L’Osservatorio

Quota 100, sono 131 mila le domande presentate in Italia

Sono 131.843 le domande presentate in tutta Italia per "Quota 100", con un record di richieste dalla Lombardia dove sono intenzionati a ricevere l'assegno Inps 16.741 (12,7%) lavoratori con eta' compresa fra i 62 e i 66 anni. Oltre la soglia delle 10.000 domane ci sono: la Sicilia con 12.577 (9,5%), il Lazio con 12.353 (9,4%) e la Campania con 11.498 (8,7%). In generale, che c'e' una sostanziale sovrapposizione tra le percentuali di domande su base territoriale e la distribuzione regionale dei potenziali beneficiari di Quota 100. E' quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa che ha preso in esame le richieste di "pensionamento anticipato" consentito dallo scalino introdotto con l'ultima legge di bilancio. "Non risolviamo cosi' il problema delle assunzioni di giovani. Per favorire la nascita di nuova occupazione per gli under 30 servono sgravi contributivi permanenti e tagli importanti al cuneo fiscale. Tutti gli accordi, anche nei gruppi industriali e finanziari piu' importanti, dimostrano che il meccanismo di sostituzione tra vecchi e giovani non ha funzionato affatto", commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara

 Secondo l'analisi di Unimpresa, che ha elaborato dati dell'Inps e della Corte dei conti aggiornati a maggio scorso, le domande per il pensionamento anticipato con la misura "Quota 100" introdotto con la legge di bilancio per il 2019, sono state finora 131.843. La "mappa territoriale" di Quota 100 e' sostanzialmente sovrapponibile alla cartina demografica del nostro Paese e rispecchiando pure la distribuzione dell'occupazione su base regionale per eta' pensionabile. In Abruzzo si sono registrate 3.811 richieste (il 2,9% del totale), in Basilicata 1.786 (1,4%), in Calabria 5.034 (3,8%), in Campania 11.498 (8,7%), in Emilia Romagna 9.413 (7,1%), in Friuli Venezia Giulia 4.198 (3,2%), nel Lazio 12.353 (9,4%), in Liguria 4.114 (3,1%), in Lombardia 16.741 (12,7%), nelle Marche 3.799 (2,9%), nel Molise 1.079 (0,8%), inPiemonte 8.734 (6,6%), in Puglia 9.438 (7,2%), in Sardegna5.293 (4,0%), in Sicilia 12.577 (9,5%), in Toscana 8.787 (6,7%), in Trentino Alto Adige 1.776 (1,3%), in Umbria 1.909 (1,4%), in Valle d'Aosta 281 (0,2%), in Veneto 9.222 (7,0%). Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, e' utile osservare le percentuali dei residenti, in ciascuna regione, con eta' compresa fra i 62 e i 66 anni, ovvero i soggetti occupati che potenzialmente possono accedere, in anticipo, all'assegno previdenziale. In Abruzzo i residenti . tra i 62 e i 66 anni, rappresentano il 2,3% del totale, in Basilicata l'1,0%, in Calabria il 3,3%, in Campania il 9,2%, in Emilia Romagna il 7,3%), in Friuli Venezia Giulia il 2,1%, nel Lazio il 9,6%, in Liguria il 2,7%, in Lombardia il 16,0%, nelle Marche il 2,6%, nel Molise lo 0,6%, in Piemonte il 7,6%, in Puglia il 6,7%, in Sardegna il 3,1%, in Sicilia l'8,3%, in Toscana il 6,3%, in Trentino Alto Adige l'1,6%, in Umbria l'1,5%, in Valle d'Aosta lo 0,2%, in Veneto l'8,1%

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Caldo, al momento non c’è allarme siccità per Coldiretti

In Italia non c'e' al momento allarme siccita' nonostante il caldo record che sta interessando tutta la Penisola con temperature bollenti nelle citta' e nelle campagne. E' quanto emerge da un'analisi della Coldiretti sulle disponibilita' idriche necessarie per affrontare la straordinaria emergenza provocata dall'arrivo dell'ondata di calore. Le riserve di acqua sono per ora garantite, sottolinea la Coldiretti, grazie alle precipitazioni del mese di maggio come dimostrano i grandi laghi che hanno un grado di riempimento pari al 78% in quello di Como al 92%, il Maggiore e fino al 96% per il Garda, mentre il fiume Po al Ponte della Becca si trova ad un livello di poco piu' di mezzo metro al di sotto dello scorso anno. Bene anche i bacini artificiali in Piemonte vicini alla capacita' massima, cosi' come quelli in Emilia Romagna e del Centro-Sud, dal Lazio all'Abruzzo fino alla Calabria e alla Sicilia secondo l'Anbi che segnala invece difficolta' solo in Basilicata e in Sardegna.

In questo momento l'acqua e' indispensabile in agricoltura per l'irrigazione di soccorso necessaria a salvare le coltivazioni in sofferenza per le alte temperature, dagli ortaggi al mais, dalla soia al pomodoro, ma anche per abbeverare gli animali nelle stalle e nei pascoli. Con le temperature superiori ai 35 gradi anche le piante sono a rischio stress idrico e colpi di calore che compromettono la crescita dei frutti negli alberi, bruciano gli ortaggi e danneggiano i cereali.

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Salario minimo, per la Cgia costerebbe 1,5 miliardi agli artigiani

Il Centro studi degli artigiani della Cgia di Mestre 'boccia' la proposta dei 5S di un salario minimo a 9 euro, sostenendo che questa costerebbe alle piccole aziende almeno 1,5 miliardi in piu'. E comunque gia' oggi, afferma la Cgia, nei principali contratti nazionali di lavoro dell'artigianato (con livelli retributivi tra i piu' bassi) le soglie minime orarie lorde complessive sono superiori alla proposta di legge proposta pentastellata. Oltre a cio', l'Ufficio studi della Cgia segnala che l'introduzione del salario minimo per legge avrebbe delle conseguenze molto negative per le aziende artigiane ubicate nelle aree economiche piu' arretrate del Paese che, per ragioni storiche e culturali, non applicano compiutamente i contratti nazionali. Probabilmente, l'aumento dei costi salariali in capo alle aziende - osserva la Cgia - "spingerebbe molte realta' produttive a licenziare i beneficiari di questo provvedimento di legge, facendo cosi' aumentare l'esercito dei lavoratori in nero"

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La Finanza ha scoperto 13.285 evasori totali del Fisco

Tra il gennaio del 2018 e il maggio del 2019 la Guardia di Finanza ha individuato 13.285 evasori totali del Fisco, che hanno evaso complessivamente 3,4 miliardi di Iva. È il bilancio fornito dalle Fiamme gialle in occasione del 245mo anniversario della fondazione del corpo. Evasione fiscale internazionale, frodi carosello, indebite compensazioni e traffici illeciti di prodotti petroliferi sono stati al centro dell'attenzione operativa della Finanza: settori in cui, nel 2018 e nei primi 5 mesi del 2019, sono stati eseguiti, nell'ambito di piani d'intervento coordinati con l'Agenzia delle Entrate, 128.497 interventi ispettivi. Nell'ultimo anno e mezzo sono stati 15.976 i reati fiscali riscontrati (principalmente, emissione e utilizzo di fatture false, dichiarazioni fraudolente e occultamento delle scritture contabili), con 18.148 denunce. Ammontano a 16.807 le indagini delegate dalla magistratura e ad oltre 9,3 miliardi di euro le proposte di sequestro avanzate. Eseguite misure patrimoniali per 1,5 miliardi di euro, mentre sono state 525 le persone arrestate. Le frodi scoperte ai danni del bilancio nazionale e comunitario sono state pari a oltre 1,7 miliardi di euro, mentre si attestano intorno ai 157 milioni quelle nel comparto della spesa previdenziale, assistenziale e sanitaria, con 13.570 persone denunciate. CALANO IVA EVASA E REATI, AUMENTANO GLI ARRESTI - Rispetto all'ultimo bilancio fornito dal corpo (gennaio 2017 - maggio 2018), risultano in calo il totale di Iva evasa scoperta (5,8 miliardi di euro contro 3,4 mld: -41,3%) e i reati fiscali denunciati (23.000 contro 15.976: -30,5%), mentre sono in aumento gli arresti (378 contro 525: +38,8%). Gli altri dati sono in sostanziale equilibrio con il passato. Tra gennaio 2017 e maggio 2018 erano stati 12.824 gli evasori totali scoperti, responsabili di aver evaso in quell'anno e mezzo 5,8 miliardi di Iva; nell'ambito delle frodi fiscali, sempre nello stesso periodo di tempo furono 128.000 gli interventi della GdF, tra verifiche e controlli avviati nei confronti delle persone e delle imprese considerate più a rischio di evasione fiscale, e circa 23.000 i reati fiscali denunciati con 17.000 responsabili individuati, 378 dei quali finiti in manette, e sequestri di disponibilità patrimoniali e finanziarie ai responsabili di frodi fiscali per 1,1 miliardi di euro. Le frodi scoperte ai danni del bilancio nazionale e comunitario furono oltre 1,5 miliardi di euro, con quelle nel settore della spesa previdenziale e sanitaria per 175 milioni e 12.741 soggetti nel complesso denunciati.

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Lavoro, in aumento i posti fissi e in calo contratti a termine

Numeri positivi per le trasformazioni in posti di lavoro stabili e contratti a termine in calo nel primo trimestre dell'anno per la prima volta dal secondo trimestre del 2016, ovvero dopo undici trimestri in aumento. E' il quadro che emerge dalle comunicazioni obbligatorie rielaborate nella Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell'occupazione messa a punto da ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal. Si conferma la crescita dell'occupazione dipendente ed in particolare dei contratti a tempo indeterminato: +207 mila rispetto al quarto trimestre del 2018, che raddoppiano nel confronto annuo. 

Nel complesso, nel primo trimestre del 2019, le attivazioni di contratti sono state 2 milioni 580 mila e le cessazioni 2 milioni 443 mila, che hanno determinato un saldo positivo di 138 mila posizioni di lavoro dipendente. Di queste, rispetto al trimestre precedente, le posizioni a tempo indeterminato risultano +207 mila, mentre quelle a tempo determinato subiscono una riduzione (-69 mila) e le trasformazioni in stabili (+223 mila) raggiungono il livello massimo della serie storica. Nel confronto annuo, la dinamica e' la stessa: +376 mila le posizioni dipendenti, di cui +401 mila stabili e -24 mila a termine. Entrambe le tendenze, sottolinea la Nota congiunta, sono influenzate proprio "dal notevole aumento delle trasformazioni a tempo indeterminato", contribuendo cosi' "in modo complementare" ad accrescere il numero dei contratti a tempo indeterminato e a diminuire quello dei contratti a termine. E questi ultimi risultano in calo per la prima volta dal secondo trimestre 2016, dopo undici trimestri di crescita, seppure caratterizzata negli ultimi trimestri da un progressivo rallentamento. Positivo per i sindacati questo andamento. 

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Commercio estero, vola il Made in Italy

Volano le esportazioni dell'alimentare nazionale che fanno registrare un balzo del 13,3% che per dimensione del settore e tasso di crescita traina l'intero Made in Italy. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati sul commercio estero dell'Istat ad aprile rispetto allo scorso anno. Si tratta in realtà - sottolinea la Coldiretti - del consolidamento del successo dell'alimentare nazionale nel mondo che nei primi quattro mesi dell'anno fa registrare un aumento record dell'8%, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A spingere la domanda estera dell'alimentare nazionale è - precisa la Coldiretti - il boom fatto registrare per le esportazioni in Usa dove si registra un aumento del 16,6% nonostante il clima di incertezza legato ai dazi minacciati dal presidente Trump contro una serie di prodotti europei. Buoni risultati ad aprile - continua la Coldiretti - anche in Europa con aumenti del 13,7% in Germania e del 7,4% in Francia mentre rallenta l'andamento in Gran Bretagna con un +2,9% sotto la pressione della Brexit. Tra i mercati emergenti - precisa la Coldiretti - si segnala un incoraggiante +9,4% per gli alimentari Made in Italy in Cina. Un andamento che evidenzia - sottolinea Coldiretti - la capacità del settore agroalimentare tricolore di intercettare la nuova domanda globale di alta qualità e tipicità nell'alimentare ma anche di interpretare l'attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale. Lo dimostra il fatto che, secondo uno studio Censis per Coldiretti e Filiera Italia, dalla crisi del 2008 ad oggi le esportazioni agroalimentari sono salite da 23,6 miliardi a 41,8 miliardi di euro, con un aumento record del 47,8% (contro il +16,5% del totale dell'economia)

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Istat, oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta

Nel 2018, si stimano oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all’8,4%). Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017 nonostante il quadro di diminuzione della spesa complessiva delle famiglie in termini reali. In gran parte questo si deve al fatto che soltanto le famiglie con minore capacità di spesa (a maggiore rischio di povertà) mostrano una tenuta dei propri livelli di spesa, con un conseguente miglioramento in termini relativi rispetto alle altre. Al netto dell’inflazione registrata nel 2018 (in media nazionale pari a +1,2%), utilizzando, quindi, gli indici 2017 di prezzo nel calcolo delle soglie, l’incidenza complessiva in termini di famiglie sarebbe stata pari a 6,8%. L’intensità della povertà, cioè quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente sotto la linea di povertà in termini percentuali, ovvero “quanto poveri sono i poveri”, si attesta nel 2018 al 19,4% (era il 20,4% nel 2017), da un minimo del 18,0% nel Centro a un massimo del 20,8% al Sud.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro). Analogamente agli anni passati, questo fa sì che, sebbene la quota di famiglie che risiede nel Nord sia maggiore di quella del Mezzogiorno (47,7% rispetto a 31,7%), anche nel 2018 il maggior numero di famiglie povere è presente in quest’ultima ripartizione (45,1% contro 39,3% del Nord). Nel Centro si trova il restante 15,6% di famiglie povere.

Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2018 sono stimate pari a poco più di 3 milioni (11,8%), per un totale di individui di quasi 9 milioni (15,0%). Rispetto al 2017, il fenomeno si aggrava nel Nord (da 5,9% al 6,6%), in particolare nel Nord-est dove l’incidenza passa da 5,5% a 6,6%. Il Mezzogiorno, invece, presenta una dinamica opposta (24,7% nel 2017, 22,1% nel 2018), con una riduzione dell’incidenza sia nel Sud (da 24,1% a 22,3%) sia nelle Isole (da 25,9% a 21,6%).

A livello individuale, il lieve calo in media nazionale (da 15,6% a 15,0%) è sintesi di dinamiche contrastanti nelle ripartizioni (da 7,4% a 8,6% nel Nord-est; da 30,8% a 25,7% nelle Isole). Su scala territoriale, Calabria (30,6%), Campania (24,9%) e Sicilia (22,5%) si confermano le regioni con la maggiore incidenza.

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Le Pmi dominano lo scenario delle economie locali

Le piccole e medie imprese, che contraddistinguono la struttura del nostro sistema produttivo, dominano lo scenario delle economie locali producendo almeno l'80% del valore aggiunto in 4 comuni su 5. Adottando la stessa soglia di prevalenza, il valore aggiunto della grande impresa è preponderante solo in un comune su cento, proporzione che si innalza al 2% considerando la sola manifattura. Lo si legge in un focus dell'Istat dedicato alla crescita delle Pmi a livello territoriali nel 2016. Una maggiore concentrazione di comuni contraddistinti dalla grande impresa si riscontra in Friuli-Venezia Giulia (2,8%) e Piemonte (2,1%). Considerando il solo settore manifatturiero, tali comuni sono localizzati soprattutto in Toscana (3,6%), Abruzzo (3,3%) e Lombardia (2,9%). 

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Quasi il 21 per cento del territorio a rischio desertificazione

La desertificazione non riguarda solo l'Africa o l'Asia. Quasi il 21% del territorio italiano e' a rischio. La piu' minacciata dalla desertificazione e' la Sicilia, ma tutto il sud rischia. E il pericolo arriva fino a Marche, Umbria ed Emilia Romagna. Cosi', la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione, istituita dall'Onu per il 17 giugno, non e' una data che interessa soltanto paesi lontani, poveri e caldi. Interessa anche il nostro Belpaese. La ragione principale dell'avanzata dei deserti e' il riscaldamento globale. Ma poi contribuiscono lo sfruttamento intensivo del territorio, con l'abbattimento delle foreste e le monocolture, e l'inquinamento.

La Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e' stata indetta nel 1995 dalle Nazioni Unite per ricordare l'adozione a Parigi il 17 giugno 1994 della Convenzione per la Lotta alla Desertificazione (Unccd). Il nostro paese ha aderito alla Convenzione non solo come paese donatore, ma anche come paese colpito. Secondo il Cnr, in Sicilia le aree a rischio sono il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%. In Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono tra il 30 e il 50%.

L'Unccd ha dichiarato colpiti da desertificazione 13 Stati dell'Ue: oltre all'Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Nel mondo, secondo la Convenzione quasi 170 paesi sono interessati dal fenomeno. "La siccita' - scrive Coldiretti in occasione della Giornata - e' diventata l'evento avverso piu' rilevante per l'agricoltura, con i fenomeni estremi che hanno provocato in Italia danni pari a piu' di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio".

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Unioncamere: boom di ristoranti, 30mila imprese in più in 8 anni

Negli ultimi otto anni in Italia le imprese attive nella ristorazione sono cresciute del 27%, arrivando a quota 142.958 (30mila in piu'), con una crescita molto pronunciata in particolare nel Centro-Sud. A rilevarlo e' uno studio di Unioncamere-InfoCamere, che analizza il periodo 2011-2019. I protagonisti di questo universo, che nel 2017 hanno realizzato un giro d'affari di 11,6 miliardi di euro, vanno dal piccolo ristorante a conduzione familiare alla grande impresa di respiro globale, passando per le ormai diffusissime reti di franchising della cucina: la suddivisione e' sostanzialmente paritaria tra societa' di capitale (il 32,6% del totale), societa' di persone (il 31,7%) e imprese individuali (il 34,4%). Un'impresa su quattro e' guidata da donne, mentre gli 'under 35' e gli stranieri sono all'11%. Guardando alla classifica delle citta' Roma stacca tutti con oltre 13mila imprese (+41%), seguita a grande distanza da Milano con 7.786 (+64%).

La crescita piu' sostenuta e' pero' quella di Siracusa (+72%). Delle oltre 30mila realta' in piu' rilevate a marzo 2019, il 37% e' localizzato nel Mezzogiorno e un altro 28% in quelle del Centro, per un incremento esattamente pari al 66% di quello complessivo. La vivacita' maggiore si registra in Sicilia, dove tra 2011 e 2019 si e' registrata una crescita del 50% (2.847 imprese in piu'), Campania (+39,8% corrispondenti a 3.661 realta' in piu') e Lazio (+37,3% equivalente a 4.743 operatori in piu'). La Lombardia, pur assente dai primi posti della classifica della crescita, e' la regione italiana con il maggior numero di ristoranti (20.000) e il saldo piu' elevato in all'anno. Con l'eccezione di Milano (al terzo posto con un aumento del 64% nel periodo) le prime cinque piazze della graduatoria sono occupate da province siciliane: Siracusa, Catania, Palermo e Trapani, tutte oltre la soglia del 50% di crescita negli otto anni. All'estremo opposto, due sole le province (Enna e Aosta) in cui la platea della ristorazione, nell'intervallo 2011-2019, si e' ristretta. Prendendo in esame le sole imprese costituite nella forma di societa' di capitali (per le quali vige l'obbligo di presentare il bilancio al Registro delle imprese delle Camere di commercio), la foto scattata alla fine di marzo di quest'anno restituisce il profilo di circa 21.400 imprese della ristorazione italiana. 

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