Le Idee

I Premi Nobel ed i Premi Flaiano

I Premi Nobel ed i Premi Flaiano

Con quella che sembra essere diventata una straordinaria abitudine, i Premi Flaiano sono felicissimi di apprendere che il vincitore del Premio Nobel per la Narrativa 2019 è Peter Handke, già premiato a Pescara nel 1992 per la sezione Narrativa dei Premi Internazionali Flaiano.
Lo scrittore austriaco vinse il Flaiano con il romanzo “L’Assenza“.
Una scrittura che la giuria definì “visiva”, ottemperando così a quel geniale contributo di Handke al cinema di Wenders.
Sfilano così nel tempo, a Pescara, le eccellenze di cui il Flaiano si è fatto portatore, chiamando in causa annualmente scrittori di indiscussa importanza e protagonisti del mondo culturale mondiale, alcuni dei quali insigniti successivamente del Premio Nobel come Seamus Heaney, Josè Saramago, Derek Walcott, Imre Kertesz, Jean Marie Le Clézio, Wole Soynka, Dario Fo, Alice Munro ed oggi Peter Handke.

di Carla Tiboni,  Presidente Premi Internazionali Flaiano

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Una fondazione per recuperare la memoria delle lotte sociali in Abruzzo

Realizzare, in modo permanente, un MUSEO CELDIT nel quartiere che prende il nome dalla
cartiera che per oltre settant’anni è stata una importante realtà produttiva della zona industriale di
Via Piaggio a Chieti Scalo. E’ questa la proposta che Ugo Iezzi, giornalista ed ex sindacalista ha
formulato nei giorni scorsi al momento della presentazione della ristampa del suo bel libro “IL
VILLAGGIO DELLA FABBRICA DI PAPA’”: dal villaggio al museo. L’intento è quello di
recuperare la memoria storica della fabbrica, ma anche della vita associativa, di costume e culturale
della realtà urbana che gravitava intorno alla “fabbrica di papà.” Un mondo che oggi non c’è più,
ma che ha ancora dei valori da trasmettere. soprattutto alle giovani generazioni del nostro territorio.
Bisogna considerare che l’area industriale di Chieti Scalo fino a non moltissimo tempo fa poteva
annoverare realtà industriali significative: la Farad, la Thales, l’Indusnova, la Richard Ginori, la Iac,
l’Agip, la Generaltex ecc. Ogni pomeriggio, circa alle diciassette, non meno di cinquemila operai
invadevano via piaggio per tornare a casa al cambio turno di fabbrica. Oggi questo movimento non
c’è quasi più. Un inesorabile processo di deindustrializzazione ha causato lo smantellamento di una
intera realtà industriale nella Vallata del Pescara che le istituzioni ed anche il sindacato non sono
riusciti ad evitare. A mia memoria è da circa un quarto di secolo che in questa area non si realizza
una nuova importante iniziativa industriale in grado di ridarle nuovo slancio.
C’è anche da considerare che questa è stata un’area in cui si sono sviluppate importanti lotte
sindacali, penso alla Farad, alla Iac, alla Richard Ginori, ad esempio, che hanno visto impegnati i
lavoratori e le organizzazioni sindacali CGIL, CISL,UIL in grandi lotte e manifestazioni che hanno
contribuito a formare anche molti dirigenti sindacali degli anni settanta ed ottanta.
Ed anche di questi importanti momenti, a mio avviso, va cercato di recuperare la memoria storica,
mediante i racconti ed i ricordi di tanti lavoratori esponenti dei Consigli di Fabbrica e di molti
dirigenti sindacali.
E’ questo un progetto che deve avere un respiro regionale ed investire importanti vertenze
occupazionali che si sono svolte nella nostra regione a partire dagli anni settanta in poi. Penso, solo
per fare alcuni esempi, alle vertenze ex Italtel dell’Aquila, alla Monti di Città Sant’Angelo, alla
stessa Montecatini di Bussi sul Tirino.
Purtroppo devo dire che di tutto questo patrimonio sociale, sindacale e politico c’è ben poco. Le
stesse organizzazioni sindacali CGIL CISL UIL,a livello territoriale e regionale, conservano
pochissimi documenti e testimonianze riguardo alle lotte per l’occupazione svoltesi in Abruzzo.
Anche se, ad esempio, la CGIL di Chieti nel celebrare il suo centenario ha riannodato le fila della
vertenza dell’ATI, l’azienda tabacchi, con la lotta delle tabacchine che nel 1968 bloccarono la città
di Lanciano per evitare la chiusura dello stabilimento che poi a metà degli anni ottanta, purtroppo, è
avvenuta.
Quindi la proposta di realizzare un museo permanente di ciò che è stato ed ha rappresentato la
Celdit è sicuramente da sostenere e va realizzato. Ma a mio avviso, è proprio necessario dare vita ad
una vera e propria FONDAZIONE per recuperare, in maniera continuativa e paziente, la memoria
storica delle lotte sociali sviluppatesi nella nostra regione. Ciò non deve assolutamente essere vista
come una inutile operazione nostalgica, ma come un patrimonio ideale che le nuove generazioni
(soprattutto di sindacalisti!) debbono impegnarsi a sviluppare nella nuova realtà sociale e produttiva
del nostro Abruzzo.
di Nicola Primavera

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Greta e San Francesco

Greta e San Francesco

 

Sul Fatto Quotidiano del sabato passato ,il noto e stimato giornalista Massimo Fini ha pubblicato un articolo dall’interessante titolo”San Francesco era meglio di Greta”. La tesi sostenuta è che San Francesco con 5 secoli di anticipo capì che il commercio e l’industria esercitati dal padre ci avrebbe portato, come dice Greta, alle drammatiche condizioni attuali. Se fosse prevalsa la scelta del Santo :povertà, parsimonia, contatto con la natura ,oggi vivremmo in un nuovo Eden. Purtroppo solo lui era in grado di parlare con i lupi che ,almeno quelli del Parco Nazionale d’Abruzzo , aspettano da tanto tempo qualcuno con cui fare un bel discorso. Bisognerebbe, sostiene Fini, tornare a forme di autoproduzione ed autoconsumo tornando tutti a coltivare la terra e vivendo della propria produzione orto frutticola. Chi la terra non la possiede, diciamo noi, potrà farsi un orticello sul terrazzo di casa ,e per chi ha una casa senza terrazzi niente paura; si può sempre trasformare il salotto in una bella serra!. Gli illuministi ,dice Fini, pensavano di essere illuminati dalla ragione ma quando giudicavano il Medio Evo un epoca buia sbagliavano di grosso perché l’epoca buia è quella scaturita dalla rivoluzione industriale . Il Medio Evo ,potremmo dire, è stato un periodo storico di grande laicismo in cui l’invadenza della Chiesa era confinata dentro le mura delle sagrestie. E cosa di meglio che essere servi della gleba e poter fare sempre lo stesso lavoro protetti dal feudatario. La condizione era così appagante che veniva tramandata da padre in figlio. Con la rivoluzione industriale gli operai non erano giustamente più contenti della loro condizione e inviavano i figli all’esercizio del commercio e delle professioni; talvolta addirittura alla vita politica e alla partecipazione allo status della classe dirigente .La produzione alimentare veramente biologica non poteva eccedere certi limiti e la sovra popolazione determinava carestie e fame. Niente paura però, in modo del tutto naturale una bella pestilenza riduceva la popolazione ad un numero adeguato alle condizioni. Non esisteva allora “la idolatria della scienza” sono parole di Fini, e quindi non c’era Fleming con la Penicillina e Jenner con i vaccini, che come tutti ormai sanno fanno male, a perturbare il corso naturale delle cose. Ma molto meglio di Greta questa attuale situazione Fini l’aveva ben compresa trentacinque anni fa e l’aveva illustrata nel suo libro La ragione aveva Torto? Dove dice che bisogna tornare ad essere tutti più poveri; una Decrescita Felice preconizzata cinque lustri fa. A questo punto un dubbio sorge spontaneo. Che abbiano sbagliato tutto i leaders cinque stelle quando si affacciarono festanti al balcone di Palazzo Chigi comunicando felici” abbiamo sconfitto la povertà”? Secondo il pensiero di San Francesco-Greta -Fini avrebbero dovuto cercare di sconfiggere la ricchezza ,ma se continuano con questo passo probabilmente ci riusciranno.

di Achille Lucio Gaspari

 

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Crediti e banche, bomba sociale. La Fisac si appella a Mattarella

Crediti e banche, bomba sociale. La Fisac si appella a Mattarella

“Lo abbiamo già denunciato, anche al tavolo negoziale per il rinnovo del ‘Contratto nazionale del lavoro’ di settore registriamo un altissimo rischio di tensioni sociali, usura, per imprese e famiglie, legato alla massiccia vendita di sofferenze e di crediti deteriorati da parte degli istituti di credito. Sappiamo bene come queste società di recupero crediti operino, sappiamo anche come alcune di esse stiano riconsegnando la licenza bancaria - supponiamo per sottrarsi più agilmente ai controlli regolamentari previsti per legge -”. È l’accorato appello del segretario generale della Fisac Cgil, Giuliano Calcagni, in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione dei 100 anni dell'Abi. Una missiva inviata al“custode dei valori costituzionali”, dove non vengono nascoste le: “forti preoccupazioni che da tempo esprimiamo rispetto a problematiche fondamentali per gli sviluppi e la tenuta degli equilibri democratici del Paese".

In ballo ci sono 360 miliardi di sofferenze bancarie, crediti non esigibili che sono stati ceduti dagli Istituti bancari a società terze di riscossione crediti che non andranno per le “spicce” nel riavere il denaro che non è stato restituito alle banche. Sull’ammontare e la scomposizione della colossale cifra dei debiti emerge il tema e la preoccupazione del segretario generale della Fisac Cgil: buona parte dei crediti inesigibili sono delle famiglie e vanno dalle 250 euro alle 30 mila euro, ossia soldi non pagati magari per il sopravvenire di problemi di lavoro, di povertà, di indigenza. Soldi che ora le società di riscossione vorranno indietro senza troppi preamboli, perché tra l’altro non sono obbligate a sottostare ai limiti di legge e di norme poste alle banche a tutela delle famiglie in difficoltà. Quindi mano libera.
“Conosciamo i tempi delle lavorazioni per il recupero dei crediti in sofferenza, tempi troppo veloci a nostro avviso, rispetto alle diffuse condizioni di difficoltà economica in cui versano le famiglie e le imprese italiane", sottolinea Giuliano Calcagni nelle lettera inviata al capo dello Stato. Lo scenario illustrato dal rappresentante sindacale è tutt’altro che rassicurante in quanto la riscossione forzata sia nei tempi che nei modi andrebbe ad abbattersi su un tessuto sociale fragile, dove per buona parte dei debitori le condizioni avverse sono ancora presenti se non aggravate. “Di qui, i pericoli”, sottolinea il segretario della Federazione Italiana del Credito e delle Assicurazioni, che vede “il serio rischio per chi versa in una condizione di sofferenza creditizia, di finire, per disperazione, nelle mani degli usurai e della criminalità organizzata. La nostra preoccupazione è tanto maggiore se consideriamo i numeri del fenomeno, numeri a sei cifre, parliamo ad oggi di oltre 360 miliardi di euro di sofferenze per oltre 1,2 milioni di soggetti coinvolti". A giudizio della Fisac Cgil gli Istituti di credito hanno cercato “dal loro punto di vista” di ben operate e tenere i bilanci in ordine per non incappare nelle valutazioni negative della vigilanza europea ma, osserva Calcagni, “è altrettanto chiaro però come non abbiano hanno fatto i conti con le categorie più deboli che vengono colpite da questa dinamiche che anche per i volumi dimensionali sono di estrema importanza per il Paese: le famiglie, i lavoratori e le imprese”, scrive il segretario Fisac a Mattarella, “senza dimenticare che le ripetute cessioni di sofferenze da parte delle banche hanno un impatto negativo sul settore, sia per quanto riguarda l'occupazione sia perché gli istituti bancari rinunciano ad attività che potrebbero essere del tutto gestite al proprio interno”. Nel documento si fa riferimento anche al “silenzio della politica”, mentre la situazione è esplosiva.

“E' una bomba che sta per esplodere”, fa presente Calcagni “abbiamo ancora fresco il doloroso ricorso legato ai suicidi di quei risparmiatori che nei crack bancari susseguitisi negli ultimi anni hanno visto incolpevolmente depauperati i loro risparmi , non vorremmo nel silenzio della politica trovarci nuovamente a dover gestire analoghe e drammatiche situazioni”. La lettera tocca tutti i temi caldi del credito, del risparmio, del lavoro, dei tagli degli sportelli bancari e quindi dei servizi nel Mezzogiorno. Argomenti che stanno a cuore alla Fisac-Cgil al suo segretario e alla categoria dei lavoratori delle banche, un settore che vive una profonda crisi occupazionale. Molte le proposte come “un intervento legislativo ad hoc ed in tempi rapidi da parte del Governo così da salvaguardare piccole, medie imprese in crisi oltre che famiglie
disperate”. Ma anche a difesa della: “indipendenza di Banca D’Italia”, nel mirino di “continui attacchi”; e su misure concrete per arginare l’evasione fiscale come ad esempio, “eliminando l’utilizzo del contante si avrebbe un recupero sull’evasione fiscale dai 15 ai 21 miliardi”. Così come la forte preoccupazione: “per lo stato di abbandono rispetto alle questioni politiche, occupazionali e sociali che investono il Mezzogiorno”. La lettera ripropone anche i temi legati alla crisi dei lavoratori delle banche nel mirino di tagli occupazionali e riassetti societari che riguardano in particolare il sud Italia. “Il continuo ed incessante processo di ‘asciugatura delle reti bancarie”, osserva Calcagni, “non solo per la continua crisi del settore, ma anche per scelte organizzative del management bancario a vari livelli, impatta sul sud del nostro Paese con effetti disastrosi determinando una sempre crescente desertificazione del territorio”. Infine un sentito e sincero appello che la Fisac-Cgil rivolge al presidente Mattarella sul lavoro e le future generazioni. “Ricostruire un efficace apparato di diritti intorno al lavoro non può che essere un rafforzamento dei meccanismi di equilibrio e di democrazia del nostro Paese arginando quella polarizzazione sociale e generazione che oggi è purtroppo lacerante e sotto gli occhi di tutti”.

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Gli effetti negativi della crisi: la societa’ italiana sempre piu’ classista, i ricchi sempre piu’ ricchi ed i poveri sempre piu’ poveri.

 

 

Gli effetti negativi della crisi: la societa’ italiana sempre piu’ classista, i ricchi sempre piu’ ricchi ed i poveri sempre piu’ poveri.


Gli effetti negativi della crisi: la societa’ italiana sempre piu’ classista, i ricchi sempre piu’ ricchi ed i poveri sempre piu’ poveri. Nei giorni decisivi per la formazione del nuovo governo Conte, con il confronto politico e programmatico tra M5S, PD e LeU, l’EUROSTAT cioè l’agenzia statistica dell’Unione Europea ha provveduto a rendere noto alcuni dati significativi circa le conseguenze per la nostra società della crisi economica iniziata nel 2007 e ben lungi dall’essere considerata superata se è vero che attualmente tutti gli indicatori statitici ed economici ci dicono che siamo in piena fase di recessione produttiva e stagnazione economica. La conclusione della ricerca di Eurostat è data dalla polarizzazione della società italiana con i ricchi sempre più tali ed i poveri sempre più poveri e con una grande diseguaglianza sociale che è la vera emergenza del nostro Paese, di cui, però, non c’è assolutamente traccia nel programma del nuovo governo “giallo-rosso”. Del resto sono in aumento i casi in cui neanche più lo stipendio mette al riparo i lavoratori e le loro famiglie dai problemi economici. I dati sono impietosi. Un lavoratore su 8 guadagna così poco da essere a rischio povertà, con una percentuale, a questo riguardo, che è passata dal 9,1% del 2009 all’11% del 2018. E’ la popolazione lavoratrice giovanile a guadagnare sempre meno: è a rischio povertà il 13% dei lavoratori tra i 20 e i 29 anni (tale percentuale nel 2017 era del 12,4%) e tale condizione ci pone nella sgradevole condizione che peggio di noi, come paese, stanno soltanto la Romania e la Spagna. Ed inoltre c’è da considerare a rischio povertà una parte enorme della popolazione italiana e cioè 16,4 milioni, il 27,3%, che ha un reddito inferiore al 60% del livello medio nazionale, mentre sono 1,8 milioni le famiglie in povertà assoluta per un totale di cinque milioni di individui, l’8,4% della popolazione.

 

E c’era chi aveva detto che era stata “abolita la povertà”….

A questo quadro problematico e drammatico fa riscontro, sempre secondo le cifre fornite da Eurostat, che il 10% della popolazione più ricca possiede un quarto del reddito totale nazionale, cioè della ricchezza, quindi il 25% con un sensibile aumento rispetto al 23,8% di dieci anni fa.

Proprio in questi giorni il nuovo governo sta elaborando il documento di programmazione economica e finanziaria da presentare all’Unione Europea per evitare l’aumento letale dell’iva, reperire le risorse per alleggerire il fisco nei confronti dei lavoratori e dei pensionati e per delineare un serio programma di investimenti pubblici in infrastrutture, una nuova politica industriale ed interventi sociali per i soggetti deboli. Ed è grande la discussione su come e dove reperire le risorse per delineare un credibile programma di interventi fatto non solo di tagli ma anche di corposi investimenti in grado di avviare la “ripartenza”del ciclo produttivo. Personalmente penso che buona parte di questo mezzi finanziari debbano pervenire da quel 10% della popolazione che possiede un quarto della ricchezza nazionale e che ha visto sensibilmente aumentare il proprio tenore di vita.

Con quale mezzo? Io credo con una seria imposta patrimoniale, così come qualche tempo fa ha chiesto il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini. Anche se nel recente incontro con il governo mi pare che questa idea sia stata lasciata un po' cadere anche dal sindacato. E del resto il neo ministro dell’Economia Gualtieri, nei giorni scorsi, andando a Bruxelles ha tenuto subito a rassicurare i burocrati dell’UE e cioè che la patrimoniale non è assolutamente tra i programmi del nuovo governo.

Di Nicola Primavera

 

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Torna l’oro, i mercati fanno festa

Torna l’oro, i mercati fanno festa
Tutto rischia di crollare ma l’oro no, in queste ore tra dazi e tagli di petrolio, si discute con la sua impennata verso l’alto se non sia il bene rifugio per eccellenza. Così mentre ladri preveggenti, rubavano in Inghilterra la tazza della toilette, ricoperta d’oro a 18 carati, eccezionale manufatto che faceva parte di una mostra dedicata a Maurizio Cattelan artista concettuale italiano, il prezioso metallo ha avuto una tale crescita di valore che ha fatto gioire tutti i possessori di lingotti.
“L’oro si è finalmente risvegliato dal torpore, ritrovando attrattiva come bene rifugio. Le quotazioni, in rialzo di oltre un punto percentuale, sfiorano 1.320 dollari l’oncia, il massimo da due mesi”, osserva con soddisfazione il giornale economico Il Sole 24Ore, che ricorda come a
innescare gli acquisti, che erano cominciati la scorsa settimana sia stata la decisione del presidente Trump di allargare i dazi anche al vicino Mexico. Nel timore di un effetto domino sui commerci vittime di nuovi dazi sull’economia mondiale, ecco che il buon intramontabile oro viene rivalutato come un amico fedele che non tradirà mai la fiducia dei suoi proprietari. I listini azionari vanno al ribasso l’oro sale, risplende anche sui titoli di Stato americani, calcolano gli economisti, arrivati al minimo storico. La buona notizia per i possessori di oro, inoltre, riguarda il dollaro da “nemico del lingotto” è diventato un suo amico, tanto che nel testa a testa l’oro ha toccato i 1300 dollari l’oncia portandosi più in alto del biglietto verde. Un segnale positivo colto da tutti, dagli speculatori, dai risparmiatori, dagli investitori che ora più che acquistare titoli di Stato e immobili - malgrado i prezzi in discesa di mutui e case - dedicano risorse e attenzione ai lingotti. Sulle ragioni c’è da riflettere, e forse non sono solo questioni economiche, perché quelle appaiono almeno razionali dal loro punto di vista. Dall’inizio 2019 gli altri “asset”
ossia beni che possono essere monetarizzati, sono in ribasso generale del 3%, mentre l’oro è rientrato a pieno titolo tra gli ETF gli “exchange-traded fund” ossia fondi d'investimento, ed è un tripudio sui siti specializzati dove si annuncia che l’oro sarà una panacea per tutti: per chi ha intenzioni speculative, perché è di una flessibilità straordinaria, come qualsiasi altro investimento, il prezzo dell’oro aumenta o diminuisce, “offrendo agli investitori l’opportunità di assumere una posizione speculativa sulle fluttuazioni future dei prezzi”; oppure l’oro è un tonico per chi vuole dormire tranquillo: “l’oro può rappresentare un’efficace protezione dall’inflazione”. Poi c’è l’aspetto atavico dell’oro, nelle sue trasfigurazioni religiose, popolari, messianiche, rituali, quello per cui è associato a un dio o al demonio, perché è “portatile”, è “divisibile”, Il suo peso determina facilmente il valore dell'oggetto; è indistruttibile; è facilmente riconoscibile ed accettabile in forma di pagamento. In tempi poi in cui tutti parlano e straparlano, l’oro non ha bisogno di dare nessuna spiegazione, quindi vince senza nemmeno sprecare fiato. “Sia in tempi di crisi che in tempi di prosperità l'oro resiste”, dice chi ha investito in oro, ed è la sua potenza, come dire: le mode passano ma lui no.
L'oro, fanno presente i siti che ne propongono l’acquisto, è tra i beni economici mondiali maggiormente "liquidi". Può essere prontamente venduto 24 ore su 24 in uno o più mercati in tutto il mondo. C’è, infine, chi curiosamente ha fatto un calcolo interessante, a proposito della sua stabilità. “Per esempio, un abito da uomo nel XVI secolo in Inghilterra al tempo di Re Enrico VIII costava l'equivalente di un'oncia d'oro, prezzo che si può pagare anche adesso per un abito moderno”. Insomma anche tra 500 anni magari su Marte, chi si porterà rientro l’oro potrà scambiarlo con una moderna tuta da astronauta. Non è magnifico?

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La ministra Teresa Bellanova e le raccoglitrici d’uva delle campagne di Ortona.

La ministra Teresa Bellanova e le raccoglitrici d’uva delle campagne
di Ortona.


Sono cronaca di questi primi giorni del nuovo governo Movimento 5 stelle, partito democratico,
Liberi ed Uguali le polemiche suscitate,al momento del giuramento del nuovo esecutivo,
dall’abbigliamento della ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova ed anche dal suo titolo di studio
nonché dalla sua militanza sindacale nella Cgil. La neo ministra ha ricordato il suo lavoro giovanile
come bracciante agricola ed in una bella ed ampia intervista al quotidiano La Repubblica di
domenica 8 settembre ha aggiunto di ricordare vivamente “la fatica delle alzate all’alba a 14 anni
per andare a lavorare l’uva per l’esportazione” nelle campagne di Bari e di voler dedicare la propria
attività ministeriale alle “amiche braccianti che non hanno una vita”. E proprio da questa dura
esperienza lavorativa è nata in lei la coscienza sindacale che l’ha portata ad essere dirigente
sindacale della Cgil fino all’impegno politico e parlamentare nel partito democratico ed ora quale
componente del governo del Paese.
A me ha colpito molto il riferimento al lavoro come raccoglitrice dell’uva di esportazione perché è
una realtà lavorativa oggi sconosciuta nel campo agricolo in Abruzzo, ma fino a non moltissimo
tempo fa, abbastanza diffusa anche dalle nostre parti, in particolare nelle campagne dell’ortonese, a
Villa Caldari, dove si coltivava l’uva regina per esportazione, soprattutto in Germania; attività che
vedeva concentrarsi in quelle campagne qualche migliaia di donne, provenienti da tutte le province
dell’abruzzo, per un paio di mesi, in condizioni molto dure di sfruttamento. Si iniziava a lavorare
all’alba e si terminava all’imbrunire, con una paga misera, ed in condizioni alloggiative difficili.
Era una attività molto intensa che, in quel periodo, monopolizzava il traffico ferroviario per le
spedizioni della stazione FS di Ortona con il lavoro di carico delle cassette d’uva e delle lastre di
ghiaccio nei convogli ferroviari, molte decine in un giorno, ad opera di carovane di facchini
costituiti in gran parte da giovani studenti, capitanati da un responsabile più anziano che con modi
spicci e duri organizzava il lavoro di carico con ritmi pesantissimi; il che provocava un grande turn
over di giovani addetti proprio per il pesante carico di lavoro giornaliero.
All’inizio della mia attività sindacale nel 1979 a Lanciano ho avuto modo di conoscere una
sindacalista della Cgil che proprio nella sindacalizzazione delle raccoglitrici dell’uva dell’ortonese
aveva svolto un ruolo fondamentale. Era originaria di Montorio al Vomano, si chiamava Finavera
Vera e nel periodo della raccolta delle uve veniva inviata nelle campagne ortonesi a fare attività di
tutela e proselitismo. Io ne ho un ricordo molto vivo perché era una compagna molto energica,
decisa, preparata ed intelligente, con una grande carica umana e molte volte mi ha raccontato le
grandi difficoltà di fare sindacato letteralmente nel mezzo delle campagne, per contattare le
raccoglitrici d’uva singolarmente e sfidare la reazione dei proprietari terrieri. Erano delle autentiche
lezioni di pratica sindacale. Trasferitasi da Teramo a Chieti aveva conosciuto e sposato Nicola
Stella, dirigente sindacale della Cgil di Lanciano, consigliere comunale comunista, protagonista
della rivolta nel 1968 delle tabacchine dell’ATI di Lanciano, segretario della Camera del Lavoro di
Lanciano quando ho iniziato a fare sindacato nella Cgil. Due fortissime personalità animate da una
speciale passione sindacale e politica (ambedue militavano nel PCI).
Oggi il panorama della agricoltura ortonese è profondamente cambiato con una produzione
vitinicola d’eccellenza, con un sistema di cantine sociali all’avanguardia, che consorziandosi
sfidano la concorrenza ed aggrediscono, con successo, i mercati esteri. Anche se nel campo agricolo
la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori,anche da noi, è questione sempre aperta.
Certamente oggi la vicenda delle raccoglitrici d’uva di ortona appartiene ad un passato, tanto manco
lontano, ma che è bene conoscere proprio per dare al mondo agricolo tutte le opportunità di
sviluppo nel rispetto della dignità di quanti vi lavorano.
Ma sono certo che Teresa Bellanova, con la sua attività come Ministro della Agricoltura darà un
fondamentale contributo in questa direzione.

Di Nicola Primavera

 

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Alcune riflessioni sul governo giallo rosso

Alcune riflessioni sul governo giallo rosso

Prima di esprimere qualche giudizio sulla composizione del governo giallo rosso è il caso di ripercorrere la storia dell’ultima crisi di governo. Il 7 agosto, dopo un colloquio con Conte che si era dimostrato molto disponibile, Salvini decise di aprire la crisi .Perchè lo ha fatto lo ha dichiarato lui stesso, voleva i pieni poteri, ciò è vincere le elezioni e governare da solo. Ma ha sbagliato i calcoli pensando che questo desiderio lo avesse l’intero PD, e quando Renzi si è opposto, le altre correnti del partito hanno dovuto seguirlo. La ragione ufficiale era quella di sbarrare la strada al fascismo di Salvini. Quando è a corto di idee la sinistra ha sempre un fascismo da sconfiggere mandando in prima linea le bandiere dell’A.N.P.I.(ma i reduci delle guerre puniche perché si nascondono?). La difesa delle poltrone di tanti senatori e deputati era una logica conseguenza; tornare al potere dopo un solo anno di purgatorio non è poi così male! Quanto ai 5 stelle non possono certo dire di voler bloccare il fascismo leghista dal momento che ci hanno tranquillamente governato per 14 mesi. Però conservare poltrone e potere è una bella cosa, anzi ottima. Essendoci in Parlamento una maggioranza il presidente Mattarella non poteva fare altro che rispettare la vigente Costituzione

Come spiegare questo connubio?

La gran massa del pubblico è restata sorpresa nell’apprendere l’alleanza di due forze politiche che sino a tempi recentissimi si erano pesantemente insultate promettendo che non si sarebbero mai disposte a collaborare. E’ pur vero che nazioni come ad esempio la Germania e la Francia che si sono ripetutamente affrontate in guerre che sono costate milioni di morti hanno poi trovato il modo di fare la pace e collaborare. Motivazioni in questo caso molto più nobili di quelle che hanno portato alla nascita del governo giallo rosso. Alcuni osservatori ritengono che tra il PD e i 5 stelle ci siano motivi di contatto che avrebbero dovuto spingerli a realizzare una collaborazione sin dall’inizio della legislatura. In realtà Lega e Movimento sono stati entrambi all’opposizione nella precedente legislatura con posizioni piuttosto simili su alcuni argomenti che potremmo racchiudere sotto la definizione di populismo. Era bizzarro pensare che il principale vincitore ed il principale sconfitto si mettessero immediatamente a collaborare. La situazione odierna è invece molto mutata; il PD sperimenta una discreta ripresa e i cinque stelle un forte ridimensionamento. Questi ultimi hanno attenuato alcune posizioni anti europee come dimostra il comune sostegno elettorale alla elezione della nuova Presidente della Commissione Europea. E’ quindi comprensibile che ci possa essere una certa convergenza di programmi; come questa collaborazione si svilupperà è tutto da vedersi. Dalla azione di governo dipenderà il bottino di consensi che i due principali partiti di governo potranno ottenere. I primi sondaggi li premiano entrambi e penalizzano, in modo per ora non grave, la Lega. In seguito sarà interessante constatare se questa coalizione premierà entrambi i partiti, uno solo dei due o nessuno dei due. I primi test interessanti a cui il Centro Destra (sarebbe meglio dire la Destra) si presenterà unito saranno le elezioni regionali. Logica vorrebbe che anche PD e 5 stelle collaborassero; la cosa però si presenta più difficile per i 5 stelle perché alleanze organiche anche a livello periferico vorrebbero significare una rinuncia a quella orgogliosa pretesa di essere diversi da tutti e di perseguire sempre una egemonia autonoma. Si cambia però così in fretta!

Quale opposizione a questo governo?

La forza della opposizione dipenderà dai risultati del governo. Se questi fossero deludenti l’opposizione non potrebbe che aumentare il suo potenziale. Ma quale opposizione? Berlusconi, ammesso che voglia davvero fare l’opposizione cosa di cui è lecito dubitare, è in calo accelerato di consensi e Forza Italia è un partito talmente disegnato sul suo proprietario Presidente da non essere in grado di sopravvivere senza la guida del Cavaliere. Fratelli d’Italia non può aspirare alla leadership della Destra Italiana. Quanto alla Lega la situazione si fa delicata e questo per il tipo di politica più che per il destino del capitano. Se infatti Salvini fosse eliminato per via giudiziaria potrebbe essere sostituito da Giorgetti che si presenta anche meglio. Il problema non sta nella guida ma nella politica del partito. Le posizioni sovraniste hanno fruttato un bel gruzzolo di consensi ma ora molti si rendono conto della sterilità di questa strategia. La Gran Bretagna che possiede una moneta forte, che è una potenza militare nucleare, che ha una stretta relazione con molte delle sue ex colonie ha grandi difficolta ad uscire dall’Europa; per l’Italia questa soluzione è impraticabile. Tentare di cambiare in senso sovranista il panorama politico europeo è un obiettivo irraggiungibile e scegliere una collaborazione con i paesi di Visegrad è stato un evidente errore strategico. Ritengo che gli elettori matureranno gradualmente la convinzione che questa scelta politica ci isola e ci danneggia. Questa considerazione mi fa prevedere che i consensi della Lega tenderanno più facilmente a ridursi che non a crescere. Con le forze politiche posizionate agli estremi si apre al centro un grande spazio che, o sarà occupato dai 5 stelle se essi saranno capaci di una mutazione genetica, o vedrà il sorgere di una nuova forza politica la cui nascita sarebbe favorita da un sistema elettorale proporzionale.

 

Che giudizio sulla composizione del governo giallo-rosso?

In un recente articolo sulla Stampa ,Sorgi definiva con una certa riprovazione questo governo come un governo di matrice democristiana elencando in successione Mattarella, Renzi, Conte, Franceschini e diversi altri. Sorgi vede nella Democrazia Cristiana qualcosa di negativo. Dimentica che a questo Partito si deve la libertà, l’Indipendenza, e lo sviluppo economico dell’Italia. Al programma del fronte popolare (partito comunista italiano, partito socialista italiano) che prevedeva la dittatura del proletariato, l’economia collettivista e l’adesione al patto di Varsavia la Democrazia Cristiana antepose la democrazia parlamentare, l’economia di mercato e l’adesione alla Nato. Che questa ricetta sia quella giusta è dimostrato dal fatto che non la contesta più neanche D’Alema. Magari fosse questo un governo democristiano!

Entrando più in profondità nella composizione possiamo dire che qualche miglioramento c’è stato rispetto alla precedente compagine. Alcuni dei ministri 5 stelle più criticati sono stati rimossi e la compagine del PD mostra in alcuni ministeri persone di più larga esperienza rispetto alla delegazione leghista. Vorrei ora soffermarmi su due ministeri, quello della Salute e quello degli Esteri. Alla Salute è andato Speranza che come esperienza di governo è pari a zero e come competenza per i problemi della Sanità è addirittura sotto zero. Perché le cose vadano ben ci vuole davvero speranza. Questa è stata un’occasione persa; questo ministero doveva restare ai 5 stelle che avevano un tecnico di grande valore come Sileri. Per gli Esteri è arrivata ,cosa poco diplomatica, una critica ufficiale dalla Cina. Sul web stanno massacrando il povero Di Maio. Credo che sia il più giovane ministro degli esteri dall’unità d’Italia. Batte per qualche anno Galeazzo Ciano che andò ad occupare palazzo Chigi (allora sede del ministero degli Esteri) avendo Mussolini rimosso un bravissimo Ministro come Grandi per far posto al genero. Quella nomina fu causa di grandi sciagure per l’Italia poiché l’alleanza con la Germania Nazista fu fortemente voluta da Galeazzo, salvo poi a pentirsene amaramente. Di Maio, che sarà sostenuto ed aiutato dalla ottima struttura del ministero, non rischia di fare danni così gravi. Al massimo non farà più il ministro; a Ciano è andata molto peggio.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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La morte del cardinale Achille Silvestrini

La morte del cardinale Achille Silvestrini

E’ recentemente tornato alla casa del Padre Sua Eminenza il cardinale Achille Silvestrini. Tutti coloro che lo hanno conosciuto ne hanno apprezzato la grande umanità, oserei dire la santità. Segretario del cardinale Tardini allora segretario di stato e fondatore di Villa Nazareth, promosso cardinale, è stato un preziosissimo collaboratore per molti dei segretari di stato che si sono succeduti. Formatosi alle idee del Concilio Vaticano II si è sempre contraddistinto per una grande apertura alle più importanti innovazioni della Chiesa. Ha posto grande attenzione ai rapporti con le chiese sud americane ed orientali ed in qualità di Ministro degli Esteri del Vaticano ha favorito un contatto ed una apertura verso i regimi della sinistra autoritaria alla scopo di guadagnare spazi di libertà alla professione di fede dei cristiani.

Alla morte di san Giovanni Paolo II coagulò un consistente gruppo di cardinali progressisti; qualcuno pensa che ostacolò l’elezione di Benedetto XVI ed in effetti si istaurò tra di loro una certa freddezza. Silvestrini era succeduto a Tardini nella presidenza di Villa Nazareth, una istituzione che ospitava ed assisteva giovani studenti particolarmente capaci ma dotati di pochi mezzi economici .Non era semplicemente un collegio ma uno strumento per promuovere la cultura e lo studio nell’ottica di una valorizzazione dei valori umani e cristiani. Non a caso Giuseppe Conte è stato uno studente di Villa Nazareth come lo è stato un mio allievo ora primario chirurgo in Inghilterra. Di tutti il cardinale si preoccupava seguendo con assiduità ed affetto i progressi di carriera.

L’ultima domenica prima di Natale celebrava nella cappella Paolina una commovente messa per la comunità di Villa Nazareth. Al termine della cerimonia veniva aperta la Cappella Sistina e in quel luogo straordinario si scambiavano gli auguri con Sua Eminenza. Tante volte ho partecipato con grande emozione a questa bellissima cerimonia. Durante il pontificato di Benedetto XVI la cerimonia fu spostata in un altare secondario di San Pietro. Dopo qualche tempo alla comunità di Villa Nazareth fu concessa una udienza nella Sala Nervi in vaticano che si concluse con un abbraccio di riappacificazione tra il Papa e il Cardinale; dopo di che le messa pre natalizia ritornò ad essere celebrata nei luoghi consueti.

Il cardinale mi ha gratificato di una sincera ed affettuosa amicizia prodiga di preziosi consigli. E’ stato ospite d’onore in un congresso internazionale sugli aspetti scientifici ed etici della cura del cancro organizzato per il Giubileo del 2000, e nel congresso della Società Italiana di Chirurgia celebrato a Roma nel 2004. Ha portato in questi Congressi un rilevante contributo di etica e di rispetto fraterno per il sofferente.

Naturalmente la sua scomparsa mi ha dolorosamente colpito così come è stato per le tantissime persone che lo conoscevano ed amavano. Achille Silvestrini insegnava che la vita è un passaggio e che alla fine ci ritroveremo tutti ,pertanto bisogna bandire la tristezza e il senso di abbandono; per questa ragione voglio terminare questo ricordo con una nota simpatica.

Erano miei ospiti per una cena frugale il Cardinale e mio padre. Silvestrini mi consegnò un pacchetto che conteneva il Breviario di politica scritto dal Cardinal Mazzarino. "Questo è per lei professore -disse consegnandomi il regalo- e lei caro onorevole non se ne abbia a male perché questo abruzzese, il Mazzarino era nativo di Pescina, di politica ne sapeva molto, ma molto più di lei".

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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Grillo e i ministri tecnici

Grillo e i ministri tecnici

In un recentissimo scritto sul suo blog Grillo consiglia Conte a scegliere per il suo governo ministri tecnici,almeno per la parte di competenza del Movimento. Come interpretare questa affermazione? C'è un aspetto propagandistico:mostrare al publico che questo nuovo governo non si fa per salvare le poltrone. Può esserci anche una larvata critica a quanto fatto dai ministri 5stelle.
Remo GASPARI affermava che i tecnici erano i peggiori ministri. Questo perché perseguendo l’aspetto culturale tralasciavano quello politico,ovvero la responsabilità di una decisione assunta nel quadro generale delle politiche di governo.Il politico doveva essere però ben preparato per valutare i consigli che riceveva dai suoi tecnici di riferimento.Quelli però erano altri tempi. Non si era nominati ministri se non dopo una lunga carriera che prevedeva di essere stato sindaco,presidente di provincia o di regione, parlamentare con buona esperienza di lavoro nelle commissioni e a lungo sottosegretario.
Oggi le affermazioni di Grillo hanno una loro validità. Spero che Conte nella trattativa per attribuire ai vari partiti della coalizione i ministeri tenga conto anche delle pedine a disposizione.Per fare un esempio il Movimento possiede un tecnico di ampio valore per i problemi della sanità. Piepaolo SILERI è un docente universitario,e lo stesso Conte è una riprova che spesso gli accademici hanno una marcia in più. Sileri è un professionista esperto che conosce le realtà assistenziali dell’Italia, degli Stati Uniti e del Regno Unito. Come presidente della Commissione sanità del Senato ha acquisito esperienza facendo molto bene. Perché cercare per strada un buon tecnico quando lo si ha a casa?
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di Lucio Achille Gaspari

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