L’Osservatorio

Più di 6 italiani su 10 sonopreoccupati di subire un furto in casa

Più di 6 italiani su 10 sono molto o abbastanza preoccupati di subire un furto in casa. È quanto emerge da un’analisi di Uecoop, Unione europea della cooperative, sugli ultimi dati Istat alla vigilia del primo grande esodo di agosto con milioni di connazionali in viaggio verso le principali località turistiche al mare e in montagna. I più preoccupati sono i pugliesi con il 71,5%, seguiti dall’Emilia Romagna con il 69% e da Lazio e Umbria con il 65,9%. Mentre nelle regioni del Nord la preoccupazione resta su livelli inferiori: 66,5% in Lombardia, 62,9% in Veneto, 60,3% in Valle d’Aosta e si scende sotto il 60% in Piemonte (59,9%) e in Friuli (58,4%). Quello delle vacanze è un periodo delicato durante il quale le città si svuotano e per proteggere le abitazioni ci si affida a diverse soluzioni, sottolinea Uecoop, come porte blindate, inferriate, vetri anti sfondamento e impianti di allarme collegati alle forze dell’ordine o a servizi di vigilanza privata che, nel mondo delle cooperative, hanno registrato un balzo dell’11% negli ultimi 5 anni. 

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I ricavi delle imprese cresceranno in media del 4 per cento nel prossimo triennio

 L'attuale scenario macroeconomico positivo spinge i ricavi delle imprese italiane, che nel prossimo triennio cresceranno mediamente di oltre 4% ogni anno, con punte del 6-7% nei settori automotive e metallurgia. La crescita dei fatturati permetterà alle imprese di rendere più sostenibili debiti e oneri finanziari presenti nei bilanci, anch'essi in risalita fino al 2020. In questo caso, sono il chimico-farmaceutico e l'hitech, con un rapporto debiti-mol pari al 6-7%, i comparti più virtuosi, mentre faticano le costruzioni (21,1%) e i media (17,7%). E' quanto emerge dalla più recente edizione dell'Industry Forecast, le previsioni economiche-finanziarie e sul rischio di credito di oltre 200 settori dell'economia italiana, di Cerved, primario operatore in Italia nell'analisi del rischio del credito. La ricerca analizza lo scenario macroeconomico per elaborare previsioni sul rischio di credito e sui bilanci di singole imprese, settori produttivi e aree geografiche. 

In questa edizione, però, il report comprende anche una simulazione degli effetti di uno scenario macroeconomico recessivo, per cui si è considerato lo stress test realizzato dalla European banking authority (Eba) all'inizio di quest'anno con l'obiettivo di verificare la tenuta dei conti delle maggiori banche europee nel caso di un nuovo shock economico. Cerved ha stimato l'impatto dello scenario di stress Eba sui settori dell'economia italiana, confrontando i risultati con quelli delle previsioni dello scenario base. Da questa simulazione è emerso che, in caso di una nuova recessione economica, simile a quella del 2008, l'impatto sui conti delle imprese italiane sarebbe negativo in quasi tutti i settori economici. Soltanto largo consumo, hi tech, chimico-farmaceutico e servizi registrerebbero una crescita dei ricavi nel prossimo triennio, mentre tutti gli altri arriverebbero al 2020 con un saldo negativo, con perdite particolarmente rilevanti nei settori metallurgia (-13,1% rispetto allo scenario base) e automotive (-9,3%). Secondo le previsioni di Cerved su dati Istat, Imf e Bce, il prossimo triennio vedrà una crescita modesta del pil, pari all'1,3% annuo, e un aumento sostenuto degli investimenti, con ritmi stabilmente sopra al 2% fino al 2019, e delle esportazioni, oltre il 3%, mentre rimarranno fiacchi i consumi interni, con la domanda delle famiglie che crescerà a ritmi molto modesti. 

 Secondo i modelli di Cerved, in base a questo scenario macroeconomico, i ricavi delle imprese italiane sono previsti in crescita a un tasso medio annuo del 4,4%. La crescita sarà più intensa nella metallurgia (+7%), grazie alla ripresa dei prezzi delle materie prime, nell'automotive (+6,5%), spinta dal buon andamento della domanda interna, nella logistica (5,5%), trainata dalla ripresa dei consumi e dall'incremento dell'ecommerce, e nell'energia e utility (5,3%), su cui avrà un impatto positivo la risalita del prezzo del petrolio. Se si guarda agli oltre 200 settori merceologici analizzati, invece, la crescita risulterà più sostenuta nell'ecommerce (+15,7%), tra le società che gestiscono aeroporti (+13,7%) e nella cantieristica (+13,6%). Una decisa accelerazione, a un ritmo anche più sostenuto rispetto ai ricavi (+5,2% in media tra 2017 e 2020), riguarderà anche i margini, e consentirà di ridurre l'impatto della contemporanea crescita dei debiti e degli oneri finanziari, abbassandone rispettivamente l'incidenza da un multiplo pari a 3,8 a uno pari a 3,5 e dal 13,6% al 12,7%. Rimarranno, tuttavia, ampie differenze settoriali, con un'incidenza ancora elevata degli oneri nelle costruzioni (21,1%), nel comparto informazione-comunicazione (17,7%), nell'agricoltura (in cui l'indice è previsto in aumento, dal 17,2% al 17,3%) e nell'automotive (17,3%).

I settori con le situazioni più critiche saranno riconducibili alle costruzioni, in particolare cemento e calce (con gli oneri che pesano per l'86% dei margini), prodotti in terracotta per l'edilizia (81%) e impianti fotovoltaici (74%). Chimico-farmaceutico (6,2%), hi tech (7,5%) e metallurgia (7,5%), sono invece i macrosettori con gli oneri finanziari più sostenibili. Applicando i modelli Cerved allo scenario macroeconomico recessivo formulato da Eba è stato possibile simulare l'impatto di una eventuale nuova recessione sui conti delle imprese e prevedere quali settori avrebbero le ripercussioni più negative e quali invece sarebbero più resilienti. Lo scenario ipotizza una situazione simile a quella del 2008, con una crisi di fiducia dei mercati finanziari che produrrebbe un deciso aumento dei tassi di interesse e una stretta creditizia. Gli impatti sull'economia reale sarebbero particolarmente pesanti sotto diversi punti di vista: una brusca contrazione della domanda mondiale e quindi dell'export, un crollo degli investimenti e del mercato immobiliare, una caduta dei prezzi delle materie prime con effetti particolarmente negativi sui settori produttori e distributori. 

In uno scenario del genere, la maggior parte dei settori monitorati farebbe registrare una perdita del fatturato tra il 2017 e il 2020: solo largo consumo (+0,8%), hi tech (+0,4%), chimico-farmaceutico (+0,2%) e servizi (+0,2%), farebbero registrare un segno positivo nel triennio. Metallurgia e automotive sarebbero invece i comparti più penalizzati, con una perdita rispetto allo scenario baseline di 13,1 e di 9,3 punti percentuali. Fra i microsettori, invece, i più colpiti sarebbero le agenzie immobiliari (con il 30,3% in meno di ricavi), la cantieristica (-28,6%) e la siderurgia (-26,9%). Dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, uno scenario come quello ipotizzato da Eba comporterebbe effetti particolarmente negativi per le costruzion. Solo due settori, hi tech e chimico-farmaceutico, manterrebbero l'incidenza degli oneri finanziari al di sotto del primo quartile 2017 (quindi sotto il 9%, rispettivamente 8,7% e 7%), mentre energia e utility e distribuzione (entrambi al 16,9%) vedrebbero aumentare il tasso da un livello compreso fra il primo e il terzo quartile (9%-16%) a uno superiore al terzo quartile 2017 (oltre il 16%). Costruzioni e mezzi di trasporto sarebbero i settori che, nello scenario stressato, presenterebbero le situazioni più delicate, perché con debiti meno sostenibili e minore resilienza rispetto a un deterioramento della congiuntura economica. Per le costruzioni, ciò sarebbe accompagnato dall'elevato numero di società fragili, con alta probabilità di default. 

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Olio di oliva, +135% di produzione in Italia quest’anno

La produzione mondiale 2017/2018 dell'olio di oliva, secondo le ultime stime del COI, si è attestata abbondantemente sopra i tre milioni di tonnellate (+30% rispetto alla campagna precedente) raggiungendo un risultato certamente inaspettato prima dell'inizio delle moliture. Tirando le somme, a frantoi ormai chiusi, l'Italia ha realizzato una produzione di circa 429 mila tonnellate, +135% rispetto alle 182 mila tonnellate dell'anno prima. Questo è il risultato di una crescita importante soprattutto nelle regioni del Sud a partire dalla Puglia che, stando a dati ancora provvisori, sembra aver superato la soglia delle 200 mila di tonnellate. Anche per Sicilia e Calabria si è tornati su livelli normali, così come in Abruzzo. Nel Centro Italia, soprattutto in Toscana e Umbria, la crescita è stata particolarmente contenuta perché la siccità ha limitato fortemente il recupero rispetto all'anno precedente. È andata decisamente meglio nel Lazio e nelle Marche. A livello di prezzi, La tendenza flessiva ha investito anche l'Italia. Nei primi sette mesi dell'anno la riduzione media dei listini dell'extravergine è stata pari al 29%, passando dai 5,86 euro al chilo come media di gennaio-luglio 2017 ai 4,18 euro dello stesso periodo del 2018. E' ancora molto presto per azzardare stime numeriche ma, nel frattempo, l'Ismea ha fatto una prima ricognizione sullo stato degli oliveti. Peseranno i danni da gelate sia nel Nord della Puglia che nel Centro Italia e a questo si aggiunge che il clima si questi ultimi tempi con piogge frequenti e caldo umido tiene alta l'attenzione dei produttori rispetto agli attacchi di mosca.

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Dimezzati gli alberghi all’asta

Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è diminuito del 41,9% in sei mesi: le procedure in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, motel, campeggi e simili sono infatti 121, a fronte delle 208 individuate lo scorso gennaio. Si tratta del secondo calo consecutivo della quota di complessi in vendita forzata. Il comparto, dunque, è tornato a muoversi stabilmente nella stessa direzione di quello residenziale, in questo caso con percentuali di decremento ancora più decise. Lo riferisce il Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, si evidenzia come tutte le macroregioni abbiano registrato una sensibile diminuzione. Il Nord è passato da 61 a 40 (-34,5%), il Centro da 55 a 35 (-36,4%), il Sud da 47 a 29 (-38,3%) e le Isole addirittura da 45 a 17 (-62,3%, una variazione praticamente doppia rispetto a quelle delle altre aree geografiche del Paese). La Toscana si conferma la regione italiana con il più alto numero di strutture all'asta, 17, seguita dal Lazio (16) e dall'Emilia-Romagna (13). In doppia cifra anche la Campania (12) e la Sicilia (10), mentre in fondo alla graduatoria si trovano Calabria e Umbria che non presentano attualmente vendite forzate. A livello di province, invece, comandano Frosinone e Rimini con 10 strutture turistico-ricettive all'incanto: il dato è l'unico a cifra doppia nel panorama nazionale. A seguire troviamo Salerno con 7, Trento con 6 e, tutte a quota 4, Arezzo, Grosseto, Palermo e Pescara. 

Costante in tutte le rilevazioni, anche se con percentuali minori rispetto al solito, la grande incidenza nel dato complessivo delle realtà imprenditoriali di dimensioni contenute: il 54,6% dei complessi turistico-ricettivi finiti all'asta ha un prezzo inferiore al milione di euro, a conferma che a pagare dazio negli anni della crisi sono state più spesso le attività medio-piccole. Ha però preso più consistenza la fetta rappresentata dalle strutture più pregiate, il cui numero si è mantenuto costante rispetto a sei mesi fa: sono rimaste 27, ma adesso rappresentano il 22,4%. Questo dato può significare che, anche a fronte di prospettive economiche meno fosche se paragonate al recente passato, chi aveva disponibilità finanziarie ha scelto di effettuare investimenti su strutture di tipologia più contenuta, senza avventurarsi in acquisizioni più impegnative. "La conferma dell'arretramento delle vendite forzate nel settore turistico-ricettivo ha un suo peso specifico rilevante - spiega l'ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro Studi -, anche se le tempistiche delle vendite immobiliari forzate non sono sovrapponibili agli scenari economico-finanziari attuali, poiché scaturiscono come reazione a problematiche sorte in precedenza. A differenza di quanto rilevato a inizio anno, si tratta di una tendenza positiva che tocca praticamente tutti i territori: il fatto che il panorama imprenditoriale storicamente più solido del Paese dia consistenti segnali di ricomposizione va accolto con soddisfazione". 

immagine di repertorio

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Calano gli  incidenti stradali, ma si registrano più morti

Diminuiscono gli incidenti stradali, ma si incrementa il numero dei morti durante gli scontri tra auto e moto o gli investimenti di pedoni sulle strade italiane, dove c'è sempre più distrazione alla guida e velocità troppo elevata. Il mese di agosto è quello dove si registrano gli episodi più gravi. Non confortano i numeri dell'Istat relativi al 2017, anno che ha visto 174.933 incidenti stradali con feriti, in leggero calo rispetto al 2016, mentre il numero dei morti purtroppo sale al +2,9% dopo la riduzione registrata lo scorso anno. Tra le vittime sono in aumento i pedoni (+5,3%) e soprattutto i motociclisti (+11,9%) mentre risultano pressoché stabili gli automobilisti(1.464, -0,4%). In calo le vittime tra i ciclisti (-7,6%) e chi guida il motorino -(20,7%). Secondo l'Istat gli incidenti e i feriti registrano una lieve diminuzione (-0,5% e -1,0%). Stabile il numero dei feriti gravi: sulla base dei dati di dimissione ospedaliera nel 2017 sono stati 17.309, più o meno come nel 2016 (-0,1%). Il rapporto tra feriti gravi e deceduti è sceso a 5,1 da 5,3 dell'anno precedente. Il numero di morti è aumentato soprattutto sulle autostrade e sulle strade extraurbane (296 e 1.615 morti; +8,0% e +4,5% sull'anno precedente). Un aumento più contenuto si registra, invece, sulle strade urbane (1.467 morti; +0,3%). In base alle stime del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il costo sociale totale per gli incidenti stradali con lesioni a persone, è di circa 19,3 miliardi di euro, pari all'1,1% del Pil nazionale. "La carenza di sicurezza stradale è una piaga sociale, anche perché i costi sociali del fenomeno sfiorano ormai i 20 miliardi di euro, ben oltre un punto di Pil", ha osservato il ministro delle infrastrutture e trasporti Danilo Toninelli. Il ministro oggi ha annunciato un pacchetto "strade sicure" che "innanzitutto protegge i ciclisti". "Siccome gli incidenti su strade urbane incidono enormemente sul totale, parliamo di oltre 130 mila casi su un totale di poco meno di 175 mila - ha spiegato - il Governo e questo ministero hanno messo a punto proprio partendo dalle città una serie di provvedimenti che ridurranno fortemente gli incidenti e le lesioni". Tra le prime cause degli incidenti, vi sono la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza o del semaforo e la velocità troppo elevata (nel complesso il 40,8% dei casi). I mesi estivi si confermano il periodo con il maggior numero di incidenti stradali e vittime, in particolare maggio, giugno e luglio, con picchi di oltre 16mila sinistri e 300 vittime per ogni mese. Agosto è il periodo in cui si verificano gli incidenti più gravi, con 2 morti ogni 100 incidenti. Le violazioni al Codice della Strada più sanzionate risultano l'eccesso di velocità, il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l'uso di telefono cellulare alla guida. Nel 2017 le prime iscrizioni di veicoli aumentano del 7% rispetto all'anno precedente mentre il parco veicolare cresce dell'1,7%. Le percorrenze autostradali sulla rete in concessione crescono del 2,2% rispetto al 2016, con quasi 84 miliardi di km percorsi. 

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Codacons, le vacanze più care del 7 per cento

A parità di servizi e consumi, le vacanze estive 2018 costeranno agli italiani il 7% in più rispetto al 2017. Lo rileva il Codacons, che ha condotto uno studio sui rincari di prezzi e tariffe che interessano il comparto turistico nel nostro paese.Quest’anno le vacanze estive risultano particolarmente 'salate' per i cittadini, con i listini che registrano sensibili incrementi in tutti i settori, un fenomeno che non si registrava da anni - spiega il presidente Carlo Rienzi - A dare il via ai rincari è stato senza dubbio il caro-carburante, che oramai da mesi sta provocando tensioni nei prezzi specie nel comparto dei trasporti determinando un effetto domino su beni e servizi.
Analizzando le principali voci che compongono le vacanze estive, emerge l’incremento dei prezzi dei biglietti aerei che sfiora il +20% rispetto all’estate del 2017, determinando una maggiore spesa per chi si reca all’estero - afferma il Codacons - Stangata anche sui rifornimenti di carburante per chi raggiunge le località di villeggiatura in auto, con il gasolio che costa oggi il 13,2% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e la benzina che vola a +9,7% sul 2017.Più elevati i listini delle strutture ricettive, per le quali i rincari vanno dal +3% degli alberghi al +3,5% dei villaggi vacanza e campeggi. I classici servizi in spiaggia (ingressi, stabilimenti balneari, parcheggi, ecc.) costano nel complesso il 3,2% in più rispetto alla scorsa estate. Ma non finisce qui: sarà più dispendioso mangiare, con il settore della ristorazione che registra aumenti medi del 2%, e divertirsi, con il comparto svago che aumenta del +1,2%.

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Nel 2016 entrate complessive Comuni in calo del 6,1 per cento

Nel 2016 le entrate complessive accertate delle amministrazioni comunali, pari a 81,325 miliardi di euro, sono diminuite del 6,1% rispetto al 2015. Lo riferisce Istat, spiegando che anche le spese impegnate dai Comuni si sono ridotte perdendo il 5,6% e attestandosi a 78,809 miliardi. Il capitolo di spesa più consistente è rappresentato dall'acquisto di beni e servizi, che incide per il 37% sul totale, seguito dai redditi da lavoro dipendente (17,7%) e dagli investimenti (12,6%). Il grado di autonomia impositiva dei Comuni è pari al 62,8%, in lieve diminuzione rispetto al 2015 (-0,5 punti percentuali). E' invece aumentata di 2,1 punti percentuali la capacità di riscossione (73,8%). Il grado di dipendenza da amministrazioni centrali, prosegue l'istituto di statistica, risulta pari al 5,3%, mentre il grado di dipendenza da amministrazioni locali è al 9,9%. I Comuni del Molise sono quelli che dipendono in misura maggiore dalle amministrazioni centrali (13,2%), i Comuni del Friuli-Venezia Giulia da quelle locali (44,2%). Le spese correnti impegnate dai Comuni ammontano a 54,2 miliardi, corrispondenti a un importo pro capite di 895 euro, coperte con 61,363 miliardi di entrate correnti (1.013 euro per abitante). Nei Comuni della Valle d'Aosta si registra la spesa pro capite più elevata (1.927 euro), mentre in quelli della Puglia la più bassa (694 euro). Nel 2016 l'ammontare complessivo delle entrate accertate delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane risulta pari a 9.537 milioni di euro (-3,7% rispetto all'esercizio precedente). Le spese complessive impegnate dalle amministrazioni provinciali e dalle Città metropolitane per l'anno 2016 sono pari a 10,115 miliardi (-1,6% rispetto al 2015), quasi completamente coperte dai 9,537 miliardi di entrate. Le spese correnti rappresentano il 77,8% del totale. Il 30% delle spese correnti delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane è destinato agli acquisti di beni e servizi. I redditi da lavoro dipendente rappresentano il 17,3% e la loro l'incidenza rispetto alle entrate correnti è del 16,9%. La spesa per abitante delle amministrazioni provinciali e delle Città metropolitane raggiunge il livello più elevato nelle province della Basilicata (270 euro) e quello più basso in Sicilia (97 euro). 

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Istat, produzione nelle costruzioni in calo dello 0,2%

A maggio 2018 l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni e' diminuito dello 0,2% rispetto al mese precedente. Lo ha reso noto l'Istat, informando che, nella media del trimestre marzo-maggio, il calo congiunturale e' stato del 2,2%. Su base annua, invece, a maggio sia l'indice della produzione nelle costruzioni corretto per gli effetti di calendario, in quanto i giorni lavorativi sono stati 22 come a maggio 2017, e sia l'indice grezzo sono risultati stazionari. Nei primi cinque mesi del 2018, l'indice della produzione nelle costruzioni, elaborato su dati corretti per effetti di calendario, ha mostrato una crescita tendenziale dello 0,5%. (

 "La contenuta flessione registrata a maggio, manifestatasi peraltro in un contesto metereologico non favorevole - ha commentato l'Istat -, conferma il complessivo rallentamento congiunturale dell'attivita' riscontrato a partire da febbraio 2018, con l'eccezione del mese di aprile". "In termini tendenziali - ha aggiunto - , nonostante il parziale recupero degli ultimi due mesi, la stazionarieta' potrebbe segnalare problemi di tenuta della debole fase espansiva che aveva contrassegnato l'ultimo periodo del 2017 e l'inizio del 2018"

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Cnel: restano elevati i tempi dei pagamenti dei debiti a fornitori della P.A.

"Sensibili progressi si registrano nei ritardi dei tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche che restano comunque elevati. A prima vista, da una media di 180 giorni (anzi che i 90 previsti nei contratti) nei confronti dei propri fornitori, a 95 nel 2017, una riduzione del 47% in poco meno di sei anni. La tendenza al miglioramento sembra tuttavia essersi interrotta". E' quanto emerge dalla relazione annuale del Cnel sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai citta. Resta "molto critico tutto il comparto sanitario. L'Italia resta tuttavia tra i cattivi pagatori nella classifica europea, con punte di ritardo nel settore sanitario e in alcune regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia). Nella classifica dei 500 migliori pagatori della P.A. stilata dal Mef le regioni più virtuose (o meno viziose) sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana".

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Frena l’export italiano a maggio

Frena l'export italiano a maggio, dopo due mesi di aumenti congiunturale. Nel dettaglio, l'Istat stima un calo delle esportazioni dell'1,6% su base mensile, mentre le importazioni registrano un aumento dello 0,8%. La flessione dell'export su base annua e' pari a -0,8% e coinvolge esclusivamente l'area extra Ue (-2,8%) mentre per i paesi Ue si registra una crescita (+0,7%). Il surplus commerciale diminuisce di circa un miliardo di euro (da 4,344 miliardi a maggio 2017 a 3,378 miliardi a maggio 2018). Il saldo nei primi cinque mesi e' positivo per 13,895 miliardi, che salgono a 29,644 al netto dei prodotti energetici.

Tra i settori che contribuiscono in misura piu' rilevante alla diminuzione tendenziale dell'export nel mese di maggio, si segnalano autoveicoli (-10,0%), macchinari e apparecchi n.c.a (-3,0%), articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti. medici e altri prodotti n.c.a. (-7,8%) e sostanze e prodotti chimici (-4,2%), mentre nello stesso mese contribuiscono positivamente i prodotti petroliferi raffinati (+14,1%) e gli articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (+5,1%). Su base annua, i paesi che contribuiscono maggiormente al calo delle esportazioni sono paesi Opec (-16,6%), Turchia (-11,3%), Belgio (-6,8%), Russia (-10,7%) e Cina (-5,7%). Nel periodo gennaio-maggio 2018, la crescita tendenziale dell'export e' pari al 3% ed e' principalmente determinata da metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+6,4%), prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori (+3,6%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+4,9%) e articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+4,7%). L'indice dei prezzi all'importazione aumenta a maggio dello 0,6% su aprile e del 2,3% su base annua. Al netto dei prodotti energetici, l'indice diminuisce dello 0,1% in termini congiunturali e dello 0,4% in termini tendenziali. 

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