L’Osservatorio

Presentata l’App di Resto al Sud

Per la prima volta un incentivo pubblico dispone di uno strumento digitale che informa in modo diretto e immediato: un ulteriore passo nella direzione dell'efficienza e della trasparenza della PA compiuto da Invitalia, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo. E' stata presentata l'App di Resto al Sud, l'incentivo gestito da Invitalia, dedicato ai giovani under 36 che vogliono avviare un'attivita' imprenditoriale nelle 8 regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna). Hanno partecipato alla presentazione, nella sede di Invitalia, la Ministra per il Sud, Barbara Lezzi e l'Amministratore Delegato di Invitalia, Domenico Arcuri. Scaricabile gratuitamente da App Store e da Google Play, l'applicazione permette agli aspiranti imprenditori di seguire in tempo reale lo stato di avanzamento della domanda per ricevere gli incentivi di Resto al Sud e di rimanere sempre informati su tutte le novita'. 'L'App 'Resto al Sud' ha detto Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia - ha per noi un doppio senso. Il primo: consegnare ai cittadini un loro diritto. Metterli, cioe', nelle condizioni di sapere in tempo reale a che punto sono le loro richieste. Il secondo ci riguarda piu' da vicino: con questa app ci mettiamo in gioco, dobbiamo rispettare i tempi di chi ci chiede se puo' avviare un'impresa al Sud, all'insegna della trasparenza, della tracciabilita' e della puntualita'. 

Attivando le notifiche push nell'area pubblica dell'App - informa Invitalia in una nota - si possono infatti avere informazioni sull'incentivo, leggere le news e conoscere le date dei workshop e degli eventi di promozione in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Chi ha presentato la domanda per ricevere gli incentivi su www.invitalia.it puo' entrare nell'area riservata dell'App e seguire in tempo reale la valutazione del progetto. Arrivera' una notifica sullo smartphone ogni volta che si passa allo step successivo o, anche, se il team di valutazione ha bisogno di piu' informazioni. Grazie al calendario integrato, e' possibile salvare le scadenze e gli appuntamenti. L'App da' inoltre la possibilita' di cercare le banche convenzionate per ricevere il contributo finanziario e gli enti pubblici, le universita' e gli organismi di terzo settore in grado di dare agli aspiranti imprenditori un aiuto concreto e gratuito per 'costruire' il progetto d'impresa

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Coldiretti: 4,4 mln di italiani nel 2018 hanno utilizzato i lavori dei riders

L’8% degli italiani pari a circa 4,4 milioni di individui adulti ha utilizzato nel 2018 almeno una volta al mese i servizi on line di consegna del cibo a casa cotto o in forma di spesa, la cosiddetta 'Food Delivery' che vede impegnati i riders. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base degli ultimi dati Ismea/Nielsen dai quali emerge che si tratta di un'abitudine che coinvolge prevalentemente i consumatori nella fascia di età 25/34 anni. La centralità assunta negli ultimi anni dal cibo sta cambiando velocemente - sottolinea www.Coldiretti.it - le abitudini alimentari degli italiani, anche per gli aspetti relativi al mangiare fuori casa, mentre la potenza del digitale moltiplica le nuove modalità di offerta e fruizione del cibo. Il risultato - precisa la Coldiretti - è il diffondersi delle società di food delivery che sono diventati una importante opzione per chi non ha voglia di cucinare o di uscire di casa, ma vuole comunque garantirsi piatti serviti in locali e ristoranti. Alcuni siti hanno una diffusione internazionale altri nazionale o locale, ma in generale la copertura è maggiormente garantita nelle grandi città mentre più ridotta è l’offerta nelle periferie dove il servizio è inferiore. 

L’offerta - continua la Coldiretti - spazia dalle diverse versioni di pizza ai piatti etnici fino ai classici della tradizionale alimentare italiana come la pasta consegnati in contenitori termici che garantiscono che il piatto si mantenga caldo. Il trasporto avviene principalmente in bicicletta ma anche con motorini per ovviare ai vincoli delle zone centrali a traffico limitato delle grandi città. I tempi di consegna - precisa la Coldiretti - sono solo in alcuni casi prefissati e non superano i sessanta minuti, ma è possibile stabilire una fascia oraria precisa mentre per quanto riguarda il pagamento è diffuso quello on line e non sempre è possibile quello in contanti. Tra i siti più gettonati che si contendono il mercato nazionale ci sono Just Eat, Foodora, Deliveroo, ma in Italia - spiega la Coldiretti - si moltiplicano anche le realtà locali con forte penetrazione nelle aree di riferimento. La possibilità di scelta è normalmente molto ampia anche se varia a seconda del luogo di consegna con maggiori difficoltà per le zone più isolate. Sui costi è in atto una competizione tra i diversi 'players' con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi. Una guerra commerciale che - conclude la Coldiretti - rischia di ripercuotersi sulla l’interna filiera, dalla gestione del personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari. ECO Milano, 2 lug. (LaPresse) - L’offerta - continua la Coldiretti - spazia dalle diverse versioni di pizza ai piatti etnici fino ai classici della tradizionale alimentare italiana come la pasta consegnati in contenitori termici che garantiscono che il piatto si mantenga caldo. Il trasporto avviene principalmente in bicicletta ma anche con motorini per ovviare ai vincoli delle zone centrali a traffico limitato delle grandi città. I tempi di consegna - precisa la Coldiretti - sono solo in alcuni casi prefissati e non superano i sessanta minuti, ma è possibile stabilire una fascia oraria precisa mentre per quanto riguarda il pagamento è diffuso quello on line e non sempre è possibile quello in contanti. Tra i siti più gettonati che si contendono il mercato nazionale ci sono Just Eat, Foodora, Deliveroo, ma in Italia - spiega la Coldiretti - si moltiplicano anche le realtà locali con forte penetrazione nelle aree di riferimento. La possibilità di scelta è normalmente molto ampia anche se varia a seconda del luogo di consegna con maggiori difficoltà per le zone più isolate. Sui costi è in atto una competizione tra i diversi 'players' con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi. Una guerra commerciale che - conclude la Coldiretti - rischia di ripercuotersi sulla l’interna filiera, dalla gestione del personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari.

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Il tasso di ‘Neet’ piu’ alto è a Caltanissetta, quello più basso a Venezia

I giovani (con un'eta' compresa fra i 15 e i 29 anni) che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione (Neet) erano nel 2017 2,1 milioni (1,1 milioni donne e 1 milione di uomini), in calo di 25 mila unita' (-1,1%) rispetto al 2016. Lo rivela una ricerca presentata nell'ultima giornata della nona edizione del Festival del Lavoro, organizzata dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, secondo cui Il tasso di giovani che non lavorano e non studiano piu' elevato nel 2017 si registra a Caltanissetta (44,9%) mentre quello piu' basso a Venezia (11,2%), con una differenza di oltre 33 punti percentuali. Un tasso superiore al 40% si registra anche nelle province di Crotone (44,7%) e Palermo (40,4%). Percentuali piu' elevate di questo indicatore si osservano anche a Napoli (37,6%). Valori inferiori al 12%, infine, si osservano a Treviso (11,6%), Belluno (11,6%) e Modena (11,9%). Dal 2016 al 2017, la flessione maggiore si registra nelle regioni del Centro (-3,4%), rispetto a quelle del Nord (-0,8%) e del Mezzogiorno (-0,7%). Il tasso di Neetdiminuisce di soli 0,2 punti percentuali rispetto al 2016 (24,3%): il valore di questo indicatore nel Mezzogiorno (34,4%) e' superiore di 14,7 punti percentuali rispetto a quello del Centro (19,7%) e di 17,7 punti rispetto a quello del Nord (16,7%).

Secondo lo studio, la provincia con la quota piu' elevata di occupati e' Bolzano (72,9%), mentre quella con il tasso di occupazione piu' basso e' Reggio Calabria dove lavorano solo 37,5 persone su 100. Dal 2 al 24 posto troviamo le province nelle quali sono occupati piu' di due terzi della popolazione in eta' lavorativa. Sono, nell'ordine, Bologna (71,8%), Milano (69,5%), Piacenza (69,4%), Parma e Firenze (69,3%), Lecco (69,2%), Belluno (69,2%), Modena (69,1%), Pisa (68,9%), Pordenone (68,6), Cuneo e Reggio nell'Emilia (68,4%), Siena (68%), Arezzo (27,8%), Biella (67,7) ed altre otto province del Nord fra il 67,6% e il 66,6%. Roma si colloca solo al 48 esimo posto della classifica (63,6%) e la provincia del Mezzogiorno con il tasso di occupazione piu' elevato e' L'Aquila (57,1%) che si trova al 66 esimo posto. Le altre province, dopo Reggio Calabria (37,1%), dove sono occupate meno di 4 persone su 10 sono Foggia (38,2%), Caltanissetta (38,5%), Palermo (38,5%), Napoli e Crotone (39,4%), Trapani (39,6%) e Agrigento (39,7%) Il rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro attraverso un "indice sintetico di efficienza e di innovazione" (Labour market efficiency and innovation index) e stila una graduatoria anche delle province italiane in base al loro livello di competitivita' occupazionale, derivato da cinque indicatori che meglio rappresentano e spiegano la capacita' del tessuto economico e sociale di produrre maggiore e migliore occupazione. Al primo posto si colloca Bologna, pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori. Seguita da Trieste, Monza e Brianza, Milano che nella precedente rilevazione occupava la seconda posizione e la prima nel 2015 con la quota piu' alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. In coda alla classifica troviamo Crotone. Nel gruppo delle province meno innovative e competitive sono presenti tre capoluoghi regionali: Palermo al 90 posto, Reggio di Calabria al 92 e Napoli al 96 posto, insieme a tutte le province calabresi e alla maggioranza di quelle siciliane. La provincia di Foggia registra il piu' elevato gender gap nell'occupazione ed e' una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell'indice, insieme a Brindisi, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Lecce. Se Prato registra la migliore performance, quella di Ancona e' la peggiore con un crollo al 53 posto e la perdita di 30 posizioni.

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Aumenti in arrivo per le bollette dal 1° luglio: luce +6,5%, gas +8,2%

Da domenica primo luglio la spesa per l'energia per la famiglia tipo in tutela registrerà un incremento del 6,5% per l'energia elettrica e dell'8,2% per il gas naturale, in controtendenza rispetto ai forti ribassi (-8% per l'elettricità e -5,7% per il gas) del secondo trimestre di quest'anno. Lo fa sapere l'Autorità per l'energia, precisando che "per il gas l'impatto sulla spesa per i clienti domestici risulta meno significativo in considerazione dei bassissimi consumi del periodo estivo".A pesare, specifica la stessa Autorità, sono le tensioni internazionali e la conseguente forte accelerazione delle quotazioni del petrolio, cresciute del 57% in un anno e del 9% solo nell'ultimo mese di maggio, che "hanno pesantemente influenzato anche i prezzi nei mercati all'ingrosso dell'energia, con ripercussioni sui prezzi per i clienti finali sia del mercato libero che del mercato tutelato".Gli andamenti, prosegue il comunicato, si riflettono sull'aggiornamento delle condizioni economiche di riferimento per le famiglie e i piccoli consumatori in tutela per il terzo trimestre 2018. Per il settore elettrico, allo scopo di mitigare l'impatto dell'attuale congiuntura, l'Autorità è intervenuta con una modulazione degli oneri generali di sistema, in modo da ridurre l'aumento di spesa per i clienti domestici e non domestici, con pari effetti sia sul mercato tutelato che su quello libero.L'aumento per l'elettricità, precisa la nota, "sarebbe stato più consistente in assenza dell'importante intervento di 'scudo' congiunturale attivato dall'Autorità tramite gli oneri di sistema, il cui valore complessivo per il 2018 è stimato in 14 miliardi di euro". Per contenere nell'immediato parte degli aggravi sui consumatori, infatti, la stessa Autorità per l'energia ha deciso di allegerire in parte il prelievo tariffario degli oneri generali, compensandolo con giacenze-scudo di cassa.L'Istat ha certificato proprio in giornata un balzo dell'inflaizone dell'1,4% annuo a giugno, contro l'1% di maggio. Anche sulla spesa delle famiglie a pesare è stato il caro-petrolio, che ha infiammato la benzina ma anche i beni alimentari, trasportati soprattutto su gomma.

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Assicurazioni, il premio medio è sceso di oltre 100 euro nell’ultimo quinquennio

Nel quinquennio 2013-2017 le polizze con scatola nera sono passate dal 10% a oltre il 20% del totale, con punte nelle aree meridionali del 60%, "portando così il mercato italiano in testa alle classifiche mondiali di diffusione della motor connected insurance". Lo spiega l'Ivass nella Relazione Annuale. La scatola nera "è stata la chiave di volta nella lotta alle frodi", ha sottolineato il presidente dell'Ivass, Salvatore Rossi, a margine della Relazione. "Nel comparto Rc auto un importante traguardo è stato raggiunto sui costi: nel quinquennio 2013-2017 il premio medio è sceso di quasi un quarto, oltre 100 euro". Lo scrive l'Ivass nella relazione annuale, sottolineando che sono "molto diminuite anche le disparità di prezzo sul territorio". Ad esempio, "il differenziale Napoli-Aosta si è più che dimezzato, passando dagli oltre 400 euro del 2012 a meno di 200 lo scorso anno". A incidere sul calo dei prezzi è stata la diffusione della "scatola nera", spiega l'Ivass. 

 Nel 2017 sono stati raccolti premi per 132 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto al 2016. Lo rileva l'Ivass nella Relazione Annuale. Nel primo trimestre del 2018 si registra invece una crescita del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, aggiunge l'Ivass, spiegando che la flessione del 2017 è dovuta al settore "vita" e si tratta di "quasi 3 miliardi e mezzo di minori ricavi". I bassi rendimenti che le compagnie possono offrire sulle polizze vita tradizionali "ne hanno ridotto l'appetibilità" per la clientela, ha detto il presidente dell'Ivass, Salvatore Rossi. I premi raccolti su queste polizze sono stati di 63 miliardi, 10 miliardi in meno rispetto al 2016, si legge ancora nella Relazione Annuale, in cui si spiega che "la perdita è stata limitata dalla contestuale crescita delle polizze unit-linked, che pongono in tutto o in parte il rischio finanziario in capo al sottoscrittore". In crescita, invece, dell'1,1% il settore danni, che "ha interrotto il ciclo regressivo del settore iniziato nel 2012".

Sono state "risvegliate" quasi 190.000 polizze dormienti con pagamenti, già effettuati o in corso, per oltre 3,5 miliardi di euro. Su altre 900.000 polizze sono in corso accertamenti delle imprese. "Confidiamo molto che il fenomeno possa essere prevenuto" e "una delle idee é consentire alle compagnie di accedere alla banca dati dell'anagrafe tributaria", ha spiegato Rossi. La stima del volume complessivo di queste polizze dormienti resta sui 4-4,5 miliardi di euro.

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Lombardia leader della vendita a domicilio

Lombardia leader della vendita a domicilio: nel 2017 le aziende del settore hanno realizzato nella regione un fatturato di 237 milioni 385mila euro. Lo conferma la rilevazione del Centro Studi Univendita sulle proprie aziende associate: il risultato lombardo rappresenta il 14,3% delle vendite nazionali, che hanno raggiunto nel 2017 la cifra di 1 miliardo 660 milioni di euro (+1,8% rispetto all'anno precedente). Nel Nord Ovest, che vale il 24,2% del fatturato nazionale, la Lombardia fa la parte del leone, mentre Piemonte/Valle d'Aosta e Liguria valgono rispettivamente il 7,6% e il 2,3% del fatturato totale delle aziende Univendita. Nella classifica delle vendite la Lombardia è seguita da Campania (185 milioni di euro) e Veneto (154 milioni di euro). Nel complesso, Sud e Isole realizzano il 36,8% del fatturato (610 milioni di euro); seguono Nord Ovest (401 milioni di euro), Nord Est (353 milioni di euro) e Centro (293 milioni). Quanto agli addetti alla vendita, nel 2017 in Lombardia hanno operato oltre 20.000 venditori a domicilio, pari al 12,7% del totale italiano (158.000 addetti). Nella classifica della presenza dei venditori la Lombardia è terza, dopo Campania (23.000 addetti) e Sicilia (con 21.500 addetti). Guardando alle aree geografiche è al Sud e Isole che nel 2017 si è concentrato il maggior numero di venditori (77.700 addetti pari al 49% del totale); seguono il Nord Ovest con 32.000 addetti, il Nord Est con 24.000 addetti e il Centro con 24.500 addetti.

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Istat, cresce la povertà tra giovani e famiglie con minori 

Più di 5 milioni di italiani vivono nella povertà assoluta. L’Istat nel dare questo dato rende noto che si tratta del livello più alto dal 2005, quando le famiglie in povertà assoluta erano stimate in 1.778.000. Di questi 5.058.000 individui, 1,2 milioni sono minori. L'aumento della povertà assoluta colpisce soprattutto il Sud, dove una persona su 10 vive in questa condizione.
L’incidenza della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.
Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).
Nel 2017 l’incidenza di povertà assoluta si mantiene più contenuta, e al di sotto del valore medio, tra le famiglie di soli italiani (5,1%), sebbene in aumento (era 4,4% nel 2016), soprattutto nel Mezzogiorno (da 7,5% nel 2016 a 9,1% nel 2017).
Per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 826,73 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 742,18 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 560,82 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno.
Nel 2017, si stima siano 3 milioni 171mila le famiglie in condizione di povertà relativa (con un’incidenza pari a 12,3% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 9 milioni 368mila individui (15,6% dell’intera popolazione). Di questi, 4 milioni 669mila sono donne (15,1%), 2 milioni e 156mila sono minori (21,5%) e quasi 1 milione e 400mila anziani (10,5%)
Valle d’Aosta (4,4%), Emilia-Romagna (4,6%), Trentino Alto Adige (4,9%), Lombardia (5,5%), Toscana (5,9%), Veneto (6,1%), Piemonte (6,8%), Friuli Venezia Giulia (6,9%), Trento (7,8%), Lazio (8,2%), Liguria (8,5%) e Marche (8,8%) mostrano i valori più bassi dell’incidenza di povertà relativa e inferiori alla media nazionale (Prospetto 16).
La Calabria si discosta significativamente dalle altre regioni del Mezzogiorno e dalla media di ripartizione, presenta il valore più elevato (35,3%), seguita da Sicilia (29,0%) e Campania (24,4%). La Puglia mostra un incremento dell’incidenza di povertà relativa rispetto al 2016 (da 14,5 a 21,6%), in linea con la ripartizione del Mezzogiorno (da 19,7 a 24,7%).
Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne.
L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5%) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,0%), queste ultime in peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.

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Le imprese italiane versano al fisco 101,1 miliardi di euro l’anno

Le imprese italiane versano al fisco 101,1 miliardi di euro l’anno: un carico di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali da far tremare i polsi. Tra i principali paesi europei, solo l’Olanda (14,2 per cento) registra una incidenza del prelievo fiscale riconducibile alle imprese sul gettito fiscale totale superiore alla nostra (14,1 per cento).

Con i nostri principali competitor, invece, scontiamo dei differenziali molto preoccupanti; tutti presentano un “sacrificio fiscale” nettamente inferiore al nostro. Sulle aziende tedesche, ad esempio, grava un prelievo sul gettito totale del 12,3 per cento, sulle spagnole dell’11,6 per cento, su quelle britanniche dell’11,4 per cento e sulle francesi del 10,2 per cento.

“Sebbene alle nostre imprese sia praticamente richiesto lo sforzo fiscale più oneroso d’Europa – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – lo Stato italiano continua a non agevolarne la crescita. Anzi. Ricordo, ad esempio,  che il debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori è di 57 miliardi di euro, di cui una trentina ascrivibili ai ritardi nei pagamenti. Il peso economico dell’inefficienza burocratica della macchina pubblica sulle Pmi, invece, è di 31 miliardi e il deficit infrastrutturale, sia materiale che immateriale, grava sul sistema produttivo per almeno 40 miliardi di euro".

L’Ufficio studi della CGIA tiene inoltre a sottolineare che la priorità del nostro Paese è la questione economica. I segnali di ripresa registrati in questi ultimi 2 anni si stanno affievolendo e anche quest’anno la nostra crescita sarà la più contenuta in tutta l’Ue. Per questo è necessario intervenire quanto prima per abbassare le tasse, alleggerire l’oppressione burocratica, accelerare i pagamenti della Pubblica amministrazione e tornare ad investire. In merito agli investimenti il Segretario della CGIA, Renato Mason, afferma: “Pur essendo uno strumento intelligente, il piano 4.0, fortemente voluto dall’ex ministro Calenda, è stato tarato sulle esigenze delle medie e delle grandi aziende. Non è un caso, infatti, che fino ad ora la stragrande maggioranza degli incentivi sia stata utilizzata da queste ultime. Le piccole, che sono la quasi totalità delle imprese presenti nel paese, ne hanno usufruito in misura minore. Pertanto, è necessario coinvolgerle maggiormente e nella rivoluzione digitale che dovremo affrontare nei prossimi anni dovranno essere interessate anche la Pubblica amministrazione, la scuola e le maestranze. Questa sfida si vince se, tutti assieme, saremo in grado di fare squadra, giocando questa partita con la consapevolezza che chi rimarrà indietro avrà poche possibilità di stare al passo con le principali potenze economiche del mondo”. Oltre ad avere un peso fiscale in Italia che rimane tra i più elevati tra i paesi più avanzati, la CGIA ricorda che è altrettanto inaccettabile che il grado di complessità raggiunto dal fisco scoraggi la libera iniziativa e la voglia di fare impresa. Inoltre, gli artigiani mestrini tengono a precisare che non è nemmeno più rinviabile una riflessione sull’ “assetto” della Magistratura giudiziaria. “Il nostro sistema fiscale – conclude Zabeo - è costituito da 3 attori: il legislatore, l’Amministrazione finanziaria e la giustizia tributaria. Ad ognuno di questi soggetti la Costituzione conferisce una funzione e non è ammessa alcuna sovrapposizione di ruoli. Le Commissioni tributarie, però, si avvalgono della struttura organizzativa ed economica del Ministero dell’Economia e delle Finanze a cui appartiene anche l’Agenzia delle Entrate che è la controparte del contribuente. Ora, nessuno mette in discussione l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici tributari, ci mancherebbe, sta di fatto che il problema esiste e nel contenzioso giuridico tra fisco e contribuente lo squilibrio c’è e, purtroppo, è a svantaggio di quest’ultimo”.

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Un italiano su tre pensa di vivere in una zona a rischio sicurezza

Un italiano su tre pensa di vivere in una zona a rischio sicurezza. L’Istat pubblica un’indagine sulla percezione della sicurezza, riferita agli anni 2016-2016. C’è preoccupazione soprattutto nelle regioni Lazio, Lombardia, Campania e Puglia.
A livello territoriale, il senso di insicurezza che si prova camminando da soli quando è buio è più forte tra gli intervistati che vivono nei comuni centro dell’area metropolitana (37,8%) e nelle periferie dei grandi centri urbani (32,8%).
I dati sono in aumento rispetto alla rilevazione precedente (+11,9 punti percentuali). Sono però meno i cittadini preoccupati di subire uno scippo (-6,3% dal 2008-2009), una rapina (-7,1), il furto dell'auto (-6,7) e o una violenza sessuale (-14). Mentre resta stabile il dato sui cittadini molto o abbastanza preoccupati dai furti in casa: sono il 60,2%.
Diminuisce la fiducia sul controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine: il 46,4% dà una valutazione negativa, un dato in peggioramento rispetto al 38,4% della precedente rilevazione. Giudizi più positivi sono espressi da coloro che vivono nei centri di piccole dimensioni.
In moti pensano che le forze dell'ordine dovrebbero transitare più spesso nelle strade (55,5%), essere più numerosi (44,2%) o più presenti sul territorio (26,6%), e in particolare nelle zone a rischio (20,5%) e di notte (20,3%).
Una maggiore insicurezza – rileva l’Istat - si riscontra al Centro (30,2%) e al Nord-Ovest (29,9%). In particolare, il valore massimo si registra in Lombardia (il 34,9% degli intervistati dichiara di sentirsi poco o per niente sicuro tra le strade), seguita da Lazio (33,9%) e Puglia (32,9%); quote più elevate di cittadini “per niente sicuri” si rilevano in Campania (12%) e nel Lazio (9,9%).
Viceversa, nella provincia autonoma di Bolzano si registrano i picchi più elevati di sicurezza (l’81,1% degli intervistati si dichiara molto o abbastanza sicuro); segue la Valle d’Aosta (78,3%), la provincia autonoma di Trento (77,6%) al Nord, e la Sardegna (75,5%) e la Basilicata (74,9%) nel Mezzogiorno. L’Emilia Romagna e il Veneto sono le due regioni in cui vivono quote più elevate di abitanti che non escono mai da soli o non escono quando è buio (rispettivamente 17,1% e 14%).

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Vino, cresce il valore dell’export nel primo trimestre, ma volumi in calo 

"Grazie alla tenacia e al coraggio dei nostri imprenditori chiudiamo il primo trimeste 2018 con un valore dell'export che segna ancora un rialzo del +4,5%. Una crescita, però, in calo sul 2017 perchè frenata dai forti rialzi dei prezzi legati alla scarsa vendemmia e dal ritardo accumulato dal Ministero nell'erogazione dei fondi OCM promozione. Registriamo, infatti, un crollo nei volumi che 'indebolisce' in maniera preoccupante il nostro posizionamento sui mercati internazionali, rallentando anche il traino delle bollicine che segnano una crescita modesta rispetto alle performance degli anni scorsi e non riescono più a sostenere la prolungata stasi dei vini fermi". Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta così i dati Istat elaborati da Ismea, partner dell'Osservatorio, relativamente all'export del vino italiano nel periodo gennaio-marzo 2018 che riporta una crescita del +4,5% in valore (superando gli 1,38 miliardi di euro) e una flessione pari al -9% in volume, passando dai circa 4,9 milioni di ettolitri di vini e mosti esportati nel primo trimestre del 2017 ai 4,5 circa milioni di ettolitri nello stesso intervallo di tempo di quest'anno. "Un quadro complessivo molto difficile - commenta Abbona - che si trova a dover affrontare una instabilità costante legata ai riflessi di dinamiche geopolitiche, che non aiutano la crescita del commercio. È urgente che il neoministro Centinaio acceleri sul bando Ocm per sbloccare quei fondi, indispensabili per supportare i finanziamenti degli imprenditori italiani sul mercato internazionale, e faccia pressione su Bruxelles per imprimere nuovo sprint ai negoziati di libero scambio non ancora conclusi". In particolare, a soffrire e a causare il crollo dei volumi esportati è quel -32,6% evidenziato nelle vendite dei vini comuni, i quali nel corso del 2017 sono stati soggetti ad un calo della produzione e ad un conseguente aumento dei prezzi. Risultati preoccupanti, moderati però dai numeri degli spumanti, vero traino del settore, che nel complesso salgono del +2,8% a volume e del +14,6% in valore. In particolare, questo segmento si conferma particolarmente apprezzato negli Stati Uniti (+14,3% e +18,6%) e registra un netto aumento tanto in Belgio (64,4% e 69,9%) quanto in Germania (+34,3% e +10,8%). Si fa sentire invece l'effetto Brexit, con una diminuzione del -6,1% in volume e un +2% in valore nel Regno Unito.

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