L’Osservatorio

Eurispes, dal 2007 il sommerso ha generato 549 miliardi di euro all’anno

L'economia sommersa puo' essere definita una sorta di "camera iperbarica" che ha permesso a numerosi soggetti produttivi di riprendere fiato e sopravvivere nel corso del lungo periodo di crisi. E' quanto sostiene l'Eurispes nel rapporto 'Poverta', Disuguaglianze E Fragilita' In Italia. Riflessioni per il nuovo Parlamento'. L'istituto ha calcolato che l'economia sommersa nel nostro Paese abbia generato, a partire dal 2007, almeno 549 miliardi di euro l'anno. Un fenomeno che coinvolge tutti i settori, dall'agricoltura ai servizi, all'industria, nelle forme del lavoro nero continuativo, del doppio lavoro, del lavoro nero saltuario. Secondo l'Eurispes, il 54,5% dell'economia non osservata e' rappresentato dal lavoro sommerso, il 28,4% dall'evasione fiscale da parte di aziende e imprese, il 16,9% dalla cosiddetta economia informale. Per quanto riguarda la parte piu' consistente dell'economia non osservata, relativa al flusso di denaro generato dal lavoro sommerso, le stime si attestano a 300 miliardi di euro

Secondo le stime dell'Istituto, sono almeno 6 milioni i doppiolavoristi tra i dipendenti; 600mila gli immigrati con regolare permesso di soggiorno che lavorano in nero. Sfuggono ai calcoli ufficiali anche coloro che esercitano attivita' in nero, anche a tempo pieno, ma che dispongono di un reddito che esclude attivita' di lavoro retribuito: parliamo in pratica delle persone che godono di pensioni di invalidita' e di vecchiaia. In Italia, su un totale di 16,5 milioni di pensionati, circa 4,5 milioni hanno un'eta' compresa tra i 40 e i 64 anni. E' plausibile che almeno un terzo di essi lavori in nero. A questo terzo si aggiungono altri 820mila pensionati tra ultra-sessantacinquenni ancora attivi, che vanno a formare, secondo le stime Eurispes, un piccolo esercito di circa 2.320.000 pensionati che producono lavoro sommerso. Altra categoria che sfugge ai dati ufficiali e' quella delle casalinghe, circa 8,5 milioni. Il 18,8% di esse svolgerebbe lavori che vanno ad alimentare il sommerso. L'Istat rileva inoltre 1.400.000 persone in cerca di occupazione: di queste, il 50% lavorerebbe totalmente in nero. A queste categorie, vanno aggiunti i lavoratori indipendenti, i liberi professionisti, i collaboratori a progetto e i soci di cooperative. Difficile immaginare che la totalita' di loro paghi le tasse per la totalita' degli introiti. Secondo le stime Eurispes inoltre, ai 300 miliardi derivanti dal lavoro sommerso, si devono aggiungere 156 miliardi di euro di sommerso generati dalle imprese italiane. E' stato possibile stimare questo dato basandosi sulle operazioni condotte, a partire dal 2007, dalla Guardia di Finanza: su oltre 700.000 controlli effettuati, sono stati riscontrati 27 miliardi di euro di base imponibile sottratta al fisco.

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Istat, il Pil in crescita dell’1,4 per cento nel 2018

Nel 2018 il prodotto interno lordo (Pil) è previsto crescere dell’1,4% in termini reali. La domanda interna al netto delle scorte fornirebbe un contributo positivo alla crescita del Pil pari a 1,5 punti percentuali; l’apporto della domanda estera netta risulterebbe nullo e quello della variazione delle scorte marginalmente negativo (-0,1 punti percentuali).

L’aumento della spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è stimato in leggero rallentamento rispetto agli anni precedenti, con un incremento dell’1,2%. La crescita dei consumi continuerebbe ad essere supportata dai miglioramenti del mercato del lavoro.

Il processo di ricostituzione dello stock di capitale è atteso proseguire a ritmi lievemente più accentuati rispetto all’anno precedente sostenuto sia dalle misure di politica economica sia dalle condizioni favorevoli sul mercato del credito, derivanti dal proseguimento della politica monetaria espansiva della Banca centrale europea. Gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere del 4,0% nell’anno corrente.

Le condizioni del mercato del lavoro registreranno un ulteriore miglioramento con un aumento dell’occupazione (+0,8% in termini di unità di lavoro) e una progressiva, ma lenta, diminuzione del tasso di disoccupazione (10,8%).

L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da alcuni rischi al ribasso rappresentati da una più moderata evoluzione del commercio internazionale e da un incremento più accentuato del prezzo del petrolio. Un effetto più incisivo dei provvedimenti a favore degli investimenti potrebbe invece costituire un ulteriore elemento di stimolo all’economia.

Il proseguimento del ciclo positivo dell’economia italiana si sviluppa all’interno di un quadro caratterizzato da una persistente debolezza degli investimenti in capitale intangibile e dell’assorbimento di occupazione ad elevata qualificazione

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Bankitalia, prezzi stabili per le case

Prezzi all'insegna della stabilità e una domanda in miglioramento contraddistinguono il mercato delle abitazioni nel primo trimestre del 2018 secondo il sondaggio congiunturale della Banca d'Italia. La quota di agenti immobiliari che segnalano pressioni al ribasso sulle quotazioni scende al 25,4% nel primo trimestre dal 28% del trimestre precedente, mentre aumentano i giudizi di stabilità dei prezzi, che salgono al 71% dal 67,8%.
    La quota di agenzie che vendono almeno un'abitazione è intorno all'80% (era 83,3%) e le "condizioni di domanda continuano a migliorare", secondo lo studio. Il saldo relativo al numero di potenziali acquirenti aumenta a 10 punti percentuali (da 6). Circa l'80% dei mutui è finanziato con mutuo ipotecario e il 18% degli agenti indica come causa della decadenza degli incarichi le difficoltà dei potenziali acquirenti nell'ottenere il prestito, una quota che resta "contenuta" dopo aver toccato nel trimestre precedente il livello minimo dall'avvio del sondaggio nel 2009 (15,4%)

Per la produzione nelle costruzioni il primo trimestre 2018 si chiude con una flessione congiunturale dell'1% "che segue due trimestri di continua crescita". Lo comunica l'Istat, aggiungendo che "questo risultato è almeno in parte condizionato dal persistere di condizioni metereologiche sfavorevoli". A marzo l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni diminuisce dell'1,2% rispetto a febbraio e c'è un calo anche su base annua: l'indice corretto per gli effetti di calendario scende del 4,7% (-8% l'indice grezzo).

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Sono 7,8 milioni gli italiani che si curano con le erbe

Sono 7,8 milioni di italiani che utilizzano piante o estratti di piante per la cure o per il mantenimento del benessere psicofisico. E’ quanto afferma la Coldiretti su dati Eurispes nel sottolineare l’importanza dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri della storica riforma della Legge 6 gennaio 1931, n. 99, ormai vecchia di quasi 90 anni, che disciplina coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali.

La nuova legge – sottolinea la Coldiretti – risponde alle esigenze di regolazione del settore delle piante officinali che ha registrato un notevole aumento della domanda di prodotti legate alla sfera della salute e del benessere. Il consumo di piante officinali in Italia ha superato le 25mila tonnellate all’anno ma il 75% – precisa la Coldiretti – è rappresentato però dalle importazioni dall’estero ed è quindi necessario sostenere la crescita della produzione Made in Italy.

Una esigenza confermata anche dal ritorno dei cosiddetti rimedi della nonna con più di sei italiani su dieci (62%) che in base al sondaggio Coldiretti/Ixè si difendono dai malanni di stagione affiancando alle medicine con una dieta alimentare adeguata e infusi ed estratti a base di frutti ed erbe. Le foglie del prezzemolo hanno azione diuretica e stimolano la digestione.   mentre – continua la Coldiretti – il rosmarino aumenta l’appetito. Ed ancora la mentuccia è rinfrescante, la salvia è un ottimo digestivo e tranquillante ed acuisce la memoria e – prosegue la Coldiretti – la maggiorana combatte tosse e catarro bronchiale, è antispasmodica per mestruazioni dolorose, calmante e utile per emicranie e spasmi intestinali.

Secondo i dati riportati nel Piano di settore delle piante officinali, sono 2.938 le aziende agricole italiane con una superficie investita a “piante aromatiche, medicinali e da condimento” per un totale complessivo di 7.191 ettari. La nuova norma – spiega la Coldiretti – agevola  la possibilità per gli imprenditori agricoli di coltivare, raccogliere e realizzare una prima trasformazione, sulla base di quanto previsto dalla legge di orientamento

Sono quasi 300 le piante officiali coltivate in Italia e tra quelle più diffuse – rileva la Coldiretti – ci sono, oltre a mirtillo nero e zafferano, anche vite rossa, Ginkgo biloba, passiflora, camomilla, genziana, valeriana, cardo mariano, finocchio, incarnata, camomilla, cipolla, origano, rosmarino, liquirizia, assenzio, aglio, coriandolo, anice, meliloto, carciofo e rabarbaro.

Per comprendere a fondo l’importanza dei prodotti di trasformazione delle piante officinali nel panorama economico italiano, è bene ricordare – spiega la Coldiretti – che il circa il 50 % degli integratori alimentari attualmente in commercio in Italia sono a base vegetale con gli infusi che generano un valore al dettaglio di 130 milioni di euro con un aumento del 7,9% in un anno secondo i dati Iri 2017. I fattori che spiegano tale incremento sono riconducibili al desiderio da parte del consumatore di utilizzare prodotti di origine naturale per il benessere del proprio corpo.

Il giudizio generale sulla legge di riforma sulle piante officinali e dei prodotti derivati in Italia è positivo in considerazione delle potenzialità del settore, ma è evidente – afferma la Coldiretti – che sarà necessario un successivo intervento per rendere obbligatoria l’etichettatura di origine dei prodotti officinali, in coerenza con la direzione presa nel settore agro-alimentare, al fine di dare la massima trasparenza, una direzione chiesta dalla maggioranza dei consumatori.

Ma il testo introduce già adesso importanti novità come la definizione di piante officinali e l’istituzione dei registri delle specie ammesse alla vendita con le modalità e le condizioni per la certificazione delle sementi, chiarisce inoltre che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali sono da considerare a tutti gli effetti attività agricole, disciplinando anche la raccolta spontanea, in modo da evitare l’impoverimento delle aree interessate, delle piante e dell’ambiente.

La riforma – aggiunge la Coldiretti – stabilisce poi che deve essere adottato un Piano di settore per migliorare la produzione e la trasformazione delle piante officinali sviluppando una filiera integrata per le imprese agricole. Infine – conclude la Coldiretti – la legge prevede che le Regioni possano creare, nel rispetto della normativa dell’Unione europea, marchi finalizzati a certificare il rispetto di standard di qualità per le piante officinali.

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Consumo delle bevande alcoliche in Italia

Nel 2017 Il 65,4 per cento della popolazione di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno. La percentuale dei consumatori giornalieri di bevande alcoliche è pari al 21,4 per cento, in diminuzione rispetto a quanto osservato dieci anni prima (29,3 per cento nel 2007). In aumento la quota di quanti consumano alcol occasionalmente (dal 38,9 per cento del 2007 al 44 per cento del 2017) e quella di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 25,6 per cento del 2007 al 29,2 per cento del 2017).

L’Istat ha reso disponibili le informazioni rilevate tramite l’indagine Multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” condotta nel 2017 su un campione di circa 21 mila famiglie per un totale di circa 49 mila individui. L’indagine è stata condotta con tecnica mista sequenziale Cawi/Papi.

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L’Italia è la seconda nazione più vecchia del mondo

L’Italia è sempre più vecchia e i vecchi sono sempre più soli. E’ questo uno degli aspetti sottolineati nel Rapporto Istat 2018 sulla situazione del nostro Paese. Siamo la seconda nazione più vecchia del mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. Nel contempo la popolazione diminuisce per il terzo anno consecutivo di quasi 100 mila persone rispetto al precedente. Preoccupa ancora il lavoro: dalla crisi si sono persi 300 mila posti al Sud, E sono soprattutto i giovani del Mezzogiorno ad essere colpiti dalla quota di “Neet”, che è doppia rispetto al Nord.
Le persone anziane sono sempre più lasciate sole: per il 70% del tempo (poco più di 10 ore) e interagiscono con altre persone soltanto per 4 ore al giorno, per lo più con familiari con cui vivono (nel 65% dei casi), amici (31%) e vicini (4%).
Per quanto riguarda i dati sanitari si segnala che è il Molise la regione con la quota più elevata di mobilità ospedaliera in uscita con il 26,6% dei ricoveri dei residenti nel 2016. Seguono la Basilicata (23,7%) e la Calabria (21,2%). Queste regioni hanno la percentuale più bassa di cittadini soddisfatti per l'assistenza medica ospedaliera ricevuta nel luogo di residenza (rispettivamente 25,6%, 12,6% e 21,1%).
Le regioni più attrattive, invece, sono la Lombardia e l'Emilia Romagna che effettuano, rispettivamente, 3,0 e 2,4 ricoveri in entrata per ogni ricovero in uscita dalla regione.
Nel 2016, il 47,1% della spesa sanitaria pubblica è destinato alle prestazioni ospedaliere, il 20,3% all'assistenza ambulatoriale, il 15,8% all'assistenza farmaceutica e altri presidi medici, il 10,2% all'assistenza di lungo periodo; il resto si distribuisce nell'attività di prevenzione delle malattie e nelle altre funzioni di assistenza e per la gestione del sistema.
L'assistenza territoriale assorbe il 30,7% della spesa sanitaria pubblica. Questa è destinata per il 18,3% a funzioni di cura e riabilitazione, per l'8,2% a servizi di laboratorio di analisi, diagnostica per immagini, trasporto di pazienti o soccorso di emergenza e per il 4,2% a prestazioni di assistenza di lungodegenza.
Differenze anche nell'uso della Rete: la quota delle persone che vivono al Centro-Nord e che abitualmente navigano sul web è pari al 68,6%, diversamente da quanto si registra nel Mezzogiorno dove la percentuale si attesta poco sopra il 55%.
A livello imprenditoriale "i centri decisionali appaiono concentrati nelle regioni del Nord-est, il cui ruolo nell'orientare le scelte produttive dell'economia italiana è cresciuto nel tempo". E' sempre l'Italia settentrionale ad avere il primato sulla produttività del lavoro; fatta eccezione per alcuni sistemi locali come Ortona in Abruzzo, con specializzazione agroalimentare, e Brindisi in Puglia. Calabria e Sicilia chiudono, invece, la classifica.
Nel 2017, gli occupati superano i 23 milioni (265 mila in più e +1,2 per cento rispetto al 2016) e il tasso di occupazione sale al 58 per cento, valore prossimo a quello massimo raggiunto nel 2008 (58,6 per cento) ma inferiore di oltre 9 punti alla media europea. I disoccupati sono 2,9 milioni e il tasso di disoccupazione scende all’11,2 per cento (era 11,7 per cento nel 2016). Considerando anche le forze di lavoro potenziali, le persone che vorrebbero lavorare superano di poco i 6 milioni. La crescita dell’occupazione è proseguita, seppure in misura lieve, nel primo trimestre del 2018, interessando soprattutto la componente giovanile e quella maschile.
L’incremento del 2017 è relativamente uniforme sul territorio nazionale, riguarda ancora una volta soprattutto le donne (+1,6 per cento contro +0,9 degli uomini) e, per il secondo anno consecutivo, aumentano gli occupati nella fascia tra i 15 e i 34 anni (+0,9 per cento).
Il Mezzogiorno è l’unica ripartizione con un saldo occupazionale negativo rispetto al 2008 (-310 mila unità, -4,8 per cento); il tasso di occupazione femminile è inferiore di oltre 13 punti alla media europea (48,9 e 62,4 per cento rispettivamente) e la disoccupazione giovanile molto più diffusa soprattutto nella classe di età 15-24 anni), il cui tasso di disoccupazione resta al 34,7 per cento (rispetto al 16,8 per cento dell’Ue).
Il 2017 si caratterizza anche per un incremento del lavoro a termine (+298 mila, +12,3 per cento), che ha interessato soprattutto i residenti nelle regioni centro-settentrionali e i giovani fino a 34 anni. Al tempo stesso si ridimensiona la crescita degli occupati part time, che nel 2017 superano i 4,3 milioni, con un’incidenza stabile sul totale.

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Coldiretti, l’aumento dell’IVA può innescare una spirale recessiva

L’aumento delle aliquote iva rischia di alimentare una spirale recessiva che compromette i segnali di ripresa dell’agroalimentare, dove i consumi interni sono ancora stagnanti, a fronte di una produzione in crescita. Lo sottolinea la Coldiretti che ha rimarcato il pericolo dell’aumento dell’Iva riguarda beni di prima necessità come carne, pesce, yogurt, uova, riso, miele e zucchero con aliquota al 10% e il vino e la birra al 22% che rappresentano componenti importanti nei consumi delle famiglie.
Va quindi scongiurato perchè, sostiene la Coldiretti, sarebbe un duro colpo per la spesa delle famiglie italiane in alimenti e bevande che nel 2017, dopo cinque anni di valori negativi, ha invertito la tendenza e ha fatto segnare un balzo record del 3,2%, secondo le elaborazioni su dati Ismea. La spesa alimentare è la principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione con un importo complessivo di 215 miliardi di euro ed è quindi un elemento fondamentale per la ripresa dell’economia.

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Lotta alla povertà, 297 milioni per il sostegno al reddito di inclusione

Intesa Stato-Regioni-Enti locali, in Conferenza Unificata, sul Decreto di riparto della quota di risorse del “Fondo povertà” destinata al finanziamento dei servizi territoriali e per l’adozione del piano per gli interventi e i servizi di contrasto alla povertà. “Diamo il via libera - ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini - al provvedimento che da un lato definisce le risorse per un triennio, dall’altro fa partire il primo Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, prevedendo 297 milioni di euro per il 2018, 347 nel 2019 e 470 nel 2020. Oggi abbiamo dato l’intesa alla suddivisione delle risorse solo per il 2018. 
Si deve dare atto - ha spiegato Bonaccini - del lavoro portato avanti con continuità, anche in queste ultime settimane, dal ministro Poletti e dalle Regioni. Un impegno essenziale per rendere concreta quella scelta di solidarietà ed umanità che è il Reddito di inclusione. 
Le somme stanziate – ha aggiunto il Presidente della Conferenza delle Regioni - serviranno in gran parte, 272 milioni nel 2018, al finanziamento dei servizi per l’accesso al Reddito di inclusione (Rei) con l’obiettivo di identificare sul territorio i bisogni veri dei nuclei familiari e per individuare i sostegni necessari per i progetti personalizzati”.

Venti milioni finanzieranno interventi specifici e servizi in favore delle persone in condizione di povertà estrema e senza dimora. 5 milioni finanzieranno invece, in via sperimentale, interventi in favore di coloro che al compimento della maggiore età, vivano fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria e serviranno anche a prevenire condizioni di povertà, permettendo loro di completare il percorso di crescita verso l’autonomia. 
"L'approvazione del Piano di riparto delle risorse per la lotta alla povertà mi sembra una buona notizia perché rappresenta il secondo pilastro che sta a fianco a quello sul sostegno al reddito. Le Regioni, gli ambiti territoriali, avranno a disposizione quasi 300 milioni per il potenziamento dei servizi, quindi per l''assunzione degli assistenti sociali e per le politiche di attivazione". 

Il Fondo Povertà stanzia circa 300 milioni di euro nel 2018 e tra queste risorse si distinguono 20 milioni di euro l'anno in favore delle persone in povertà estrema e senza dimora, da utilizzare secondo l'approccio del cosiddetto housing first, un modello strategico integrato di intervento dei servizi sociali che pone la casa come prima soluzione ai problemi di chi vive in strada. Vengono stanziati anche 5 milioni di euro l'anno per finanziare interventi innovativi indirizzati ai neo maggiorenni che vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Di natura sperimentale, questo tipo di intervento è volto a prevenire le condizioni di povertà e a fornire ai ragazzi in condizioni di fragilità strumenti utili a completare il percorso di crescita verso l'autonomia.

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Istat, torna a crescere la produzione industriale

La produzione industriale italiana torna a crescere a marzo dopo due mesi di flessione congiunturale consecutivi. L'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dell'1,2% rispetto a febbraio. L'Istat ha spiegato che nella media del trimestre gennaio-marzo la produzione ha registrato una variazione nulla nei confronti dei tre mesi precedenti. Corretto per gli effetti di calendario, a marzo l'indice è aumentato in termini tendenziali del 3,6%.

A marzo, ha aggiunto l'Istat, "è tornata a crescere la produzione industriale, dopo due mesi di flessione congiunturale. Il dato destagionalizzato dell'indice generale è il più elevato dall'inizio dell'anno, ma inferiore al picco di dicembre 2017, raggiungendo livelli relativamente elevati per i beni di consumo durevoli (111,9) e strumentali (111,6)".

Il primo trimestre si è chiuso con una variazione media tendenziale positiva (+3,4%) ma nulla in termini congiunturali. I beni di consumo non durevoli (+5,3%) e quelli strumentali (+4,7%) hanno registrato la più ampia crescita tendenziale; tuttavia la variazione congiunturale è stata positiva solo per i primi (+1,4%) e lievemente negativa per i secondi (-0,3%). L'indice destagionalizzato mensile, ha segnalato ancora l'Istat, ha evidenziato variazioni congiunturali positive in tutti i comparti; sono aumentati i beni di consumo (+2,5%), l'energia (+1,3%), i beni strumentali (+0,8%) e i beni intermedi (+0,7%).

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Le vendite di beni alimentari registrano un rilevante aumento, pari al 7,5%

A marzo 2018 Istat stima che le vendite al dettaglio diminuiscano, rispetto al mese precedente, dello 0,2% in valore e dello 0,6% in volume. Le vendite di beni alimentari aumentano dello 0,6% in valore mentre in volume sono sostanzialmente stazionarie (-0,1%); per i beni non alimentari si registra una diminuzione sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,7% e -0,8%).

Nel primo trimestre del 2018, l’indice totale delle vendite registra un calo congiunturale dello 0,3%, sia in valore sia in volume. Nello stesso periodo le vendite di beni alimentari aumentano dello 0,5% in valore e in volume, mentre quelle di beni non alimentari diminuiscono dello 0,9% in valore e dello 0,8% in volume.

Su base annua, le vendite al dettaglio registrano un aumento del 2,9% in valore e in volume. Le vendite di beni alimentari registrano un rilevante aumento, pari al 7,5% in valore e al 6,8% in volume, mentre quelle di beni non alimentari diminuiscono dello 0,8% in valore e dell’1,0% in volume.

Per quanto riguarda le vendite di beni non alimentari, gli incrementi maggiori su base annua riguardano gli Elettrodomestici (+4,5%), gli Altri prodotti (+3,5%) e i Prodotti di profumeria, cura della persona (+3,4%). In flessione risultano invece gli altri prodotti, con riduzioni più marcate per Utensileria e ferramenta e Calzature (-4,3% per entrambi i gruppi).

Sempre a livello tendenziale, il valore delle vendite al dettaglio registra una variazione positiva pari al 7,0% per la grande distribuzione, mentre è in calo per le imprese operanti su piccole superfici (-1,3%). Il commercio elettronico diminuisce dello 0,3%.

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