L’Osservatorio

Flash mob contro l’air gun in Adriatico

"Dal Veneto con i nostri attivisti a Mestre fino a Bari in Puglia c'è un unico appello al nuovo Parlamento affinché blocchi le trivelle in Adriatico, i nuovi progetti e questa attività di air gun in mare che è così dannosa per la fauna marina e anche per la pesca, e in futuro anche per il turismo". Lo ha detto Augusto De Sanctis, del Forum H2O e del Coordinamento No Hub del Gas Abruzzo, a margine del flashmob organizzato a Pescara. Nel corso della manifestazione gli ambientalisti hanno ribadito la contrarietà "ai progetti di prospezione con air gun" approvati dal ministero dell'Ambiente e in via di autorizzazione definitiva da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. Analoghe manifestazioni di protesta in altre cinque regioni (Marche, Molise, Emilia Romagna, Veneto e Puglia) con appuntamenti a Mestre, Rimini, Ancona, S.Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), Giulianova (Teramo), Vasto (Chieti), Termoli (Campobasso) e Bari.

"Nei nostri ministeri - spiega De Sanctis - ci sono funzionari e dirigenti molto zelanti a favore dei petrolieri: noi pensiamo che i cittadini vogliono un futuro diverso per la nostra Italia per il belpaese per il nostro bel mare, soprattutto puntando sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica, le tecnologie già ci sono".

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Al nuovo Governo spetterà una manovra da 18,5 miliardi di euro

L’Ufficio studi della CGIA ha elaborato uno studio sull'impatto della manovra di bilancio che dovrà varare il nuovo Governo. Secono i ricercatori si dovranno trovare almeno 18,5 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva, per correggere i nostri conti pubblici e per far fronte a uscite già impegnate.

In particolare, bisognerà recuperare 12,4 miliardi per sterilizzare l’aumento dell’Iva, che diversamente scatterà dal 1 gennaio 2019, altri 3,5 miliardi che l’Unione europea ci sta per chiedere, al fine di perseguire il pareggio di bilancio come previsto dal cosiddetto “Six pack” e, infine, ulteriori 2,6 miliardi per “coprire” una serie di spese non differibili (vedi Tab. 1).

 “Purtroppo – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’entità di questa manovra stride in maniera evidente con le promesse elettorali avanzate nelle settimane scorse da coloro che oggi scalpitano per guidare il Paese. Dopo l’ubriacatura che abbiamo subito leggendo gli effetti positivi dovuti all’applicazione della flat tax, del reddito di cittadinanza o dalla cancellazione della legge Fornero, sarà interessante capire come, in pochi mesi, chi ci governerà recupererà oltre un punto di Pil”.

La CGIA tiene inoltre a precisare che il peggioramento dello 0,4 per cento del nostro rapporto deficit/Pil, registrato nei giorni scorsi dall’Istat e ascrivibile al salvataggio pubblico delle due banche venete e del Monte dei Paschi di Siena, non ha alcun impatto sui conti pubblici degli anni a venire in quanto è una misura una tantum relativa al 2017

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Vino, la graduatoria delle vendite nella grande distribuzione

La grande distribuzione organizzata (gdo) ha stilato la classifica delle qualità relativa alle vendite al supermarket sottolineando comunque come crescano in numero e varietà, i vini a denominazione Doc, insieme a quelli a marchio del distributore e le etichette con uve autoctone dei diversi territori. Una voglia di tipicità emersa già nel 2017, secondo una classifica dei vini preferiti nelle diverse insegne distributive, stilata dai principali buyer della Gdo. Il carrello della spesa premia dunque gli autoctoni e la qualità certificata. 
Al top le varietà Capetta del Piemonte, Montecchio dalla Toscana, Terre de Trinci dall'Umbria (Gruppo Pam); Vermentino dalla Sardegna, Gewurztraminer dal Trentino Alto Adige, Pignoletto da Emilia Romagna (Conad); Primitivo dalla Puglia, Pecorino e Passerina da Marche e Abruzzo e Prosecco (Italy Discount); Chianti, Vermentino e Prosecco (Coop Italia). Forte sembra l'ascesa, in particolare, dei vini marchigiani, con Pecorino e Passerina che nel triennio volano rispettivamente a +55% e +92%, secondo una analisi curata da Nomisma-Wine Monitor. Del resto, rileva il Consorzio vini piceni, anche nel 2017 si è registrato un incremento in doppia cifra sia della Passerina (+15%) che del Pecorino (+10,5%) per un posizionamento di tutto rilievo anche sul fronte del prezzo medio, con valori quasi doppi rispetto al complesso dei vini bianchi in Gdo. 
La voglia di tipicità sembra rialzare anche i consumi nel mese di marzo, con stime in corso, i principali buyer di vino, che parteciperanno al forum "Gdo Buyers' Club" al Vinitaly, hanno però espresso preoccupazione per un aumento atteso dei prezzi dovuto alla cattiva vendemmia del 2017, mediamente in calo del 21% da Nord a Sud, secondo dati Ue. Per quanto riguarda i listini, gli operatori ricordano che da qualche anno le catene distributive stanno operando un doveroso recupero di valore dei vini venduti, con un prezzo medio che aumenta anno dopo anno.  Infine la ricerca IRI per Vinitaly evidenzia che le bottiglie da 0,75 si sono vendute nel 2017 con un prezzo medio sopra i 4 euro al litro, in aumento del 2,3% sull'anno precedente. 

 

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Imprese, maggiore concentrazione nel Mezzogiorno

In Campania, Puglia e Sicilia si concentra la maggioranza delle piccole e medie imprese presenti nel Sud. Lo evidenzia la quarta edizione del Rapporto PMI Mezzogiorno, a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.
Le regioni con il maggior numero di imprese sono Campania (8.394, il 32% del totale Mezzogiorno), Puglia (5.289, il 20%) e Sicilia (5.040, il 19%), tre regioni in cui si concentra oltre il 70% delle PMI meridionali.
In proporzione, nel 2015, la regione con la quota maggiore di medie imprese (sul totale delle imprese) e' la Basilicata (16%), mentre quella con la presenza piu' bassa e' il Molise (10,5%).
“Il sistema di PMI meridionali, che per effetto della crisi aveva mostrato una marcata flessione tra 2007 e 2014 (da 29mila a meno di 25mila, -14%), è tornato a crescere, a ritmi anche superiori rispetto a quelli osservati a livello nazionale (+4,1% contro +3,6%)”.
Il Mezzogiorno si caratterizza per una maggiore presenza di piccole imprese (85,5%, contro l'82,5% nazionale) e una minore quota di medie società (14,5% vs 17,5%) in confronto alla media nazionale. Rispetto al 2014 cresce il numero delle medie imprese, che sono aumentate al Sud del 7,4%, contro un +3,6% medio nazionale.
Il credito aumenta soprattutto nelle regioni dove è più forte l'apparato produttivo: “è interessante, tuttavia, osservare che l’indebitamento sale solo nelle regioni dove è più robusto l’apparato produttivo (in particolare in Abruzzo e Campania), rendendo maggiormente possibile approfittare (e in maniera più ampia) delle condizioni favorevoli, grazie ai tassi ancora bassi”.
Tra 2015 e 2016 gli investimenti materiali lordi delle PMI meridionali aumentano dal 5,9% delle immobilizzazioni materiali all'8,5%, superando la media nazionale
(7,8%). Ancora meglio fanno le imprese industriali, i cui investimenti superano il 10% delle immobilizzazioni in Campania, Puglia e Sicilia.
“In sintesi, sembra dunque che chi è rimasto sul mercato sia oggi più forte, ma che chi si affaccia ora sullo stesso mercato faccia più fatica di ieri ad affermarsi”.

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La pressione fiscale è al 48,8%

I Conti delle Amministrazioni pubbliche (AP), delle Famiglie e delle Società sono parte dei Conti trimestrali dei settori istituzionali.

Nel quarto trimestre del 2017 l'indebitamento netto delle AP in rapporto al Pil è stato pari all'1,6% (1,9% nello stesso trimestre del 2016). Nelle rilevazioni è stata inserita la contabilizzazione degli effetti della liquidazione di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.

Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un'incidenza sul Pil del 2,2% (2,1% nel quarto trimestre del 2016).

La pressione fiscale è stata pari al 48,8%, in riduzione di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,5%. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all'8,2%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

A fronte di una variazione dello 0,4% del deflatore implicito dei consumi, il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,2%.

La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 41,5%, è diminuita di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento, pari al 22,0%, è aumentato di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

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Vola l’export italiano agroalimentare in Cina

Vola l'export italiano agroalimentare in Cina che nel 2017 segna un +15%, superando i 448 milioni di euro in valore. E' quanto emerge da un'analisi della Coldiretti su dati Istat divulgata in occasione dell'entrata in vigore dei super dazi cinesi nei confronti di 128 beni importati dagli Stati Uniti, in risposta alla mossa protezionistica decisa dal presidente Donald Trump; un paniere composto anche da carne di maiale, vino e frutta, per un totale di 3 miliardi di dollari.

Il made in Italy, sostiene la Coldiretti, potrebbe avvantaggiarsi delle tensioni tra i due giganti dell'economia mondiale con l'export agroalimentare in Cina rappresentato oltre che dal vino, dall'olio d'oliva con 37 milioni di euro in crescita del 25%, dai formaggi che aumentano del 27% seppur con un valore ancora limitato di 16 milioni di euro e dalla pasta che sale del 14% sfiorando i 23 milioni di euro.

Per quanto riguarda specificatamente i prodotti Usa interessati dall'aumento dei dazi, la Coldiretti ricorda che in Cina è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane, mentre per quanto riguarda la frutta fresca l'Italia può esportare al momento solo kiwi e agrumi, anche se il lavoro sugli accordi bilaterali per pere e mele è ad uno stadio avanzato, il chè potrebbe aprire opportunità dopo lo stop alle forniture statunitensi.

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Per il pranzo di Pasqua gli italiani hanno speso 1,2 miliardi di euro

Gli italiani hanno speso oltre 1,2 miliardi per imbandire le tavole di Pasqua con il netto prevalere del pranzo casalingo, anche se non è mancato chi ha scelto ristorante o agriturismo. E' quanto emerge dall'analisi Coldiretti-Ixè 'La Pasqua 2018 degli italiani'; per il giorno di 'pasquetta' il 20% delle persone non rinuncerà alla tradizionale gita fuori porta in parchi e aree protette con il picnic nel verde, viste le previsioni di bel tempo. Sul podio dei prodotti più presenti in tavola la colomba, scelta dal 57% delle famiglie, e l'uovo di cioccolato acquistato dal 49%. Ma in quasi sei famiglie su dieci (58%) c'è chi ha preparato in casa i dolci pasquali nel rispetto delle tradizioni locali. Nella settimana Santa si è stimato un consumo di 400 milioni di uova. Tra i piatti più gettonati gnocchi filanti in Piemonte, la corallina, salame tipico accompagnato da pizza al formaggio mangiata a colazione nel Lazio, i passatelli in Romagna, l'insalata buona Pasqua con fagiolini, uova sode e pomodori in Molise.

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Miur, 826mila studenti stranieri in Italia

Uno studio del Miur, il ministero dell’istruzione università e ricerca, ha censito il numero degli studenti stranieri nel nostro Paese: sono 826mila, il 9,4% della popolazione studentesca.
Il Focus è stato effettuato sugli alunni con cittadinanza non italiana nell'anno scolastico 2016-2017.
La Lombardia è la regione con più studentesse e studenti con cittadinanza non italiana (circa 208.000), circa un quarto del totale presente in Italia. La quota minore si registra, invece, in Campania.
Dieci le nazioni più rappresentate, prima fra tutte la Romania (19,2%), seguita da Albania (13,6%), Marocco (12,4%), Cina (6%), Filippine (3,3%), India e Moldavia (rispettivamente 3,1%), Ucraina, Pakistan ed Egitto (tutte al 2,4%).
Il 92,1% ha conseguito la licenza della scuola secondaria di I grado e ha scelto di proseguire gli studi: l'83,2% ha scelto un liceo, un istituto tecnico o professionale, l'8,9% ha scelto un percorso di formazione professionale regionale. Sono quindi 191mila gli studenti non italiani che frequentano le scuole secondarie di II grado, il 7,1% della popolazione studentesca totale

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Bankitalia, resta elevato il divario di ricchezza tra uomini e donne

Resta elevato il divario di ricchezza tra uomini e donne in Italia secondo uno studio compiuto da Bankitalia. Si è comunque registrata una riduzione negli ultimi anni. Le informazioni sono contenute in un 'Occasional paper' della Banca d'Italia curato da Giovanni D'Alessio, secondo cui il cosiddetto sesso forte ha una ricchezza media netta maggiore di circa il 25% rispetto a quella delle donne. Un 'gap', sottolinea l'autore, piu' che doppio rispetto al 12% registrato in Francia nel 2010.
 Nel dettaglio, la distanza nella ricchezza è molto più ampia per le attività finanziarie (35%) rispetto a quelle immobiliari (15%). Tra le coppie, sposate o di fatto, le differenze sono ancora più larghe e il gap arriva al 50% nella ricchezza netta e al 43% per il real estate. Il divario si riduce tra i giovani, mentre tende a crescere oltre i 40 anni. A pesare sono anche i trasferimenti ereditari, spesso maggiormente favorevoli agli uomini. 

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Pensioni, oltre il 70 per cento è sotto i 1.000 euro

L'età media di uscita dal lavoro aumenta nel 2017 ma resta ampiamente al di sotto di quella di vecchiaia. L'anno scorso, secondo quanto risulta dalle tabelle pubblicate dall'Inps sulle pensioni liquidate nel 2017, l'età media di uscita è stata di 63 anni e mezzo (era 63,2 del 2016) a fronte dei 66,7 anni previsti per la vecchiaia degli uomini e dei 65,7 per le donne nel settore privato. Il dato risente dell'alto numero di pensioni anticipate. 

Le pensioni erogate dall'Inps con esclusione del settore pubblico e di quello dello spettacolo erano a inizio 2018 nel complesso 17,88 milioni per una spesa di 200,5 miliardi di euro (+1,57% sul 2016). Oltre il 70% dei trattamenti è risultato inferiore ai 1.000 euro al mese con un picco per le donne (l'86% delle prestazioni è inferiore a questa cifra). Bisogna sottolineare però che si tratta di pensioni e non di pensionati e poiché molti possono contare su più trattamenti la percentuale delle persone che sono sotto questo importo considerando l'intero reddito da pensione è più bassa (era del 39,1% nel 2016). Nel 2016 i pensionati totali (compresi quelli del settore pubblico) erano 16,06 milioni per 22,5 milioni di pensioni. Le pensioni nel complesso inferiori a 750 euro sono oltre 11,1 milioni (il 62,2% del totale), quasi cinque milioni delle quali con titolari di prestazioni legate al reddito. Se si guarda solo alle pensioni delle donne (10,19 milioni in totale) gli assegni inferiori a 1.000 euro sono 8,7 milioni. Per le donne gli assegni fino a 500 euro sono 2,8 milioni (1,7 milioni per gli uomini. La pensione media (si parla sempre di trattamenti singoli e non di importo complessivo per pensionato) è di 866,72 euro. Al Nord la pensione media è di 992 euro mentre al Centro è di 891 euro e al Sud di 698 euro. Le pensioni pagate all'Estero hanno un importo medio mensile di 245 euro. Nel 2017 sono state liquidate 1.112.163 pensioni delle quali poco meno della metà (il 49,7%) di natura assistenziale). L'anno scorso si è registrato un boom delle pensioni anticipate rispetto all'età di vecchiaia dopo l'aumento nel 2016 di quattro mesi per i contributi necessari all'uscita. Le pensioni dei lavoratori privati usciti dal lavoro con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) nel 2017 sono state 160.142 con una crescita del 25,35% rispetto al 2016. In pratica le pensioni anticipate rispetto all'età di vecchiaia prevista per il 2017 (66 anni e sette mesi per gli uomini, 65 anni e 7 mesi per le dipendenti private, 66 anni e un mese per le autonome) sono state più della metà (il 52,6%) di quelle complessive di vecchiaia, anticipate e prepensionamenti.

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