L’Osservatorio

Volano le esportazioni dell’alimentare nazionale

 Volano le esportazioni dell'alimentare nazionale che fanno registrare il record storico con un balzo del 9,4% che, per dimensione del settore, traina l'intero Made in Italy. E' quanto emerge da una analisi dellaColdiretti sulla base dei dati sul commercio estero dell'Istat a maggio. Si tratta - sottolinea la Coldiretti - del consolidamento del successo dell'alimentare nazionale nel mondo che nei primi cinque mesi dell'anno fa registrare un aumento record dell'8,3%, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente per un totale di 15 miliardi di euro. A spingere la domanda estera del cibo Made in Italy è il boom fatto registrare per le esportazioni in Usa dove si registra un aumento del 13,7% nonostante il clima di incertezza legato ai dazi minacciati dal presidente Trump contro una serie di prodotti europei. Buoni risultati anche in Europa con aumenti del 13,3% in Francia e del 4,2% in Germania, mentre rallenta l'andamento in Gran Bretagna con un -8,2% sotto la pressione della Brexit. Un trend che evidenzia - sottolinea Coldiretti - la capacità del settore alimentare tricolore di intercettare la nuova domanda globale di alta qualità e tipicità ma anche i rischi determinati dalla tensioni internazionali che gravano sul comparto. A preoccupare è anche la minaccia di dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha stilato un black list che comprende quasi la metà dei prodotti agroalimentari italiani esportati in Usa, dal Prosecco al Parmigiano Reggiano, dal Pecorino Romano all'olio di oliva e molto altro. Gli Usa si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna

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Istruzione, Italia sotto ai livelli medi europei

In Italia i livelli di istruzione della popolazione sono in aumento, ma rimangono ancora sotto quelli medi in Europa. E a impattare è la bassa quota di laureati. E' la fotografia scattata dall'Istat nel report sui livelli di Istruzione e i ritorni occupazionali per il 2018."La quota di popolazione di 25-64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore è il principale indicatore per valutare il livello di istruzione formale conseguito in un Paese. - si legge nel rapporto Istat - Il diploma è infatti considerato il livello minimo indispensabile per acquisire le competenze di base richieste nella società attuale e, ragionevolmente, anche nella futura".In Italia, la quota di 25-64enni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è stimata pari a 61,7% nel 2018 (+0,8 punti percentuali sul 2017), un valore molto inferiore a quello medio europeo, pari a 78,1% (+0,6 punti sul 2017). Su questa differenza incide la bassa quota di 25-64enni con un titolo di studio terziario, in sostanza la laurea: meno di due su dieci in Italia (19,3%, +0,6 punti rispetto all'anno precedente) contro oltre tre su dieci in Europa (32,3%, +0,8 punti rispetto all'anno precedente). Il trend degli ultimi anni è positivo; tuttavia, tra il 2014 e il 2018 la quota di popolazione con laurea ha avuto una crescita più contenuta di quella Ue (2,4 punti contro 3,0 punti).Tra i maggiori paesi europei, Italia e Spagna hanno in comune il marcato vantaggio delle donne nei livelli di istruzione. Nel nostro Paese, le donne almeno diplomate sono il 63,8% contro il 59,7% degli uomini mentre la differenza di genere nella media Ue è meno di un punto percentuale. Sul fronte del titolo di studio terziario, il vantaggio femminile - evidente anche nella media europea - è comunque più accentuato in Italia: 22,1% e 16,5% le quote femminili e maschili. I livelli di istruzione femminili sono peraltro aumentati più velocemente nel tempo: in quattro anni si registrano +2,8 punti per le donne almeno diplomate (contro +2,1 punti per gli uomini) e +3,2 punti per le laureate (contro +1,6 punti). Sul territorio nazionale il più basso livello di istruzione si riscontra nel Mezzogiorno, dove poco più di un adulto su due ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore; al Centro si stima invece il valore più alto, oltre due adulti su tre. Situazione analoga si rileva per il livello di istruzione terziario, ancora una volta minimo nel Mezzogiorno (15,3%) e massimo al Centro (23,3%). Le differenze territoriali permangono indipendentemente dal genere, ma sono più marcate per la componente femminile. Tra il 2014 e il 2018 le quote di adulti almeno diplomati e laureati sono aumentate di più al Nord mentre nel Mezzogiorno l'incremento dei laureati è risultato piuttosto esiguo.Inoltre, con un valore stimato al 40,7%, l'Unione europea ha complessivamente raggiunto nel 2018 l'obiettivo strategico di un innalzamento al 40% della quota di 30-34enni in possesso di una laurea previsto dalla strategia Europa2020. Nel rapporto l’Istat mette in rilievo che Francia, Spagna e Regno Unito lo hanno superato già da diversi anni mentre in Italia tale quota è al 27,8%.Malgrado il miglioramento dell'ultimo anno (+0,9 punti sul 2017) e una crescita superiore a quella media europea tra 2014 e 2018 (+3,9 punti contro +2,7 punti) il nostro Paese si posiziona al penultimo posto nell'Ue.Il differenziale di genere a favore delle donne è molto forte in Italia. E' laureata oltre una giovane su tre a fronte di un giovane su cinque, un vantaggio superiore a quello medio europeo, anche se nell'ultimo anno il miglioramento ha riguardato solo i ragazzi (+1,9 punti percentuali) dopo anni di incrementi più sostenuti per le ragazze."La bassa quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario risente anche della mancanza di una efficace alternativa ai corsi di laurea. I corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, non sono molti diffusi in Italia, al contrario di quanto accade, ad esempio, in Spagna e Francia dove circa un terzo dei titoli terziari posseduti dai 30-34enni ha queste caratteristiche", evidenzia l'Istat.Per i giovani stranieri il divario con la media europea è ancora più marcato. Nel 2018, solo il 12,9% dei 30-34enni stranieri ha un titolo terziario a fronte del 31% dei coetanei italiani e del 37,5% della media Ue, a conferma del fatto che l'Italia attrae stranieri poco istruiti. Il gap di cittadinanza è inferiore ai 4 punti nella media Ue, intorno agli 8 punti in Francia, praticamente assente in Germania e a favore degli stranieri nel Regno Unito.La Spagna, pur avendo un differenziale piuttosto elevato (15,8 punti), ha comunque una quota di giovani stranieri con titolo terziario molto più consistente rispetto a quella registrata in Italia.

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Nel 2018 sono diminuite le vittime di incidenti stradali

Nel 2018 sono diminuite le vittime di incidenti stradali rispetto all'anno precedente e le regioni del Sud risultano essere le piu' 'virtuose'. Nel giorno in cui si registra l'ennesima strage sulle strade, con 12 vittime accertate, un triste bilancio di un nuovo week end di paura, gli ultimi dati ufficiali sugli incidenti stradali, forniti dall'Istat e dal ministero dei Trasporti e relativi al 2018, rilevano che quelli con conseguenze mortali fanno registrare una diminuzione del 4,2 per cento rispetto al 2017. La Polizia stradale, lo scorso anno, ha garantito la vigilanza sulle strade con 453.473 pattuglie accertando quasi due milioni di infrazioni al codice della strada e ritirando 42.662 patenti. Dai dati forniti sia da Polizia di Stato che dai Carabinieri, si evidenzia un lieve incremento degli incidenti stradali pero' con un minor numero di feriti. Diminuisce, in particolare, il numero delle vittime per incidenti stradali, dell'1,2 per cento.

I conducenti controllati sono stati 34.362, il 6,5 per cento dei quali e' risultato positivo all'alcol con un tasso superiore a 0,5 g/l, mentre l'1,6 per cento e' risultato positivo ad una o piu' sostanze stupefacenti nel corso dei test su strada. Inoltre, nel corso del 2018, in accordo con il ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, sono stati attivati controlli d'iniziativa o su segnalazione degli istituti scolastici per il controllo degli autobus destinati al trasporto di scolaresche per gite o viaggi d'istruzione. Nei primi 11 mesi dell'anno sono stati controllati 16.668 autobus, dei quali 2.261 hanno evidenziato almeno una irregolarita', per un totale di 3.471 infrazioni. Sono state ritirate 35 patenti di guida e 54 carte di circolazione. Dall'avvio dell'iniziativa, nel 2016, sono stati 43.061 gli autobus controllati di cui 31.023 su richiesta delle scuole. Quelli che presentavano una o piu' irregolarita' sono stati 6.511. 

Quanto ai dati suddivisi per regione, i guidatori del Sud Italia fanno meno incidenti di quelli del Nord. E' quanto emerge dai dati Istat relativi all'anno 2017, secondo i quali, se rapportati al parco veicoli circolanti, le province piu' virtuose sono quelle del Mezzogiorno. La cartina, infatti, e' quasi tutta colorata di verde (laddove il rapporto tra incidenti e veicoli e' minore), dall'Abruzzo alla Sicilia, con poche eccezioni. Il contrario invece nelle regioni del Centro-Nord, fatte salve le province dell'arco alpino. A Genova si registra il record negativo, con 7,6 incidenti ogni 1.000 veicoli circolanti (a due o quattro ruote), seguita da Milano, Savona, Rimini e Prato. In fondo alla classifica si trova Aosta con solo 1,07 incidenti e preceduta da Agrigento, Avellino, Vibo Valentia e Benevento. Nel 2017 sono stati 174.933 gli incidenti stradali con lesioni a persone in Italia, in leggero calo rispetto al 2016, con 3.378 vittime (morti entro 30 giorni dall'evento) e 246.750 feriti. Stando ai dati Istat relativi al 2017, e resi noti anche durante l'audizione in commissione a febbraio del 2019, in occasione dell'esame della riforma del codice della strada, nel 2017 il numero dei morti era tornato a crescere rispetto al 2016 (+95 unita', pari a +2,9%), dopo la riduzione registrata nell'anno precedente. Tra le vittime sono risultati in aumento i pedoni (600, +5,3%) e soprattutto i motociclisti (735, +11,9%), mentre risultano pressoche' stabili gli automobilisti deceduti (1.464, -0,4%); in calo ciclomotoristi (92, -20,7%) e ciclisti (254, -7,6%). Nel 2017, rispetto all'anno precedente, gli incidenti e i feriti registrano una lieve diminuzione (-0,5% e -1,0%). Stabile il numero dei feriti gravi: sulla base dei dati di dimissione ospedaliera nel 2017 sono stati 17.309, valore pressoche' analogo a quello del 2016 (-0,1%). Il rapporto tra feriti gravi e deceduti e' sceso a 5,1 da 5,3 dell'anno precedente. Il tasso di lesivita' grave sulla popolazione residente e' di 28,6 feriti gravi per 100 mila abitanti (40,1 per gli uomini e 17,7 per le donne). Sull'aumento del numero di morti in Italia incide soprattutto quello registrato su autostrade (comprensive di tangenziali e raccordi autostradali) e strade extraurbane (296 e 1.615 morti; +8,0% e +4,5% sull'anno precedente). Un aumento piu' contenuto si registra, invece, sulle strade urbane (1.467 morti; +0,3%). Nei grandi Comuni si rileva una tendenza opposta, con una diminuzione del 5,8% del numero di vittime nell'abitato. Tra i comportamenti errati piu' frequenti vi sono la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza e la velocita' troppo elevata (nel complesso il 40,8% dei casi). Le violazioni al Codice della Strada piu' sanzionate risultano l'eccesso di velocita', il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l'uso di telefono cellulare alla guida.

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Aumenta la spesa degli italiani per le vacanze

Il meteo non ferma le vacanze degli italiani. L'85% di quelli che consultano le previsioni prima di mettersi in viaggio per le vacanze estive non cambia la propria decisione di partire anche in caso di scenari sfavorevoli. Condizioni meteo invece determinanti in caso di gita 'fuori porta'. E' quanto emerge da un'indagine Coldiretti-Ixe' in occasione del weekend di grandi partenze sull'impatto delle condizioni climatiche sulle vacanze nell'estate 2019. "Piu' di 3 italiani su quattro (77%) - sottolinea Coldiretti - prima del viaggio cercano informazioni sulle condizioni del tempo in tv, radio, giornali e online, ma raramente sono disponibili a cambiare i comportamenti programmati. Il risultato e' che le giornate estive segnate dal bollino rosso - precisaColdiretti - sono influenzate dal maltempo o dalla grandine solo marginalmente. Un comportamento che dipende tra l'altro dalla lunghezza delle vacanze mentre il discorso cambia totalmente nel caso di spostamenti in giornata nei quali sole e caldo sono determinati nella decisione". La durata media della permanenza fuori casa dei 39 milioni di italiani in vacanza nell'estate 2019 e' stimata in 11,4 giorni con piu' di un italiano su cinque (21%) che - riferisce la Coldiretti - stara' fuori un periodo compreso tra 1 e 2 settimane, ma c'e' un 3% che rientrera' a casa dopo oltre un mese. Se e' il mare a fare la parte del leone per 7 italiani su 10 (70%), seguito dalla montagna, si assiste alla ricerca di alternative meno affollate come campagna e laghi. La spesa media destinata dagli italiani alle vacanze estive e' di 779 euro per persona in aumento del 5% rispetto allo scorso anno. 

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Sanità, Abruzzo fuori dalle regioni in area critica

Sono sei, e tutte del Sud, "le regioni in area critica" per quello che riguarda le performance dei servizi sanitari regionali: Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna. Mentre i cittadini che beneficiano dei migliori livelli di tutela della salute sono quelli che vivono a Trento, Toscana e Bolzano. Ma "la distanza tende a ridursi, proporzionalmente al progressivo superamento delle condizioni di ritardo delle regioni in Piano di rientro". Ad aggiornare la fotografia e' il nuovo rapporto Crea Sanita', dell'Universita' di Tor Vergata di Roma. Il rapporto "La misura della Performance dei SSR", spiega Federico Spandonaro, coordinatore del Crea Sanita', "si pone l'obiettivo di fornire una valutazione delle opportunita' di tutela della salute di cui i cittadini dispongono in funzione della loro residenza". Il divario Nord-Sud nel Servizio sanitario si rispecchia nella misurazione delle performance regionali, ovvero indicatori espressi in percentuali e costituiti da 5 aspetti: appropriatezza dell'assistenza, esiti delle cure, equita' di accesso, innovazione e situazione finanziaria. In particolare, si legge, "in area critica si trovano Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna, con valori di performance che arrivano fino al 31%". Trento, Toscana e Bolzano "offrono un livello di opportunita' significativamente superiore alle altre (performance tra 63% e 70%). Altre 6 regioni, ovvero Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Piemonte, sono sempre parte dell'area dell'eccellenza e con una performance tra 57% e 61%. Infine,6 regioni, ovvero Liguria, Valle d'Aosta, Marche, Lazio,Abruzzo e Molise, "rimangono in una posizione intermedia con livelli abbastanza omogenei, compresi nel range 44-52%. Il rapporto, conclude Spandonaro,mostra che per superare il gap la chiave di volta e' puntare sull'innovazione organizzativa"

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Istat: A maggio vendite dettaglio grande distribuzione -0,4%

Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, a maggio il valore delle vendite al dettaglio registra una diminuzione sia per la grande distribuzione (-0,4%) sia, in misura più rilevante, per le imprese operanti su piccole superfici (-3,6%), mentre si presenta crescita il commercio elettronico (+10,6%). Lo rileva l'Istat, osservando che come si confermi l'ampliamento, già osservato in aprile del differenziale di crescita tra le imprese di piccola dimensione, sotto i 5 addetti, che vedono una flessione tendenziale del 4,8%, e quelle grandi, con oltre 50 addetti, che registrano un modesto incremento (+0,4%)

Una dinamica simile, seppure meno ampia, caratterizza i primi cinque mesi del 2019. Le vendite delle piccole imprese risultano infatti in calo (-1,4% rispetto allo stesso periodo del 2018), mentre le grandi imprese, nello stesso arco temporale, mostrano un incremento dell'1,4%.

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La classifica delle università italiane secondo il Censis

Bologna, Padova Firenze e La Sapienza. Sono questi i grandi atenei al top della classifica Censis delle Universita' italiane (edizione 2019/2020) che vede poi al vertice del nuovo ranking degli atenei statali e non statali (in base a strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio, livello di internazionalizzazione, occupabilita' e comunicazione) anche Perugia, Trento, Camerino (a seconda della grandezza dell'ateneo) mentre per i politecnici svettano Milano e Torino e per le universita' non statali la Bocconi di Milano. E prosegue la crescita delle immatricolazioni: per il quarto anno consecutivo, nell'anno accademico 2017-2018 si e' registrato un aumento(+1,3% rispetto all'anno accademico precedente). L'istruzione universitaria e' stata scelta dal 47% dei 19enni. Sono i gruppi disciplinari economico e ingegneria industriale e dell'informazione ad assorbire le quote piu' alte di immatricolati (rispettivamente, il 15,5% e il 12,5%). Ma non in maniera omogenea su tutto il territorio: bene al Nord, in calo al centro e al Sud.

Tra i mega atenei statali (con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l'Universita' di Bologna, con un punteggio complessivo pari a 90,8. Segue, come l'anno scorso, l'Universita' di Padova (88,7). Al terzo posto l'Universita' di Firenze (86,3), che, pur incrementando di 3 punti l'indicatore relativo alla dotazione di strutture per gli studenti, scende di una posizione. La Sapienza di Roma e' stabile al quarto posto (84,3), inseguita dall'Universita' di Torino (83,0), che sale dal settimo al quinto posto e supera Pisa (82,5), che retrocede al sesto. Ultima tra i mega atenei statali e' l'Universita' di Napoli Federico II, preceduta dall'Universita' di Catania. L'Universita' di Bari e' terzultima e sostituisce la Statale di Milano, che guadagna una posizione.

L'Universita' di Perugia e' ancora al vertice della classifica dei grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 91,2. Tiene la seconda posizione l'Universita' della Calabria (90,2), che vede aumentare di 4 e 3 punti rispettivamente gli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione. Mantengono la terza e la quarta posizione le Universita' di Parma e di Pavia (rispettivamente, 89,7 e 88,0 punti). Al quinto posto si afferma l'Universita' di Modena e Reggio Emilia (87,3), che rimpiazza l'Universita' di Cagliari, scivolata in nona posizione (83,5), soprattutto a causa della perdita di 13 punti per borse di studio e altri interventi in favore degli studenti e di 5 punti nell'internazionalizzazione. Segue al sesto posto l'Universita' di Salerno, che guadagna otto posizioni grazie agli incrementi dei punteggi per borse di studio, strutture, servizi digitali. Penultima tra i grandi atenei e' l'Universita' di Roma Tre (79,0 punti). Chiudono la classifica, con il punteggio ex aequo di 75,5, le Universita' della Campania e di Chieti e Pescara.

E' l'Universita' di Trento a guidare la classifica dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 97,0. Con un incremento di 9 e 7 punti rispettivamente negli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione, l'ateneo guadagna due posizioni rispetto allo scorso anno e rimpiazza l'Universita' di Siena, che passa al secondo posto con 95,3 punti. La terza posizione e' condivisa dagli atenei friulani: l'Universita' di Trieste e l'Universita' di Udine ottengono lo stesso punteggio di 91,2. Sono entrambe in ascesa, provenendo dalla quarta (Trieste) e dalla nona posizione (Udine): borse di studio, strutture per gli studenti, comunicazione e servizi digitali sono gli indicatori che, con diversa intensita', hanno agevolato la scalata della classifica. Invece scende dalla seconda alla quinta posizione l'Universita' di Sassari, penalizzata dalla perdita di 12 punti nell'indicatore sulla internazionalizzazione. Chiudono il ranking, rispettivamente all'ultimo, penultimo e terzultimo posto, l'Universita' di Napoli L'Orientale, l'Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro e l'Universita' di Napoli Parthenope.  Nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) primeggia anche quest'anno l'Universita' di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 93,0. Anche la seconda e la terza posizione restano invariate. Seconda e' l'Universita' di Foggia (82,2), incalzata in terza posizione dall'Universita' di Cassino (82,0). Il quarto e il quinto posto sono occupati dalle Universita' della Basilicata (81,3) e dell'Insubria (80,5), che risalgono ciascuna di due posizioni. In penultima e ultima posizione ci sono rispettivamente l'Universita' del Sannio e l'Universita' del Molise.

Al primo posto il Politecnico di Milano (con un punteggio complessivo pari a 95,8), al secondo il Politecnico di Torino (91,5), che fa retrocedere in terza posizione lo Iuav di Venezia, seguito dal Politecnico di Bari, che chiude la classifica. Tra i grandi atenei non statali (oltre 10.000 iscritti) in prima posizione c'e' anche quest'anno l'Universita' Bocconi (96,8), seguita dall'Universita' Cattolica (87,4). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) la Lumsa si colloca in prima posizione (90,0), seguita con un distacco minimo dalla Luiss (89,8), mentre lo Iulm e' al terzo posto (83,0). Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti) la Libera Universita' di Bolzano continua a occupare il vertice della classifica (con un punteggio complessivo pari a 102,4), seguita dalla Liuc Universita' Cattaneo (91,0) e dall'Universita' Roma Europea (83,6), che passa dalla ottava posizione dello scorso anno alla terza. Chiude la graduatoria l'Universita' Lum Jean Monnet, preceduta dall'Universita' della Valle d'Aosta.

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Gli italiani e le spese con la quattordicesima

Quattordicesima in arrivo anche per i pensionati: scade oggi 8 luglio, infatti, il termine ultimo per il pagamento della mensilità aggiuntiva da parte dell'INPS. A riceverla in questo mese dall'Istituto di Previdenza saranno circa 3,15 milioni di italiani, per un importo medio di 525 euro a persona. Un'iniezione di liquidità aggiuntiva che raggiunge complessivamente il valore di circa 1,65 miliardi. Ma che è per massima parte già impegnata: l'82% dell'ammontare della quattordicesima dei pensionati sarà infatti assorbito dalle spese obbligate, dalla salute alle bollette (ed il fisco), mentre solo l'8% andrà al risparmio, ed un ancora più esiguo 5% verrà destinato ai consumi. È quanto emerge dalle elaborazioni dell'Ufficio Economico di Fipac - l'associazione dei pensionati autonomi di Confesercenti - sulla base di un sondaggio somministrato da SWG a un campione di 1.300 pensionati. L'incidenza delle spese obbligate sulla quattordicesima per i pensionati (82%) è sensibilmente più alta della media dei percettori della mensilità in più, che a questa voce dedicano solo il 49% del monte complessivo. Per i pensionati, a pesare sono soprattutto le spese per la salute, in cui verrà investito il 25% della somma aggiuntiva: è il 13% nella media della popolazione generale. Seguono le bollette - spesso arretrate - che impegnano in media il 23% della quattordicesima: un dato anche in questo caso sensibilmente più alto del 10% segnalato dal resto dei beneficiari. I pensionati spendono di più anche per finanziamenti e mutui, per i quali sarà vincolata una quota del 18% della quattordicesima, contro il 14% medio della platea. Anche l'erario gioca la sua parte: in media, il 16% della mensilità aggiuntiva verrà usata per saldare i conti in sospeso con il fisco. 

Ridotte quasi all'osso, invece, le risorse che verranno dedicate al risparmio o ai consumi. L'indicazione dei pensionati è che solo l'8% sarà vincolato a forme di risparmio (4% risparmio vero e proprio, 4% come investimento), mentre la quota che verrà utilizzata per i consumi è il 5%: 2% per una vacanza, e 3% per altre spese, come i saldi estivi, iniziati in tutta Italia proprio lo scorso fine settimana. 

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Istat, prosegue la debolezza del settore produttivo ma migliorano lavoro e potere d’acquisto

"L'economia italiana appare caratterizzata dal proseguimento della fase di debolezza dei ritmi produttivi associata pero' a miglioramenti sul mercato del lavoro e del potere d'acquisto delle famiglie". Lo rileva l'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia. "A giugno - spiega l'istituto - l'indice del clima di fiducia dei consumatori e' tornato a diminuire dopo l'interruzione del mese precedente. Il peggioramento ha interessato tutte le componenti con il clima economico e quello futuro che hanno registrato le flessioni piu' marcate. Anche le aspettative sulla disoccupazione sono peggiorate". "Nello stesso mese - prosegue l'Istat - la fiducia delle imprese ha evidenziato un calo a sintesi di una flessione nel comparto manifatturiero e, soprattutto, nelle costruzioni. Nei servizi l'indice e' diminuito in misura piu' contenuta e nel commercio al dettaglio e' aumentato. Per le imprese manifatturiere, si e' rilevato un peggioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese sulla produzione mentre le scorte di magazzino sono aumentate. L'indicatore anticipatore ha confermato uno scenario a breve termine caratterizzato dalla debolezza dei livelli produttivi"

L'Istat sottolinea che nel mercato del lavoro i segnali per i prossimi mesi sembrano discordanti tra i diversi settori di attivita': "A fronte di una diminuzione delle attese sull'occupazione per la manifattura e le costruzioni si e' registrato un miglioramento di quelle nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio". per quanto riguarda l'economia internazionale, l'Istat note che i segnali di ripresa "appaiono episodici e nel complesso i dati hanno segnalato tendenze meno positive rispetto alle attese, sia nei paesi emergenti sia in quelli avanzati. Le previsioni per l'area dell'euro indicano un possibile rallentamento nel secondo trimestre". Per quanto riguarda l'Italia, ad aprile, l'indice della produzione industriale ha segnato una diminuzione, per il secondo mese consecutivo, interrompendo la tendenza positiva evidenziata nei primi mesi dell'anno. A maggio, e' proseguito l'aumento del numero di occupati in presenza di una forte riduzione del tasso di disoccupazione. L'inflazione italiana, infine, si mantiene su tassi moderati e inferiori a quelli dell'Eurozona, con un differenziale significativamente piu' ampio per la componente core.

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Sogeea: Impennata di alberghi all’asta

 "Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è aumentato del 34,3% in sei mesi: le vendite forzate attualmente in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, stabilimenti balneari, campeggi e simili sono infatti 153, a fronte delle 114 individuate a gennaio. Si tratta di una brusca inversione di tendenza dopo tre cali consecutivi a partire dall'inverno 2018. Il comparto, dunque, torna a muoversi nella stessa direzione rispetto a quello residenziale, che pure ha fatto registrare una sensibile risalita rispetto al dato di inizio anno". Lo riferisce il rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, presentato in Senato. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, però, si evidenzia come le varie macroregioni si siano comportate in modo assai differente. Sostanzialmente stabili sia il Nord del Paese (43 strutture all’asta contro le 41 di sei mesi fa) sia il Centro (le 54 attuali sostanzialmente si sovrappongono alle 50 di gennaio), mentre il Mezzogiorno e le isole maggiori vivono una fase assai delicata: Sicilia e Sardegna insieme ne contano sul mercato 36, valore più che triplo rispetto a quello dell’ultima rilevazione (11); nel Sud continentale, invece, si assiste a un quasi raddoppio della quota, che si attesta a 20 unità contro le 12 fatte registrare in avvio di 2019

La Toscana si conferma ancora una volta la Regione italiana con il più alto numero di strutture in vendita, 34 (dato assolutamente in linea con quello di sei mesi fa), seguita a debita distanza dalla Sardegna (19), dalla Sicilia (17), dal Lazio (16) e dall'accoppiata formata da Abruzzo e Trentino-Alto Adige (12 a testa). In doppia cifra anche l'Emilia-Romagna con 10. In fondo alla graduatoria si trovano Basilicata, Calabria, Liguria, Molise e Valle d'Aosta, che non presentano attualmente strutture all’asta. A livello di province, invece, spiccano le 12 di Grosseto, le 11 di Trento, le 10 di Sassari e le 9 di Rimini. A seguire Frosinone e Pisa con 8, Nuoro con 7, Arezzo con 6. Uno dei dati più interessanti riguarda le fasce di prezzo delle realtà imprenditoriali finite in vendita forzata: la quota di quelle fino a un milione di euro, solitamente ben al di sopra della metà del totale, scende al 48,4%. Contestualmente ha ripreso consistenza la fetta di strutture più pregiate: quelle con prezzo superiore ai 3 milioni di euro sono 29, vale a dire il 19% dell'intero comparto. Gli operatori del mercato, probabilmente, si sono dimostrati meno reattivi del solito a investire su immobili di tipologia più complessa oppure attendono ulteriori ribassi prima di decidersi a presentare offerte tanto impegnative

immagine di repertorio

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