"Quello ribadito qui oggi, deve essere un principio valido per tutti: la pubblica amministrazione va concepita come un'unica entita', in cui le sue articolazioni collaborano e mettono a disposizione i propri beni non in uso". Lo ha sottolineato questa mattina a Pescara il presidente della giunta regionale Luciano D'Alfonso, nel corso di una riunione convocata per dirimere una vicenda che si trascina ormai dal 2008: la concessione all'Arta di un locale di proprieta' della Asl, attualmente non utilizzato, attiguo alla sede dell'agenzia regionale per la tutela ambientale. All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, il manager della Asl di Pescara Armando Mancini e il direttore dell'Arta Francesco Chiavaroli.
"L'orientamento di questo governo regionale e' chiaro - ha rimarcato D'Alfonso - se un bene del patrimonio consolidato della Regione, di cui fanno parte anche Asl e Arta, non e' in esercizio, deve essere messo a disposizione dell'ente che lo richiede. Il mio auspicio e' che si arrivi in tempi brevi alla stipula, su base collaborativa, di una convenzione a titolo gratuito. Nell'interesse della collettivita' e del nuovo corso dell'Arta, che oggi ricopre un ruolo sempre piu' centrale in tante attivita' della Regione".
E' stata presentata a Pescara la convenzione stipulata tra la Regione Abruzzo e l'Ispra, che detta le linee guida per la redazione del piano faunistico venatorio regionale. Il piano, già modificato più volte, risale al 1992. "Si tratta di un accordo importante con l'istituto ministeriale più prestigioso che si occupa di fauna selvatica e ambiente - ha detto l'assessore alle politiche agricole Dino Pepe - sia rispetto alla fase propedeutica, sia alla successiva fase delle connesse procedure ambientali introdotto dalle copiose direttive comunitarie". Il piano faunistico venatorio è il principale strumento di pianificazione regionale per la programmazione differenziata del territorio a fini faunistici e venatorio; in Abruzzo fu approvato nel 1992 e da allora, salvo alcune modifiche proposte dalla province, non ha mai avuto una revisione organica
"Oggi - sottolinea Pepe - il patrimonio faunistico è profondamente cambiato rispetto al 1992, pensiamo ad esempio alla differente presenza degli ungulati, in particolare i cinghiali, e quindi è necessario e reso improcrastinabile l'approvazione di un nuovo piano". Tra le attività principali previste dalla convenzione ci sono il coordinamento del gruppo di lavoro per la redazione del piano e il supporto per la realizzazione della Vas, la redazione delle carte di vocazione faunistica per le specie presenti sul territorio comunale (ungulati, lepre, starna, fagiano, quaglia beccaccia, coturnice, allodola, lupo e orso), l'elaborazione di linee di indirizzo per la specie di interesse gestionale, la redazione della cartografia per i comprensori faunistici dove localizzare gli Atc e le linee d'indirizzo per gli Atc sulle attività che andranno a svolgere sia in campo faunistico che gestionale degli istituti di protezione
“Dai primi esiti della discussione del Decreto Terremoto - maltempo in corso in queste ore, emergono delle importanti novità per il territorio teramano con il riconoscimento nell’area del cratere dei comuni di Fano Adriano e Pietracamela, così come finalmente si inizia a delineare un programma di interventi a sostegno dell’economia delle zone colpite”. È questo il commento del Consigliere regionale Giorgio D’Ignazio che prosegue: “La destinazione dell’8 per mille nazionale interamente al cratere per i prossimi dieci anni consentirà di finanziare investimenti negli ambiti della cultura e dell’arte; vi è stata la previsione del finanziamento per i danni indiretti; il riconoscimento di una equiparazione tra danni da terremoto e da frane. Una serie di interventi forti che aiuteranno concretamente i cittadini della provincia teramana”.
“Nel complesso mi ritengo moderatamente soddisfatto, infatti - aggiunge il Consigliere regionale del centrodestra - l’esclusione dal cratere di comuni come Cermignano, Cellino, Penna Sant’Andrea e Basciano rappresenta ancora una carenza enorme nel piano degli interventi. Una mancanza che dovrà essere sanata quanto prima. Così come occorre definire ancora una serie di provvedimenti più specifici per una ripresa dell’economia del territorio”. “Tutta Area Popolare – conclude D'Ignazio - ed in particolare l’onorevole Tancredi si sono fin qui adoperati e continueranno, in sede di discussione parlamentare, a battersi affinché vengano salvaguardate le aspettative dei nostri concittadini”.
Picchetto e otto ore di sciopero dei dipendenti dell'Aca e di altre societa' del settore Acqua-Gas dopo la rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale. Per l'Azienda Comprensoriale Acquedottistica (Aca) sono 180 i lavoratori interessati dalla vertenza. "Con questo sciopero nazionale vogliamo protestare contro FederGasAcqua che alle nostre richieste - ha spiegato Domenico Ronca di Filctem Cgil Pescara - ha risposto con proposte inaccettabili. A una richiesta di aumento di 60 euro in busta paga, che serve appena a recuperare l'inflazione, hanno risposto con una riduzione di diritti e competenze, come quella dello straordinario che vogliono portare dal 35% al 10% di maggiorazione, e modifiche che vanificherebbero anche i 60 euro di aumento".
"Oggi ci sono lavoratori di varie aziende, fra cui Aca e Italgas, che aspettano risposte come i colleghi delle altre regioni" ha detto il segretario Femca Cisl Stefano Di Crescenzo. "C'e' una grande compattezza delle tre sigle sindacali - ha dichiarato Giovanni Cordesco della Uiltec - in questa protesta che riguarda lavoratori di un settore importante del Paese che devono fare oggi i conti con controproposte molto pesanti delle aziende che ledono i diritti dei lavoratori". "Ormai aspettiamo da quindici mesi il rinnovo del contratto nazionale del settore Gas-Acqua - ha spiegato Di Crescenzo - con tanti lavoratori che aspettano risposte. Dopo aver rinnovato contratti anche di settori piu' in crisi, come il tessile, aspettiamo che la controparte capisca che si devono dare risposte alle maestranze sia dal punto di vista economico sia normativo".
Un mestiere antichissimo, fatto di dettagli, che parte dalla materia più arcaica: le budella di agnello per poi diventare suono e musica celestiale. Che le questioni umane siano complesse, lo rivela in modo chiaro il mestiere di cordaio di corde armoniche. Una tradizione che resiste a Salle, 300 abitanti, piccolo paese alle pendici del Morrone in provincia di Pescara, dove oltre alla piccola fabbrica esiste il "Museo cella corde armoniche", unico al Mondo. Gli ultimi cordai sono loro Pietro e Beniamino Toro.
Quando inizia questa tradizione in paese?
"I documenti parlano del 1600, certo la materia prima, le budella di pecora erano ovunque, ma a Salle si stabilì la loro lavorazione per tutti gli strumenti a corda dell'epoca Barocca: liuto, viola da gamba e violino barocco, violoncello, contrabbasso, chitarra barocca. Le corde venivano spedite in vari posti d'Europa, naturalmente non si realizzavano solo a Salle ma anche a Roma, Firenze, Napoli. A Salle si sviluppò una grande professionalità".
Lei Beniamino, con suo fratello Pietro portate avanti l'ultima azienda di Salle?
"Siamo figli di cordai, a Salle per fare un paragone con il recente passato negli anni 60-70 erano più di cento i cordai in attività, sei-sette fabbriche, mio padre aveva un laboratorio con 8 dipendenti. Poi alcuni si sono spostati altrove, in Abruzzo a Sulmona, ma anche Napoli, Roma, e molti ancora all'estero, tra i personaggi più famosi c'è la D'Addario string in America azienda conosciutissima con mille e 100 dipendenti".
A Salle c'è il museo. Cosa rappresenta per voi?
"È un motivo di grande orgoglio, perché è racchiuso l'universo di questa tradizione che nel mondo è unica. Le posso dire che molti musicisti vengono in paese per visitare il museo, verificare come costruiamo le corde. Oggi c'è un ritorno alle sonorità originali, si suonano strumenti d'epoca o costruiti con le antiche specifiche e quindi le corde armoniche sono irrinunciabili. I mercati, i negozi e le istituzioni musicali sono ancora molto vive in particolare nel Nord Europa. C'è spazio e mercato, ma non ci facciamo illusioni perché il lavoro è davvero difficile, serve esperienza finissima, abbiamo l'aiuto di nuove macchine ma il lato artigianale è determinate"
Qualche aneddoto singolare da raccontarci?
"Me ne vengono in mente due. Il primo legato al lavoro, molti cordai di Salle andavano negli anni 30 del secolo scorso, a lavorare a Napoli e ci andavano con le biciclette. Un viaggio difficile, lungo salite infinite e discese ripide, su vie senza asfalto. Eppure partivano e arrivavano, compreso nostro padre. Altro aneddoto, è legato ai musicisti, ognuno ha una sua sensibilità, ma una volta una strumentista animalista mi disse: se dovete uccidere un agnellino per me, allora rinuncio alle corde. La rassicurammo, noi non uccidiamo gli animali, ma almeno quando acquistiamo le budella le lavoriamo con sacrificio e anche amore, e poi sugli strumenti questa nostra passione crea un suono e una magia".
Haim Burstin – Un’antropologia della Rivoluzione francese?
(recensione di Daniele Di Bartolomeo - Facoltà di Scienze della Comunicazione - Università degli Studi di Teramo)
Haim Burstin, Rivoluzionari. Antropologia della Rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 2016
pp. 334, 25 euro (ed. orig. Révolutionnaires. Pour une anthropologie politique de la Révolution française, Vendémiaire, Paris 2013)
Haim Burstin, professore di storia moderna all’Università di Milano-Bicocca, è uno studioso noto nel panorama della storiografia internazionale per le sue preziose e innovative ricerche sui luoghi (il faubourg Saint-Marcel) e sui protagonisti (i sanculotti) della Parigi rivoluzionaria. Ed è proprio sulle fondamenta di questi monumentali studi, iniziati negli anni Settanta sotto la guida dello storico marxista A. Soboul, che l’autore si appoggia (qualcuno potrebbe dire, si adagia) per proporre nel suo ultimo libro, Rivoluzionari. Antropologia della Rivoluzione francese (Laterza, 2016), una rilettura ambiziosa e suggestiva della Grande Rivoluzione.
È davvero curiosa la sorte toccata a questo volume, la cui prima edizione francese risale al 2013. È un libro importante, a tratti anche avvincente, concordano i suoi recensori, ma, aggiungono subito dopo all’unisono, non è affatto un’antropologia della Rivoluzione francese (J.P. Jessenne, “RHMC”, gennaio-marzo 2015, n. 62; G. Berta, “L’Espresso”, 25 febbraio 2016). Tutt’al più si tratterebbe di una «fenomenologia di tipi rivoluzionari» scritta alla maniera dei sociologi, hanno chiosato due esperti della Rivoluzione come Francesco Benigno (“Alias”, 7 febbraio 2016) e Sergio Luzzatto (“IlSole24Ore-Domenica”, 27 marzo 2016). Una manchevolezza costata all’autore il rimprovero dell’indomito storico marxista Claude Mazauric: un accigliato e severo decano degli studi rivoluzionari che, tra le altre cose, accusa apertamente Burstin di aver “tradito” la vecchia causa comune (“AHRF”, luglio-settembre 2014, n. 377). Tra una recensione e l’altra, poi, emergono seri dubbi sul fatto che l’autore, in fin dei conti, sia davvero riuscito a spiegare il fenomeno della radicalizzazione rivoluzionaria e, soprattutto, il lato oscuro della Rivoluzione, l’emblema del suo fallimento: il Terrore.
Eppure, nonostante la curiosa e a tratti imbarazzante controversia accademica sul sottotitolo e il rischio di restare insoddisfatti dalle nuove risposte fornite dall’autore all’enigma della violenza e dell’inarrestabilità della Rivoluzione, quello di Burstin è un libro intelligente che merita di essere letto fino in fondo.
Il ragionamento dell’autore parte dalla constatazione che gli eventi più importanti della Rivoluzione hanno avuto come protagonisti personaggi minori, la cui esperienza e il cui contributo sono stati incredibilmente sottovaluti dalla storiografia. A Burstin non interessano le grandi figure di rivoluzionari o contro-rivoluzionari che già conosciamo e neppure coloro che incrociata la Rivoluzione se ne sono presto allontanati o l’hanno vissuta con cinico distacco, magari approfittandone. Lo storico della Bicocca è appassionato alla gente comune, a coloro che inaspettatamente diventano rivoluzionari subendo una vera e propria mutazione antropologica. È il momento magico in cui personaggi minori vivono l’ebrezza ed il tormento di essere rivoluzionari, insieme l’illusione e la possibilità concreta di cambiare sé stessi ed il mondo. È l’attimo in cui «gli individui rimangono impigliati, materialmente o ideologicamente, nell’evento, spesso portati da una sorta di corrente collettiva, senza la capacità, la previdenza o anche solo la forza di disincagliarsi e farsi da parte». La grandezza del libro di Burstin sta proprio qui, nell’essere riuscito a raccontare questa straordinaria esperienza fatta di illusioni e amarezze, atti eroici e meschinità, generosità e sopraffazione, dedizione alla causa comune ed egoismo, e non ultimo di intrighi e violenze.
Ma c’è anche un’altra ragione, se si può ancora più suggestiva, per appassionarsi a Rivoluzionari. Ogni pagina del libro, infatti, rinvia a qualcosa di intimo, tale da farlo apparire il frutto di una sorta di esame di coscienza che l’autore ha condotto aprendo la «scatola nera» della sua vita professionale e privata. L’impressione è che quando racconta l’esperienza sconvolgente della rivoluzione, Burstin si riferisca a qualcosa che conosce personalmente, che gli appartiene come uomo che ha vissuto intensamente il secolo scorso. Nel testo c’è, in altre parole, un’analogia con l’esperienza elettrizzante e tragica della rivoluzione nel Novecento: il più delle volte implicita, ma altre volte scoperta come quando l’autore definisce la Rivoluzione francese un «assalto al cielo» e il suo tempo come quello in cui «l’immaginazione era al potere». Ne è uscito fuori un racconto certo appassionante, ma a tratti introspettivo e verboso: una sorta di autobiografia intellettuale e personale dal sapore autoreferenziale (tanto che l’autore non sente neppure l’esigenza di aggiornare l’apparato bibliografico, fermo sostanzialmente agli anni Ottanta).
Morta la rivoluzione come evento necessario del divenire storico, restano i rivoluzionari, i suoi reduci, che ne portano addosso i segni indelebili. Tra cui, forse, si annovera anche Burstin. La rivoluzione appare così, ieri come oggi, una nave che salpa per una destinazione sconosciuta ma favolosa e naufraga altrove: un’esperienza amara di cui resta non già la soddisfazione dell’approdo ma il ricordo insieme entusiasmante e malinconico del viaggio. E forse anche la speranza che, con tutti i suoi difetti, alcuni terribili, un giorno questo viaggio possa ricominciare, che la rivoluzione possa tornare. ( da https://www.lindiceonline.com/l-indice/sommario/luglio-agosto-2016/)
Sandro Mariani (PD) e Lorenzo Berardinetti (RF) hanno presentato come primi firmatari la nuova normativa per la pesca nelle acque interne della Regione Abruzzo e della gestione della fauna ittica, fornendo risposte attuali rispetto alla legge vigente, redatta più di un trentennio fa. Con grande entusiasmo, i due Consiglieri, commentano il traguardo raggiunto con il licenziamento del progetto di legge 127/2015, nella Commissione "Agricoltura, Sviluppo Economico e Attività Produttive", dopo un lungo ed arduo lavoro svolto insieme alle associazioni piscatorie ed esperti del settore. Con il nuovo testo si vuole dotare la Regione Abruzzo di una normativa organica della disciplina della pesca nelle acque interne, mediante la semplificazione burocratica e l'incentivazione della pesca sportiva e turistica sull'intero territorio. Il nuovo testo, che dovrà essere discusso dal Consiglio regionale, ha lasciato invariate le tariffe vigenti, e quindi non comporterà nessun costo, né per la Regione, né per i pescatori, che finalmente avranno la possibilità di seguire una normativa chiara e snella che prevede anche l'allungamento dei tempi di apertura della pesca nonché la totale gratuità per minori ed anziani con piu' di sessant'anni e diversamente abili. Un risultato atteso, che con un grande lavoro di modifica del testo finale del Consigliere Berardinetti, ha avuto forte riscontro anche dagli altri Consiglieri regionali di maggioranza e minoranza come Sospiri, Balducci, Pepe, che l'hanno firmato e convintamente sostenuto. "Un passo importante per il nostro territorio - conclude il Capogruppo del Pd Sandro Mariani - che afferma il buon lavoro del Consiglio regionale in un periodo molto difficile per l'intera collettività abruzzese."
E' l'agriturismo il settore turistico piu' danneggiato dal terremoto con le presenze praticamente azzerate per un crollo di oltre il 90% degli arrivi nelle aziende agricole situate nelle aree del cratere tradizionalmente vocate per vacanze, picnic e gite fuori porta in campagna, grazie alla bellezza dei paesaggi e alla qualita' dell'offerta gastronomica. E' quanto emerge dalla prima analisi diffusa da Coldiretti sull'impatto del sisma sulle vacanze in campagna in occasione dell'iniziativa #nonsoloamatriciana con venti agrichef giunti nelle Marche da tutta Italia, all'agriturismo Fiorenire di Castignano (Ascoli Piceno), uno de comuni del cratere, per imparare le ricette con i prodotti salvati dalle macerie e portarle nelle altre regioni, dando cosi' uno sbocco di mercato alle tipicita' oggi a rischio estinzione. Nei 131 comuni del cratere colpito dai terremoti del 24 agosto e del 26 e 30 Ottobre, operano 444 agriturismi dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria dove la momento le uniche presenze residuali si riferiscono a quanti sono impegnati nell'opera di ricostruzione. Ma gli effetti del terremoto sulle presenze si sono sentiti anche su tutti i 3400 agriturismi complessivamente attivi nelle quatto regioni, dove i turisti sono piu' che dimezzati.
"Le attivita' produttive abruzzesi, ad esempio quella vitivinicola, dopo aver subito i danni dal maltempo, sono oggi danneggiate da un'organizzazione del Dipartimento delle Politiche agricole che fa acqua da tutte le parti. L'attuazione del Piano Rurale 2014/2020 si attesta a un minimo storico del 5,26%, che costituisce una sconfitta per le capacita' produttive e qualitative della viticoltura abruzzese". E' la denuncia formulata dai rappresentanti della Funzione pubblica, per Cgil Rita Candeloro, per Uil Giuseppe De Angelis, per Cisl Vincenzo Traniello e per Ugl Luigi Buzzelli, sulle conseguenze negative sul comparto vitivincolo del caos che si registra nella macchina amministrativa regionale. "Non possiamo che registrare con disappunto la mancanza di una visione programmatica della governance di processi sempre piu' accentrati e per questo lenti, senza una riorganizzazione complessiva per settori definiti nella mission e nei risultati" concludono i sindacati.
La replica di Cristina Gerardis, direttore generale della Regione Abruzzo
"Sostenere che 'la Regione Abruzzo e' allo sbando' desta stupore per la radicalita' dell'affermazione e appare ingeneroso, soprattutto se si considera che la frase e' riferita alla non ancora avvenuta corresponsione di una parte di emolumenti aggiuntiva rispetto alla retribuzione ordinaria, che viene regolarmente erogata". Lo dichiara, in una nota, Cristina Gerardis, direttore generale della Regione Abruzzo.
"In ogni caso, la delibera di Giunta per il pagamento delle indennita' accessorie - prosegue - e' stata firmata il 14 marzo scorso e verra' portata all'approvazione dell'esecutivo nella prima seduta utile, quella di martedi' prossimo. Per quanto riguarda la presunta 'mancanza di attenzione al funzionamento della struttura amministrativa', respingiamo al mittente le accuse di 'improvvisazione e superficialita'' e ricordiamo alle organizzazioni sindacali che vi sono tavoli, riuniti con cadenza periodica, nei quali trattare di questi argomenti".
Secondo l'accusa aveva cercato inutilmente di rientrare in possesso della sua casa, andata all'asta, minacciando ed aggredendo il nuovo proprietario e alcuni suoi famigliari. Una vicenda che lo aveva fatto finire davanti ai giudici del collegio per rispondere di tentata estorsione oltre che di danneggiamento e lesioni e che questo pomeriggio, al termine del processo di primo grado, ha visto il Tribunale condannare Antonio Cioci, 48 anni, di Canzano, ad un anno e tre mesi di reclusione con la tentata estorsione derubricata in tentata turbata liberta' degli incanti e al risarcimento del danno di cinquemila euro a favore delle parti civili.
Cioci e' stato invece assolto dal reato di danneggiamento e da quello di lesioni. Nei suoi confronti e' stato inoltre revocata la misura del divieto di permanenza a Penna Sant'Andrea, dove vive il nuovo proprietario dell'abitazione. I fatti contestati all'uomo risalivano al 2015 quando secondo l'accusa aveva cercato di costringere il nuovo proprietario dell'abitazione, con diverse minacce anche di morte rivolte a lui e ai famigliari, a rinunciare a perfezionare l'acquisto o comunque a rilasciare l'immobile. All'uomo veniva contestato anche di aver sferrato un pugno al nuovo proprietario e di aver provocato lesioni all'avambraccio ad un suo famigliare.
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