giugno 2018 si contano quasi 245 miliardi di euro in meno. E laddove il credito viene meno e' sempre in agguato l'usura

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Sequestrata discarica abusiva nel Pescarese

I militari della Guardia di Finanza di Pescara hanno posto sotto sequestro una discarica abusiva di autoveicoli e rottami. I finanzieri mentre eseguivano un accesso, finalizzato anche al controllo fiscale, nei confronti di una ditta individuale del pescarese operante nel settore del commercio di autoveicoli, ricambi e accessori, hanno accertato la presenza, nell'area esterna di pertinenza della ditta, di numerosi autoveicoli rottamati e di una ingente quantità di pneumatici e parti di autoveicolo, in completo stato di abbandono rinvenienti da attività di rottamazione non autorizzata ma che soprattutto, costituiva una vera e propria discarica abusiva, con materiali - qualificati come rifiuti speciali che erano a diretto contatto col terreno, senza alcuna precauzione. I Finanzieri della Compagnia, con l'ausilio di militari della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Pescara hanno proceduto alla contestazione delle gravi violazioni alla normativa ambientale, nonché al sequestro dell'intera area adibita all'abusiva attività e alla denuncia del titolare della ditta all'autorità giudiziaria.

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Confartigianato, in un anno le assunzioni degli apprendisti aumentano del 20 per cento

Tra aprile 2017 e marzo 2018 le assunzioni di apprendisti sono state 283.000, il 20,2% in più rispetto al 2017. Il dato supera inoltre dell'11,4% le 254.000 assunzioni di giovani a tempo indeterminato avvenute nello stesso periodo. Lo riferisce Confartigianato, segnalando inoltre che tra gennaio e maggio 2018 i contratti di apprendistato sono aumentati più degli altri rapporti di lavoro: ne sono stati attivati 134.358 (il 96% dei quali riferiti a giovani under 30) con una crescita del 13,7% rispetto allo stesso periodo del 2017.

 La classifica delle regioni in cui prevalgono le assunzioni di apprendisti, rileva un rapporto dell'associazione, vede in testa l'Umbria (18,5% di nuovi contratti di apprendistato sul totale delle assunzioni), la Toscana con 16,2%, il Veneto con 15,6%, le Marche con 15,4% e il Piemonte con 14,5%. Nel terzetto di coda si collocano la Basilicata con il 5,9% di apprendisti sul totale delle assunzioni di under 30, la Sardegna (6,7%) e il Molise (6,4%)

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Caldo, Coldiretti: Il 2018 è il quarto anno più bollente della Terra

 Il 2018 sarebbe fino ad ora al quarto posto tra gli anni più bollenti del pianeta facendo registrare una temperatura media sulla superficie della Terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,77 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo. È quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti relativa ai primi sette mesi dell’anno sulla base della banca dati Noaa, il National Climatic Data Centre che rileva i dati dal 1880."Si tratta - sottolinea la Coldiretti - di una conferma del cambiamento climatico che si avverte anche in Europa dove i primi sette mesi si classificano al terzo posto tra i più caldi da quando sono iniziate le rilevazioni con pesanti effetti anche sui raccolti a partire dal grano la cui produzione è in sofferenza dagli Stati Uniti al Canada, dall’Ucraina alla Russia, dall’Australia alla Turchia fino in Europa dove la siccità ed il caldo hanno tagliato la produzione di grano del 10% rispetto allo scorso anno per effetto del calo dei raccolti soprattutto in Nord Europa, in Germania e Francia".

Secondo una stima di Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia la qualità è salva grazie a un buon contenuto proteico ma la produzione in calo del 10% anche in Italia dove l’anomalia climatica è ancora più rilevante con il 2018 che è stato fino ad ora l’anno più caldo dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni, con una temperatura superiore di 1,46 gradi rispetto alla media storica sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr da gennaio a luglio. "E’ evidente - sottolinea la Coldiretti - la tendenza al surriscaldamento dopo che il 2017 in Italia si era classificato al sesto posto tra gli anni più caldi da 218 anni con una temperatura che era risultata di 1,16 gradi superiore alla media del periodo di riferimento. Peraltro nella classifica degli anni interi più caldi ci sono nell’ordine - precisa la Coldiretti - il 2015, il 2014, il 2003, il 2016, il 2007, il 2017, il 2012, il 2001, poi il 1994, il 2009, il 2011 e il 2000".

Secondo Coldiretti, "il 2018 è stato segnato anche da intense precipitazioni con nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate che hanno colpito a macchia di leopardo la Penisola con oltre mezzo miliardo di danni provocati dal maltempo all’agricoltura con coltivazioni distrutte, alberi abbattuti e aziende allagate, ma anche esondazioni, frane e smottamenti. Sono gli effetti - conclude - dei cambiamenti climatici in atto che si manifestano con una più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo". 

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Elezioni regionali, Febbo scrive a Mattarella

 "Salvaguardare e tutelare l'equilibrio e la tenuta non solo giuridica, ma anche democratica degli assetti politici della Regione Abruzzo poiché attori istituzionali, a cui sono demandate determinate decisioni, potrebbero non agire con la dovuta imparzialità ed estraneità sulla data nella quale dovranno essere svolte le elezioni per la scelta del nuovo Presidente della Regione Abruzzo e del Consiglio Regionale". Questo la sintesi dell'appello che il consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo scrive in una lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dove spiega come "sia inderogabile e indifferibile fissare immediatamente la data del rinnovo del Consiglio regionale tra il 25 novembre e il 2 dicembre prossimo".

"Lo statuto della Regione Abruzzo, la legge elettorale ed il regolamento interno per i lavori del Consiglio sono assolutamente chiari ed inequivocabili sul punto, - afferma Febbo - come d'altronde chiarisce anche la Corte costituzionale (sentenza 196/2003) ed il Consiglio di Stato. Si è arrivati alle dimissioni del Presidente D'Alfonso in notevole, ingiustificato e voluto ritardo, il Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio ha firmato il Decreto di scioglimento solo il 16 Agosto, quando poteva farlo già il 13 o 14, per poi giustificare la sua pubblicazione sul BURA per domani 22 agosto. A Natale giustamente non si può votare mentre a Gennaio/Febbraio non è possibile votare in Abruzzo visto che abbiamo più di 100 comuni montani oltre gli 800 metri e oggettivamente impossibilitati per causa neve"

La replica di Silvio Paolucci

 "Non c'era bisogno di quest'ulteriore intervento del consigliere regionale Mauro Febbo, per apprezzare lo stile scomposto e rissoso che sempre lo ha accompagnato nel suo impegno di amministratore regionale". E' questa la replica dell'assessore regionale Silvio Paolucci, alle dichiarazioni del consigliere regionale di Forza Italia, Mauro Febbo, relativamente alla data, ancora da fissare, delle elezioni regionali in Abruzzo. "E' appena il caso di ricordare che Febbo e company sono stati protagonisti nel 2014 dell'allungamento della legislatura. In quell'occasione pregarono il Governo italiano di emanare un decreto legge per condurre la legislatura abruzzese da 60 a 66 mesi, lasciando la Regione in prorogatio per mesi e mesi". 

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La città più estiva d’Italia è Cagliari

La città più estiva d'Italia è Cagliari con 145 giorni l'anno. Mentre Perugia è quella dove ci sono più giorni caldi (103). Sono ben tre i capoluoghi con il maggior numero di notti calde: Milano, Bolzano e Napoli; invece Palermo è quella con più notti tropicali (94). Le rilevazioni contenute nel report Istat 'Temperature e precipitazioni nelle principali città', ed elaborate dall'Adnkronos, evidenziano che la bella stagione nei capoluoghi è passata da una media di 92,7 giorni nel periodo 1971-2000 a 109,4 giorni nel 2002-2016, con un aumento di 16,7 giorni. Nel capoluogo della Sardegna i giorni estivi erano 125 l'anno, nel periodo 1971-2000 ma la media nel 2002-2016 fa registrare un incremento di ben 20 giorni. Le altre città dove l'estate dura più a lungo sono Palermo (139 giorni) e Roma (135 giorni); rispetto alle rilevazioni fino al 2000 l'incremento è rispettivamente di 8 e 20 giorni. Tra le città in cui la bella stagione si lascia desiderare di più, invece, ci sono Campobasso, con solo 72 giorni (erano 57 nel periodo precedente), Genova con 79 giorni (dai 74 degli anni precedenti), e Venezia con 80 giorni (contro i 77 del periodo 1971-2000).

Il capoluogo dove ci sono più giorni caldi è Perugia (103), dove il numero è addirittura triplicato (erano 34). Al secondo posto si posiziona Trieste con 101 giorni e, anche in questo caso, si è passati da un mese e tre mesi (erano 32). Tra le città dove fa più caldo ci sono anche Ancona e Roma rispettivamente con 96 e 95 giorni l'anno; rispetto al periodo precedente (quando erano 34 e 33) si registra un incremento analogo ai precedenti. La città con meno giorni caldi è invece Bolzano (40), che registra un notevole incremento rispetto ai 28 giorni che si registravano fino a 18 anni fa.

Passando alle notti calde, al primo posto ci sono tre città: Milano, Bolzano e Napoli, con 84 giorni. L'aumento maggiore si registra a Bolzano, dove negli anni fino al 2000 le notti calde erano solo 25, mentre a Napoli e Milano erano rispettivamente 31 e 33. All'ultimo posto c'è Cagliari, dove si è arrivati a 33 notti (solo una in più rispetto al periodo precedente). Palermo vince la classifica delle notti tropicali (94), registrando un incremento di 19 giorni l'anno. A Bari la media del ventunesimo secolo è di 90 notti l'anno, contro le 69 a cui si arrivava fino al 2000. Segue a distanza Catanzaro con 70 notti tropicali, in aumento di 17 giorni rispetto alle 53 delle vecchie rilevazioni. Aosta è invece il luogo dove, dal 1971 al 2016, in tutto l'anno c'è solo una notte tropicale all'anno.

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