Le storie

Ericsson dona 60 personal computer alla Cri

Nell'ambito del progetto Connect To Learn, Ericsson ha donato 60 personal computer alla Croce Rossa Italiana, per far fronte alle necessità formative degli studenti dell'Abruzzo che ne avranno bisogno e che oggi sono impegnati nella didattica a distanza e nella preparazione degli esami di maturità. ''Grazie di cuore a Ericsson- dichiara il presidente della Cri Abruzzo Gabriele Perfetti - per questo generoso contributo che aiuterà gli studenti, tra i più penalizzati dalle conseguenze del Covid-19, a poter proseguire i propri studi. Fin dall'inizio, oltre agli interventi in emergenza, ci siamo posti il problema di come rimanere accanto ai più vulnerabili per evitare che potessero subire l'isolamento inevitabilmente creato dal lockdown. Con il progetto 'Il tempo della gentilezza' abbiamo assistito le persone più fragili consegnando spesa e farmaci a domicilio. Oggi con questa nuova iniziativa, grazie a Ericsson, possiamo essere vicini anche ai più giovani, il presente e il futuro del nostro Paese''. Nelle prime settimane dell'emergenza, i 3000 professionisti di Ericsson in Italia hanno donato, su base volontaria, il corrispettivo di una o più ore del proprio lavoro, raccogliendo oltre 180.000 euro da destinare alla Protezione civile. A questa iniziativa locale si è affiancata una seconda campagna di raccolta fondi promossa da Ericsson a livello internazionale il cui ricavato, ulteriori 180.000 euro, è stato devoluto alla Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc)

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Ferro e patologie infiammatorie, studio dell’Università di Teramo

Il ferro avrebbe un ruolo nell'attivazione infiammatoria dei macrofagi umani. E' quanto scoperto dal team di ricercatori di Biochimica e Biologia molecolare dell'Universita' di Teramo, coordinato dal professor Enrico Dainese, in collaborazione con il Campus Bio-Medico di Roma. Nello specifico, i ricercatori sono riusciti a evidenziare un nuovo ruolo funzionale del ferro nella 5-lipossigenasi che comporta l'attivazione dei macrofagi umani e la sintesi di composti pro-infiammatori come l'interleuchina-6. Questo enzima rappresenta, insieme alla cicloossigenasi, il principale bersaglio di molecole anti-infiammatorie impiegate a scopo terapeutico. Il lavoro, pubblicato dalla rivista Frontiers in Immunology, evidenzia aspetti mai osservati prima nella funzione dell'enzima umano. E' stato infatti scoperto che il ferro nel sito attivo e' fondamentale per l'attivazione della 5-lipossigenasi attraverso il controllo della localizzazione dell'enzima nelle nostre cellule di difesa, i macrofagi. Tale meccanismo potrebbe essere, oltre che di rilevanza fisiologica identificando un nuovo pathway nel processo infiammatorio, correlato a una condizione di eccesso di apporto di ferro nella dieta o dovuto a un non corretto uso di integratori. "Dal punto di vista clinico - sottolinea il professor Dainese - tali risultati suggeriscono una piu' attenta valutazione dei rischi relativi all'eccesso di ferro nella dieta e evidenziano come questo possa essere associato a un'attivazione non controllata dei macrofagi con sintesi di interleuchina-6 di rilevanza in patologie infiammatorie croniche, degenerative e tumorali".

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Contagio, malattia, quarantena e guarigione. La storia di un professionista di Pescara.

 

“Esperienza dura, che insegna molto. Grazie a quanti mi hanno assistito. Ora serve prudenza. Economia e stili di vita dovranno cambiare”.


Una esperienza difficile, sotto il profilo sanitario, sociale e personale. È la storia di un professionista di Pescara, P.M guarito dal Coronavirus che ha deciso raccontare la sua vicenda. Una intervista dove ci sono tutti i passaggi della malattia: i primi sintomi, la febbre, poi i tamponi negativi, il tempo di tirare un sospiro di sollievo ed ecco che spunta il contagio, - con il dubbio che proprio in ospedale durante gli esami e un breve ricovero sia avvenuto il contagio -. Una intervista che fa riflettere su molte questioni: il virus, la malattia, i mille timori per sé stessi e i famigliari, i momenti duri del ricovero, lo stare assieme ad altri pazienti e vedere la morte in diretta di una persona che le stava accanto, fino alle dimissioni, la quarantena in casa e la guarigione.


Lei ha vissuto in prima persona l’incubo del contagio, del ricovero in ospedale, e ora della quarantena. Ora sta bene. Può dirci della sua esperienza?
 
“Era la sera di sabato 14 marzo quando è arrivata la febbre, durante la settimana sono stato assistito telefonicamente dal mio medico di famiglia, per una settimana fino a sabato 21, i primi tre giorni con antipiretici, successivamente con antibiotico, ma senza risultati positivi, da precisare che per tutta la settimana non ho avuto tosse e problemi nella respirazione, nel frattempo è stato richiesto il tampone che mi è stato fatto la mattina di sabato 21, la stessa sera dal momento che avevo ancora la febbre a 40 il medico consigliava di chiamare il 118 per il ricovero e così è stato fatto; all’arrivo al pronto soccorso mi stata fatta subito la lastra al torace e non è risultato nulla ai polmoni;a questo punto sono stato sistemato nel reparto medicina trasformato oramai nel reparto COVID-19 in una stanza da tre posti letto dove erano ricoverati tutti con polmonite e con corona virus già acclarati, dopo tre giorni mi viene fatta la tac al torace da dove risulta una polmonite bilaterale per cui senza attendere l’esito del tampone fattomi a casa la mattina del 21 marzo (risultato poi negativo), iniziano a curarmi con protocollo per chi è affetto da coronavirus. Dopo un paio di giorni la febbre scompare, mi viene somministrato l’ossigeno leggerò con la mascherina tipo aerosol, gli altri pazienti rispetto a me versavano in condizioni molto peggiori addirittura il quinto giorno ho avuto la brutta esperienza di vedere morire il paziente affianco a me, ed in quel momento anche se io mi sentivo abbastanza bene non nascondo che mi sono spaventato molto in quanto non potevo mai sapere come sarebbe finita per me, col senno di poi è andata bene ma in quei momenti è stata davvero dura per tutto quello che ho visto negli otto giorni che sono stato in quel reparto ribattezzato da me “ anello COVID-19 dell’Inferno di Dante”. Il sesto giorno sono stato informato che il tampone del 21 marzo è risultato negativo, il nono giorno sono stato trasferito dal momento che stavo meglio nel reparto di malattie infettive e sinceramente sono passato dall’Inferno al Purgatorio, ero in stanza da due posti con un paziente che aveva fatto lo stesso mio percorso e stava nelle mie stesse condizioni di salute ed è stato dimesso il 6 Aprile una settimana prima di me. Qui mi è stato fatto subito un altro tampone risultato positivo al virus. Devo fare un plauso a tutto il personale sanitario da chi era addetto alla pulizia fino ai medici e infermieri che mi hanno curato e assistito, credetemi non era facile per loro svolgere il proprio lavoro con l’abbigliamento che dovevano indossare per evitare qualsiasi contatto con i pazienti per il rischio di contagio, tute, mascherine, maschere protettive, doppi strati di guanti, tutto questo procurava difficoltà nella respirazione e problemi nel trovare le vene quando dovevano fare i prelievi a causa dei guanti. Il giorno 11 aprile prima delle mie dimissioni mi è stato fatto il tampone risultato poi inutilizzabile perché non analizzato in un tempo utile. Il giorno di Pasqua 12 aprile nel pomeriggio ho avuto la bellissima notizia che potevo tornare a casa e questa è stata la più bella Pasqua per me, poter uscire e tornare a casa con le mie gambe, cosa che a molti non è stato possibile fare. A questo punto però è iniziata la quarantena a casa in una stanza isolato dai miei familiari è tenuto sotto stretta sorveglianza sanitaria prevista dal DPCM del 01.03.20, con l’obbligo di effettuarmi i tamponi per poter essere considerato guarito definitivamente dal coronavirus, e devo dire che dal giorno 12 aprile proprio questa mattina 04.05.20 dopo 23 giorni e non senza innumerevoli solleciti avanzati addirittura anche con una pec alla protezione civile nazionale, sono venuti a farmi il primo dei due tamponi previsti, e spero adesso che siano solerti a farmi il secondo e a darmi in tempi brevi anche gli esiti nella speranza che siano entrambi negativi e quindi poter essere considerato libero dal coronavirus e riacquistare la mia seppur limitata libertà”.


Nella sua esperienza cosa non funzionato a livello sanitario nel percorso tra sintomi, valutazioni mediche, cura,ricoveri e quarantena?

"Oggi a distanza di oltre due mesi dall’aver avuto consapevolezza di quanto stesse accadendo sicuramente a livello sanitario si è molto più preparati nell’affrontare questo mostro invisibile anche con cure efficaci in attesa del vaccino, in quanto all’inizio non si conosceva ancora gli effetti del virus, mentre oggi in tutto questo tempo lo si è potuto studiare, si è avuta la possibilità di conoscere e studiare gli effetti sui pazienti ed anche soprattutto su quelli deceduti ai quali è stata effettuata l’autopsia, in modo da trovare delle cure più specifiche a cui sottoporre i pazienti. All’inizio i medici di base come tutto l’apparato sanitario non erano preparati e non potevano quindi capire come invece avviene oggi che moltissimi casi si possono isolare e curare anche nel proprio domicilio senza recarsi nelle strutture ospedaliere. Il problema oggi in molte città rimane quello di poter fare in tempi brevi i tamponi a più persone possibili dal momento che molti hanno il virus ma sono asintomatici e possono quindi contagiare senza rendersene conto, se avessero fatto il tampone potevano essere isolati in tempo ed evitare quindi molti contagi poi avvenuti. Il problema persiste anche oggi a distanza di oltre due mesi, come nel mio caso che anche se stabilito dallo stesso sistema sanitario il primo dei due tamponi previsti mi è stato fatto solo dopo 23 giorni dal certificato rilasciatomi al momento delle mie dimissioni. Oggi quindi con i grossi passi avanti fatti nella ricerca e nella conoscenza del virus si possono ridurre in  misura considerevole il numero dei ricoveri e curare il paziente nella propria abitazione ed avere più posti a disposizione negli ospedali per i casi più gravi che necessitano del ricovero. Ritengo però che oggi occorre migliorare velocizzando e aumentando il numero dei tamponi da fare al fine di ridurre il periodo delle quarantene ed individuare gli asintomatici positivi".



Lei come molti altri casi ha rischiato conseguenze più gravi. Come si sente oggi?

“Devo dividere in due parti il mio ricovero per aver preso il coronavirus, a parte la settimana che ha preceduto il ricovero nella quale non ho pensato minimamente al virus; I primi otto giorni trascorsi nel reparto di medicina trasformato nel reparto COVID-19, è stato un inferno dal momento che mi sono trovato con dei pazienti seriamente malati Di polmonite e con coronavirus ed ho avuto sinceramente paura dal momento che io non mi sono sentito mai veramente malato in modo serio anche dopo che mi hanno diagnosticato la polmonite bilaterale, ma psicologicamente ero molto provato nel vedere lo stato degli altri che versavano in gravissime condizioni, fino al momento peggiore che ho vissuto nel periodo della mia degenza, giorno che purtroppo ho visito morire il paziente che divideva la stanza con me, per cui nei primi otto giorni sono stato assalito da mille paure anche se ripeto non ho mai avuto paura per la mia salute dal momento che io mi sentivo bene. Contrariamente al secondo periodo dal nono giorno della mia degenza fino alla dimissione avvenuta il 12 aprile; sono stato trasferito nel reparto di malattie infettive e mi sono trovato molto sia dal punto di vista della mia salute che migliorava sempre più che dal trattamento ricevuto dagli operatori sanitari tutti, ed anche dalla buona compagnia con il paziente con cui dividevo la stanza, questa situazione diciamo di benessere sia per la salute che per lo stato emotivo è durata fino al giorno in cui sono stato dimesso. Il ritorno a casa poi è stato per me per i miei familiari in primis ma anche per i mie vicini di casa che mi hanno accolto molto teneramente con un applauso, un momento di enorme felicità è grande commozione. A casa sono dovuto stare in una camera isolato dai miei familiari e questa situazione perdura tutt’oggi e fino a quando non mi avranno fatto due tamponi consecutivi che a loro volta dovranno risultare negativi per poter riacquistare la libertà ed essermi liberato definitivamente dal COVID-19, nonostante tutto però ripensando ai giorni della mia permanenza in ospedale sono molto felice e mi ritengo fortunato di aver superato il virus ed essere tornato a casa con le mie gambe”.


È iniziata la fase della riapertura. Cosa si sente di suggerire a quanti credono che le misure di prevenzione siano inutili?

“Credo che le misure di sicurezza adottate in questi due mesi siano state fondamentali al fine di bloccare o ridurre il contagio fra le persone del virus anche se ultimamente vengono contestate da alcune forze politiche e da una parte dei commercianti. Posso capire la parte dei commercianti che scontano sulla propria pelle le conseguenze della chiusura forzata delle proprie attività per la perdita di reddito e il mancato e tempestivo aiuto da parte delle istituzioni, causa questa probabilmente di molte chiusure di attività di piccoli imprenditori e artigiani principalmente nel settore turistico nei prossimi mesi. Le forze politiche dovrebbero oggi collaborare per superare queste gravose difficoltà. Le misure di prevenzione sono convinto che siano il mezzo più efficace per bloccare il diffondersi del contagio in attesa di un vaccino che possa sconfiggere definitamente il virus, e la popolazione deve capire che bisogna continuare ad attuarle in maniera seria e con coscienza anche dopo le riaperture che si verificheranno dal 4 maggio in poi, e la politica ripeto in questo momento particolarmente difficile è drammatico che sta attraversando non solo il nostro Paese ma il mondo intero dovrebbero marciare tutta nella stessa direzione e mettere da parte le lotte di potere”.

Come professionista attento alle questioni finanziarie, fiscali e alle imprese, come sarà la ripresa economica?

“Purtroppo devo dire mio malgrado che sono pessimista sulla ripresa economica; prima della scoperta del coronavirus l’economia del nostro paese non non era certamente florida, disoccupazione, evasione fiscale, pressione fiscale tra le più alte d’Europa, aumento della povertà, partite iva che chiudono, difficoltà degli imprenditori nel pagamento delle imposte, ecc. Dalla fine di Febbraio e inizi di Marzo con l’entrata in vigore delle misure restrittive per il contrasto alla diffusione del virus COVID-19 la crisi economica a mio modesto parere non può che accentuarsi, soprattutto per il comportamento non unitario che avrebbero dovuto avere tutte le forze politiche al fine di combattere la crisi economica che forza di cose non poteva che aggravarsi ed essere uniti e più efficaci anche nei confronti dell’Europa per avere più peso nelle decisioni ed avere più aiuti in questa fase delicata e critica con in economia sostanzialmente ferma. Gli aiuti alle imprese costrette a chiudere causa virus dovevano essere immediati invece siamo a Maggio e non ancora parte il DPCM di Aprile, i fatti stentano a verificarsi mentre le aziende muoiono giorno dopo giorno. Sono consapevole che ci troviamo in una situazione di grande emergenza mai vista dal dopoguerra ed è proprio per questo motivo che la politica tutta dovrebbe essere unita nel trovare soluzioni, mettendo in pratica gli aiuti concreti a favore del mondo economico e produttivo del Paese. Ho timore che la ripresa economica sia più complessa in quanto molte aziende e soprattutto nel settore turistico e della ristorazione non credo riusciranno a sopravvivere a questa ulteriore crisi economica e finanziaria. Il governo è troppo lento nel prendere le giuste decisioni per correre in aiuto alle aziende per combattere la crisi serve unità d’intenti e rapidità. Istituzioni e politica spero diano il meglio delle loro possibilità per contrastare questa crisi, così eccezionale e non prevedibile. Dobbiamo combattere problemi nuovi, non solo noi ma il mondo intero”.

 

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Di Giannantonio: lo stress da Covid-19 e’ come quello dei soldati in Vietnam

 "Per chi e' in prima linea lo stress da Covid-19 e' come quello dei soldati in Vietnam e dobbiamo evitare i reduci di questa guerra". Ad affermarlo e' Massimo Di Giannantonio, direttore del dipartimento salute mentale della Asl Lanciano Vasto Chieti e docente ordinario di Psichiatria all'universita' 'Gabriele d'Annunzio', che tramite il suo sportello da giorni ascolta le voci dei sanitari che l'emergenza la vivono quotidianamente. "Secondo i dati della Societa' Italiana di Psichiatria- aggiunge- l'ansia, la frustrazione, i disturbi del sonno a causa dei lutti multipli e della paura di non avere fatto abbastanza per i propri pazienti riguardano il 50% degli operatori sanitari. Questa percentuale sale al 70% per il timore e l'ansia di contrarre il virus e all'85% per l'angoscia di essere veicolo dell'infezione per i propri cari. Elevatissimo, dunque, il rischio di arrivare al burnout, cioe' alla sindrome da esaurimento- sottolinea- Un indicatore indiretto di questa situazione e' l'incremento di almeno il 30% del consumo di ansiolitici dall'inizio della pandemia. È bene ricordare che chiedere aiuto non e' un segnale di debolezza, ma di forza, per evitare domani l'ondata di sindromi post traumatiche da stress". Un bilancio tratto grazie al lavoro che lo sportello di ascolto di Di Giannantonio svolge con il numero verde 800.042.999 attivo dal lunedi' al sabato dalle ore 15 alle 19, messo a disposizione da Tim nell'ambito di 'Operazione Risorgimento Digitale' e realizzato in collaborazione con 'Emergenza Sorrisi', organizzazione non governativa che si occupa di bambini affetti da traumi di guerra e altre patologie invalidanti nei Paesi in via di sviluppo.

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L’Abruzzo in vetrina sul canale youtube del Mibact

Land of Abruzzo. Back to the past: la bellezza poetica del patrimonio culturale abruzzese sul canale youtube del Mibact per 'La cultura non si ferma'. Land of Abruzzo. Back to the past è una presentazione poetica dell’Abruzzo e del patrimonio culturale della regione: una musica suggestiva che accompagna la luminosità delle navate di abbazie medioevali e soffitti affrescati così come ampie vedute e chiaro scuri sui dettagli di affreschi, statue e interni. Il video, che in poco più di tre minuti mostra la stupefacente bellezza del patrimonio della regione, fa parte della raccolta online promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo attraverso il proprio canale YouTube per la campagna 'La cultura non si ferma' con l’obiettivo di costituire un’offerta culturale nazionale fruibile da casa: Land of Abruzzo. Back to the past è il contributo della Direzione Regionale Musei Abruzzo.Ecco dunque la chiesa di San Pietro in Albe e quella di San Pietro da Oratorium, nella vallata del Tirino, con lo splendido ciborio e raffigurazioni di Cristo con gli evangelisti e i ventiquattro Vegliardi dell'Apocalisse; l’Abbazia di San Clemente a Casauria e quella di San Giovanni in Venere a Fossacesia. E ancora: la Chiesa di San Bartolomeo a Carpineto della Nora; il Trittico di Alba Fucens, la Madonna con il bambino e San Giovanni evangelista e San Giacomo maggiore, il volto sacro e i fregi dei portali al Castello Piccolomini Celano; i primissimi piani di erma bifronte e delle maschere teatrali del Museo archeologico nazionale La Civitella, così come del Guerriero di Capestrano e della testa di Zeus custodite al Museo di Villa Frigerj, insieme a quelli della Madonna di Collemaggio del Museo nazionale d'Abruzzo, fino ai soffitti decorati del Museo Casa Natale di Gabriele d’Annunzio, a Pescara

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Niko Romito riparte dall’asporto

"Saranno sempre piu' richiesti sostanza e contenuti, a tutti i livelli. Anche una ristorazione molto semplice e democratica dal punto di vista economico deve avere contenuti e progetto, non e' che il prezzo basso determina il successo o meno di un locale". Reinventarsi la ristorazione al tempo del coronavirus. Niko Romito, dal 2014 chef tre stelle Michelin mai smentite con il suo ristorante CasaDonna-Reale di Castel di Sangro, ai confini con il Parco nazionale d'Abruzzo, e' stato costretto ad una pausa di riflessione forzata per la pandemia che s'e' abbattuta su l'Italia. E dal primo decreto del governo che ha sancito la serrata del Paese, ha chiuso tutte le sue attivita'. Da giovedi' 16 aprile ha riaperto SpazioRoma di piazza Verdi, dinanzi alla vecchia Zecca, in pieno quartiere Parioli, per dare il via ad una esperienza inedita: delivery. Ovvero, cibo a domicilio.

"A partire da una serie di ragionamenti sui tanti lavori fatti in questi anni - ha detto Niko Romito - passando anche da un ristorante tre stelle come CasaDonna e un lavoro di cosiddetta Intelligenza Nutrizionale per l'ospedale Cristo Re di Roma, con il mio gruppo ho deciso di riaprire SpazioRoma partendo dalle colazioni la mattina, portando a casa le bombe calde, il pane caldo, le marmellate prodotte da noi fino al pranzo e alla cena con il pollo intero fritto, un menu' divertente ma anche facile da fruire". Ma, soprattutto, "accessibile a un pubblico molto piu' vasto e variegato". Poi Niko aggiunge: "Devo dire che prima ancora che si arrivasse al blocco totale delle attivita', erano gia' due mesi che stavo studiando il delivery, fenomeno che sta crescendo sempre piu'. Quindi ero predisposto e pronto. Ero preparato sul packaging, sui test di temperatura, perche' e' un lavoro molto delicato. Se hai un nome alle spalle, per portare il cibo a casa non si puo' improvvisare. Dietro c'e' un gran lavoro scientifico per offrire un prodotto di alta qualita' che rispetti le temperature e il trasporto. Non si possono fare piatti troppo complicati o elaborati".

Abbinato a Deliveroo, SpazioRoma agisce in un raggio di 4 chilometri. "La sa qual e' la cosa piu' strana? Che mentre al ristorante il cliente ordina i piatti e quindi c'e' un intervallo tra una portata e l'altra, un ritmo anche nelle preparazioni, con l'antipasto, il primo e via di seguito, in questo caso quando entra una comanda del Deliveroo, in quei 5, 10, 20 minuti si deve chiudere il tavolo. Cioe' va fatto l'antipasto, il pane, poi c'e' chi ha preso il dolce oppure una comanda completa. E ogni foglietto e' un tavolo che va chiuso". Questo significa, spiega Romito, che il procedimento di preparazione dei piatti "e' molto accelerato e c'e' una contemporaneita' di preparazioni su tutte le linee". "Il tutto e' molto divertente - aggiunge - ma devi prendere il ritmo, devi capire come coordinarti con tutti i segmenti della cucina in modo che quando arriva il pony un minuto prima o un minuto dopo va chiusa l'esecuzione dei piatti. Se li prepari in anticipo si rischia che si raffreddino, perdano fragranza e le loro caratteristiche di sapore e gusto proprie, se si rallenta il cliente rischia di aspettare a casa ed e' un disservizio". Il tempo di attesa per temperature e consistenza del piatto, spiega Niko Romito, "e' fondamentale per la riuscita del piatto e la qualita' del prodotto"

Insomma, e' come una catena di montaggio. Niko descrive varie tipologie di piatti con anche un piccolo menu' completo chiamato "Menu' della tradizione", antipasto, primo, secondo, contorno e dolce per un totale di 38 euro, consegna inclusa. Lo chef tristellato si dice anche convinto che "l'alta ristorazione, quella vera, dove c'e' ricerca ed esperienza, personalita', avra' sempre il suo mercato. Il lusso del nostro sistema gastronomico e' come l'Alta moda e non si puo' dire che non andra' piu'. E' come la Ferrari che non si puo' dire che non si costruira' piu', perche' non e' vero. La ristorazione dove c'e' ricerca, studio, un progetto, rimane. E anzi, forse superato il momento la gente avra' bisogno di contenuti e sostanza veri. Chi potrebbe semmai risentire e soffrire saranno quei posti che hanno poca identita', la ristorazione un po' improvvisata, che ha investito ma senza grandi competenze" spiega Romito. Con cento dipendenti sulle spalle, Niko non nasconde che il futuro prossimo lo preoccupa non poco ma riflette: "Non appena si trovera' il vaccino sono certo che tornera' in tutti la voglia di ripartire e ci sara' una nuova rivoluzione, un nuovo Rinascimento, ma ora e' la fase piu' delicata e temo numerosi decessi imprenditoriali. E allora potrebbe non esserci piu' la forza di ripartire anche se sara' rimasta la voglia. Noi intanto cerchiamo di fare la nostra parte, con tutto il nostro spirito"

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