L’Osservatorio

Sondaggio Index, scende ancora la Lega e sale il M5S

"Per la seconda settimana continua a scendere la Lega e c’è una ripresa del Movimento Cinque Stelle". E’ il sondaggio settimanale di Index Research per Piazza Pulita, di Formigli, su La7. "La Lega - sottolinea l’istituto diretto da Natascia Turato- registra, dal 28 marzo al 4 Aprile, un -0,9% passando dal 34,5 al 33,6. Un dato sempre rassicurante rispetto al 17,4 delle politiche 2018. Per i grillini, questa settimana, un +0,5%. Il Movimento passa, dunque, dal 20,6% al 21,1%, alle politiche il 32,7%"

"Si arresta, invece, la rimonta del Pd. Dal 21,1%, del 28 marzo, al 20,8% del 4 Aprile. E’ lieve l’aumento per Forza Italia e Fratelli d’Italia. Gli azzurri passano dal 9,1% del 28 marzo al 9,3% del 4 aprile alle elezioni politiche era il 14%; mentre il partito della Meloni passa, nelle intenzioni di voto, da 4,5 al 4,6% - prosegue Index - Per Per più Europa, questa settimana, si registra invece un + 0,1%, il movimento si attesta dunque al 2,8%, a sinistra per Potere al Popolo un - 0,2% che tiene il movimento comunista all’1,5%. Per Mdp, Sinistra Italiana ed altri un +0,3% che fa raggiungere ai partiti il 3,2%. Alle politiche, insieme, avevano il 3,4%". 

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Primo accordo di Coldiretti per la Via della Seta

Primo accordo firmato alla vigilia del Vinitaly dalla Coldiretti nella propria sede di Palazzo Rospigliosi a Roma con le autorità della popolosa provincia di Guizhou (40 milioni di abitanti) nell'ambito della Via della Seta, una partnership fra Cina e Italia avviata a Roma durante la visita del presidente cinese Xi Jinping. L'intesa riguarda la promozione del Made in Italy nell'ambito dell'expo internazionale sulle bevande alcoliche che si svolge a settembre nel Guizhou, con l'impegno a una collaborazione bilaterale legata al vino e ai liquori. Lo segnala l'organizzazione agricola dando conto che le esportazioni di vino made in Italy in Cina sono aumentate del 548% negli ultimi dieci anni. "La Cina rappresenta un mercato di grande potenzialità per il settore agroalimentare e i prodotti e la qualità italiane hanno importanti possibilità di sviluppo. Costruiamo insieme al nuova Via della Seta" ha spiegato il vice governatore della provincia Lu Yongzheng a una rappresentanza di imprese vitivinicole arrivate da ogni parte d'Italia: dalla Lombardia alla Sicilia, dalla Campania alla Puglia, dalla Toscana all'Umbria, dal Veneto al Piemonte, dalle Marche all'Abruzzo. 

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Torna a crescere nei campi la presenza degli italiani

Dopo diversi anni torna a crescere nei campi la presenza degli italiani. Nel 2017, infatti i lavoratori stranieri calano del 5%, arrivando a quota 275mila. E' una delle fotografie che emerge dal Rapporto dell'Osservatorio Eban-Nomisma sul lavoro agricolo nel 2017 presentato oggi a Roma. Uno studio che mette in evidenza la crescita complessiva dell'occupazione in agricoltura, registrando un aumento del 4% di operai impiegati, poco piu' di 1 milione e del 6% delle giornate lavorate con 110 milioni; dati che pongono il settore secondo solamente al turismo. Quanto alle aziende che assumono manodopera in Italia sono 188 mila, una tendenza positiva che si conferma anche nelle previsioni 2018. Dal Rapporto emerge un settore con una sempre piu' forte presenza di manodopera stagionale: gli operai a tempo determinato rappresentano il 90% del totale, in aumento del 6% tra il 2012 e il 2017, mentre i contratti a tempo indeterminato sono calati dell'8%. Quanto alla mappa della crescita dell'occupazione in agricoltura non e' omogenea: mentre al Nord e al Centro gli operai impiegati fanno segnare nel periodo 2012-2017 incrementi rispettivamente del 13% e del 6%, al Sud calano dell'1%. Stesso trend per le giornate lavorate con +11% al Centro-Nord, mentre al Sud la crescita e' di appena del 2%. Quanto alla presenza di manodopera straniera, il Rapporto indica il 26% degli operai agricoli e' di provenienza estera; fra questi ultimi il 49% e' comunitario (75% rumeni) e il 51% extra-comunitario (42% africani).

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Istat, diminuisce il reddito delle famiglie

Il reddito delle famiglie diminuisce, stando agli ultimi dati Istat del 2018. Diminuisce, infatti, nel quarto trimestre 2018 il potere d'acquisto delle famiglie. Secondo l'Istat il calo è stato dello 0,5% rispetto al terzo trimestre.
Nello stesso periodo il reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,2%. Nonostante questo, i consumi hanno mantenuto una dinamica espansiva, a danno della propensione al risparmio che negli ultimi mesi dell'anno è stata pari al 7,6% (0,6 punti in meno rispetto ai tre mesi precedenti).
Nel quarto trimestre 2018 l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al 2,0% (1,9% nello stesso trimestre del 2017). Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un’incidenza sul Pil dell’1,7% (1,9% nel quarto trimestre del 2017).
La pressione fiscale è stata pari al 48,8%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Rispetto al trimestre precedente il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,2% in termini nominali e dello 0,5% in termini reali.

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Istat, a febbraio occupati -14.000, tasso scende al 58,6%

Il tasso di disoccupazione a febbraio passa dal 10,5% al 10,7% con una crescita di 0,1 punti percentuali. Lo rileva l'Istat.  Su base annua l'occupazione cresce dello 0,5%, pari a +113 mila unita'. L'espansione interessa entrambe le componenti di genere, interessando i 25-34enni (+21 mila) e soprattutto gli ultracinquantenni (+316 mila). Al netto della componente demografica la variazione e' positiva per tutte le classi di eta' tranne i 35-49enni per i quali e' nulla. Crescono soprattutto i dipendenti a termine (+107 mila) e si registrano segnali positivi anche per gli indipendenti (+71 mila) mentre calano i dipendenti permanenti (-65 mila)

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Sondaggio Ecfr, italiani piu’ preoccupati da emigrazione che immigrazione

Gli italiani sono piu' preoccupati dall'emigrazione che dall'immigrazione e ritengono che la principale emergenza e' quella della disoccupazione. E' quanto emerge da un sondaggio realizzato da YouGov in 14 Stati membri dell'Unione Europea per il think tank European Council on Foreign Relations (ECFR) in vista delle elezioni europee del 23-26 maggio. "Viktor Orban, Matteo Salvini e Steve Bannon hanno cercato di trasformare le elezioni europee in un referendum sull'immigrazione, mobilitando una coalizione sovranista per smantellare l'Ue da dentro", ha detto il direttore dell'ECFR in una nota: "I risultati di questo sondaggio dovrebbero rincuorare i pro-europei e dimostrare che ci sono ancora voti da conquistare su questioni maggiori come il cambiamento climatico, la sanita', la casa e gli standard di vita". Secondo il sondaggio, in Repubblica ceca, Italia, Polonia, Romania e Spagna gli elettori sono piu' preoccupati dai loro concittadini che lasciano il paese che dai migranti che arrivano. Nello specifico a livello nazionale, il 32% degli elettori italiani dicono di essere preoccupati per l'emigrazione contro il 24% per l'immigrazione. In Italia come in Spagna e' la disoccupazione, e non l'immigrazione, la questione che preoccupa di piu' gli elettori. I quattro paesi dove l'immigrazione e' la principale preoccupazione sono Austria, Danimarca, Germania e Svezia

Sull'emigrazione, in Italia il 52% degli elettori vorrebbero che il governo imponesse delle misure per impedire la partenza dal paese per lunghi periodi di tempo, dice il sondaggio realizzato per conto dell'ECFR. Quanto all'immigrazione, i tre quarti degli italiani (75%) pensano che il governo dovrebbe dare piu' aiuti economici ai paesi in via di sviluppo e scoraggiare gli ingressi. Il 72% ritengono che i rifugiati dovrebbero essere ridistribuiti con piu' equita' nell'Ue e che le frontiere dell'Europa dovrebbero essere meglio protette. Il 49% pensa che l'immigrazione ha un impatto negativo sui posti di lavoro e i salari. Sulla sicurezza, il 79% degli italiani pensa che servano sentenze piu' dure per mantenere l'ordine pubbliche e il 70% vede la corruzione come una questione maggiore. Sull'economia, solo il 12% degli elettori italiani ritengono che stia andando bene, mentre il 63% sono convinti che le grandi imprese si avvantaggino del lavoro delle persone ordinarie. Il 52% sostengono che il governo dovrebbe meglio ridistribuire la ricchezza tra chi sta bene e chi sta peggio.

Il sondaggio YouGov e' stato realizzato in 14 Stati membri che coprono l'80% dei seggi all'Europarlamento. A livello europeo, sul fronte economico, i risultati indicano che gli elettori sono pessimisti sulla forza delle loro economie nazionali. Sulla lotta al cambiamento climatico, c'e' una maggioranza in 13 Stati membri su 14 a favore dell'introduzione di maggiori protezioni per l'ambiente, anche a costo di un impatto negativo sulla crescita. L'estremismo islamista e' identificata come la piu' grande minaccia per il futuro dell'Europa. A livello europeo, l'immigrazione e' una questione ricorrente ma non sempre e' tra i due temi dominanti per gli elettori. La sanita', la casa, la disoccupazione e il costo della vita sono questioni di primo piano in molti Stati membri, in particolare in Olanda, Austria, Ungheria, Polonia, Spagna, Francia, Italia, Danimarca, Svezia, Germania e Romania.

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Boom delle addizionali Irpef

Un boom delle addizionali Irpef registrato con un confronto tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle del 2018. L'addizionale regionale risulta lievitata di 140 euro, mentre l'addizionale comunale di 70 euro, per un totale di 210 euro medi a testa annui. L'imposta versata alle regioni nel 2009 ammontava a 270 euro, più altri 120 euro andavano ai comuni, per un totale di 390 euro. Meno di 10 anni dopo le regioni incassano 410 euro mentre i comuni ne ricevono altri 190 euro, per un totale di 600 euro procapite l'anno; l'incremento in termini percentuali è del 53,8%. I dati sono contenuti nelle tabelle del ministero dell'Economia (dichiarazioni 2018 e 2009 su anni d'imposta 2017 e 2008). A crescere di più in termini percentuali sono le entrate degli enti locali, che registrano un incremento del 60,9% per effetto di un prelievo che è passato da 3 miliardi a 4,8 miliardi (+1,8 miliardi). Mentre osservando i dati sul versante del gettito sono le regioni che hanno aumentato di più le entrate, che sono cresciute di 3,6 miliardi, passando da 8,3 miliardi a 11,9 miliardi (+43,7%). Mettendo insieme le due gabelle risulta che le addizionali sono passate da 11,3 miliardi a 16,7 miliardi, con un incremento di 5,4 miliardi (+47,8%).

Gli abitanti del Lazio gli ultimi anni sono stati i più penalizzati dall'aumento dei tributi locali, con le imposte regionali che sono aumentate di 250 euro e quelle comunali di altri 110 euro, per un totale di 360 euro (+72%), che portano le spese annuali a 860 euro. Segue a distanza il Piemonte, con una crescita dei tributi di 300 euro (+230 euro alle regioni e +70 euro ai comuni); dalle ultime dichiarazioni dei redditi risulta che sono stati versati in media 700 euro, con un incremento del 75% rispetto alle dichiarazioni del 2009. In termini percentuali, invece, sono gli abitanti di Trento che hanno dovuto fare i conti con gli incrementi più elevati: i tributi sono raddoppiati arrivando a 540 euro (+100%). La regione che in questi anni ha aumentato di meno i tributi degli enti locali e territoriali, sia in termini percentuali che assoluti, è la Valle d'Aosta: dal 2009 al 2018 ha registrato un incremento di 110 euro, arrivando a un totale di 400 euro (+34,5%).

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Pressione fiscale in salita, nel 2019 rischia di sfiorare il 43 per cento

La revisione al ribasso della crescita ha messo drammaticamente in luce non solo il rallentamento in atto della nostra economia e la difficolta' di mantenere in ordine i nostri conti pubblici, ma anche un probabilissimo aumento della pressione fiscale che, secondo l'Ufficio studi della Cgia, nel 2019 rischia di sfiorare il 43 per cento

"Nel dicembre scorso - spiega Paolo Zabeo, coordinatore del centro studi Cgia - il Ministero dell'Economia aveva previsto una crescita dell'1 per cento del Pil che avrebbe contribuito a far salire di poco la pressione fiscale del 2019, esattamente al 42,3 per cento. Ora, con un Pil che quasi sicuramente superera' di poco lo zero, il peso fiscale e' destinato ad aumentare in misura piu' consistente rispetto alle previsioni. In questo momento, tuttavia, e' ancora prematuro stabilirne la portata: per avere maggiore contezza dovremo aspettare i dati della trimestrale di cassa. L'asticella, comunque, e' destinata a salire ed e' molto probabile che si attestera' appena sotto la soglia del 43 per cento". - Nessuna nuova tassa Sia chiaro: cio' non vuol dire che le famiglie e le imprese pagheranno piu' tasse. La pressione fiscale, infatti, e' data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil. Se si abbassa sensibilmente il denominatore e' quasi certo che il risultato del rapporto e' destinato ad aumentare in maniera significativa. "Con una pressione fiscale che negli ultimi decenni e' salita costantemente senza che cio' abbia comportato un incremento dei servizi offerti a famiglie e aziende - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - si sono sacrificati i consumi e gli investimenti. Inoltre, e' diventato sempre piu' difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, in particolar modo, il calo dei consumi delle famiglie ha creato non pochi problemi finanziari, costringendo molte partite Iva a chiudere definitivamente l'attivita'". - Attenzione al possibile rincaro commissioni bancarie Gli unici soggetti economici che subiranno un deciso aumento del carico fiscale saranno le banche, le assicurazioni e le grandi imprese. Se per i primi due soggetti l'aggravio di imposta nel 2019 sara' pari a 1,8 miliardi di euro, per i secondi il maggior gettito pesera' per 2,5 miliardi di euro. "Non e' da escludere - conclude Zabeo - che gli istituti di credito riversino sulla clientela i maggiori costi causati dall'inasprimento fiscale. Come ? Ritoccando all'insu' le commissioni bancarie che, ricordo, incidono ormai per il 40 per cento circa dei ricavi netti delle banche. In buona sostanza, bisognera' fare molta attenzione affinche' i costi dei conti correnti, i servizi bancomat/carte di credito, le operazioni di incasso/pagamento, la collocazione dei titoli e le gestioni patrimoniali non subiscano aumenti ingiustificati". - Con meno gettito rischiamo una manovra correttiva Ad aggravare la situazione va segnalato anche il probabile mancato gettito di alcune voci introdotte nell'ultima legge di Bilancio che ci allontanerebbe dagli obbiettivi di deficit e del debito presi con Bruxelles. Uno scostamento che potrebbe indurre l'Unione europea a imporci una manovra correttiva entro la fine dell'estate. Ricordiamo, infatti, che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, rischiano di mancare all'appello 4 miliardi di gettito dalla rottamazione delle cartelle esattoriali. Dalla privatizzazione di beni dello Stato le casse pubbliche dovrebbero incassare 18 miliardi di euro. Un obbiettivo che a oggi sembra sovrastimato. Senza contare che con l'introduzione della fatturazione elettronica il fisco punta a incassare un gettito aggiuntivo di 2 miliardi. Un importo che ai piu' sembra difficilmente raggiungibile - Negli ultimi 40 anni pressione fiscale e' aumentata di 11 punti.

L'Ufficio studi della Cgia ha ricostruito la serie storica della pressione fiscale in Italia. Negli ultimi 40 anni la pressione fiscale in Italia e' salita di quasi 11 punti percentuali. Se nel 1980 era al 31,4 per cento, quest'anno dovrebbe attestarsi almeno al 42,3 per cento. In questo arco temporale, la punta massima e' stata raggiunta nel 2012-2013, quando in entrambi gli anni il prelievo ha raggiunto la soglia del 43,6 per cento. Livello raggiunto a seguito dell'inasprimento della tassazione imposto dal governo Monti che ha reintrodotto la tassa sulla prima casa, ha aumentato i contributi Inps sui lavoratori autonomi, ha inasprito il prelievo fiscale sugli immobili strumentali, ha ritoccato all'insu' il bollo auto, etc.

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Istat: a marzo 2019 +0,3% i prezzi al consumo

 Secondo le stime preliminari diffuse nell'ultimo rapporto Istat, nel mese di marzo 2019 l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettivita', Nic, al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,3% su base mensile e dell'1,0% su base annua, con lo stesso tasso tendenziale del mese precedente. Dopo aver registrato una flessione tendenziale di oltre quattro punti percentuali a dicembre 2018 ed essere tornati a crescere nel mese di febbraio, i prezzi dei beni energetici non regolamentati, secondo quanto rilevato dall'istituto di statistica, hanno accelerato, compensando il rallentamento di quelli dei beni alimentari non lavorati e determinando la stabilita' dell'inflazione a marzo. Le componenti volatili hanno continuato a essere all'origine delle oscillazioni dell'inflazione, che ha visto i prezzi dei prodotti di largo consumo registrare una crescita piu' sostenuta rispetto a quella del paniere nel suo complesso. La stabilita' dell'inflazione e' da ricercare, secondo il report, nella sintesi di dinamiche contrapposte: da una parte l'accelerazione dei Beni energetici non regolamentati, da +0,8% a +3,3%, dall'altra il rallentamento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati, da +3,7% a +2,0%, dei Servizi relativi ai trasporti, da +0,9% a +0,4%, e dei Tabacchi, da +4,5% a +4,0%. L'inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, ha accelerato lievemente da +0,4% a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +0,7%

L'aumento congiunturale dell'indice generale e' dovuto principalmente alla crescita dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati, +1,6%, dei Tabacchi, +1,3%, e dei Servizi relativi ai trasporti, +1,2%, solo in parte bilanciata dal calo dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati, -1,5%. L'inflazione ha accelerato per i beni, da +1,3% a +1,5%, mentre per i servizi e' rimasta stabile a +0,7%; pertanto rispetto al mese di febbraio il differenziale inflazionistico negativo tra servizi e beni si e' ampliato passando da -0,6 nel mese precedente a -0,8 punti percentuali. L'inflazione acquisita per il 2019 e' +0,4% per l'indice generale e pari a zero per la componente di fondo. Dinamiche divergenti si registrano per i prezzi dei prodotti di largo consumo: quelli dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona decelerano da +1,6% a +1,3%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto accelerano da +1,5% a +1,6%, registrando in entrambi i casi un'inflazione piu' alta di quella complessiva. Il marcato rialzo congiunturale e', secondo l'Istat, dovuto in larga parte alla fine dei saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui il Nic non tiene conto. 

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Fisco, Fisco: da addizionali regionali e comunali gettito per 15,7 miliardi

L'addizionale regionale Irpef ammonta nel 2017 a circa 11,9 miliardi di euro (invariata rispetto al 2016). L'addizionaleregionale media e' pari a 410 euro: il valore piu' alto si registra nel Lazio (610 euro), il valore piu' basso si rileva in Basilicata (270 euro). E' quanto si evince dai dati sulle dichiarazioni dei redditi 2018 resi noti dal Mef. L'addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 4,8 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto al 2016, con un importo medio pari a 190 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio, al valore minimo di 60 euro nella Provincia autonoma di Bolzano.

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