Le Idee

Ecobonus 110%. Ecco come funzionano gli sgravi. Lavori per ammodernare le case e rilanciare il settore dell’edilizia

C’era attesa per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ed era una attesa giustificata dal fatto che tra le novità più importanti previste dal decreto Rilancio approvato dal Consiglio dei Ministri, c’è la misura per l’edilizia chiamata Ecobonus 110 per cento. Un fondo che potrebbe rimettere in moto l’edilizia, uno dei settori più importanti dell’economia nazionale. Salvo aggiustamenti dell’ultima ora, ecco come funziona l’Ecobonus, per quali lavori e chi ne potrà beneficiare. In primo luogo sarà una misura molto popolare perché sono ammessi agli sgravi anche piccoli lavori, tra questi ci sono gli interventi agli infissi, le finestre la caldaia o i condizionatori, opportunità che può utilizzare anche nelle seconde case o nei condomini.

Introdotto dall’ex decreto maggio l’ecobonus 110 per cento consiste in una detrazione fiscale del 110% delle spese sostenute per gli interventi di efficientamento energetico e riduzione del rischio sismico.

Numerosi i soggetti che possono usufruire dell’ecobonus 110, come i condomini, gli Istituti delle case popolari e nel caso di lavori eseguiti sui singoli appartamenti le persone fisiche fuori dall’esercizio di attività di impresa.

I lavori ammessi sono detraibili per le spese effettuate dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Tre le tipologie di grandi lavori di ristrutturazione: isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l’involucro dell’edificio per almeno un quarto della stessa superficie (il cosiddetto cappotto termico) con un limite di 60mila euro moltiplicato per le unità abitative presenti. Poi c’è “L’ecobonus 110 per cento”, che vale per la sostituzione della caldaia con impianti centralizzati a condensazione per un limite di 30mila euro moltiplicato per ogni singola unità abitativa. Per le unità unifamiliari è possibile la sostituzione della caldaia con impianti centralizzati, con un ammontare delle spese non superiore ai 30mila euro, comprese le spese per lo smaltimento e la bonifica dell’impianto sostituito.

In entrambi i casi “l’ecobonus al 110”, vale anche se questi lavori sono associati all’installazione di un impianto fotovoltaico.

Per lavori come la sostituzione di infissi, delle fineste, delle tende da sole, dei condizionatori o dei serramenti, detrazione è al 110 per cento nel caso in cui tali interventi “siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi” maggiori.

Tutti i lavori per avere il bonus 110 per cento devono assicuare il miglioramento di almento due classi energetiche dell’edificio. Qualora esso non fosse possibile, il raggiungimento della classe più alta, da dimostrare tramite l’APE (attestato di prestazione energetica).

Altro discorso sono i lavori fatti in casa. Secondo l’interpretazione fatta dall’Ance, la detrazione del 110 per cento per i lavori maggiori vale nel caso di un condominio per tutte le abitazioni siano prime o seconde case. Escluso il caso dell’ecobonus al 110 per cento per una seconda casa che sia unità unifamiliare o nel caso di “lavori minori” associati a interventi  strutturali. Ecco, invece, come funziona la cessione del credito per l’ecobonus 110 per cento che consiste nella cessione del credito maturato – ovvero della cifra che verrà restituita al cittadino nell’arco di cinque anni – a intermediari finanziari (banche o assicurazioni) o alla stessa impresa che ha realizzato i lavori, che lo incasserà dal fisco. Una misura che permette alle famiglie di far svolgere gratuitamente i lavori di ristrutturazione che rientrano nell’ecobonus al 110%.

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Ha cinquant’anni, ma lo Statuto dei lavoratori e’ piu’ che mai attuale!

Ha cinquant’anni, ma lo Statuto dei lavoratori e’ piu’ che mai attuale!

 

Come è noto l’art.1 della nostra Costituzione recita che “l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” e durante i lavori della Assemblea Costituente, ci fu una importante discussione sulla sua formulazione. Le sinistre avevano proposto di definire la nascente repubblica “dei lavoratori”, ma la proposta fu bocciata. Fu Amintore Fanfani, democristiano a presentare la attuale formula che poi fu accolta anche dal Pci e dal Psi. Quindi la nostra Costituzione statuisce la centralità del lavoro e dei lavoratori nel nostro ordinamento. Se si considera che i lavori della Assemblea Costituente iniziarono nel 1946, si dovettero aspettare ben 24 anni per arrivare allo statuto dei diritti dei lavoratori, la legge 20 maggio 1970 n.300, che dà sostanza a quanto stabilito dall’art.1 della carta costituzionale.

E l’Avanti, diretto da Pietro Nenni,il giornale del partito socialista, che più si era battuto per l’approvazione dello statuto, titolò “la costituzione entra in fabbrica”.

Lo statuto, da una parte stabilisce tutele individuali: garantisce la libertà d’opinione in fabbrica, limita rigorosamente le perquisizioni, vieta la schedatura dei dipendenti; fino ad allora, gli anni cinquanta, molto usuali in tante aziende, vieta atti discriminatori, rafforza la garanzia contro i licenziamenti ingiustificati con l’art.18 e la tutela della reintegra. Dall’altra sostiene questi diritti promuovendo l’attività sindacale in ogni luogo di lavoro.

Fu Giuseppe Di Vittorio, il 26 novembre 1953 a Napoli al III Congresso della Cgil a lanciare l’idea dello Statuto dei Lavoratori. “I lavoratori sono uomini liberi e cittadini della repubblica anche nelle fabbriche dove lavorano. Bisogna rinunciare all’idea di rendere schiavi i lavoratori italiani. Io voglio proporre una idea: facciamo lo Statuto dei Lavoratori all’interno delle aziende”.

Ma è stato Giacomo Brodolini, socialista, il ministro del lavoro del governo di centro sinistra presieduto da Mariano Rumor, ad impegnarsi a fondo per la definizione dello statuto. Brodolini fece la prima riforma organica delle pensioni nel 1969 e in linea con il suo passato di dirigente nazionale della Cgil, dichiarò che, anche come ministro del lavoro, sarebbe stato “da una parte sola, dalla parte dei lavoratori”,partecipando nel Capodanno del 1969 a Roma alla Tenda organizzata dai lavoratori della fabbrica Apollon ed ai funerali dei braccianti di Avola, uccisi dalla polizia nel dicembre del 1968. Ma Brodolini non visse per ricordarsi l’approvazione della “sua”legge; morì un anno prima.

Il suo testimone venne raccolto da Gino Giugni, socialista riformista, uno dei migliori studiosi del diritto del lavoro del nostro Paese, che presiedette la commissione che definì la legge 300/70. E che si impegnò per mettere al centro la dignità dei lavoratori con un reticolo normativo, come legislazione di sostegno, attingendo alla esperienza concreta delle dinamiche nei luoghi di lavoro. Giugni altro grande Ministro del Lavoro, artefice, alla fine degli anni novanta, con il Governo Ciampi, della stagione della concertazione sindacale; una convergenza di sensibilità e saperi che portò l’Italia fuori dalla inflazione e dal rischio di default. Quando lo statuto fu approvato, Ministro del Lavoro era il democristiano Donat Cattin, espressione del cattolicesimo sociale, ed il PCI si astenne sostenendo che la tutela dovesse essere allargata ai dipendenti delle aziende con meno di 15 unità. Tematica oggi attuale,ma all’epoca strumentale,se si considera che l’80% dell’occupazione si situava, nella grande industria, nelle regioni del Nord. Bisogna rilevare che, poco tempo prima, nel marzo del 1969, cgil cisl uil firmarono l’accordo per il superamento delle gabbie salariali. Occorre considerare il contesto sociale che portò alla approvazione dello Statuto, dopo le grandi lotte del movimento studentesco ed operaio del 1968/69, in particolare degli scioperi del settembre-dicembre 1969, il cosiddetto “autunno caldo”;la nascita del movimento dei consigli di fabbrica, come struttura di base sindacale. Ed infine ci fu il 12 dicembre del 1969 la strage di Piazza Fontana. Lo statuto, da subito portò allo sviluppo della contrattazione aziendale:fra il 1971 ed il 1972 ci furono ben 232 accordi aziendali che riguardarono ben 44 mila lavoratori. Si sviluppò il discorso dell’unità sindacale. Il 13 gennaio 1972 i metalmeccanici di cgil cisl uil danno vita al SUM (Sindacato Unitario Metalmeccanici) che po diventerà FLM, Così fecero tante altre categorie di lavoratori dell’industria. Ma l’unità sindacale non arrivò. A distanza di cinquant’anni il panorama produttivo del nostro Paese è profondamente cambiato. Oggi gran parte dell’occupazione si concentra nella piccola e media impresa. Emergono nuove figure di lavoratori, senza tutele, né diritti. Ed è significativo che la ministra Teresa Bellanova, il 14 maggio scorso, sia riuscita a far inserire, nel Dl Rilancio, la regolarizzazione per i lavoratori immigrati in nero in agricoltura. Gli “schiavi”odierni di cui parlava Di Vittorio più di cinquant’anni fa. Il precariato è notevolmente diffuso. L’organizzazione del lavoro, l’ambiente e la salute sono sempre più centrali nella contrattazione nazionale ed aziendale. Lo statuto conserva, a mio avviso, una sua piena validità; anche se le modifiche apportate tra il 2012 ed 2015, prima dalla legge Fornero e poi dal job act, hanno rappresentato un “vulnus”pesante del diritto del lavoratore a non essere licenziato, in mancanza di un giustificato motivo; diritto che è considerato fondamentale dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei Diritti fondamentali della UE. Il mondo del lavoro del dopo lockdown, necessita di una nuova stagione di Diritti per normare le nuove figure del mondo del lavoro, i rider ad esempio; maggiori tutele e riconoscimenti salariali per le lavoratrici e lavoratori della sanità, regolamentare lo smart working di questo periodo e saper cogliere la straordinaria opportunità che si presenta di stare nel vivo dei processi,dell’organizzazio- ne del lavoro e delle stesse scelte imprenditoriali. Tutto questo per ribadire che il lavoro, sicuro e garantito è la condizione democratica per far uscire il nostro Paese dalla attuale crisi.

 

di Nicola Primavera

 

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