L’Osservatorio

Banche, Fabi: Solo 14,2 miliardi di aiuti di Stato, Italia tra migliori in Europa

Le banche italiane sono state salvate dai lavoratori, mentre nel resto d'Europa il settore è stato sostenuto soprattutto dagli aiuti pubblici, con record in Germania e Spagna. Nel confronto internazionale, il nostro Paese è in coda alla classifica per il sostegno dello Stato: in totale sono stati impiegati 14,2 miliardi di euro di denaro pubblico che hanno inciso molto poco sia sul rapporto debito/pil (+0,3%) sia sul debito pubblico (+1%). L'impatto risulta modesto rispetto agli altri paesi dell'area euro: l'aumento del debito calcolato in percentuale di Pil si è infatti attestato all'1,3% in Italia, al 5,9% in Germania, al 4,4% in Spagna e al 4,6%, in generale, nella media dell'eurozona. Questi i dati principali di una analisi della Fabi, Federazione autonoma bancari italiani, diffusa con un video sui social network. Una indagine secondo la quale le aziende bancarie del nostro Paese sono state aiutate dal contributo determinate delle lavoratrici e dei lavoratori oltre che dalla forza del sindacato, che hanno permesso al settore di risparmiare circa 3 miliardi. Il fact checking della Fabi, realizzato anche con dati dell'ultima relazione della Banca d'Italia, spiega l'incidenza del denaro pubblico nella risoluzione delle crisi bancarie. In Italia, i soldi dello Stato sono stati impiegati negli aumenti di capitale e per ridurre le sofferenze, cioè i prestiti non rimborsati dai clienti: in totale, 14,2 miliardi. Ecco i dettagli: 6,4 miliardi per due liquidazioni (Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza), 5,4 miliardi per una ricapitalizzazione precauzionale (Monte dei Paschi di Siena) e 2,4 miliardi per quattro operazioni di risoluzione (Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti). Ben più consistente l'apporto di risorse da parte dei privati: investitori e risparmiatori hanno contribuito al risanamento del settore e ai salvataggi con circa 50 miliardi. 

Inoltre, sulla riduzione dei costi le banche italiane mostrano un'efficienza che le rende tra le migliori in Europa. Per quanto riguarda il cost/income, uno dei principali indicatori dell'efficienza gestionale di una banca (minore è il valore, maggiore è l'efficienza della banca e quindi la redditività), nel confronto internazionale l'Italia (65%) risulta in perfetta media europea (65,7%), più virtuosa di Germania (86%), Francia (70%), Svizzera (80%). Lo Stato italiano è intervenuto meno perché le banche sono state salvate dal contributo determinante delle lavoratrici e dei lavoratori oltre che dalla forza del sindacato. Basti pensare che mentre in Europa sono stati fatti licenziamenti selvaggi (328.000 posti di lavoro persi), da noi, ci sono state solo uscite volontarie e incentivate grazie al Fondo di solidarietà, pagato anche dai lavoratori. Uscite morbide, quindi, che in ogni caso hanno contribuito ad alleggerire i costi del settore, ma senza traumi. Dal 2010, inizio della crisi, sono usciti dal mondo delle banche circa 40.000 lavoratori facendo risparmiare alle banche circa 3 miliardi di costo del lavoro (oltre il 10%). Contemporaneamente, attraverso il Fondo per l'Occupazione, finanziato solo dai bancari, sono stati assunti 17.655 giovani. Nel 2018 gli utili delle banche italiane supereranno i 10 miliardi (previsioni Fabi supportate dal consensus degli analisti finanziari) e nel 2019 saranno pari a 12,3 miliardi. Gli effetti positivi del ritorno agli utili andranno toccati con mano anche dai lavoratori. Più utili alle banche si traducono in più dividendi agli azionisti: ne consegue che la Fabi chiederà aumenti economici ai lavoratori. Nel prossimo contratto i banchieri non potranno ignorare le richieste del sindacato. 

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Esportazioni in calo nel primo trimestre

Nel primo trimestre 2018 si stima una flessione congiunturale delle esportazioni in tutte le ripartizioni territoriali, dopo due trimestri consecutivi di diffusa crescita: -4,6% per il Nord-est, -4,4% per il Mezzogiorno e Isole, -1,8% per il Centro e -0,3% per il Nord-ovest.

Nel periodo gennaio-marzo 2018 la crescita tendenziale dell’export si conferma ampia per il Nord-ovest (+5,3%), Nord-est (+4,0%), Mezzogiorno (+3,9%) e Isole (+3,3%) e solo lievemente positiva per il Centro (+0,5%).

Nei primi tre mesi del 2018, tra le regioni più dinamiche all’export su base annua, si segnalano Calabria (+34,3%), Valle d’Aosta (+19,2%), Sicilia (+9,5%) e Campania (+8,3%) con un contributo complessivo alla crescita tendenziale dell’export nazionale pari a 0,5 punti percentuali; di rilievo la performance della Lombardia (+7,9%) che contribuisce da sola per 2,1 punti percentuali alla crescita complessiva.

Nel primo trimestre 2018 le vendite di mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi, e di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, dalla Lombardia e di articoli farmaceutici da Lombardia e Toscana contribuiscono alla crescita tendenziale dell’export nazionale per 1,4 punti percentuali.

Un impulso positivo alla crescita dell’export nazionale su base annua proviene dalle vendite di Lombardia verso Polonia (+45,9%), Francia (+8,6%), Germania (+5,9%), Svizzera (+14,7%) e Cina (+16,4%).

Nel dettaglio provinciale, si segnalano le performance di Milano, Varese, Asti, Brescia, Bergamo e Treviso che contribuiscono positivamente all’export nazionale nei primi tre mesi dell’anno.

Le stime territoriali prodotte per il primo trimestre 2018 incorporano le misure di semplificazione previste per gli scambi di merci intra Ue da gennaio 2018 nonché recepiscono il nuovo assetto delle province per la Sardegna. Si rimanda alla Nota Metodologica per ulteriori informazioni.

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Istat, produzione industriale -1,2% ad aprile

Ad aprile 2018 si stima che l'indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell'1,2% rispetto a marzo. Nella media del trimestre febbraio-aprile la produzione è diminuita dello 0,7% sul trimestre precedente. Lo rende noto l'ISTAT. L'indice destagionalizzato mensile mostra una crescita congiunturale solo nel comparto dei beni strumentali (+0,7%); diminuiscono invece tutti gli altri raggruppamenti: energia (-4,8%), beni di consumo (-1,3%) e beni intermedi (-1,1%). Corretto per gli effetti di calendario, ad aprile 2018 l'indice è aumentato in termini tendenziali dell'1,9% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 18 di aprile 2017). Nella media dei primi quattro mesi la produzione è aumentata del 3,1% su base annua. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano ad aprile 2018 un'ampia variazione tendenziale positiva nel comparto dei beni strumentali (+5,6%); in misura più lieve crescono anche i beni di consumo (+1,7%) mentre variazioni negative segnano i beni intermedi (-0,7%) e l'energia (-0,6%). I settori di attività economica che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+11,1%), della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+8,3%) e della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a (+6,8%). Le diminuzioni maggiori si registrano invece nei settori dell'industria del legno, della carta e stampa (-4,1%), della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-4,0%) e della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-1,9%). Nel mese di aprile la produzione industriale registra una battuta d'arresto tornando sui livelli destagionalizzati di febbraio 2018. Nello stesso mese flessioni mensili si registrano anche per alcuni grandi paesi europei come Germania e Spagna. Su base annua, la media dei primi quattro mesi del 2018 del dato corretto per gli effetti di calendario resta ampiamente positiva (+3,1%). I beni strumentali continuano a crescere, con incrementi sia su base annua (+5,6%) sia rispetto a marzo (+0,7%) cumulando una crescita tendenziale pari a quasi il 5% da inizio anno

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Rapporto Bankitalia, 91 milioni di stranieri hanno visitato il Bel Paese nel 2017

Sono 91 milioni gli stranieri che hanno visitato l'Italia lo scorso anno, il 6% in più che nel 2016. Le vacanze nelle città d'arte e culturali si sono confermate la tipologia più diffusa e con il peso più elevato nella spesa degli stranieri ma è proseguita la ripresa dei soggiorni balneari. La crescita della spesa turistica dall'estero ha riguardato tutte le regioni, soprattutto il Sud e il Centro.

Nel 2017 i flussi in entrata e in uscita sono aumentati rispetto al 2016, in termini sia di viaggiatori sia di spesa. L'avanzo della bilancia dei pagamenti turistica è salito allo 0,9% del Pil (da 0,8 nel 2016) grazie al marcato incremento delle entrate (la spesa degli stranieri in Italia). Queste ultime (39,2 miliardi nel 2017, pari al 2,3% del Pil) sono aumentate a un tasso (7,7%) più che doppio rispetto a quello delle entrate mondiali da turismo internazionale, con una ricaduta positiva sulla quota di mercato dell'Italia. Dopo un decennio di stagnazione, anche la spesa dei viaggiatori italiani all'estero è aumentata (8,9%), insieme al numero dei viaggiatori e dei pernottamenti; nel 2017 è stata pari all'1,4% del Pil.

L'ITALIA QUINTA NEL MONDO - Nel 2017 le entrate mondiali da turismo internazionale sono state di 1.156 miliardi di euro, in crescita del 3,5% rispetto al 2016. Gli Usa si confermano il paese con le entrate più elevate (180,3 miliardi), con una quota mondiale del 15,6%. Seguono Spagna (60,2 miliardi) e Francia (53,7 miliardi) mentre l'Italia è quinta con 39,2 miliardi, corrispondenti a una quota di mercato sulle entrate turistiche mondiali del 3,4%. La Francia resta la meta più visitata (89,8 milioni di arrivi) seguita da Spagna e Stati Uniti (81,8 e 73,0 milioni). Anche per numero di visitatori l'Italia è quinta.

SURPLUS VIAGGI INTERNAZIONALI DELL'ITALIA SUPERIORE ALLA MEDIA EUROPEA - Nel confronto tra i quattro maggiori paesi dell'area dell'euro, nel 2017 il surplus della bilancia turistica dell'Italia in rapporto al Pil è risultato inferiore, come nell'anno precedente, solo a quello della Spagna; è stato superiore a quello medio dell'Ue e dell'area dell'euro. Le entrate da turismo internazionale in Italia sono state pari al 2,3 per cento del Pil, un livello appena inferiore alla media della Ue e dell'area dell'euro (2,5%).

AUMENTANO VIAGGIATORI STRANIERI, TEDESCHI UN SESTO DEL TOTALE - Nel 2017 la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia è aumentata del 7,7% rispetto al 2016, superando i 39 miliardi. I visitatori provenienti dall'area dell'euro, che storicamente concorrono in modo significativo alle entrate turistiche complessive dell'Italia (oltre il 40%), hanno fornito il principale contributo alla crescita nel 2017, aumentando dell'11,3%. La Germania, insieme a Usa e Francia, continua a essere il maggior importatore di servizi turistici dall'Italia: le spese dei turisti tedeschi nel nostro paese sono cresciute di quasi il 15% lo scorso anno, seconde solo a quelle dei canadesi. La Germania ha rappresentato nel 2017 il principale paese di provenienza anche in termini di numero di visitatori. 

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Tempi medi di pagamento della pubblica amministrazione a 104 giorni

Tornano ad aumentare i tempi medi di pagamento della pubblica amministrazione alle imprese. Lo rileva l'ufficio studi della Cgia sottolineando che se nel 2017 il compenso veniva corrisposto dopo 95 giorni dall'emissione della fattura - contro i 30 stabiliti dalla normativa europea che possono salire a 60 per alcune tipologie di forniture, come quelle sanitarie - nell'anno in corso la media e' salita a 104 giorni. E rispetto alla media europea, in Italia i ritardi sono superiori di oltre due mesi (precisamente 63 giorni). In Spagna e in Francia ci vogliono rispettivamente 56 e 55 giorni per liquidare i fornitori. In Germania, invece, il dato e' salito a 33 giorni, mentre nel Regno Unito si e' attestato a 26. "Siamo maglia nera in Ue e nonostante le promesse fatte in questi ultimi anni - dichiara Paolo Zabeo coordinatore dell'Ufficio studi - gli enti pubblici continuano a liquidare i propri fornitori con ritardi inammissibili, mettendo in seria difficolta' soprattutto le imprese di piccola dimensione che, da sempre, sono sottocapitalizzate e a corto di liquidita'. E sebbene da almeno tre anni chi lavora per il pubblico ha l'obbligo di emettere la fattura elettronica, ancora adesso il sistema informatico messo a punto dal ministero dell'Economia non e' in grado di stabilire a quanto ammonta complessivamente il debito commerciale della nostra Pa; una situazione surreale". Dalla Cgia ricordano che a seguito di questa situazione nel dicembre scorso la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Unione a causa del sistematico mancato rispetto delle disposizioni europee contro i ritardi di pagamento. Secondo gli ultimi dati riportati dalla Banca d'Italia nella relazione annuale 2017, lo stock di debiti commerciali in capo all'amministrazione pubblica italiana sarebbe sceso da 64 a 57 miliardi di euro. E in attesa che il ministero dell'Economia riesca a dimensionarli con esattezza, si stima, al netto della quota riconducibile ai ritardi fisiologici (ovvero entro i 30/60 giorni come previsto dalla legge), che le imprese fornitrici vanterebbero circa 30 miliardi di crediti dalla Pa

 La Cgia ricorda inoltre che dall'inizio del 2015 ha fatto il suo debutto lo split payment. Questa misura obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal 1 luglio 2017 anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l'Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all'Erario. L'obbiettivo e' stato quello di contrastare l'evasione fiscale, ovvero, evitare che una volta incassata dal committente pubblico, le aziende fornitrici, che secondo Banca IFIS nel 2017 sono state circa 1 milione, non la versino al fisco. "La nostra Pa - afferma il segretario della CGIA Renato Mason - non solo paga con un ritardo inaudito e quando lo fa non versa piu' l'Iva al proprio fornitore. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell'Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidita' per fronteggiare i pagamenti correnti. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto in questi ultimi anni, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime piccole aziende". Stando alle informazioni rese note dalla Ragioneria Generale dello Stato, attualmente il ministero dell'Economia ha informazioni solo sul 70 per cento circa dell'importo complessivo saldato ogni anno dalla Pa che si aggira attorno ai 160 miliardi di euro. Pertanto, ben 48 miliardi di pagamenti ancora adesso non transitano attraverso la piattaforma informatica. Pur essendo costretti a imporre per legge la fattura elettronica ai propri fornitori, moltissimi enti pubblici (almeno il 40 per cento del totale) utilizzano mandati di pagamento cartacei, non consentendo al ministero dell'Economia di certificare i ritardi e le somme non ancora liquidate. 

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Sanità, gli italiani spendono 40 miliardi di euro di tasca propria per i farmaci

Per i farmaci gli italiani spendono 40 miliardi di euro di tasca propria ogni anno, spesa che ha visto nel periodo 2013-2017 un aumento del 9,6%. Lo rileva il rapporto Censis-Rbm. Si tratta delle spese per la salute, incluse quelle per cui non è previsto il rimborso del servizio sanitario.
Nel solo 2017 gli italiani hanno pagato di tasca propria 150 milioni in esami e visite mediche non rimborsate dal Servizio sanitario. Una spesa che ha costretto 7 milioni di persone a indebitarsi per pagare le cure e 2,8 milioni sono stati costretti a svincolare i propri investimenti o, addirittura, a vendere casa.
La spesa sanitaria privata era di 37,3 miliardi lo scorso anno.
Nel periodo 2014-2016 i consumi delle famiglie operaie sono rimasti fermi (+0,1%), ma le spese sanitarie private sono aumentate del 6,4%(in media 86 euro in più nell'ultimo anno per famiglia).
Per gli imprenditori c'è stato invece un forte incremento dei consumi (+6%) e una crescita inferiore della spesa sanitaria privata (+4,5%: in media 80 euro in più nell'ultimo anno).
Il 54,7% degli italiani è convinto che non si hanno più opportunità di diagnosi e cura uguali per tutti e i più arrabbiati verso il Servizio sanitario sono le persone con redditi bassi (43,3%) e i residenti al Sud (45,5%).

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Transazioni immobiliari +2,1% nel IV trimestre, +5,6% annuo

Nel IV trimestre 2017 le convenzioni notarili di compravendite o relative ad atti traslativi a titolo oneroso per unità immobiliari (pari a 214.044) crescono del 2,1% rispetto al trimestre precedente (+2,5% il settore dell'abitativo e -3,1% il comparto economico). Lo rileva l'Istat, segnalando che, per il complesso delle transazioni immobiliari, l'incremento congiunturale interessa il Nord-est (+4,7%), il Sud (+2,2%), il Nord-ovest (+2,1%) e il Centro (+1,5%), mentre sono in flessione le Isole (-3,4%). Il settore dell'abitativo segue sostanzialmente lo stesso andamento di quello generale, mentre il comparto economico segna valori negativi nel Nord-ovest (-9,6%), nel Sud (-7,3%) e nelle Isole (-5,2%).Su base annua, invece, le transazioni immobiliari aumentano complessivamente del 5,6% (il settore dell'abitativo +5,6% e il comparto economico +6,5%). Per il complesso delle convenzioni notarili, l'aumento interessa il Sud (+7,8%), il Nord-est (+6,3%), il Nord-ovest (+6,2%) e il Centro (+4,5%). Si riscontra sia nelle città metropolitane sia nei piccoli centri: per l'abitativo rispettivamente +4,3% e +6,7%, per l'economico +4,7% e +7,8%.

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Un milione di badanti in nero in Italia

L'Italia è un Paese destinato ad invecchiare sempre di più ma solo una famiglia su cinque che ha in casa una persona con limitazioni funzionali usufruisce di servizi pubblici a domicilio. Oltre il 70% non fa affidamento ad alcun aiuto, né pubblico né privato. E' allarmante, a tal proposito, il dato dei lavoratori fantasma, con un milione di badanti a nero. E' il quadro che emerge dall' analisi dei dati diffusi da Confcooperative Federsolidarietà durante l'assemblea di oggi a Roma.

SPESA DEI COMUNI PER I SERVIZI SOCIALI. La spesa dei Comuni per il welfare è aumentata del 20,7% in 10 anni "ma non basta", spiega Confcooperative. Nel 2015 la spesa dei Comuni per i servizi sociali è stata di circa 7 miliardi di euro, lo 0,42% del Pil nazionale. Dal 2013 al 2015 la spesa media annuale nazionale procapite è rimasta invariata a 114 euro. Al Sud, invece, è decisamente inferiore rispetto al resto d'Italia: da 50 euro pro-capite si passa a valori superiori a 100 euro annui in tutte le altre ripartizioni, con un massimo di 166 euro per il Nord-Est. - ASSISTENZA A CASA SOLO PER 370.000 OVER 65. Solo 370.000 degli over 65enni, a fronte di circa 3 milioni che ne avrebbero bisogno, godono dell'assistenza domiciliare: in Italia solo il 2,7% degli anziani, contro il 20% di media dei Paesi del Nord Europa. I dati evidenziano come l'Italia sia un Paese sempre più anziano, con una vita media che entro il 2065 sarà di 86,1 anni per gli uomini e 90,2 anni per le donne. - LAVORATORI FANTASMA, 1 MILIONE BADANTI IN NERO. Sono un milione le badanti che lavorano in nero in Italia. "Rappresenteranno una ciambella di salvataggio per le famiglie in difficoltà - spiega Granata -, ma è una piaga sociale ed economica da sanare". Un dato allarmante al quale si aggiunge quello delle famiglie che non usufruiscono di alcun tipo di aiuto, né pubblico né privato: sono oltre il 70%.

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Pubblica Amministrazione, i debiti ammontano a 58 miliardi

Una mole di debiti commerciali pari a 58 miliardi, di cui oltre la metà con tempi di pagamento in ritardo. E' questa la situazione dei debiti della P.a. nel 2017, in base alla fotografia più recente, un'analisi di Banca Ifis presentata in occasione dell'ultimo Forum P.a., che evidenzia un miglioramento dei tempi di pagamento, che restano tuttavia superiori a quelli stabiliti dalla legge. L'ammontare dei debiti in ritardo si riduce da 33 a 31 miliardi di euro sul totale dei 58 miliardi di debiti commerciali della P.a., con un generale miglioramento con ritardi fra i 27 e i 59 giorni sebbene si riscontrino situazioni gravi in Comuni e Province con picchi rispettivamente oltre i 300 e i 540 giorni. In particolare, rileva lo studio basato su dati Istat, Banca d'Italia e Mef, nel 2017 il 62% degli enti pubblici ha pagato in ritardo rispetto ai vincoli di 30/60 giorni imposti dalla legge. Un dato in calo di 8 punti percentuali rispetto all'anno precedente grazie all'andamento delle Regioni (45% contro il 55% del 2016). Migliorano Asl, Comuni e Province (fra i quali pero' si registrano situazioni di grave ritardo) mentre i ministeri sono in controtendenza: il 93% ha pagato in ritardo contro l'86% del 2016. Dal lato delle imprese lo studio certifica come le aziende fornitrici della P.a incassino 30 giorni più tardi rispetto a quelle dello stesso settore che pero' lavorano con il comparto privato. Sulla Fattura elettronica emerge come, dopo il boom della fase iniziale, circa 500 imprese al mese certificano online i propri crediti verso la P.a sulla apposita piattaforma. Lo scorso anno quasi 1 milione di aziende fornitrici ha emesso almeno una fattura elettronica verso la P.a. Nel 2019 secondo il rapporto saranno circa 3,4 milioni di imprese a utilizzare la fatturazione elettronica.

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Quasi la meta’ degli italiani (45,9 %) fallisce la prova costume

Quasi la meta' degli italiani (45,9 %) fallisce la prova costume per sovrappeso o addirittura obesita'. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione del weekend del 2 giugno che con il caldo ha spinto gli italiani a scoprirsi in spiaggia al mare, al lago o lungo i fiumi. Il problema di una forma non proprio longilinea, si sottolinea, riguarda 23 milioni di persone adulte lungo tutta la Penisola - rileva la Coldiretti - ma coinvolge in misura maggiore le regioni del Sud con il record della Basilicata che ha il 52,7% della popolazione in sovrappeso o obesa, seguita dall'Abruzzo con il 52,3%, dal Molise con il 51,9%, dalla Campania con il 51,1%, la Calabria con il 50,4% e la Sicilia con il 49,1% sulla base del rapporto Osservasalute. Il Nord e' invece in genere piu' in forma con il Trentino Alto Adige che guida la classifica degli snelli con appena il 38,8% della popolazione che ha problemi di bilancia, seguito dal Piemonte con il 40,9%, la Lombardia con il 43,2%, la Valle d'Aosta con il 43,4% e la Liguria con il 44%. Mentre la regione del centro Italia che vince sulla prova costume è il Lazio con solo il 42% degli adulti che combatte con la pancetta. E se sono molteplici le proposte più o meno scientifiche seguite dai 12 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno cercato di ridurre il girovita con la dieta, sulle tavole nazionali è tornata con forza la dieta mediterranea con un aumento record dei consumi che va dal +7% per il pesce fresco fino alla crescita del 4,3 per la frutta fresca nel 2017 secondo elaborazioni Coldiretti su dati ismea. Un andamento positivo che riguarda anche gli ortaggi freschi con un +4% favorito anche - continua la Coldiretti - da nuove modalità di consumo sospinte anche dalla disponibilità di tecnologie casalinghe come centrifughe agli essiccatori che aiutano a far apprezzare cibi salutari ai più piccoli. Smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar, in spiaggia o anche a casa sono la vera novità dell'estate grazie all'affermarsi di stili di vita più salutistici. Ma la frutta e verdura non solo fanno bene alla salute e difendono l'organismo dal caldo, ma carote, albicocche, meloni, ciliegie sono anche alcuni dei cibi che entrano secondo la Coldiretti anche nella speciale classifica degli abbronzanti naturali in grado di ''catturare'' i raggi del sole e garantire una tintarella naturale. Per prepararsi l'abbronzatura può essere d'aiuto una dieta adeguata che si fonda sul consumo di cibi ricchi in vitamina A che - precisa la Coldiretti - favorisce la produzione nell'epidermide del pigmento melanina per donare il classico colore ambrato alla pelle. Il primo posto nella speciale top ten è conquistato indiscutibilmente dalle carote che contengono ben 1200 microgrammi di vitamina A o quantità equivalenti di caroteni per 100 grammi di parte edibile. Al secondo posto - continua la Coldiretti - salgono i radicchi che ne hanno circa la metà mentre al terzo si posizionano le albicocche seguite da cicoria, lattuga, melone e sedano, peperoni, pomodori, cocomeri, fragole e ciliegie che presentano comunque contenuti elevati di vitamina A o caroteni. Antiossidanti ''naturali'' sono infatti le vitamine A, C ed E che - conclude la Coldiretti - sono contenute in abbondanza in frutta e verdura fresca. 

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