L’Osservatorio

Nel 2018 sono diminuite le vittime di incidenti stradali

Nel 2018 sono diminuite le vittime di incidenti stradali rispetto all'anno precedente e le regioni del Sud risultano essere le piu' 'virtuose'. Nel giorno in cui si registra l'ennesima strage sulle strade, con 12 vittime accertate, un triste bilancio di un nuovo week end di paura, gli ultimi dati ufficiali sugli incidenti stradali, forniti dall'Istat e dal ministero dei Trasporti e relativi al 2018, rilevano che quelli con conseguenze mortali fanno registrare una diminuzione del 4,2 per cento rispetto al 2017. La Polizia stradale, lo scorso anno, ha garantito la vigilanza sulle strade con 453.473 pattuglie accertando quasi due milioni di infrazioni al codice della strada e ritirando 42.662 patenti. Dai dati forniti sia da Polizia di Stato che dai Carabinieri, si evidenzia un lieve incremento degli incidenti stradali pero' con un minor numero di feriti. Diminuisce, in particolare, il numero delle vittime per incidenti stradali, dell'1,2 per cento.

I conducenti controllati sono stati 34.362, il 6,5 per cento dei quali e' risultato positivo all'alcol con un tasso superiore a 0,5 g/l, mentre l'1,6 per cento e' risultato positivo ad una o piu' sostanze stupefacenti nel corso dei test su strada. Inoltre, nel corso del 2018, in accordo con il ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, sono stati attivati controlli d'iniziativa o su segnalazione degli istituti scolastici per il controllo degli autobus destinati al trasporto di scolaresche per gite o viaggi d'istruzione. Nei primi 11 mesi dell'anno sono stati controllati 16.668 autobus, dei quali 2.261 hanno evidenziato almeno una irregolarita', per un totale di 3.471 infrazioni. Sono state ritirate 35 patenti di guida e 54 carte di circolazione. Dall'avvio dell'iniziativa, nel 2016, sono stati 43.061 gli autobus controllati di cui 31.023 su richiesta delle scuole. Quelli che presentavano una o piu' irregolarita' sono stati 6.511. 

Quanto ai dati suddivisi per regione, i guidatori del Sud Italia fanno meno incidenti di quelli del Nord. E' quanto emerge dai dati Istat relativi all'anno 2017, secondo i quali, se rapportati al parco veicoli circolanti, le province piu' virtuose sono quelle del Mezzogiorno. La cartina, infatti, e' quasi tutta colorata di verde (laddove il rapporto tra incidenti e veicoli e' minore), dall'Abruzzo alla Sicilia, con poche eccezioni. Il contrario invece nelle regioni del Centro-Nord, fatte salve le province dell'arco alpino. A Genova si registra il record negativo, con 7,6 incidenti ogni 1.000 veicoli circolanti (a due o quattro ruote), seguita da Milano, Savona, Rimini e Prato. In fondo alla classifica si trova Aosta con solo 1,07 incidenti e preceduta da Agrigento, Avellino, Vibo Valentia e Benevento. Nel 2017 sono stati 174.933 gli incidenti stradali con lesioni a persone in Italia, in leggero calo rispetto al 2016, con 3.378 vittime (morti entro 30 giorni dall'evento) e 246.750 feriti. Stando ai dati Istat relativi al 2017, e resi noti anche durante l'audizione in commissione a febbraio del 2019, in occasione dell'esame della riforma del codice della strada, nel 2017 il numero dei morti era tornato a crescere rispetto al 2016 (+95 unita', pari a +2,9%), dopo la riduzione registrata nell'anno precedente. Tra le vittime sono risultati in aumento i pedoni (600, +5,3%) e soprattutto i motociclisti (735, +11,9%), mentre risultano pressoche' stabili gli automobilisti deceduti (1.464, -0,4%); in calo ciclomotoristi (92, -20,7%) e ciclisti (254, -7,6%). Nel 2017, rispetto all'anno precedente, gli incidenti e i feriti registrano una lieve diminuzione (-0,5% e -1,0%). Stabile il numero dei feriti gravi: sulla base dei dati di dimissione ospedaliera nel 2017 sono stati 17.309, valore pressoche' analogo a quello del 2016 (-0,1%). Il rapporto tra feriti gravi e deceduti e' sceso a 5,1 da 5,3 dell'anno precedente. Il tasso di lesivita' grave sulla popolazione residente e' di 28,6 feriti gravi per 100 mila abitanti (40,1 per gli uomini e 17,7 per le donne). Sull'aumento del numero di morti in Italia incide soprattutto quello registrato su autostrade (comprensive di tangenziali e raccordi autostradali) e strade extraurbane (296 e 1.615 morti; +8,0% e +4,5% sull'anno precedente). Un aumento piu' contenuto si registra, invece, sulle strade urbane (1.467 morti; +0,3%). Nei grandi Comuni si rileva una tendenza opposta, con una diminuzione del 5,8% del numero di vittime nell'abitato. Tra i comportamenti errati piu' frequenti vi sono la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza e la velocita' troppo elevata (nel complesso il 40,8% dei casi). Le violazioni al Codice della Strada piu' sanzionate risultano l'eccesso di velocita', il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l'uso di telefono cellulare alla guida.

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Aumenta la spesa degli italiani per le vacanze

Il meteo non ferma le vacanze degli italiani. L'85% di quelli che consultano le previsioni prima di mettersi in viaggio per le vacanze estive non cambia la propria decisione di partire anche in caso di scenari sfavorevoli. Condizioni meteo invece determinanti in caso di gita 'fuori porta'. E' quanto emerge da un'indagine Coldiretti-Ixe' in occasione del weekend di grandi partenze sull'impatto delle condizioni climatiche sulle vacanze nell'estate 2019. "Piu' di 3 italiani su quattro (77%) - sottolinea Coldiretti - prima del viaggio cercano informazioni sulle condizioni del tempo in tv, radio, giornali e online, ma raramente sono disponibili a cambiare i comportamenti programmati. Il risultato e' che le giornate estive segnate dal bollino rosso - precisaColdiretti - sono influenzate dal maltempo o dalla grandine solo marginalmente. Un comportamento che dipende tra l'altro dalla lunghezza delle vacanze mentre il discorso cambia totalmente nel caso di spostamenti in giornata nei quali sole e caldo sono determinati nella decisione". La durata media della permanenza fuori casa dei 39 milioni di italiani in vacanza nell'estate 2019 e' stimata in 11,4 giorni con piu' di un italiano su cinque (21%) che - riferisce la Coldiretti - stara' fuori un periodo compreso tra 1 e 2 settimane, ma c'e' un 3% che rientrera' a casa dopo oltre un mese. Se e' il mare a fare la parte del leone per 7 italiani su 10 (70%), seguito dalla montagna, si assiste alla ricerca di alternative meno affollate come campagna e laghi. La spesa media destinata dagli italiani alle vacanze estive e' di 779 euro per persona in aumento del 5% rispetto allo scorso anno. 

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Sanità, Abruzzo fuori dalle regioni in area critica

Sono sei, e tutte del Sud, "le regioni in area critica" per quello che riguarda le performance dei servizi sanitari regionali: Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna. Mentre i cittadini che beneficiano dei migliori livelli di tutela della salute sono quelli che vivono a Trento, Toscana e Bolzano. Ma "la distanza tende a ridursi, proporzionalmente al progressivo superamento delle condizioni di ritardo delle regioni in Piano di rientro". Ad aggiornare la fotografia e' il nuovo rapporto Crea Sanita', dell'Universita' di Tor Vergata di Roma. Il rapporto "La misura della Performance dei SSR", spiega Federico Spandonaro, coordinatore del Crea Sanita', "si pone l'obiettivo di fornire una valutazione delle opportunita' di tutela della salute di cui i cittadini dispongono in funzione della loro residenza". Il divario Nord-Sud nel Servizio sanitario si rispecchia nella misurazione delle performance regionali, ovvero indicatori espressi in percentuali e costituiti da 5 aspetti: appropriatezza dell'assistenza, esiti delle cure, equita' di accesso, innovazione e situazione finanziaria. In particolare, si legge, "in area critica si trovano Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna, con valori di performance che arrivano fino al 31%". Trento, Toscana e Bolzano "offrono un livello di opportunita' significativamente superiore alle altre (performance tra 63% e 70%). Altre 6 regioni, ovvero Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Piemonte, sono sempre parte dell'area dell'eccellenza e con una performance tra 57% e 61%. Infine,6 regioni, ovvero Liguria, Valle d'Aosta, Marche, Lazio,Abruzzo e Molise, "rimangono in una posizione intermedia con livelli abbastanza omogenei, compresi nel range 44-52%. Il rapporto, conclude Spandonaro,mostra che per superare il gap la chiave di volta e' puntare sull'innovazione organizzativa"

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Istat: A maggio vendite dettaglio grande distribuzione -0,4%

Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, a maggio il valore delle vendite al dettaglio registra una diminuzione sia per la grande distribuzione (-0,4%) sia, in misura più rilevante, per le imprese operanti su piccole superfici (-3,6%), mentre si presenta crescita il commercio elettronico (+10,6%). Lo rileva l'Istat, osservando che come si confermi l'ampliamento, già osservato in aprile del differenziale di crescita tra le imprese di piccola dimensione, sotto i 5 addetti, che vedono una flessione tendenziale del 4,8%, e quelle grandi, con oltre 50 addetti, che registrano un modesto incremento (+0,4%)

Una dinamica simile, seppure meno ampia, caratterizza i primi cinque mesi del 2019. Le vendite delle piccole imprese risultano infatti in calo (-1,4% rispetto allo stesso periodo del 2018), mentre le grandi imprese, nello stesso arco temporale, mostrano un incremento dell'1,4%.

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La classifica delle università italiane secondo il Censis

Bologna, Padova Firenze e La Sapienza. Sono questi i grandi atenei al top della classifica Censis delle Universita' italiane (edizione 2019/2020) che vede poi al vertice del nuovo ranking degli atenei statali e non statali (in base a strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio, livello di internazionalizzazione, occupabilita' e comunicazione) anche Perugia, Trento, Camerino (a seconda della grandezza dell'ateneo) mentre per i politecnici svettano Milano e Torino e per le universita' non statali la Bocconi di Milano. E prosegue la crescita delle immatricolazioni: per il quarto anno consecutivo, nell'anno accademico 2017-2018 si e' registrato un aumento(+1,3% rispetto all'anno accademico precedente). L'istruzione universitaria e' stata scelta dal 47% dei 19enni. Sono i gruppi disciplinari economico e ingegneria industriale e dell'informazione ad assorbire le quote piu' alte di immatricolati (rispettivamente, il 15,5% e il 12,5%). Ma non in maniera omogenea su tutto il territorio: bene al Nord, in calo al centro e al Sud.

Tra i mega atenei statali (con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l'Universita' di Bologna, con un punteggio complessivo pari a 90,8. Segue, come l'anno scorso, l'Universita' di Padova (88,7). Al terzo posto l'Universita' di Firenze (86,3), che, pur incrementando di 3 punti l'indicatore relativo alla dotazione di strutture per gli studenti, scende di una posizione. La Sapienza di Roma e' stabile al quarto posto (84,3), inseguita dall'Universita' di Torino (83,0), che sale dal settimo al quinto posto e supera Pisa (82,5), che retrocede al sesto. Ultima tra i mega atenei statali e' l'Universita' di Napoli Federico II, preceduta dall'Universita' di Catania. L'Universita' di Bari e' terzultima e sostituisce la Statale di Milano, che guadagna una posizione.

L'Universita' di Perugia e' ancora al vertice della classifica dei grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 91,2. Tiene la seconda posizione l'Universita' della Calabria (90,2), che vede aumentare di 4 e 3 punti rispettivamente gli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione. Mantengono la terza e la quarta posizione le Universita' di Parma e di Pavia (rispettivamente, 89,7 e 88,0 punti). Al quinto posto si afferma l'Universita' di Modena e Reggio Emilia (87,3), che rimpiazza l'Universita' di Cagliari, scivolata in nona posizione (83,5), soprattutto a causa della perdita di 13 punti per borse di studio e altri interventi in favore degli studenti e di 5 punti nell'internazionalizzazione. Segue al sesto posto l'Universita' di Salerno, che guadagna otto posizioni grazie agli incrementi dei punteggi per borse di studio, strutture, servizi digitali. Penultima tra i grandi atenei e' l'Universita' di Roma Tre (79,0 punti). Chiudono la classifica, con il punteggio ex aequo di 75,5, le Universita' della Campania e di Chieti e Pescara.

E' l'Universita' di Trento a guidare la classifica dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 97,0. Con un incremento di 9 e 7 punti rispettivamente negli indicatori relativi alle strutture per gli studenti e all'internazionalizzazione, l'ateneo guadagna due posizioni rispetto allo scorso anno e rimpiazza l'Universita' di Siena, che passa al secondo posto con 95,3 punti. La terza posizione e' condivisa dagli atenei friulani: l'Universita' di Trieste e l'Universita' di Udine ottengono lo stesso punteggio di 91,2. Sono entrambe in ascesa, provenendo dalla quarta (Trieste) e dalla nona posizione (Udine): borse di studio, strutture per gli studenti, comunicazione e servizi digitali sono gli indicatori che, con diversa intensita', hanno agevolato la scalata della classifica. Invece scende dalla seconda alla quinta posizione l'Universita' di Sassari, penalizzata dalla perdita di 12 punti nell'indicatore sulla internazionalizzazione. Chiudono il ranking, rispettivamente all'ultimo, penultimo e terzultimo posto, l'Universita' di Napoli L'Orientale, l'Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro e l'Universita' di Napoli Parthenope.  Nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) primeggia anche quest'anno l'Universita' di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 93,0. Anche la seconda e la terza posizione restano invariate. Seconda e' l'Universita' di Foggia (82,2), incalzata in terza posizione dall'Universita' di Cassino (82,0). Il quarto e il quinto posto sono occupati dalle Universita' della Basilicata (81,3) e dell'Insubria (80,5), che risalgono ciascuna di due posizioni. In penultima e ultima posizione ci sono rispettivamente l'Universita' del Sannio e l'Universita' del Molise.

Al primo posto il Politecnico di Milano (con un punteggio complessivo pari a 95,8), al secondo il Politecnico di Torino (91,5), che fa retrocedere in terza posizione lo Iuav di Venezia, seguito dal Politecnico di Bari, che chiude la classifica. Tra i grandi atenei non statali (oltre 10.000 iscritti) in prima posizione c'e' anche quest'anno l'Universita' Bocconi (96,8), seguita dall'Universita' Cattolica (87,4). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) la Lumsa si colloca in prima posizione (90,0), seguita con un distacco minimo dalla Luiss (89,8), mentre lo Iulm e' al terzo posto (83,0). Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti) la Libera Universita' di Bolzano continua a occupare il vertice della classifica (con un punteggio complessivo pari a 102,4), seguita dalla Liuc Universita' Cattaneo (91,0) e dall'Universita' Roma Europea (83,6), che passa dalla ottava posizione dello scorso anno alla terza. Chiude la graduatoria l'Universita' Lum Jean Monnet, preceduta dall'Universita' della Valle d'Aosta.

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Gli italiani e le spese con la quattordicesima

Quattordicesima in arrivo anche per i pensionati: scade oggi 8 luglio, infatti, il termine ultimo per il pagamento della mensilità aggiuntiva da parte dell'INPS. A riceverla in questo mese dall'Istituto di Previdenza saranno circa 3,15 milioni di italiani, per un importo medio di 525 euro a persona. Un'iniezione di liquidità aggiuntiva che raggiunge complessivamente il valore di circa 1,65 miliardi. Ma che è per massima parte già impegnata: l'82% dell'ammontare della quattordicesima dei pensionati sarà infatti assorbito dalle spese obbligate, dalla salute alle bollette (ed il fisco), mentre solo l'8% andrà al risparmio, ed un ancora più esiguo 5% verrà destinato ai consumi. È quanto emerge dalle elaborazioni dell'Ufficio Economico di Fipac - l'associazione dei pensionati autonomi di Confesercenti - sulla base di un sondaggio somministrato da SWG a un campione di 1.300 pensionati. L'incidenza delle spese obbligate sulla quattordicesima per i pensionati (82%) è sensibilmente più alta della media dei percettori della mensilità in più, che a questa voce dedicano solo il 49% del monte complessivo. Per i pensionati, a pesare sono soprattutto le spese per la salute, in cui verrà investito il 25% della somma aggiuntiva: è il 13% nella media della popolazione generale. Seguono le bollette - spesso arretrate - che impegnano in media il 23% della quattordicesima: un dato anche in questo caso sensibilmente più alto del 10% segnalato dal resto dei beneficiari. I pensionati spendono di più anche per finanziamenti e mutui, per i quali sarà vincolata una quota del 18% della quattordicesima, contro il 14% medio della platea. Anche l'erario gioca la sua parte: in media, il 16% della mensilità aggiuntiva verrà usata per saldare i conti in sospeso con il fisco. 

Ridotte quasi all'osso, invece, le risorse che verranno dedicate al risparmio o ai consumi. L'indicazione dei pensionati è che solo l'8% sarà vincolato a forme di risparmio (4% risparmio vero e proprio, 4% come investimento), mentre la quota che verrà utilizzata per i consumi è il 5%: 2% per una vacanza, e 3% per altre spese, come i saldi estivi, iniziati in tutta Italia proprio lo scorso fine settimana. 

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Istat, prosegue la debolezza del settore produttivo ma migliorano lavoro e potere d’acquisto

"L'economia italiana appare caratterizzata dal proseguimento della fase di debolezza dei ritmi produttivi associata pero' a miglioramenti sul mercato del lavoro e del potere d'acquisto delle famiglie". Lo rileva l'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia. "A giugno - spiega l'istituto - l'indice del clima di fiducia dei consumatori e' tornato a diminuire dopo l'interruzione del mese precedente. Il peggioramento ha interessato tutte le componenti con il clima economico e quello futuro che hanno registrato le flessioni piu' marcate. Anche le aspettative sulla disoccupazione sono peggiorate". "Nello stesso mese - prosegue l'Istat - la fiducia delle imprese ha evidenziato un calo a sintesi di una flessione nel comparto manifatturiero e, soprattutto, nelle costruzioni. Nei servizi l'indice e' diminuito in misura piu' contenuta e nel commercio al dettaglio e' aumentato. Per le imprese manifatturiere, si e' rilevato un peggioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese sulla produzione mentre le scorte di magazzino sono aumentate. L'indicatore anticipatore ha confermato uno scenario a breve termine caratterizzato dalla debolezza dei livelli produttivi"

L'Istat sottolinea che nel mercato del lavoro i segnali per i prossimi mesi sembrano discordanti tra i diversi settori di attivita': "A fronte di una diminuzione delle attese sull'occupazione per la manifattura e le costruzioni si e' registrato un miglioramento di quelle nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio". per quanto riguarda l'economia internazionale, l'Istat note che i segnali di ripresa "appaiono episodici e nel complesso i dati hanno segnalato tendenze meno positive rispetto alle attese, sia nei paesi emergenti sia in quelli avanzati. Le previsioni per l'area dell'euro indicano un possibile rallentamento nel secondo trimestre". Per quanto riguarda l'Italia, ad aprile, l'indice della produzione industriale ha segnato una diminuzione, per il secondo mese consecutivo, interrompendo la tendenza positiva evidenziata nei primi mesi dell'anno. A maggio, e' proseguito l'aumento del numero di occupati in presenza di una forte riduzione del tasso di disoccupazione. L'inflazione italiana, infine, si mantiene su tassi moderati e inferiori a quelli dell'Eurozona, con un differenziale significativamente piu' ampio per la componente core.

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Sogeea: Impennata di alberghi all’asta

 "Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è aumentato del 34,3% in sei mesi: le vendite forzate attualmente in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, stabilimenti balneari, campeggi e simili sono infatti 153, a fronte delle 114 individuate a gennaio. Si tratta di una brusca inversione di tendenza dopo tre cali consecutivi a partire dall'inverno 2018. Il comparto, dunque, torna a muoversi nella stessa direzione rispetto a quello residenziale, che pure ha fatto registrare una sensibile risalita rispetto al dato di inizio anno". Lo riferisce il rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, presentato in Senato. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, però, si evidenzia come le varie macroregioni si siano comportate in modo assai differente. Sostanzialmente stabili sia il Nord del Paese (43 strutture all’asta contro le 41 di sei mesi fa) sia il Centro (le 54 attuali sostanzialmente si sovrappongono alle 50 di gennaio), mentre il Mezzogiorno e le isole maggiori vivono una fase assai delicata: Sicilia e Sardegna insieme ne contano sul mercato 36, valore più che triplo rispetto a quello dell’ultima rilevazione (11); nel Sud continentale, invece, si assiste a un quasi raddoppio della quota, che si attesta a 20 unità contro le 12 fatte registrare in avvio di 2019

La Toscana si conferma ancora una volta la Regione italiana con il più alto numero di strutture in vendita, 34 (dato assolutamente in linea con quello di sei mesi fa), seguita a debita distanza dalla Sardegna (19), dalla Sicilia (17), dal Lazio (16) e dall'accoppiata formata da Abruzzo e Trentino-Alto Adige (12 a testa). In doppia cifra anche l'Emilia-Romagna con 10. In fondo alla graduatoria si trovano Basilicata, Calabria, Liguria, Molise e Valle d'Aosta, che non presentano attualmente strutture all’asta. A livello di province, invece, spiccano le 12 di Grosseto, le 11 di Trento, le 10 di Sassari e le 9 di Rimini. A seguire Frosinone e Pisa con 8, Nuoro con 7, Arezzo con 6. Uno dei dati più interessanti riguarda le fasce di prezzo delle realtà imprenditoriali finite in vendita forzata: la quota di quelle fino a un milione di euro, solitamente ben al di sopra della metà del totale, scende al 48,4%. Contestualmente ha ripreso consistenza la fetta di strutture più pregiate: quelle con prezzo superiore ai 3 milioni di euro sono 29, vale a dire il 19% dell'intero comparto. Gli operatori del mercato, probabilmente, si sono dimostrati meno reattivi del solito a investire su immobili di tipologia più complessa oppure attendono ulteriori ribassi prima di decidersi a presentare offerte tanto impegnative

immagine di repertorio

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Malattie rare, screening neonatale in 5 anni coperture al 78%

Nel quinquennio 2013-2017 si osserva una crescita decisa della copertura dello screening neonatale esteso per le malattie metaboliche ereditarie, aumentato di quasi 50 punti percentuali (dal 30,9% del 2013 al 78,3% del 2017. Emerge da MonitoRare, il V Rapporto sulla condizione delle persone con Malattia Rara in Italia, realizzato dalla Federazione Italiana Malattie Rare Uniamo Fimr Onlus con il contributo non condizionato di Assobiotec. Nel corso dello scorso anno e' andato avanti il lavoro di adeguamento da parte di Regioni e Province Autonome dei registri regionali delle malattie rare e delle reti regionali per le malattie rare in conformita' al nuovo elenco di queste malattie, cosi' come la progressiva implementazione dei sistemi regionali di screening neonatale esteso delle malattie metaboliche ereditarie. A fine 2018 il programma regionale di screening era in via di finalizzazione anche nelle ultime 3 Regioni che non lo avevano ancora attivato (Abruzzo, Calabria, Basilicata). Sempre in quest'ambito va positivamente rilevato secondo Uniamo Fimr anche l'allargamento alle malattie neuromuscolari di origine genetica, alle immunodeficienze congenite severe e a malattie da accumulo lisosomiale avvenuto con la Legge di Bilancio 2019 con una dotazione di ulteriori 4 milioni di euro. Un altro importante fronte che ha visto attivamente impegnate le Regioni e' stato quello dell'attuazione dei programmi di intervento del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilita' grave prive del sostegno familiare con l'impiego delle risorse stanziate, anche se si rileva ancora una certa difficolta' a poter usufruire in pieno degli esiti di questo intervento. Ma Uniamo sottolinea che sono chiaramente evidenti anche alcune mancate azioni "di sistema". Il riferimento va in particolare al ritardato avvio del processo di aggiornamento della programmazione nazionale a una mancata valutazione del Piano nazionale malattie rare 2013-2016

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Istat, tasso di disoccupazione a maggio al 9,9 per cento

Il tasso di disoccupazione cala a maggio al 9,9 per cento (-0,2 punti percentuali). Le persone in cerca di occupazione sono in calo (-1,9 per cento, pari a -51 mila). Lo rileva l'Istat spiegando che la diminuzione è determinata da entrambe le componenti di genere ed è distribuita in tutte le classi d'età tranne i 35-49enni. Dopo la sostanziale stabilità registrata ad aprile, spiega l'istituto nazionale di statistica, a maggio 2019 la stima degli occupati risulta in crescita rispetto al mese precedente (+0,3 per cento, pari a +67 mila); anche il tasso di occupazione sale al 59,0 per cento (+0,1 punti percentuali). L'aumento dell'occupazione si concentra tra gli uomini (+66 mila) mentre risultano sostanzialmente stabili le donne; per età sono stabili i 15-24enni, in calo i 35-49enni (-34 mila) e in aumento le altre classi di età, prevalentemente gli ultracinquantenni (+88 mila). Si registra una crescita sia degli indipendenti (+28 mila) sia dei dipendenti, permanenti e a termine (+39 mila nel complesso).

Le persone in cerca di occupazione sono in calo (-1,9 per cento, pari a -51 mila). La diminuzione è determinata da entrambe le componenti di genere ed è distribuita in tutte le classi d'età tranne i 35-49enni. Il tasso di disoccupazione cala al 9,9 per cento (-0,2 punti percentuali). La stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a maggio è sostanzialmente stabile, l'andamento è sintesi di una diminuzione tra gli uomini (-29 mila) e una crescita tra le donne (+33 mila). Il tasso di inattività è invariato al 34,3 per cento per il quarto mese consecutivo.

Nel trimestre marzo-maggio 2019 l'occupazione registra una crescita rilevante rispetto ai tre mesi precedenti (+0,5 per cento, pari a +125 mila), verificata per entrambi i generi. Nello stesso periodo aumentano sia gli indipendenti (+0,5 per cento, +27 mila) sia i dipendenti permanenti (+0,6 per cento, +96 mila) sia, in misura lieve, quelli a termine; per tutte le classi di età si registrano segnali positivi ad eccezione dei 35-49enni. All'aumento degli occupati si associa, nel trimestre, un ampio calo delle persone in cerca di occupazione (-3,7 per cento, pari a -100 mila) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,3 per cento, -37 mila). Anche su base annua l'occupazione risulta in crescita (+0,4 per cento, pari a +92 mila unità). L'espansione riguarda entrambe le componenti di genere, i 15-24enni (+43 mila) e soprattutto gli ultracinquantenni (+300 mila) mentre risultano in calo le fasce di età centrali. 

Al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età. La crescita nell'anno si distribuisce tra dipendenti permanenti (+63 mila), a termine (+18 mila) e indipendenti (+12 mila). Nei dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna a un notevole calo dei disoccupati (-6,9 per cento, pari a -192 mila unità) e a una sostanziale stabilità degli inattivi tra i 15 e i 64 anni. 

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