L’Osservatorio

L’Alzheimer affligge oltre 600mila italiani

L'Alzheimer affligge oltre 600mila italiani e i loro familiari. Per sconfiggere la malattia ci si affida alla ricerca e a diagnosi precoci sempre piu' precise, ma la lotta per ridare dignita' ai malati e aiutarli a riconquistare la propria quotidianita', oggi passa anche dalla tecnologia e dai social, a partire dai chatbot, "assistenti virtuali" che si avvalgono dell'intelligenza artificiale a supporto delle persone affette da demenze. Di questi temi si e' discusso al Ministero della Salute, in occasione della conferenza stampa "Alzheimer , non perdiamolo di vista", organizzata da Italia Longeva, la Rete nazionale di ricerca sull'invecchiamento e la longevita' attiva del Ministero della Salute, sostenitore del progetto "Chat Yourself", il primo chatbot per i malati prodromici di Alzheimer (@chatyourselfitalia)

 "Per l'Italia, Paese piu' vecchio al mondo con il Giappone, le demenze rappresentano un problema medico-sociale ogni giorno piu' grande - ha dichiarato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva -. Cio' vale in particolar modo per l' Alzheimer , senza dubbio la forma di demenza piu' prepotente e violenta, sia sotto il profilo epidemiologico, sia per l'impatto sulla qualita' di vita dei pazienti e dei loro familiari. Questa patologia oggi interessa quasi il 5% degli over-65, ma secondo le proiezioni elaborate dall'ISTAT per Italia Longeva, nel 2030 la percentuale si triplichera' e saranno colpiti dalla malattia ben oltre 2 milioni di pazienti, in prevalenza donne. In attesa di cure efficaci contro l' Alzheimer , una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi e' quella di sfruttare le risorse della tecnologia. Chat Yourself e' nato con questo obiettivo: contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all'impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare", ha concluso Bernabei.

L'Alzheimer comporta un lento e progressivo decadimento delle funzioni cognitive, dovuto all'azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. "Evidenze scientifiche ci dicono che l'attacco ai neuroni ed ai circuiti nervosi inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei 'tipici' disturbi della memoria. Questo perche' nel nostro cervello c'e' un numero enorme di cellule, circuiti e sinapsi "di riserva" in grado di sostituire quelli danneggiati o distrutti dalla malattia, fino a quando non si arriva a una soglia limite, superata la quale il meccanismo degenerativo diventa inarrestabile - ha spiegato Paolo Maria Rossini, Direttore Area Neuroscienze, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS-Universita' Cattolica, Roma -. il limite dei trattamenti terapeutici sin qui tentati e' stato proprio quello di essere somministrati in presenza di una sintomatologia gia' conclamata corrispondente ad una fase di malattia in cui le riserve plastiche del cervello sono esaurite. In sostanza, come voler curare il cancro in un paziente plurimetastatico. Per questo motivo, gli sforzi della ricerca sono sempre piu' tesi a individuare le cratteristiche prodromiche, precocissime e spesso visibili solo con l'ausilio di esami strumentali, cosi' da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici"

Leggi Tutto »

Aumenta in Europa l’aspettativa di vita e si riduce la mortalità prematura

Aumenta in Europa l'aspettativa di vita e si riduce la mortalità prematura, tuttavia il fumo, l'alcol, il sovrappeso e l'obesità, oltre al calo della copertura vaccinale, stanno rallentando il progresso dello stato di salute in certi Paesi dell'Ue. Sono i risultati dell'ultima edizione dell'European Health Report (Relazione sullo stato di salute in Europa) che verrà formalmente presentata nel corso della 68esima riunione del Comitato regionale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Europa che si terrà a Roma dal 17 al 20 settembre. A fare il punto in una conferenza stampa congiunta per presentare l'evento sono state oggi Zsuzsanna Jakab, Direttore Regionale OMS Europa ed il ministro della Salute, Giulia Grillo. "Il documento European Health Report ci illustra che la maggior parte dei Paesi in Europa ha mosso passi importanti per allinearsi ai criteri di Salute 2020, muovendosi dunque nella direzione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile legati alla Salute", afferma Zsuzsanna Jakab sottolineando che "il miglioramento è notevole ma non omogeneo, sia tra Paesi che all'interno degli stessi. E' imperativo che si collabori tutti per riuscire a mantenere l'impegno espresso nel 2015 attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per garantire che la salute sia di tutti". Dunque, i cittadini europei vivono un anno in più rispetto a cinque anni fa. Però, permane un divario di oltre dieci anni tra i valori più alti e quelli più bassi in quanto ad aspettativa di vita tra i Paesi della regione europea dell'Oms. Ed ancora: il numero di morti per tutte le cause e per tutte le età è diminuito del 25% dall'anno 2000 e, complessivamente, la regione europea sta superando l'obiettivo dell'1.5% di riduzione annuale delle morti premature causate da malattie cardiovascolari, cancro e diabete fino al 2020.

Tuttavia, avverte l'Oms, "sussiste il rischio concreto che tali margini guadagnati vadano vanificati se proseguirà l'andamento al rialzo in termini di percentuali di obesità, fumo e consumo di tabacco, oltre al calo dei dati inerenti alla copertura vaccinale". I risultati dello studio forniranno una fotografia più precisa di quelli che sono le condizioni e i bisogni dei cittadini europei, rafforzando gli strumenti preposti alla formulazione di nuove politiche. I dati scientifici emersi, rileva l'Oms, saranno dunque il cuore del dibattito che si terrà a Roma la prossima settimana. Il Comitato regionale dell'Oms Europa si riunirà per la prima volta quest'anno a Roma con la partecipazione di oltre 400 alti funzionari (Ministri della Sanità e decisori politici) in rappresentanza dei 53 Paesi facenti parte della regione europea dell'OMS. L'evento traccerà un bilancio di quanto è stato raggiunto dei termini indicati nel quadro "Salute 2020" e di quali priorità vadano delineate, politicamente, per promuovere la salute e per mantenersi in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. 

Leggi Tutto »

Coldiretti, il volume d’affari delle agromafie è salito a 21,8 miliardi

Dai mercati ai supermercati, fino ai ristoranti, il volume d’affari delle agromafie è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nel 2017, con attività che riguardano l’intera filiera del cibo. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’operazione del comando provinciale dei carabinieri di Latina che ha disarticolato un gruppo criminale che esercitava un potere intimidatorio di tipo mafioso per monopolizzare i trasporti da e per il mercato ortofrutticolo di Fondi (Mof), tra i più importanti a livello nazionale. Le mafie - spiega la Coldiretti - condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero o falso Made in Italy e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. "In questo modo la malavita si appropria - conclude la Coldiretti - di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy". Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni e ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.

Leggi Tutto »

Un milione di cinghiali in giro per l’Italia

Sarebbero un milione i cinghiali in tutta Italia, secondo quanto afferma la Coldiretti a seguito delle numerose segnalazioni di branchi di cinghiali ricevute sulla Cassia a Roma e nel quartiere San Paolo di Bari. Raddoppiati negli ultimi dieci anni "distuggono i raccolti, sterminano animali allevati, causano incidenti per danni stimati in centinaia di milioni di euro nell'ultimo decennio, senza contare i casi in cui ci sono state purtroppo anche vittime" conclude nella nota la Coldiretti, che sottolinea come non sia più una questione solo di risarcimenti ma un "un fatto di sicurezza delle persone che va affrontato con la dovuta decisione"

 

immagine di repertorio

Leggi Tutto »

L’Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati

Un paese sostanzialmente fermo, dove l'accesso all'istruzione continua a essere facilitato per chi ha genitori laureati, in cui i Neet sono il doppio che altrove, in cui l'università non si è aggiornata negli anni della crisi fornendo sbocchi lavorativi e in cui i professori sono anziani e poco pagati. E' la fotografia scattata dall'Ocse con la ricerca annuale 'Education at a glance', un evento organizzato con l'associazione TreeLLLe ed ospitato dalla Luiss. L'Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati. Il numero di italiani che studia all'estero per laurearsi è aumentato del 36% in soli 3 anni; nel frattempo il numero di studenti stranieri iscritti all'università in Italia è aumentato solo del 12%. Tra le anomalie, contrariamente agli altri Paesi, il tasso di occupazione dei giovani laureati in Italia è molto inferiore a quello dei laureati intorno ai 60 anni. Inoltre le competenze trasmesse dall'università non sembrano ricercate dalle imprese

I giovani Neet (che non studiano, non lavorano e non cercano impiego) corrispondono al 30% dei 20-24enni, contro il 16% della media Ocse, ma con variazioni regionali fortissime che vanno dal 12 al 38% per la classe di età tra i 15 e i 29 anni. La quota Neet tra le donne aumenta molti tra i 25 e i 29 anni.

Gli insegnanti italiani continuano a essere tra i più anziani nel panorama internazionale (il 58% ha più di 50 anni). I loro stipendi sono inferiori alla media Ocse. Infine l'Italia è uno dei Paesi che prevede il più alto compenso retributivo per i dirigenti scolastici rispetto agli insegnanti.

Dalla ricerca emerge che solo il 24% dei bimbi 0-3 anni frequenta asili nido, contro il 35% della media Ocse. I bambini hanno maggiori probabilità di frequentare i servizi per la prima infanzia se provengono da un ambiente socioeconomico avvantaggiato e quando le loro madri hanno conseguito un titolo di livello terziario. Solo il 19% degli adulti con genitori senza istruzione secondaria superiore ha superato il livello di istruzione dei genitori.

Se la partecipazione delle giovani donne laureate al mercato del lavoro è elevata, quasi come quella degli uomini, le giovani donne senza un laurea hanno tassi si inattività molto più elevati rispetto agli uomini. Inoltre emerge che le retribuzioni medie delle donne sono inferiori a quelle degli uomini e il divario aumenta per le donne laureate. Una percentuale maggiore di donne ha conseguito la laurea rispetto agli uomini.

Gli adulti nati all'estero hanno in media un livello di istruzione inferiore agli adulti nati in Italia. In Italia, tra le persone con un titolo di studio inferiore al grado secondario superiore, quelle nate all'estero hanno una maggiore probabilità di trovare un lavoro rispetto agli autoctoni. Come in molti altri Paesi Ocse, gli adulti laureati nati all'estero hanno però molte meno probabilità di trovare un lavoro rispetto agli autoctoni o agli adulti nati all'estero arrivati entro i 15 anni. + più probabile che chi è nato all'estero guadagni meno degli autoctoni, indipendentemente dal livello d'istruzione. In Italia si stabiliscono soprattutto immigrati scarsamente qualificati che competono con gli italiani senza titolo di studio sul mercato del lavoro. Contrariamente agli altri paesi, gli immigrati laureati in Italia occupano lavori meno qualificati.

I maggiori divari regionali si riscontrano tra i 20-29enni: i tassi di scolarizzazione sono inferiori del 10% rispetto alla media nazionale in Basilicata, nella Provincia autonoma di Bolzano e nella Valle d'Aosta e raggiungono il 25% in altre cinque regioni del Paese (Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Provincia autonoma di Trento e Toscana). Il tasso di occupazione è più nel Sud Italia e nelle Isole.

 

Leggi Tutto »

Al sud il 18.5 per cento dei giovani abbandonano studio e formazione

Il Mezzogiorno è l'area nella quale i giovani tra 18 e 24 anni con al piu' la licenza media abbandonano sia lo studio che la formazione professionalizzante. Se, infatti, in media in Italia questi giovani sono poco meno del 14%, al Sud raggiungono il 18,5%, mentre al Nord si fermano all'11,3% e al Centro al 10,7%. E sono piu' i maschi che le femmine a interrompere gli studi: i ragazzi meridionali sono ben il 21,5%, le ragazze del Sud il 15,2%. Si tratta di elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT presentati oggi a Roma nel corso del seminario su "Il sistema educativo nell'Italia dei dualismi. Una discussione a partire dal "Education&Training Monitor 2017", organizzato dalla SVIMEZ e dalla Rappresentanza della Commissione europea in Italia. Al seminario, coordinato da Luca Bianchi, Direttore della SVIMEZ, sono intervenuti Daria Ciriaci, della Rappresentanza della Commissione europea in Italia, Francesco Avvisati dell'OCSE e Gaetano Vecchione, dell'universita' federiciana di Napoli. Al successivo dibattito hanno preso parte Adriano Giannola, Presidente della SVIMEZ, Francesco Sinopoli, Segretario della FLC-CGIL e Roberto Torrini, della Banca d'Italia, gia' Direttore ANVUR. 

 Dalle analisi e dal confronto sono emerse le profonde differenze territoriali, e soprattutto, come in alcune provincie, in particolare meridionali, quasi un giovani ogni quattro abbandoni la scuola o la formazione professionale. Cio' comporta un troppo basso livello di competenze al Sud, che rende ancor piu' difficile l'accesso al mercato del lavoro.

Leggi Tutto »

Istat, aumenta la spesa in ricerca e sviluppo

Nel 2016, la spesa per ricerca e sviluppo intra-muros dell'insieme dei settori istituzionali, quali imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e universita', e' stata di quasi 23,2 miliardi di euro, in aumento, rispetto all'anno precedente, del 4,6% a prezzi correnti e incide in percentuale sul Pil dell'1,38%, registrando un lieve incremento di 0,04 punti percentuali. Lo ha reso noto l'Istat, che oggi ha diffuso il rapporto "Ricerca e sviluppo in Italia", dal quale e' emerso che il settore privato (imprese e istituzioni non profit) ha speso per la R&S intra-muros circa 14,7 miliardi di euro, di cui la quasi totalita' (14,1 miliardi) e' stata sostenuta dalle imprese.

Le universita' hanno speso circa 5,6 miliardi di euro, mentre le istituzioni pubbliche 2,9 miliardi. Rispetto al 2015 e' aumentata sensibilmente la spesa delle imprese (+9,3%) mentre e' rimasta stabile quella delle istituzioni pubbliche. E' diminuita, invece, lievemente nelle universita' (-1,0%) e maggiormente nelle istituzioni private non profit (-18,6%).

La spesa del settore privato (imprese e istituzioni non profit) ha costituito la principale componente della spesa totale (63,3%) ed e' cresciuta rispetto al 2015 (+1,9 punti percentuali). In particolare, il settore delle imprese ha contribuito per il 60,8% alla spesa complessiva (+2,6 punti percentuali rispetto all'anno precedente), mentre il 24,2% della spesa e' stato sostenuto dalle universita' e il 12,6% dalle istituzioni pubbliche. Con riferimento alle fonti di finanziamento, nel 2016 la spesa in R&S e' stata finanziata prevalentemente dal settore privato (imprese e istituzioni non profit), che contribuisce per il 54,1% (pari ad un valore di 12,5 miliardi), seguito dal settore delle istituzioni pubbliche con il 35,2% della spesa (circa 8,2 miliardi) e i finanziatori stranieri (imprese, istituzioni pubbliche o universita' estere), che hanno partecipato al 9,8% della spesa (circa 2,3 miliardi). Rispetto al 2015, nel complesso e' aumentata la componente di finanziamento delle imprese nazionali e degli investitori stranieri (+3,5 punti percentuali), mentre e' diminuito il peso delle altre fonti di finanziamento. 

Leggi Tutto »

Coldiretti, conserve fai da te per 10 mln italiani

Sono oltre 10 milioni gli italiani che quest'anno si dedicheranno alla preparazione di conserve fatte in casa per garantirsi un'alimentazione piu' genuina, ridurre gli sprechi e risparmiare. E' quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixe' presentata al Mercato di Campagna Amica al Circo Massimo. La preparazione delle conserve secondo una tradizione del passato - spiega la Coldiretti - sembrava destinata a perdersi ed e' invece tornata di grande attualita' di fronte ai ripetuti scandali alimentari e all'esigenza di garantire la qualita' e la naturalita' dell'alimentazione. Il risultato e' "il ritorno di comportamenti virtuosi che si esprimono anche nei riti settembrini della preparazione delle conserve fai da te, con intere giornate trascorse per recuperare il prodotto, pulirlo, lavorarlo, cucinarlo e metterlo in vaso. Una maggiore attenzione rispetto al passato viene riservata alla scelta delle materie prime che spesso vengono acquistate direttamente dai produttori agricoli in azienda, nelle botteghe o nei mercati degli agricoltori a chilometro zero". La preparazione piu' radicata nella tradizione degli italiani resta quella della trasformazione del pomodoro che prevede semplici, ma importanti operazioni come la selezione e il lavaggio accurato dei pomodori, l'asciugatura, la cottura in acqua bollente per favorire il distacco della buccia dalla polpa e infine la spremitura, l'imbottigliamento e la sterilizzazione delle bottiglie. Non meno diffusi sono i sott'oli con ortaggi di stagione come zucchine e melanzane precedentemente lavati e scottati in acqua, aceto o vino, fatti asciugare, messi in vaso con diversi aromi e sterilizzati. Immancabili poi tra le conserve fatte in casa le marmellate: una volta scelta, la frutta va lavata, tagliata e lasciata a macerare con succo di limone e zucchero per una notte intera prima di essere cotta a fuoco medio per una trentina di minuti in modo da farla addensare prima di metterla in vasetto e sterilizzare lo stesso. 

Leggi Tutto »

Calano le vendite al dettaglio ma cresce il commercio on line

Nuova frenata per le vendite al dettaglio a luglio nel commercio tradizionale mentre volano gli acquisti on line: nel mese in genere dedicato ai saldi l'Istat segnala un calo tendenziale delle vendite in valore dello 0,6% (-1,8% in volume) nel complesso ma con andamenti molto diversi per le vendite nella grande distribuzione (-0,1%), nei piccoli negozi (-1,5%) e on line (+13,6%). La tendenza di crescita dello shopping on line è ormai in atto da molto tempo con un +15,3% segnato nel secondo trimestre 2018 sullo stesso periodo dell'anno scorso, ma potrebbe rafforzarsi con la stretta sulle liberalizzazioni e la possibile chiusura obbligatoria la domenica. I consumatori, infatti, sottolineano come questa stretta potrebbe dare un ulteriore vantaggio alle piattaforme di vendite on line, aperte appunto h24 e 7 giorni la settimana, a scapito del commercio tradizionale. Il dato è negativo anche su base congiunturale con un calo dello 0,1% rispetto a giugno (-0,2% in volume). Su base annua le vendite al dettaglio dei beni alimentari sono in aumento in valore dello 0,2% (-2,1% in volume), crescita - afferma l'Istat - "dovuta esclusivamente all'aumento dei prezzi". Nonostante la crescita a due cifre del commercio on line e le numerose chiusure di negozi l'Italia rimane tra i Paesi con il commercio di vicinato più diffuso e con le più basse percentuali di acquisto on line. Secondo gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2017 le persone che hanno comprato beni o servizi on line per uso privato negli ultimi tre mesi sono stati il 21% in Italia a fronte del 48% medio in Ue. In Francia la media di chi ha acquistato negli ultimi tre mesi via web è al 54%, in Germania al 66% mentre nel Regno Unito è al 78%. "Il 2018 è un anno da dimenticare" afferma la Confesercenti, sottolineando che le liberalizzazioni sono state inefficaci nel rilancio della domanda. La Confcommercio afferma che i dati di luglio sono un "campanello d'allarme" per i mesi successivi data anche la decelerazione della crescita economica mentre i consumatori chiedono al Governo politiche per la redistribuzione per rilanciare i consumi e di non fare passi indietro sulla liberalizzazione delle aperture perché sarebbe solo un vantaggio per il commercio on line. Anzi,chiedono di liberalizzare anche i saldi eliminando quelli di fine stagione e lasciando libertà al negoziante di scontare la merce quando lo ritiene opportuno "così come avviene nell'e-commerce".

Leggi Tutto »

La popolazione italiana residente supera i 60 milioni

La popolazione residente in Italia è pari a 60 milioni 484 mila unità. L'età media è di 45,2 anni, riflesso di una struttura per età in cui solo il 13,4% della popolazione ha meno di 15 anni, il 64,1% tra i 15 e i 64 anni e il 22,6% ha 65 anni e più. E' quanto rileva l'Istat nel report sulla popolazione residente. La popolazione di 80 anni e più raggiunge il 7,0%, quella di 100 anni e più supera le 15 mila e 500 unità. Sono più di mille gli individui che hanno superato i 105 anni e 20 i supercentenari (110 anni e più). Dal confronto dei dati del Censimento della Popolazione del 1991 con quelli del 1° gennaio 2018 si nota il forte aumento della popolazione anziana (65 anni e più) in termini sia assoluti (da 8,7 milioni a 13,6 milioni) sia percentuali rispetto al totale di popolazione (dal 15,3% a 22,6%). In particolare, secondo l'Istat, raddoppia la popolazione di 80 anni e oltre (da 1 milione 955 mila a 4 milioni 207 mila) che rappresenta ormai il 7,0% della popolazione totale residente. Nello stesso periodo, diminuisce di quasi un milione di unità la popolazione con meno di 15 anni (da 15,9% a 13,4% del totale della popolazione) e di oltre 300 mila unità quella di 15-64 anni (da 68,8% a 64,1%). L'età media, che alla data del Censimento 1991 era al di sotto dei 40 anni, nel 2018 supera i 45 anni.

Il processo di invecchiamento, sottolinea il rapporto, investe tutte le regioni d'Italia anche se con intensità differenti. Al Centro-Nord l'età media raggiunge quasi i 46 anni, nel Mezzogiorno è di 44 anni. Sono tendenzialmente in aumento anche le persone che hanno 100 anni e più: nel complesso ammontano a 15.647 al 1° gennaio 2018, i maschi sono poco oltre i 2 mila e 500, ovvero meno del 17,0%. La differenza tra i sessi, in termini di maggiore aspettativa di vita delle donne rispetto agli uomini, è ancora più evidente considerando le fasce di età estrema della popolazione: gli individui con almeno 105 anni sono 1.091, di cui 951 femmine, ovvero l'87,2%. Le persone super-centenarie (110 anni e oltre) sono venti, quattro maschi e sedici femmine. A livello territoriale la popolazione di 105 anni e più risiede principalmente al Nord del Paese: 562 individui (di cui 501 donne) sono residenti al Nord, pari al 2,03 per 100.000 del totale dei residenti del Nord, 189 (di cui 167 donne) risiedono al Centro e 340 (di cui 283 donne) si trovano nel Mezzogiorno (Prospetto 2). La regione con la più alta percentuale di individui di 105 anni e più è la Liguria (3,58 per 100.000) nota per essere la regione più anziana dell'Unione europea. La donna più longeva vivente in Italia al 1° gennaio 2018 (deceduta il 6 luglio dello stesso anno) era residente in Toscana, ma nativa della Sardegna, e nel mese di maggio aveva compiuto 116 anni. Alla data del decesso era la decana d'Italia e d'Europa e la seconda persona vivente più longeva verificata al mondo. Ad oggi la donna vivente più longeva d'Italia ha superato i 115 anni e risiede in Puglia; l'uomo vivente più longevo ha quasi 110 anni e risiede nella provincia di Trento.

Leggi Tutto »