Le Idee

Questione urbana e questione ambientale

Questione urbana e questione ambientale

 

  1. “Io so che il cielo è morto, e che la terra, un tempo traboccante della bellezza della vita umana, è diventata quasi un formicaio”

(da “Iperione”, 1797 di Fiedrich Honderline)

Le metropoli infinite

 

Secondo il dossier dell'Onu "World Urbanization Prospects 2018", la popolazione mondiale ammonta oggi a circa 7,7 miliardi di persone; le proiezioni del rapporto mostrano che nel 2050 la popolazione toccherà i 9,7 miliardi. Sempre entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale vivranno in aree urbane, una parte consistente dei quali in mega-città con più di 20 milioni di abitanti destinate a crescere e concentrate nei paesi in rapido sviluppo dell'Asia, dell'Africa e del Sud America. Un quarto di questa stessa popolazione urbana vivrà nei tuguri delle bidonville e nelle periferie degradate delle stesse megalopoli. In Europa l´80% della popolazione abita oggi in città e aree urbane, in Gran Bretagna il 90%, in Italia il 60%.

A fronte di questa situazione drammatica dovremmo avere città e territori vivibili, dove la gente possa incontrarsi, lavorare, muoversi liberamente, vivere bene.

Le città e i territori nei quali viviamo invece sono in gran parte, secondo il “modello” metropolitano vincente, aree urbanizzate indistinte e senza qualità che divorano, nella loro espansione incontrollata e continua, suolo, energia, risorse. Sempre meno adeguate alla vita, le aree urbane e le città paradossalmente rappresentano non la soluzione più razionale, ma la fonte principale dei problemi insediativi e relazionali della nostra epoca.

Per il nostro futuro sono la Sfida – che – comprende – tutte – le – sfide: politiche, sociali, culturali, energetiche, ambientali, demografiche, etniche.

 

 

Desertificazione e inondazioni: gli effetti dei cambiamenti climatici in atto

 

Nel contesto delineato non è possibile ignorare che un quarto delle terre del pianeta, abitate da più di un miliardo di persone, siano oggi minacciate da estesi e pesanti processi di desertificazione.

Per quanto riguarda l'Italia, secondo un rapporto del WWF del 2017, "...oggi circa un quinto del territorio nazionale viene ritenuto a rischio desertificazione: quasi il 21% del territorio del quale almeno il 41% si trova nelle regioni dell’Italia meridionale, come Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia, ma sono coinvolte anche aree in altre regioni come l’Emilia-Romagna, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo". Contemporaneamente, gli effetti dei cambiamenti climatici riservano fenomeni stravolgenti alle aree urbane costiere e ai loro porti derivanti dall'innalzamento dei mari.

Secondo uno studio dell'ENEA "...nel 2100 il Mediterraneo si innalzerà di oltre un metro, Venezia e Napoli saranno a rischio... il mare si mangerà pezzi d'Italia tra i più pregiati, quelli lungo le coste." Il rapporto prevede, tra l'altro, che il mare inonderà buona parte dell'area urbana adriatica con al centro Pescara.

Di fronte a questa deriva che riguarda l'intero pianeta, esito dei potenti conflitti ambientali tra l'uomo e la natura, è necessaria la piena consapevolezza da parte dei governi, delle istituzioni internazionali e dei cittadini, dei rischi che l'intero ecosistema della terra e i sistemi insediativi umani stanno oggi correndo, in modo da agire per imprimere una controtendenza efficace ed evitare la catastrofe che ci sta davanti. Ma, come è noto, a fronte della profonda consapevolezza del mondo scientifico, manca del tutto un'azione dei governi conseguente e efficace a causa della resistenza e dell'egoismo degli Stati più influenti del mondo, come Stati Uniti e Cina.

Reti di Città

 

  1. «Città infinita» significa dunque «catastrofe» della città nel senso più sobrio e disincantato: nel senso che la «città» si è irreversibilmente trasformata in «area vasta», dai confini imprevedibili.

  2. Manca una cultura del governo di area vasta. ... Le istituzioni locali e regionali fotografano nel loro assetto una fase storica trapassata.

  3. Non abbiamo bisogno di nuovi «centri» ma di creare una «rete» che combini decisione a partecipazione, concertazione a progettualità." (M. Cacciari)

 

Nel nostro paese la deriva ambientale in atto impone di fermare il consumo di suolo e avviare una forte e decisa politica di sviluppo sostenibile, ad esempio attraverso il rimboschimento di vaste aree abbandonate e la decisa naturalizzazione delle aree urbane, (senza ricorrere a "boschi verticali" o ad analoghe soluzioni con cui mascherare nuove cementificazioni) de-impermeabilizzando le città e riportando al loro interno vegetazione, biodiversità e bellezza. Impone, inoltre, di fermare l'espansione delle aree urbane facendole crescere al proprio interno e di puntare alla rete delle città come alternativa alla metropoli infinita, con l'obiettivo di sviluppare nei territori un sistema di relazioni tra le città che la costituiscono, rafforzandone l'identità, nel quadro di una politica di coesione e di intese inter-istituzionali.

Riqualificare e rinaturalizzare le periferie urbane, recuperare alla vita i centri dell'Appennino, tutelare le campagne e gli ambiti naturali, rendendole di fatto i-ne-di-fi-ca-bi-li, possono essere le invarianti di uno sviluppo sostenibile e resiliente delle reti di città. È quello che sta avvenendo attraverso leggi urbanistiche mirate al risparmio di suolo in molti paesi europei: Germania, Inghilterra Francia, Spagna, Olanda.

«Il modello di sviluppo urbano dei prossimi anni deve essere policentrico. Non ci sono alternative. Soltanto le città che sceglieranno la via del policentrismo e delle reti potranno vincere la sfida del Big Bang urbano». (Richard Burdett, London School of Economics).

Diritti e uguaglianza urbana

La negazione dei diritti di cittadinanza é l’espressione più evidente della crisi dell'abitare contemporaneo. L’effettività di tali diritti è infatti ostacolata dal modo di essere fisico della città, che di fatto nega non solo quei diritti che possiamo considerare primari (diritto di riunione, di manifestazione del pensiero, di circolazione, diritto alla salute, al lavoro, ecc.) ma anche quelli che attengono alla dimensione sociale e civile dell’abitare: l’agire la socialità e la condivisione, le pari opportunità tra i generi, la non discriminazione, il diritto alla bellezza, alla cultura, all'amore, alla libertà sessuale, ecc.

È necessario dunque un nuovo statuto urbano che riconsideri radicalmente il rapporto tra la forma della città e il pieno godimento dei diritti di cittadinanza. Uno statuto che codifichi in principi generali i diritti e le responsabilità dei cittadini nelle relazioni materiali e civili con la città e il territorio: abitare, lavorare, divertirsi, comunicare, ecc. Uno statuto che costituisca un nuovo mandato collettivo alla pianificazione del territorio corrispondente agli interessi generali dei cittadini.

 

Crisi ambientale della città e crisi della politica

La crisi della politica coincide non casualmente con la crisi ambientale della città nella sua dimensione metropolitana e infinita. Ciononostante la “politica”, e qui ci si riferisce in particolare a quella della sinistra, non riesce a esprimere un punto di vista chiaro e avanzato sulla questione urbana connessa a quella ambientale. Una sorta di indifferenza “grave e incomprensibile - afferma Edoardo Salzano – anche perché la città è il luogo della possibile speranza.”

Se la politica non assumerà la questione urbana tra le sue priorità, una questione che tocca nel vivo la vita di ognuno, si precluderà “una delle poche possibilità di rappresentare una reale alternativa” al mondo attuale, con il rischio di favorire, invece di contrastare, le cause che alimentano la sua crisi. Assumere la questione urbana come rilevante tema politico equivale infatti a darsi l’obiettivo della ricostruzione del senso collettivo della città e, concretamente, dei luoghi civili e comunitari che producono tale senso, promuovendo con esso un nuovo radicamento sociale e culturale.

Non resta altrimenti che la barbarie: ovvero la paura, l’insicurezza e l'odio su cui la nuova destra omofoba e razzista sta vittoriosamente costruendo quel nuovo senso comunitario e di appartenenza territoriale che è sotto gli occhi di tutti.

Le città, le metropoli infinite, le periferie informi, la natura devastata, espressioni e rappresentazioni del liberismo imperante, sono in definitiva le nuove frontiere della politica e cioè il nuovo e più importante terreno di azione dell'umanità per immaginare e realizzare un nuovo mondo nel quale vivere.

Un mondo già ricompreso in quello attuale, con la sua bellezza rimossa e in grave pericolo di sopravvivenza. Un mondo in attesa di essere ri-svelato e re-interpretato nella contemporaneità.

di Tommaso Di Biase

 

 

 

 

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Nino Pace: la politica per passione. In Abruzzo, come socialista, sfidò il duopolio Dc-Pci. Un ricordo.

 

Nino Pace: la politica per passione. In Abruzzo, come socialista, sfidò il duopolio Dc-Pci.

Un ricordo.

 

Nell’Abruzzo della prima repubblica e nella sua classe dirigente, nata dopo il giugno del 1970 con le prime elezioni regionali, certamente una collocazione di primo piano spetta a Nino Pace, un uomo politico a tutto tondo, con una grande popolarità ed un vasto consenso elettorale che per oltre un quarto di secolo ha svolto un ruolo importantissimo nelle scelte politiche regionali e di cui nei giorni scorsi è stato annoverato il ventennio della prematura scomparsa. Nino Pace è deceduto, infatti, il 16 agosto 1999 dopo lunga malattia. Fu così interrotto, purtroppo, un impegno politico ed amministrativo che avrebbe potuto dare alla sua Ortona,alla provincia di Chieti, ma soprattutto all’Abruzzo, un grande slancio in termini di nuove opportunità di sviluppo.

 

Era un amministratore concreto e preparato, grandissimo lavoratore, davvero instancabile, con una grande disponibilità al confronto con gli altri, una notevole passione e visione politica. Queste qualità gli facevano avere anche il rispetto degli avversari; cosa non facile, in un periodo di grandi passioni e tensioni politiche soprattutto a sinistra tra socialisti e comunisti.

 

E’ stato presidente del Consiglio Regionale, Vice Presidente della Giunta Regionale con le presidenze della Nenna D’Antonio e di Emilio Mattucci, Assessore Regionale al Lavoro, ai Trasporti, al Commercio, Industria ed Artigianato settori nei quali ha lasciato una grande eredità di provvedimenti legislativi ed iniziative concrete che produssero un loro grande sviluppo.

 

Ma è soprattutto come Assessore Regionale al Lavoro (una delega che lui volle fortemente istituire) che Nino Pace caratterizzò il suo impegno negli anni ottanta, essendo concretamente e fattivamente presente in tutte le più grandi crisi industriali della nostra regione: dai problemi della Val Pescara: la Farad, la Cir, la Iac, la Fusac alla Monti, all’Italtel e poi alla vicenda della Publasta di Ortona il cui mancato salvataggio gli procurò qualche amarezza. Partecipava alle assemblee aperte di fabbrica insieme a cgil cisl uil. Lui, assessore regionale socialista che osava sfidare sul versante dei rapporti con gli operai lo stesso PCI, ottenendo consensi e risultati. E’ un periodo che come sindacalista socialista della cgil ricordo come un momento davvero straordinario ed unico. Sempre in quel periodo collochiamo la Conferenza Regionale sull’Occupazione e sulle Partecipazioni Statali con la presenza di Gianni De Michelis.

 

Anche nei momenti successivi, il suo legame con il mondo del lavoro non è mai venuto meno. Da Presidente del Consiglio Regionale, appena eletto, venne in visita alle sedi regionali di CGIL CISL UIL.

 

Ma è nelle campagne elettorali che Nino Pace, a mio modo di vedere, dava il meglio di sé. Ricordo i suoi comizi oceanici nella Piazza della Repubblica di Ortona, con la sua oratoria trascinante ed incisiva. Negli appuntamenti elettorali riusciva a tenere in poche settimane anche ottanta, novanta comizi per tutto il territorio di Ortona (suo collegio elettorale), ma anche nei maggiori centri della provincia di Chieti ed anche dell’Abruzzo. Quando si arrivava al venerdì prima del voto giungeva sempre quasi afono e stremato dallo straordinario impegno fisico profuso. Un grande catalizzatore di consensi elettorali, nella sua città Ortona il PSI arrivò al 30%, ma anche nella provincia di Chieti ed in Abruzzo, grazie anche al suo contributo elettorale, i socialisti si posero concretamente come terzo polo rispetto alla DC ed al PCI da protagonisti non subalterni.

 

Entrato nel PSI nel 1976, alla vigilia del Midas di Bettino Craxi, dopo l’esperienza nel PSDI, Nino Pace è stato Segretario Regionale del PSI, amico di Paolo Pillitteri e collocato con la sinistra socialista nel PSI con un grande rapporto personale con Claudio Signorile e Gianni De Michelis.

Nel 1975 divenne sindaco di Ortona guidando la prima giunta di sinistra con il PSIi,il PSDI, il PCI ed il PRI dando inizio ad una stagione amministrativa per la città caratterizzate successivamente dalle giunte Bernabeo e Moro tra le migliori della città adriatica. Grande impegno anche per lo sviluppo del porto di Ortona, con i primi finanziamenti FIO e con la legge regionale ad hoc come “scalo industriale della regione Abruzzo”.

 

Infine mi preme sottolineare il modus operandi politico, davvero unico, di Nino Pace: quand’era assessore regionale arrivava in ufficio alla regione alle 7,30 del mattino. Vi rimaneva fino alle 16,30, senza alcuna pausa pranzo, poi si trasferiva nel suo studio di Ortona dove riceveva una grande quantità di persone, fino alle venti e trenta, ventuno dove andava alle riunioni delle sezioni socialiste del territorio o della Federazione del PSI di Chieti per tornare a casa a notte inoltrata. Ricordo che la grande quantità e complessità della sua attività, a volte, metteva seriamente in crisi anche il suo staff di segreteria. Nino Pace era sempre disponibile con gli altri; ascoltava tutti e personalmente l’ho visto, molte volte, aiutare concretamente chi si trovava in difficoltà.

 

In conclusione, io credo che proprio per il difficile e confuso momento politico che viviamo,nel nostro Paese ed anche nella nostra Regione recuperare, valorizzare ed attualizzare la memoria della lezione politica ed umana di uomini pubblici come Nino Pace può forse indicarci la strada giusta per uscire dalle attuali difficoltà.

 

di Nicola Primavera

(foto di Mario Paolini)

 

 

 

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Salvini non sa fare le addizioni e neanche le strategie

Salvini non sa fare le addizioni e neanche le strategie

Nel mio precedente articolo mi ero domandato se Salvini sapesse fare le addizioni. Da come è andata la votazione in Senato, 161 voti contro di lui, appare evidente che non le sa fare, ma quello che è più grave è che non sa pianificare le strategie. L’alleanza con i 5 stelle gli aveva fruttato un aumento dei consensi mentre indeboliva gli alleati-competitori. Perché interrompere questa esperienza e farlo addirittura nel mese di agosto? Per andare subito alle elezioni ed incassare una maggioranza che lo rendesse autonomo. Ma a volere le elezioni c’erano soltanto due partiti, Lega e Fratelli d’Italia; tutti gli altri erano contro. Come pensava allora di evitare un governo che si sarebbe basato su una diversa maggioranza? Con un accordo non esplicito con Zingaretti che invocava a parole le elezioni. Ma è evidente a tutti che il PD è diviso in correnti e la maggioranza di queste correnti, in particolar modo quella che fa capo a Renzi sarebbe stata contraria e avrebbe finito con il trascinarsi dietro tutto il partito dal momento che i peones non hanno proprio voglia di tornare a casa dopo un solo anno di legislatura. Ben valutate le probabilità di esito favorevole del piano A, doveva preparare un piano B in caso di insuccesso, il che vuol dire lottare dall’opposizione ed essere pronto agli svantaggi della perdita del potere di governo. Invece sembra proprio che sia stato sorpreso da come sono andate le cose e colto del tutto impreparato faccia proposte e dica cose una più strampalata dell’altra. Elenchiamole queste sciocchezze. Voto il taglio dei parlamentari e poi si va subito ad elezioni rimandando il referendum confermativo e l’applicazione della riforma alla nuova legislatura. Che non si può fare glielo può dire anche uno studente di diritto costituzionale. Non ho staccato la spina a Conte. Ma come? Non sei stato tu a presentare la mozione di sfiducia al governo? Dovresti dire queste cose in dialetto stretto delle valli bergamasche in modo da poter dichiarare che non sei stato capito. Ma usando l’italiano tutti ti hanno capito e ormai dopo aver fatto la frittata non cercare di rigirarla. Tenti addirittura, pur di restare al Viminale, di cedere a Conte il posto di commissario che spetta alla Lega, e di offrire a Di Maio il posto di Presidente del Consiglio che non gli hai voluto attribuire quando valevi il 17% dei consensi. E’ una retromarcia che ti fa perdere la faccia e prima o poi anche i consensi perché se si farà questo governo Giallo-Rosso già si parla di patrimoniale, jus soli, apertura dei porti e tagli alla sanità, molti che ti avrebbero votato (ma non i pensionati a cui hai tagliato gli assegni) rifletteranno sul fatto che questo nuovo governo nasce per colpa tua e da loro non arriverà più un voto alla Lega. Salvini si deve ora aspettare una serie di avvisi di garanzia, il più pericoloso dei quali potrebbe arrivargli dal Procuratore di Agrigento visto la strada che ha preso la nuova maggioranza in Senato. Il modo ingenuo e dilettantesco con cui il Capitano si è difeso nell’affare Savoini (non lo conosco bene, non so come mai sia stato invitato a cena a Villa Madama) aveva ingenerato il sospetto che fosse molto meno abile di quanto i più credevano. Lo svolgersi di questa vicenda agostana lo conferma senza alcun dubbio.

Quanto a di Maio si trova temporaneamente in una botte di ferro perché può scegliere tra un nuovo governo che lo vedrebbe comunque in posizione di preminenza ed un ritorno alla collaborazione con un Salvini pentito e abbattuto, che sarebbe facilissimo tenere per la collottola.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

 

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Salvini conosce la curva di Gauss e sa fare le addizioni?

Salvini conosce la curva di Gauss e sa fare le addizioni?

 

La curva di Gauss è una funzione probabilistica che in un campo cartesiano assume una forma a campana. Può essere usata per descrivere tutta una serie di fenomeni, anche ad esempio l’andamento nel tempo del consenso elettorale ad un partito politico. In questo caso sull’asse orizzontale è rappresentato il tempo e su quello verticale il numero dei voti conseguiti. La forma di questa curva a campana potrà variare molto ma descrive un fenomeno costante: il consenso cresce, si mantiene ad un certo livello e poi decade inesorabilmente , è solo questione di tempo. Se Salvini conosce questo teorema avrà pensato che prolungare troppo a lungo l’esperienza contrattuale con i 5 stelle lo avrebbe posizionato nella fase discendente della curva. Per questa ragione ha deciso di interrompere questa esperienza di governo e correre al voto. A questo punto però l’alta matematica confligge con la semplice aritmetica. Salvini ha solo il 17% di senatori e deputati; quando si vota nelle Camere i sondaggi valgono zero.

Chi vuole le elezioni e chi le avversa?

Favorevoli alle elezioni anticipate sono solo la Lega e Fratelli d’Italia. Forza Italia lo sarebbe solo nel caso di un accordo pre elettorale con la Lega , magari con la promessa per Berlusconi di un ruolo come Ministro degli Esteri. Poiché questo difficilmente potrebbe accadere i Forzisti sono disponibili a votare qualsiasi cosa possa evitare il cimento elettorale che per loro sarebbe disastroso. I più contrari al voto sono naturalmente i grillini che uscirebbero dimezzati dalle votazioni anche senza il taglio al numero dei parlamentari. Quanto al PD Zingaretti dice di essere favorevole al voto anche sapendo di non poter vincere perché questa volta sarà lui a fare le liste e si toglierebbe dai piedi i senatori e i deputati fatti eleggere da Renzi. Proprio per questa ragione i renziani sono contrari al voto. Se ci fosse più tempo Renzi potrebbe creare un suo partito e far eleggere diversi suoi amici; deve quindi guadagnare tempo con un governo che arrivi al 2021 e se possibile al 2022 per non permettere ad un Salvini vincitore delle elezioni di eleggere un Presidente della Repubblica vicino alla sua parte politica , e questa sarebbe la prima volta per un governo di destra che nei procedenti governi Berlusconi si è dovuto confrontare con Scalfaro, Napolitano e nell’ultimo periodo con Mattarella. Anche Franceschini sembra alieno da elezioni immediate e naturalmente lo sono i piccoli partiti di sinistra.

Come fare per evitare le elezioni?

Il metodo più semplice è quello proposto dai 5 stelle, votare il taglio dei parlamentari; per loro è come decidere invece della fucilazione subito lo strangolamento tra un po’ di tempo. Infatti bisognerà indire un referendum confermativo e poi ridisegnare i collegi elettorali e fare pure una nuova legge elettorale rigorosamente proporzionale. Nel frattempo chi governerebbe il paese? Se si seguisse la strategia Grasso alla votazione per la sfiducia a Conte tutti coloro che sono contrari alle elezioni, tranne i 5 stelle, dovrebbero abbandonare l’aula. In questo modo Conte non sarebbe sfiduciato e potrebbe essere nuovamente incaricato e sostenuto da una diversa maggioranza, oppure verrebbe varato un governo di scopo per formulare la legge di bilancio e sterilizzare l’aumento dell’IVA. Sarebbe un governo degli sconfitti ,quelli che hanno perso le ultime politiche e quelli che hanno perso le ultime europee. Salvini griderebbe al colpo di stato ma anche se la soluzione appare poco elegante e poco rispettosa dei principi democratici dal punto di vista teorico, sarebbe però assolutamente lecita dal punto di vista costituzionale.

Cosa accadrebbe al consenso oggi goduto da Salvini in caso di mancate elezioni anticipate?

Salvini avrebbe contro quasi tutti come la Germania nell’ultima guerra. Gli oppositori sono convinti che sarebbe la sua fine; Renzi che di voti e non di sondaggi ne aveva racimolati il 41% è stato sbalzato via da un referendum perso. Più facilmente la cosa accadrebbe per Salvini dal momento che le prossime elezioni sarebbero un referendum su di lui. I leghisti non ne sono convinti, anzi ritengono che i consensi lieviterebbero, Renzi infatti era al governo e aveva contro anche una parte del suo partito mentre la Lega è compatta e potrebbe lucrare dal fatto di essere l’unica opposizione credibile.

Ad alterare le previsioni ci potrebbero essere provvedimenti (in)prevedibili della magistratura penale?

Si sente dire di possibili avvisi di garanzia per la questione dei rubli e dei 49 milioni di euro scomparsi. I procedimenti sarebbero lunghi e la difesa di Salvini semplice se solo facesse presente che propone una riforma che a molti magistrati non piace, soprattutto a quei membri del CSM che trattavano le nomine nelle Procure con esponenti del PD. Una azione del genere ,giusta o strumentale che fosse ,potrebbe avere sull’elettorato un effetto favorevole a Salvini. Più insidioso un nuovo caso Diciotti perché questa volta l’autorizzazione a procedere potrebbe essere concessa. Bisognerebbe però arrivare velocemente ad una condanna definitiva, altrimenti……

Se non si votasse subito ci sarebbe spazio per un nuovo centro?

Già oggi con uno spostamento marcatamente a destra di alcune forze politiche e a sinistra di altre si è aperto al centro un ampio spazio che per nascere e svilupparsi avrebbe bisogno di una legge proporzionale. Questo spazio non può certamente essere occupata dall’Altra Italia. Non è certo Berlusconi con la sua storia personale a poter ricostruire qualcosa che somigli alla Democrazia Cristiana. Ne si può puntare su Renzi o su personaggi come Rotondi, Cesa, Lupi e l’eterno Casini. Quello che potevano dare lo hanno già dato, ora sono solo alla ricerca di un seggio parlamentare per l’ennesima volta. Poiché Grillo una volta ebbe a paragonare il movimento 5 stelle alla Democrazia Cristiana. Io, parlando con un esponente grillino molto intelligente e preparato lo consigliai di adoperarsi per far evolvere il movimento in questo senso utilizzando l’immagine che Conte era riuscito a costruirsi. La risposta fu che il movimento è costituito da troppe anime per muoversi unitariamente verso questo traguardo. Resta quindi uno spazio a disposizione .

di Achille Lucio Gaspari

 

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Chi ha paura della storia?

Chi ha paura della storia?

Il Faraone Amenofi IV quarto abbandonò la religione politeistica egiziana e introdusse una nuova religione monoteistica basata sul culto del dio Aton, il disco solare. Egli stesso cambiò il suo nome in Akhenaton . La sua riforma religiosa fu fortemente combattuta e alla sua morte cancellata. Il suo stesso nome fu cancellato da tutti i monumenti che ,per la loro importanza, non potevano essere abbattuti. Gli altri furono distrutti e il suo nome asportato da ogni documento. Questo accadeva nel 1334 A.C. Nel terzo millennio c’è qualcuno che identifica Akhenaton con Mussolini, la sua religione con il fascismo e vorrebbe riservare a questi fatti lo stesso trattamento avuto da Amenofi IV! Qualche tempo fa correva voce a Roma che la presidente della Camera dei Deputati volesse far abbattere l’obelisco marmoreo del Foro Italico o almeno far cancellare la scritta Mussolini Dux. E’ invece certo che un giovane deputato PD eletto in Abruzzo, non potendosi abbattere la montagna, voglia far cancellare la scritta DUX scolpita sul costone roccioso che domina Villa Santa Maria. Conoscendolo di persona e stimandolo la sua proposta mi sorprende. Non è con queste iniziative che il Partito Democratico può recuperare i consensi rovinosamente perduti. Pe usare una espressione di un molisano un tempo molto celebre, qui fascismo e antifascismo non ci azzeccano nulla. Intanto molte persone che della cosa non sapevano ,si recano a Villa Santa Maria per vedere la scritta sulla montagna e naturalmente non disdegnano di fermarsi in qualche ristorante per assaporare la qualità dei famosi cuochi del posto. E’ nato così un nuovo motivo per incrementare il turismo verso la ridente cittadina. Che sia questo il motivo che ha spinto l’On. D’Alessandro alla sua iniziativa? Se così fosse non potrei far altro che dirgli bravo.

di Achille Lucio Gaspari

 

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Ricordo del senatore Germano De Cinque

Ricordo del senatore Germano De Cinque

La sacerdotessa del tempio di Giunone nell’isola di Samo doveva recarsi al tempio  per fare dei sacrifici,ma i buoi che dovevano trainare il sacro carro si rifiutavano di muoversi.I suoi due figli,staccati gli animali dal giogo spinsero il carro fino al tempio.La sacerdotessa colpita da questo amore filiale chiese alla dea di concedere ai figli la cosa più bella.Quello stesso giorno i due ragazzi morirono nel sonno e tutti pensano che questa sorte è riservata ai giusti.Germano De Cinque è un signore d’altri tempi.Notaio stimatissimo ha servito il suo paese nella professione e nella politica. Deputato e Senatore della Democrazia Cristiana e poi sottosegretario al ministero della giustizia è stato uno dei principali protagonisti della politica abruzzese ed italiana.Strettissimo collaboratore di Remo Gaspari è stato un realizzatore di quella stagione di grandi successi e di straordinario progresso per l’Abruzzo è per l’ Italia.La sua improvvisa scomparsa ci riempie di tristezza;sentiremo la mancanza della sua gentilezza e affabilità così come ci è mancato il conforto della sua azione politica.Immaginarlo insieme a Remo a parlare delle tante cose fatte e guardare con affetto e senza di protezione il suo Abruzzo per cui tanto si è impegnato è per noi motivo di grande consolazione 
 
di Achille Lucio Gaspari

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Salvini, Savoini e l’hotel Metropol

Salvini, Savoini e l’hotel Metropol

Il 18 ottobre 2018 Savoini ,presidente dell’associazione Lombardia-Russia , insieme a due italiani incontra tre personaggi russi. Scopo della riunione è quello di procurare, tramite una compravendita di petrolio, 65 milioni di euro alla Lega come finanziamento per le Elezioni Europee del 2019. I russi avrebbero dovuto concedere il loro aiuto economico perché Salvini si era posto a capo di un gruppo di partiti sovranisti in Italia, Francia, Germania, Austria e Ungheria che avevano l’obbiettivo di migliorare le relazioni tra Russia ed Unione Europea. Tutto questo viene fuori da un file audio dell’incontro rivelato alcuni giorni fa da un sito statunitense. Da molti mesi nella stampa italiana circolavano notizie relative a questo incontro ma la pubblicazione del file audio ne chiarisce il significato. Come si difende Savoini? Con due dichiarazioni in contrasto tra di loro. Nella prima afferma di non riconoscere la sua voce, in altri termini che non è lui quello che si sente parlare. In una seconda dichiarazione dice che un file audio può essere modificato introducendo frasi non pronunciate; allora si riconosce nella voce anche se non nelle parole. La questione è di semplice soluzione: un esame tecnico ci dirà se quella voce è la sua e se c’è stata una manipolazione o no. Gli altri due italiani presenti sono stati identificati e saranno chiamati a testimoniare sull’identità dei russi e sul tenore del colloquio con l’obbligo di dire la verità.

Come si è difeso Salvini? Pur non essendo santo ha rinnegato Savoini anche se non lo hanno (ancora) arrestato proprio come fece San Pietro quando arrestarono Gesù. Anche alla cena a Villa Madama del 4 luglio Salvini ha detto di non sapere come mai Savoini fosse tra gli invitati. Proprio oggi però una nota della Presidenza del Consiglio spiega che tutti i partecipanti al Forum erano invitati alla cena, e d’Amico assunto come consigliere nello staff di Salvini aveva chiesto alla Presidenza di farlo invitare al Forum. Salvini sta dimostrando di essere molto ingenuo e di avere difficoltà a districarsi nella vicenda. Si sa che le bugie hanno le gambe corte e Salvini dovrebbe evitare di dirle. Nei paesi di cultura protestante, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania basterebbero queste bugie per troncare definitivamente la carriera di un uomo pubblico ,ma qui per sua fortuna siamo in un paese cattolico.

La seconda difesa è consistita nel dichiarare che neanche un rublo è arrivato nelle casse della Lega. Voglio però ricordare che il reato di corruzione internazionale si configura “per una dazione o per la promessa di una dazione di denaro o di altra utilità” Quindi il reato sussiste sulla base di un accordo anche se non si è perfezionato con l’introito di denaro. Salvini può sempre dichiarare che Savoini ha agito di sua iniziativa senza neanche informarlo. Se però si trovasse prova della dazione sarebbe difficile sostenere che la cosa è avvenuta a sua insaputa.

Il punto più delicato della vicenda sta nella registrazione del colloquio; chi è stato? Questa è roba da servizi segreti che sapevano molte cose: dove si sarebbe svolto l’incontro, chi sarebbe stato presente, di cosa si sarebbe parlato. Non necessariamente a mettere la cimice sono stati i servizi statunitensi, ma la diffusione del file fatta da un sito americano significa che non c’era negli Stati Uniti nessuna volontà di salvaguardare l’immagine di Salvini. Altra domanda: a quale scopo è stata fatta questa rivelazione e perché dopo le elezioni e non prima? Devono sapere molte altre cose ed avere molti altri elementi in mano. E’ l’inizio di uno stillicidio o è un avvertimento perché il segretario della Lega ha fatto o non ha fatto qualche cosa e viene richiamato all’ordine?

Il tempo ed il lavoro dei magistrati di Milano chiariranno molte cose. Verranno acquisiti molti documenti e sentiti molti testimoni. Salvini potrebbe essere convocato come persona informata sui fatti. Questa sarebbe una condizione più difficile che essere sentito come indagato. Un indagato infatti ha il diritto di mentire; un testimone viene sentito senza la presenza di un avvocato e ha l’obbligo di dire la verità. In teoria ,ma molto in teoria, se fosse trovato a mentire potrebbe anche essere arrestato perché in flagranza di reato l’immunità parlamentare non si applica.

La situazione è in movimento ed è difficile prevedere dove si arriverà. Per il buon nome e il prestigio dell’Italia ci auguriamo che si pervenga ad una archiviazione.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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Un Profeta autentico: il principe Riccardo di Metternich, il pioniere dell’autonomia differenziata!

 

Un Profeta autentico: il principe Riccardo di Metternich, il pioniere dell’autonomia differenziata!

 

Il 6 agosto 1847 quello che viene definito l'architetto della Restaurazione scrive all'ambasciatore austriaco a Parigi una lettera all'interno della quale si trova quella frase che sui manuali di storia di tutte le scuole italiane prima dell’avvento delle riforme iconoclaste identificava lo statista austriaco comeL’architetto della frantumazione dell’unità della nazione italiana:

“L’Italia è un'espressione geografica.La penisola italiana è composta di Stati sovrani e indipendenti gli uni dagli altri.L’esistenza e la definizione territoriale di questi Stati sono fondate su principi di diritto pubblico generale rafforzate da intese politiche non soggette a contestazione. L’Imperatore da parte sua è deciso a rispettare queste intese per quanto possibile e alla loro duratura esistenza”. La cartina geografica che esprimeva questo assetto nel periodo1820-1848 mostra

  1. Il regno di Sardegna, comprensivo di Piemonte, Savoia,Nizza,Sardegna),

  2. Il lombardo-Veneto, sotto l'egemonia austriaca

,3) I ducati di Parma, Modena e Lucca,

4) Il Granducato di Toscana, 5)Lo Stato Pontificio,

6) Il regno delle due Sicilie.

Ora, prendete la frase di Metternich e aggiornatela.Si legge:

“Italia è un'espressione geografica.La penisola italiana è composta di regioni-Stato distinte le une dalle altre.L’esistenza e la circoscrizione territoriale di queste regioni sono fondate sulla costituzione rafforzata da intese politiche non soggette a contestazione.Il governo da parte sua è deciso a rispettare queste intese e a garantire i trasferimenti finanziari necessari”.

La cartina che ne viene fuoriÈ così articolata:

1):Friuli Venezia Giulia, 2):Sardegna,

  1. :Sicilia,

  2. :Trentino-Alto Adige/Südtirol, costituito dalle province autonome di Trento e Bolzano, 5):Valle d’Aosta,

il tutto in base all'articolo 116 della Costituzione del 1948 così come genialmente riformata nel 2001 e modificata nel 2012.

Il completamento della cartina, sulla base delle altrettanto geniali intese firmate dal governo Gentiloni, prima, e dal governo Conte, poi, nel febbraio 2019, in base al principio di geometria variabile del regionalismo, scolpito nel Contratto del Governo del Cambiamento, può essere così ipotizzato:

6):Lombardia, 7):Veneto,

  1. :Emilia-Romagna,

  2. :Piemonte più Liguria, verosimilmente, 10):Toscana,

11):Umbria-Marche, 12):Roma Capitale più Lazio,

  1. :Macroregione dell'ex Magna Grecia più altro, comprensiva di Calabria, Campania, Puglia e Basilicata,

  2. :Micro regione Abruzzo-Molise.

Così, dopo 200 anni, il processo di riforma avviato dal governo D’Alema fa apparire il principe austriaco come il più illuminato e audace Riformista!

L'impianto costituzionale sul quale si basa questa avveniristica innovazione indica un'autentica trasformazione anche della serie numerica degli articoli della Costituzione.

Finalmente non si segue più la banale serie numerica tradizionale, ma l'ordine di importanza e di
lettura parte dall'articolo 116, si snoda attraverso l'articolo 117 per posarsi, di sfuggita, sull'articolo
119, per poi tornare, così come si evince dalla lettura dell’intesa, all'articolo 5 che, a sua volta,
comprende l’articolo 3 annullando disinvoltamente l'articolo 2.
Tutti gli altri articoli, compreso l'articolo 32 che contempla il diritto alla salute, sono vissuti come
fastidio burocratico.
Le basi culturali di questa radicale innovazione si rintracciano in una pubblicazione" Storia senza
gloria. Le verità nascoste del Risorgimento" redatta dal movimento studentesco padano e dal
movimento universitario padano, testo nel quale Cavour viene indicato come l'architetto di un
assetto istituzionale che prefigurava tre macroregioni, La Pianura Padana, I territori pontifici, Il
Regno delle due Sicile, più la città di Roma.
Questo ambizioso progetto stroncato nel 1861 da una malefica malaria, ripreso dal ministro
dell'interno Minghetti, fu affondato da una bieca manovra trasversale che portò al potere Bettino
Ricasoli.
Altro importante documento culturale è lo scritto di Cesare Correnti," l'Austria e la Lombardia"
pubblicato nel 1847. All'interno del testo si legge testualmente:" Ragguagliati a numero di
popolazione noi (Lombardia e Venezia) non siamo l'ottava parte dell'impero; ragguagliati a
superficie non siamo la 18ª; pure paghiamo più di un quarto delle rendite che confluiscono
nell'erario".
Giocando a sostituire nel testo la parola" Austria" con la parola" Italia" è facile intuire quanto
profonde siano le radici sulle quali si innesta la visione politica di Maroni, Zaia, Fontana, Bonacini,
i Governatori pionieri della democrazia differenziata.
Considerando poi che, nell'ottica padana, il plebiscito del 1866, quello dell’annessione del Veneto,
è stato un autentico plebiscito-truffa, mentre i referendum regionali contemporanei sono autentica
dimostrazione di democrazia, ne deriva che la geometria che regge il regionalismo non possa essere
quella euclidea o post-euclidea, ma debba necessariamente fondarsi sulla variabilità.
Nell'ottica di regioni sovrane con annesse dogane e senza prospettiva di Zollverein- unione
doganale-, a titolo puramente esemplificativo per un cittadino abruzzese, limitando il discorso solo
ad una delle 23 materie che sono oggetto d'intesa, la sanità, un'ipotesi non irrealistica per un
cittadino abruzzese che voglia curarsi fuori regione contempla la possibilità-necessità di pagare:
a) un ticket di uscita perché si incrementa la mobilità passiva,
b) un ticket di ingresso nell'altra regione perché si incide sulle strutture altrui,
c) un ipotetico ticket di transito, un moderno viatico, perché si utilizzano infrastrutture altrui.
Questo è il costo nella cancellazione della storia nella scuola italiana!

 

 

 

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L’articolo di Scalfari

L’articolo di Scalfari

Sulla Repubblica di domenica 30 giugno Scalfari ha pubblicato un articolo dal titolo il Bene dell’Africa che ho letto con molta sorpresa per le affermazioni ivi contenute. L’articolo inizia con una superficiale descrizione della storia dell’Italia che sembra il riassunto del Bignami, un libricino che riassumeva le materie scolastiche e quindi anche la storia ed era utilizzato dai liceali fannulloni. Prosegue col fare un paragone che non sta in piedi tra Salvini e Mussolini. Il duce era un autodidatta che seguiva le teorie filosofiche di Ugo Spirito , di Giovanni Gentile e di Spengler che riteneva la civiltà occidentale in fase di decadenza e destinata ad un periodo di cesarismo. Sulla base di queste teorie Mussolini si sentiva un nuovo Cesare destinato a diffondere la civiltà romana e a trovare una terza strada, lo stato totalitario, che mediasse e superasse il supercapitalismo e il comunismo. In questa situazione in evoluzione l’Italia doveva trovare un posto stabile tra le potenze europee e mondiali. Salvini segue solo le discutibili teorie economiche di Claudio Borghi l’inventore dei mini bot.. Non è contro la democrazia parlamentare e lo stato democratico. Non pensa di essere un predestinato a portare l’Italia tra le grandi potenze. Non è disposto però a far trattare l’Italia da colonia come fosse un paese a sovranità limitata come ci considera il presidente tedesco che ci fa lezione di comportamento e decide lui chi è colpevole di violare le leggi di uno stato straniero e chi invece è innocente ,dimenticando che l’Italia è uno stato di diritto, la magistratura è un potere indipendente e deve svolgere il suo lavoro senza pressioni estranee.

La sovrappopolazione dell’Africa

Afferma ,e su questo siamo d’accordo, che l’Africa è destinata ad un aumento notevolissimo della popolazione e che noi dovremmo avere con gli stati africani buoni rapporti come la Russia , gli Stati Uniti e la Cina ma noi non possiamo avere queste relazioni perché Salvini è anti africano. Affermazione questa veramente ridicola. Russia ,Stati Uniti ed in particolar modo la Cina sfruttano le risorse africane mentre l’Italia ha con gli stati del continente un rapporto paritario. Salvini sarebbe anti africano perché vuole una immigrazione legale e regolata e si oppone agli arrivi indiscriminati di sconosciuti su barconi forniti dai trafficanti di uomini; problema questo dei barconi provenienti dall’Africa che non mi sembra affligga la Russia, la Cina e gli Stati Uniti

Il paradiso comunista

La sinistra italiana origina dal Partito Comunista che secondo i dettami di Marx voleva conservare le libertà borghesi coniugandole all’egalitarismo. Dimentica che Marx era un sostenitore della proprietà popolare dei mezzi di produzione e dell’economia collettivistica. Dove questo sistema fu realizzato produsse miseria e povertà; la crescita economica della Cina si è verificata con l’abbandono di questo sistema e l’adozione della economia capitalista. Quanto alle libertà “borghesi” non mi pare che esse siano state conservate. Il comunismo è costato in Russia milioni di morti come ebbe a svelare Kruscev, e ha causato sanguinose rivolte a Berlino est e in Ungheria. Della sovranità limitata ne sanno qualcosa la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria, la Cecoslovacchia e i paesi baltici. La storia ha fatto un vero e proprio esperimento scientifico dividendo in due la Germania e sottoponendola a due regimi diversi.Il risultato è evidente e il muro lo hanno costruito i comunisti per impedire ai loro cittadini di scappare dal quel paradiso verso l’occidente, pagando spesso con la vita l’audacia di sfidare la sorveglianza dei Vopos

Berlinguer e il Partito Democratico

Secondo Scalfari il PD trae origine dal Partito Comunista di Berlinguer che seppe coniugare egualitarismo e libertà democratiche come auspicato da Marx. Questa è una affermazione priva di consistenza. Berlinguer cercava una terza via che non esiste tra libertà democratiche e comunismo. Togliatti voleva in Italia la dittatura del proletariato attraverso un partito unico, la economia collettivista e l’alleanza alla Unione Sovietica. Il suo vice Secchia pensava addirittura ad una rivolta armata, cosa che non ci fu perché al realismo politico di Togliatti appariva evidente che questo programma fosse irrealizzabile. Accettare il concetto di libertà democratiche , di economia di mercato e di alleanza atlantica non fu una miracolosa conquista di Berlinguer ma una evoluzione lenta sotto lo stimolo costante delle forze democratiche e l’azione dei loro uomini come mi ha raccontato Remo Gaspari ,che di queste lotte coronate da successo verso la libertà e la democrazia, fu uno dei protagonisti.

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

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Il centenario dell’impresa di Fiume ed il travisamento del suo significato

 

Il centenario dell’impresa di fiume ed il travisamento del suo significato

 

Il prossimo settembre ricorrerà il centenario dell’impresa di Fiume compiuta da Gabriele d’Annunzio; non sono tanto necessarie celebrazioni e commemorazioni quanto giornate di studio sull’argomento e io mi auguro che la Regione Abruzzo, la città di Pescara e l’università che ne porta il nome siano leaders di studi storici che possano concordemente raggiungere la verità scientifica sulla questione. Sulla figura di d’Annunzio in generale e sull’impresa di Fiume in particolare l’antifascismo militante ha infatti decretato una damnatio memoriae. E questo stato d’animo si riattiva anche in questi giorni in cui alcuni pseudo intellettuali contestano la decisione del comune di Trieste di porre una statua di d’Annunzio in piazza della Borsa. Gli antifascisti in servizio permanente utilizzano l’accusa di fascismo quando vogliono chiudere la bocca ad un avversario scomodo, in uno stile che è veramente fascista. Ma non dobbiamo meravigliarci, infatti in Italia esiste l’ANPI(associazione nazionale partigiani italiani) che riceve finanziamenti pubblici e ha iscritti che ovviamente non sono partigiani ma fingono di esserlo per utilizzare l’antifascismo pronto ad ogni uso contro chiunque non concordi con le loro posizioni. Avendo scritto liberamente mi aspetto che qualcuno mi accusi di fascismo ,ma cosa è il vero antifascismo lo so per tradizione familiare. Mio nonno ettore era uno di quei borghesi in odio ai fascisti per il loro equilibrio e il loro amore per la democrazia. L’altro nonno di cui mi onoro di portare il nome era un socialista che faceva propaganda delle sue idee e per questo era perseguitato dal regime che lo manteneva negli elenchi dei terroristi pericolosi. Torniamo ora alla impresa di Fiume e alle motivazioni di d’Annunzio. Come molti ricorderanno il Vate era stato uno strenuo interventista e in guerra non si era sottratto ad azioni coraggiose e dal grande valore simbolico come la beffa di Buccari e il volo su Vienna. Con queste imprese ci aveva guadagnato medaglie al valore e perso un occhio. Le sue imprese avevano un alto valore propagandistico tanto da far dire ad un comandante austriaco-anche noi avremmo bisogno di un nostro d’Annunzio.

L’Italia era entrata in guerra avendo stipulato con gli alleati i patti di Londra dell’aprile 1915 in cui tra le rivendicazioni italiane veniva concessa la annessione di Fiume. Dopo una vittoria costata 650.000 morti e 1.500.000 di feriti e mutilati gli alleati e in particolare il presidente americano Wilson si misero di traverso alle rivendicazioni italiane e con la creazione dello stato iugoslavo la annessione di Fiume restava una chimera. Fu a questo punto, dopo un anno di vane trattative ,che d’Annunzio decise di agire e di occupare Fiume per mettere gli alleati fedifraghi di fronte al fatto compiuto. Radunò a Ronchi alcuni battaglioni di Arditi e marciò su Fiume; i militari dell’esercito che avrebbero dovuto fermarlo ,e tra questi bersaglieri, alpini e carabinieri lo riconobbero come loro Comandante e si unirono a lui. L’ingresso a Fiume senza sparare un colpo ,fu una marcia trionfale con la città che accoglieva gli Arditi in delirio. Anche la Regia Marina non fu da meno; diversi MAS, due cacciatorpediniere e una corazzata entrarono nel porto di Fiume e si misero agli ordini del Comandante. Il Capo del Governo Italiano Saverio Nitti definito da Gabriele “il cagoia” non accettò l’annessione all’Italia e d’Annunzio in attesa di tempi migliori costituì lo stato libero di Fiume. Lo dotò in collaborazione di De Ambris di una costituzione ,la carta del Carnaro, che è un esempio di perfetta democrazia che nessuna costituzione democratica contemporanea è in grado di eguagliare. Tra i valori che questa costituzione difende c’è anche quello della bellezza che in modo informale pervadeva l’azione politica durante il periodo classico greco-romano e durante il rinascimento. D’Annunzio intese fare dello stato di Fiume un simbolo contro le oppressioni di tutti i popoli , un centro di propaganda per una rivoluzione senza confini. Nei quindici mesi di questa avventura accorsero a Fiume rivoluzionari, avventurieri , ma anche grandi scienziati come Guglielmo Marconi ed artisti come Marinetti e Toscanini che vi tenne due concerti. D’Annunzio voleva trasportare da Fiume al territorio metropolitano una rivoluzione democratica tesa realizzare in Italia una repubblica sociale. Si ingannò su Mussolini che aveva da poco fondato a Milano i Fasci di Combattimento e fu anche ingannato da lui. D’Annunzio riteneva in una prima fase che ci fossero punti di contatto tra la sua idea politica e quella di Mussolini. Il futuro duce glielo faceva credere , lo trattava con deferenza e prometteva appoggio al suo progetto di rivoluzione ma in realtà aveva in mente una sua rivoluzione di tipo autoritario di cui voleva essere il capo . Per questa ragione mentre fingeva interesse alle idee di d’Annunzio trattava con Giolitti che era diventato di nuovo Capo del Governo e gli assicurava sostegno segreto alla sua azione politica. Giolitti aveva infatti stipulato con i Paesi dell’Intesa il trattato di Rapallo in cui si respingeva l’annessione di Fiume all’Italia e la si costituiva come Città Libera con uno statuto sfavorevole agli interessi italiani; inoltre era previsto che l’Esercito Italiano sloggiasse d’Annunzio da Fiume, cosa che fu realizzata nel Natale di sangue del 1919. Divisioni dell’esercito al comando del generale Caviglia attaccarono da terra e le corazzate cannoneggiarono la città colpendo anche il Palazzo del Governo dove per puro caso il Vate non restò ucciso. Cosa che non meraviglia se si considera che anche Garibaldi fu ferito sull’Aspromonte da una pallottola sparata da un soldato italiano.

D’Annunzio era abile nella propaganda e Mussolini ne copiò molte cose: i discorsi dal balcone ed il dialogo con la folla, le camicie nere che erano la divisa degli arditi e il “me ne frego” che era il loro motto; anche la canzone Giovinezza era un inno degli arditi, copiata nella musica e con parole diverse adottata dai fascisti. Fu d’Annunzio ad inventarsi il grido Eia Eia Alalà per sostituire l’anglosassone “barbaro” hip hip hurrà con un grido di guerra dei romani e dei greci antichi. Anche il titolo di DVCE fu copiato da Mussolini perché d’Annunzio era il comandante ma talvolta anche il duce.

Mussolini aveva tutto l’interesse a fingersi un continuatore di Gabriele ma intanto lo definiva così: d’Annunzio è come un dente guasto o lo si estirpa o lo si ricopre d’oro. Quanto a d’Annunzio la sua opinione su Mussolini e sul fascismo era molto negativa. In una prima fase dopo il rientro da Fiume coltivava ancora la speranza di una rivoluzione sociale in Italia e Gramsci chiese di incontrarlo mentre il ministro degli esteri dell’Unione Sovietica fu addirittura suo ospite. A Gardone era tenuto isolato e sotto controllo. Ci si può chiedere come mai non tentò una azione decisa contro Mussolini. Essendo di idee repubblicane non avrebbe potuto contare sul sostegno del re , rifuggiva dall’idea di innescare una guerra civile e in fin dei conti era un artista, non un politico. Chi volesse farsi un’idea più completa di questa vicenda dovrebbe leggere il bel libro di Giordano Bruno Guerri “disobbedisco” recentemente pubblicato. Ci potrà trovare brani dei discorsi tenuti a Fiume da d’Annunzio. Quando dopo il Natale di sangue decise di ritirarsi da Fiume ma coltivava ancora la speranza di una rivoluzione in Italia concluse i suo discorso con la frase “insorgere è risorgere” Vorrei però citare alcune parole di un suo famoso discorso che a rileggerle colpiscono per la loro straordinaria attualità “Ci siamo levati soli contro un mostro minaccioso e insaziabile. Ci siamo levati soli contro il mondo folle e vile. Ci siamo levati soli contro l’immenso potere costituito e munito dei ladri, degli usurai e dei falsari. Respiriamo il nostro orgoglio”.

di Achille Lucio Gaspari

 

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