L’Osservatorio

Stop alle cartelle esattoriali nel periodo di Ferragosto

Stop alle cartelle nel periodo di Ferragosto. Dal 7 al 20 agosto l'Agenzia delle entrate-Riscossione, guidata dal presidente Ernesto Maria Ruffini, ha disposto, d'intesa con gli operatori postali, il blocco della notifica di 399.428 atti che sarebbero altrimenti arrivati per posta, a cui aggiungere 70.487 da notificare attraverso la posta elettronica certificata (pec), per un totale di 469.915 cartelle e avvisi che saranno "congelati". La notifica riprendera' dopo il periodo di sospensione che, ovviamente, non sara' e non potra' essere un blocco totale, perche' circa 14.500 atti inderogabili dovranno essere comunque inviati. Vediamo nel dettaglio i numeri delle regioni (in Sicilia Agenzia delle entrate-Riscossione non opera). Al primo posto c'e' il Lazio in cui saranno congelati 109.631 atti, seguita da Lombardia (61.608) Campania (45.947), Toscana (42.801), Veneto (27.858) e Piemonte (26.303). Subito dopo Emilia Romagna (25.228) e a seguire Puglia (22.126), Calabria (22.007), Sardegna (17.917), Liguria (14.910), Friuli Venezia Giulia (9.956), Marche (9.811), Abruzzo(9.413), Umbria (9.224), Trentino Alto Adige (6.353), Basilicata (5.439), Valle d'Aosta (1.744) e infine Molise con 1.639 cartelle e avvisi sospesi nelle due settimane di Ferragosto. 

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Vacanze low cost ad agosto, Sicilia regina del risparmio

Secondo una recente analisi di CaseVacanza.it, che ha studiato le prenotazioni effettuate sul sito, viaggiare ad agosto puo' anche essere low cost. Il portale ha stilato la classifica delle 20 destinazioni italiane in cui l'affitto di una casa vacanza e' costato meno, scoprendo come la Sicilia sia la regina del risparmio, piazzando ben otto sue localita' nella classifica. In alcune di queste chi ha prenotato per agosto ha speso meno della meta' rispetto alla media nazionale, pari a 700 euro per una settimana in un alloggio per quattro persone. La spesa media piu' ridotta e' quella che si e' registrata per le prenotazioni di affitti turistici a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani: qui per una settimana si sono spesi 330 euro. A seguire si trova una localita' poco nota della Puglia, Pulsano (TA), dove gli affitti sono costati in media 340 euro a settimana. Terza e' un'altra localita' siciliana, Marsala, ancora in provincia di Trapani: nonostante la citta' stia vivendo una fase di riscoperta da parte del turismo, per alloggiare vicino alle sue note saline bastano ancora 390 euro in una casa per quattro persone. 

La Sicilia e' la regione in cui si concentra il maggior numero di localita' low cost, tanto che scorrendo la classifica si trovano anche Licata (AG), Custonaci (TP), Avola (SR) e Fondachello (CT). Ma non sono solo i piccoli paesini siciliani ad aver permesso ai vacanzieri di spendere cifre inferiori alla media nazionale: per la regione si trovano anche due citta' come Agrigento e Palermo. La prima, ancora poco battuta dal turismo di massa, offre prezzi molto competitivi (430 euro) rispetto ad altre localita' della sua provincia - come Lampedusa, risultata la piu' cara per le prenotazioni effettuate ad agosto); Palermo, invece, gode di un'offerta di alloggi piu' ampia che portano i prezzi a livelli controllati (460 euro). Nella top 20 delle localita' low cost, oltre a Pulsano, si trovano altre due localita' della Puglia, fuori dal richiestissimo Salento, ma sempre vicine al mare: si tratta di Carovigno, in provincia di Brindisi, e Maruggio, in provincia di Taranto, dove la spesa media per una settimana in quattro e' pari rispettivamente a 430 e 445 euro. 

I risparmi piu' consistenti per le prenotazioni di agosto si sono registrati anche in Abruzzo, regione con tre localita' presenti nella classifica: a Silvi e Martinsicuro, entrambe in provincia di Teramo, la spesa si e' aggirata fra i 440 e i 445 euro a settimana; mentre e' risultata leggermente piu' cara Montesilvano Marina (PE), dove si sono spesi in media 470 euro a settimana. L'unica localita' montana della graduatoria e' in Lombardia e si tratta di Aprica, in provincia di Sondrio, dove chi ha prenotato una casa vacanze per agosto ha speso in media 475 euro a settimana. Le altre mete in cui si e' risparmiato di piu' sono state Ravenna, Policoro (MT), Bellaria Igea-Marina (RI), Valledoria (SS) e San Nicola Arcella (CS). 

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Auto, in Europa l’Italia è ultima tra i ‘big 4’ per il rinnovo parco 

 Nonostante il mercato del nuovo stia andando bene da tempo, l'Italia rimane in coda tra le quattro piu' grandi nazioni europee per il tasso di rinnovo del parco automobilistico circolante: nel periodo dal 2010 al 2016 e' stato appena del 29,5%, contro il 52,1% del Regno Unito, il 47,4% della Germania e il 43,4% della Francia. Questo significa che solo il 29,5% delle macchine che girano sulle strade della Penisola e' stato acquistato negli ultimi sette anni, quindi il 70,5% ha otto anni o piu'. Di queste ben 11,1 milioni (il 29,3% del totale) hanno oltre 15 anni di eta'. I dati emergono da uno studio effettuato dall'Osservatorio Autopromotec, questo evidenzia anche come all'interno dello Stivale il ricambio proceda a piu' velocita'. Il dato del Paese, infatti, e' frutto di una media che vede leader con il 40% di tasso di rinnovo il Nord Est (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna), davanti al Nord Ovest con il 36,3% (Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia e Liguria). Si attesta su una posizione intermedia con il 34% il Centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio) mentre Sud e Isole seguono a grande distanza, rispettivamente con il 15,2% per Sicilia e Sardegna e con il 15% per Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Per queste due aree rispetto al Nord il riscontro numerico comporta piu' inquinamento e piu' rischio incidenti, dal momento che i mezzi piu' vetusti oltre ad avere omologazioni dall'Euro 0 all'Euro 3 non sono dotati delle tecnologie piu' avanzate in termini di sicurezza. Nel commentare questi dati, l'Osservatorio Autopromotec sottolinea come sia ''indispensabile mantenere in buone condizioni di efficienza il parco circolante degli autoveicoli, in particolare di quelli piu' anziani o di quelli che vengono utilizzati di rado, come gli autocaravan. Proprio alla vigilia dell'esodo estivo e' raccomandabile per tutte le auto un accurato e puntuale controllo prima della partenza''. 

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Sono 7.680 le imprese balneari italiane

 Estate 2017, in Italia si contano 7.680 attivita' che gestiscono stabilimenti sulle spiagge dei nostri mari, sulle rive dei laghi e sulle sponde dei fiumi o noleggiano pedalo' e canoe, oltre al classico ombrellone-sdraio, un settore in crescita dell'1,9% in un anno. Tra le province piu' attrezzate, Rimini e' prima con 441 imprese, 5,7% italiano e +0,5% in un anno, seguita da Napoli con 434 attivita' (5,7%) e Savona con 422 (5,5%). Tra le prime dieci aree per numero di imprese, crescono soprattutto Cosenza (+8,1%), Teramo (+7,3%), Salerno (+3,4%) e Roma (+3%). Emerge da un'elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese anni 2016 e 2015 relativi alle sedi di imprese attive. 

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Istat, in Ue calano vittime per incidenti stradali nel 2016

Dopo due anni in controtendenza, nel 2016 torna a diminuire il numero delle vittime sulle strade della Ue. Nel complesso 25.720 persone sono decedute in incidenti stradali, contro le 31.595 del 2010, con una riduzione nel periodo del 18,6%. Più consistente il calo percentuale registrato in Italia (-20,2%). Tra il 2015 e il 2016, il numero delle vittime diminuisce dell’1,8%nell’Unione europea e del 4,2% in Italia.La riduzione a livello europeo non ha interessato tutti i Paesi. Nel 2016 le vittime della strada sono ancora in aumento in molti Paesi tra i quali Spagna, Regno Unito e Polonia che si caratterizzano per un numero elevato di vittime in valore assoluto. Il tasso di mortalità stradale (morti per milione di abitanti), indicatore utilizzato per effettuare analisi comparative, si attesta, nel 2016, a 50,6 nella Ue28 e a 54,2 in Italia (nel 2010 rispettivamente 62,8 e 69,4). Con tale risultato il nostro Paese si colloca al quattordicesimo posto nella graduatoria europea.

I Paesi più virtuosi, pur avendo registrato nel 2016 un lieve aumento delle vittime, sono Svezia e Regno Unito (27,4 e 28,7) mentre in coda alla classifica risultano Bulgaria e Romania (99,0 e 96,8 per milione di abitanti). Fra il 2010 e il 2016 la riduzione media annua del numero di vittime della strada è stata del 3,4% nella Ue28 e del 3,7%in Italia, variazioni comunque inferiori a quelle stimate (-6,7%) per raggiungere l’obiettivo europeo di dimezzare il numero di morti in incidenti stradali entro il 2020. Per rispettare il target fissato, nel periodo 2017-2020 il numero di vittime nell’Unione europea e in Italia dovrebbe ridursi, in media annua fino al 2020, di circa l’11%.

 

immagine di repertorio

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Banche, Unimpresa: Prestiti alle aziende giù di 16 miliardi

Credit crunch per le aziende italiane: i prestiti delle Banche alle imprese, nel corso dell'ultimo anno anno, sono calati di quasi 17 miliardi di euro (-2%) nonostante l'aumento di oltre 12 miliardi dei finanziamenti a medio termine. A pesare sul calo è la diminuzione di oltre 15 miliardi dei finanziamenti a breve e di 13 miliardi di quelli di lungo periodo. In aumento di 10 miliardi, invece, i prestiti alle famiglie, spinti dal credito al consumo (+8 miliardi) e dai mutui (+9 miliardi), comparti che hanno compensato la riduzione di 7 miliardi dei prestiti personali. In totale, lo stock di impieghi al settore privato è diminuito di 6 miliardi, passando da 1.410 miliardi a 1.404 miliardi. Mezzo miliardo al mese in meno ad aziende e cittadini. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale le rate non pagate (sofferenze) sono tornate ad aumentare: nell'ultimo anno si è registrato un incremento di 2 miliardi (+1,06%) a 202 miliardi. "Lo Stato salva le Banche, con risorse per oltre 30 miliardi che potrebbero non bastare, ma non ci sono certezze sulla riapertura dei rubinetti dei finanziamenti: chi ci assicura che ripartiranno?" commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. 

Secondo il rapporto dell'associazione, basato su dati della Banca d'Italia, il totale dei prestiti al settore privato è calato negli ultimi 12 mesi di 6,2 miliardi (-0,44%) passando dai 1.410,8 miliardi di maggio 2016 ai 1.404,5 miliardi di maggio 2017. Nel dettaglio, è calato di 16,3 miliardi (-2,07%) lo stock di finanziamenti alle imprese passati da 789,8 miliardi a 773,4 miliardi: nel dettaglio, sono calati di 15,2 miliardi (-5,50%) da 276,5 miliardi a 261,3 miliardi i crediti a breve termine (fino a 1 anno); giù di 13,1 miliardi (-3,63%) i prestiti di lunga durata (oltre 5 anni) scesi da 362,4 miliardi a 349,2 miliardi; sono invece cresciuti di 12,03 miliardi (+7,89%) i finanziamenti di medio periodo (fino a 5 anni) passati da 150,8 miliardi a 162,8 miliardi. Risultano complessivamente in aumento di 10,08 miliardi (+1,62%) i prestiti alle famiglie, passati da 621,02 miliardi a 631,1 miliardi: in particolare, è salito di 7,9 miliardi (+9,48%) il credito al consumo (denaro concesso per acquistare elettrodomestici, automobili, televisori e smartphone) passato da 83,6 miliardi a 91,6 miliardi; in aumento anche i mutui di 8,9 miliardi (+2,47%), saliti da 363,5 miliardi a 372,5 miliardi; in calo, invece, i prestiti personali, scesi di 8,9 miliardi (-2,47%) da 173,7 miliardi a 166,9 miliardi.Per quanto riguarda i prestiti non rimborsati, si registra un aumento delle sofferenze lorde, cresciute in totale di 2,1 miliardi (+1,06%) dai 199,9 miliardi di maggio 2016 ai 202,1 miliardi di maggio 2017. Il rapporto tra sofferenze lorde e prestiti è passato dal 14,18% al 14,39%. Sono aumentate di 1,8 miliardi (+1,31%) le rate non pagate dalle aziende, salite da 142,1 miliardi a 143,9 miliardi; in aumento di 244 milioni (+0,65%) anche i crediti deteriorati riconducibili alle famiglie, passati da 37,5 miliardi a 37,7 miliardi, mentre sono calati di 145 milioni (-0,90%) quelli legati alle imprese familiari, calati da 16,08 miliardi a 15,9 miliardi; sono invece risultate in aumento di 166 milioni (+3,88%) le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni, dei fondi e delle onlus. Il totale delle sofferenze nette, invece, ovvero quelle non coperte direttamente da garanzie, è calato di 8,4 miliardi (-9,94%) da 84,9 miliardi a 76,5 miliardi. Il rapporto tra sofferenze nette e prestiti è passato dal 6,02% al 5,45%.

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Sfratti in calo negli ultimi due anni in Italia

 Sfratti in calo negli ultimi due anni in Italia: in due anni sono stati piu' di 15.500 in meno passando dalle 77.278 sentenze del 2014 alle 61.718 del 2016 con un rapprto che e' passato cosi' ad uno sfratto ogni 419 famiglie. A fotografare la situazione italiana, Solo Affitti, che ha elaborato i dati del ministero dell'Interno. Nel 2016 Modena e' stata la provincia con la piu' alta incidenza di sfratti (1 ogni 172 famiglie residenti), seguita da Barletta-Andria-Trani (1/181 famiglie) e Pescara (1/219), mentre Oristano e' quella dove nell'ultimo biennio la situazione e' peggiorata di piu': da uno sfratto ogni 1.825 famiglie a 1 ogni 498. Le tre province piu' virtuose sono Nuoro (1/3.802), Crotone (1/3.257) e Catanzaro (1/3.149). L'andamento, pero' -sottolinea Solo Affitti- e' molto altalenante nelle diverse province. Oristano perde piu' posti (28) nella graduatoria dell'incidenza degli sfratti (1 ogni 498 famiglie). Sono 24 sono le posizioni perse dalle province di Massa Carrara (1/358) e Viterbo (1/418) rispetto alla classifica di 2 anni fa. Ancona (1/326) riscontra un andamento negativo di 22 posizioni nel biennio, seguita da La Spezia (1/336), che perde 19 posizioni. La provincia in cui la situazione appare migliorata maggiormente rispetto al 2014 e' Brindisi (1/622), che compie un balzo in avanti di 32 posizioni in classifica. Seguono Terni (1/491), che scavalca 27 province e Pisa (1/403) che migliora di 16 posizioni. Situazione positiva anche a Vercelli (1/387) e Trapani (1/739), che guadagnano 14 posti nella graduatoria dell'incidenza sfratti. Nata nel 1997 Solo Affitti e' un'azienda che opera in franchising ed e' specializzata nel mercato della locazione. Con sede a Cesena, l'azienda conta oggi 340 agenzie (40 in Spagna). La focalizzazione sul settore delle case in affitto consente agli agenti di Solo Affitti di diventare professionisti delle locazioni, competenti in tutta la vasta e complessa materia, in grado di tutelare gli investimenti dei proprietari e curarsi dei bisogni degli inquilini. L'unicita' dell'azienda ha permesso a Solo Affitti di diventare leader indiscusso di questa fetta del mercato immobiliare, dove annualmente vengono stipulati oltre un milione di contratti di locazione. Gli agenti di Solo Affitti, nella logica di una assistenza continuativa, offrono servizi che vanno dalla fase di stima del canone, a quella di stipula del contratto, fino alle pratiche post contrattuali. Solo affitti Vacanze e' il primo portale italiano per l'affitto di case per le vacanze, nato dall'esperienza di Solo Affitti. Propone 70.000 case, ville e appartamenti in tutta Europa, garantiti e certificati da agenzie e partner specializzati nella locazione turistica. www.soloaffittivacanze.it Per ulteriori informazioni: Solo AffittiSEC SpA Isabella Tulipano - Tel 0547 418126 - isabella.tulipano@soloaffitti.it Angelo Vitale - Tel 02 624999.1 - vitale@secrp.com Luigi Santo - Tel 02 624999.1 - santo@secrp.com Silvia Belluzzi - Tel 02 624999.1 - belluzzi@secrp.com Pos.Province con maggiore incidenza sfratti1 sfratto / famiglie 2016Pos.Province con minore incidenza sfratti1 sfratto / famiglie 2016 1 Modena17279 Matera1.068 2 Barletta-Andria-Trani18180 Campobasso1.102 3 Pescara21981 Benevento1.342 4 Imperia23482 Belluno1.653 5 Prato23783 Isernia1.738 6 Torino24184 Enna 2.249 7 Cosenza25185 Caltanissetta 2.568 8 Rimini27686 Catanzaro 3.149 9 Monza-Brianza28687 Crotone3.257 10 Avellino29188 Nuoro3.802 Rielaborazione Solo Affitti su dati del Ministero degli interni. Analisi condotta sulle 88 province con dati completi per gli anni 2014 e 2016; escluse dall'analisi le province di: Alessandria, Bari, Bologna, Caserta, Catania, Foggia, Messina, Napoli, Padova, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Savona, Taranto, Trieste, Venezia, Vibo Valentia Province dove l'incidenza sfratti e' peggiorata di piu'Posizione nella graduatoria 2014 dell'incidenza sfrattiPosizione nella graduatoria 2016 dell'incidenza sfrattiPeggioramento nella graduatoria tra il 2014 e il 2016 Oristano83 55 - 28 posizioni Massa Carrara49 25 - 24 posizioni Viterbo63 39 - 24 posizioni Ancona40 18 - 22 posizioni La Spezia41 22 - 19 posizioni Rielaborazione Solo Affitti su dati del Ministero degli interni. Analisi condotta sulle 88 province con dati completi per gli anni 2014 e 2016; escluse dall'analisi le province di: Alessandria, Bari, Bologna, Caserta, Catania, Foggia, Messina, Napoli, Padova, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Savona, Taranto, Trieste, Venezia, Vibo Valentia Province dove l'incidenza sfratti e' migliorata di piu'Posizione nella graduatoria 2014 dell'incidenza sfrattiPosizione nella graduatoria 2016 dell'incidenza sfrattiMiglioramento nella graduatoria tra il 2014 e il 2016 Brindisi32 64 +32 posizioni Terni26 53 +27 posizioni Pisa19 35 +16 posizioni Vercelli18 32 +14 posizioni Trapani57 71 +14 posizioni Rielaborazione Solo Affitti su dati del Ministero degli interni. Analisi condotta sulle 88 province con dati completi per gli anni 2014 e 2016; escluse dall'analisi le province di: Alessandria, Bari, Bologna, Caserta, Catania, Foggia, Messina, Napoli, Padova, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Savona, Taranto, Trieste, Venezia, Vibo Valentia

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Istat, aumenta la fiducia dei consumatori

A luglio 2017 l'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta leggermente passando da 106,4 a 106,7; invece, l'indice composito del clima di fiducia delle imprese registra una diminuzione spostandosi da 106,3 a 105,5. L'indice si attesta comunque sul valore medio del periodo gennaio-giugno 2017. Lo rileva l'Istat

Il recupero del clima di fiducia dei consumatori, precisa l'Istat, è dovuto essenzialmente alla componente personale (il clima personale passa da 100,9 a 101,6), corrente (il relativo clima sale da 105,7 a 106,3) e futura (il clima aumenta da 107,7 a 108,2). La componente economica registra invece una diminuzione passando da 123,6 a 122,9. I giudizi circa la situazione economica del Paese, rileva l'istituto, sono in peggioramento mentre le relative aspettative sono in miglioramento. Continuano a peggiorare, per il quarto mese consecutivo, le aspettative sulla disoccupazione. Per quanto riguarda le opinioni sull'andamento dei prezzi al consumo, si rileva poi un deciso aumento sia della quota di individui che ritengono i prezzi diminuiti negli ultimi 12 mesi sia di quella di coloro che si aspettano una diminuzione nei prossimi 12 mesi.Con riferimento alle imprese, nel mese il clima di fiducia aumenta da 107,3 a 107,7 nel settore manifatturiero e da 129,8 a 131,1 nelle costruzioni. Per quanto riguarda il commercio al dettaglio, il valore dell'indice si attesta a quota 109,0 da 108,8. In controtendenza solo il settore dei servizi, dove l'indice diminuisce da 106,0 a 105,0. Nel comparto manifatturiero si evidenzia un miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle aspettative sulla produzione. Nel settore delle costruzioni, i giudizi sugli ordini sono in peggioramento ma si registra un aumento deciso delle aspettative sull'occupazione. Nei servizi, diminuiscono le aspettative sugli ordini e i giudizi sull'andamento degli affari sono in deciso peggioramento, mentre i giudizi sugli ordini registrano un lieve miglioramento. Nel commercio al dettaglio, infine, si registra un incremento marcato del saldo relativo alle vendite correnti mentre diminuisce quello relativo alle aspettative sulle vendite future.

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Le esportazioni italiane sono in forte aumento su base annua (+8,2%)

A giugno 2017, le esportazioni italiane sono in forte aumento su base annua (+8,2%). La crescita è marcata per l'energia (+20,6%), e per i beni di consumo durevoli (+11,1%); di intensità minore per i beni intermedi (+7,5%) e i beni strumentali (+7,4%). Lo segnala in una nota l'Istatspecificando che nel mese in questione, rispetto al mese precedente, entrambi i flussi commerciali sono invece in contrazione, con una diminuzione più marcata per le importazioni (-5,3%) che per le esportazioni (-1,6%). La flessione congiunturale delle vendite verso i paesi extra Ue è estesa a quasi tutti i raggruppamenti principali di industrie, a esclusione dei beni di consumo durevoli (+3,1%). Dal lato dell'import, il calo congiunturale è più ampio per i beni strumentali (-15,5%) e i beni di consumo durevoli (-5,4%), di intensità minore per i beni di consumo non durevoli (-3,6%) e l'energia (-3,1%). Nell'ultimo trimestre, la dinamica congiunturale dell'export verso i paesi extra Ue risulta negativa (-1,5%), più marcata per l'energia (-16,3%) e i beni strumentali (-2,0%). Le vendite dei beni di consumo durevoli sono in lieve aumento (+1,3%). Nello stesso periodo, le importazioni, sono in lieve aumento (+0,1%) particolarmente ampio per i beni di consumo durevoli (+13,5%) e i beni strumentali (+7,9%); in misura minore per i beni intermedi (+2,1%). A giugno 2017, come detto, le esportazioni sono in forte aumento su base annua (+8,2%). La crescita è marcata per l'energia (+20,6%), e per i beni di consumo durevoli (+11,1%); di intensità minore per i beni intermedi (+7,5%) e i beni strumentali (+7,4%). Le importazioni registrano una marcata crescita tendenziale (+12,0%), determinata principalmente dai beni di consumo durevoli (+26,8%) e dall'energia (+21,5%). Il surplus commerciale (+3.278 milioni) è in diminuzione rispetto a quello dello stesso mese del 2016 (+3.460 milioni). Il surplus nell'interscambio di prodotti non energetici (+5.919 milioni) è in aumento rispetto a giugno 2016 (+5.631 milioni). A giugno 2017, rispetto allo stesso mese del 2016, l'export verso Cina (+32,9%), Russia (+26,8%) e Stati Uniti (+12,4%) aumenta in misura superiore rispetto al totale esportazioni. In flessione le vendite di beni verso i paesi OPEC (-2,8%) e Svizzera (-0,2%). Gli acquisti da India (+63,9%), Russia (+42,8%) e paesi ASEAN (+20,0%) registrano aumenti significativamente superiori a quello del totale importazioni. Con riguardo ai paesi MERCOSUR si segnala invece una flessione (-1,6%). 

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Vola il “made in italy”, Cgia: saldo commerciale a +121,6 miliardi 

Nel 2016 il saldo commerciale dei prodotti "made in Italy" ha registrato un valore positivo pari a 121,6 miliardi di euro: dato pressoché in linea con quanto avvenuto negli ultimi anni. Un risultato, comunque, che "oscura" quello negativo realizzato dai prodotti manifatturieri "non made" (- 31,2 miliardi di euro) che, tradizionalmente, sono riconducibili a settori caratterizzati prevalentemente da imprese molto strutturate. Lo rende noto uno studio della Cgia di Mestre dal quale si desume che Tra i prodotti "made", la parte del leone l'hanno fatta i macchinari (motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, forni, bruciatori, macchine per l'industria delle pelli, delle calzature e per la lavorazione dei metalli, etc.) con un saldo positivo di ben 48 miliardi di euro (pari al 39,5 per cento del saldo del "made in"). Ottima la performance anche del comparto della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori) che ha raggiunto un risultato positivo di 18 miliardi e dei prodotti in metallo (cisterne, serbatoi, radiatori, coltelleria, stoviglie, generatori di vapore, utensili, etc.) che hanno raggiunto quota +10,9 miliardi e dei mobili (+7,2 miliardi). Per contro, le altre produzioni manifatturiere, quelle cioè non ascrivibili al "made in Italy", si sono caratterizzate per saldi commerciali molto negativi: l'industria della carta, stampa e del legno (escluso i mobili) con -1,4 miliardi, il tabacco con -1,8 miliardi, i prodotti metallurgici (fonderie, produzioni di ferro, acciaio, ferro-leghe, tubi, condotti, cavi, etc.) con -2,9 miliardi, le auto con -4,7 miliardi, la chimica-farmaceutica con 8,6 miliardi e i computer e l'informatica con -11,6 miliardi.

In generale, ricordano dalla Cgia, per prodotti "made in Italy" si identificano principalmente quelli ascrivibili ai settori delle "quattro A": ovvero l'Abbigliamento-moda; l'Arredo-casa; l'Automazione-meccanica e l'Alimentare. Comparti che in larghissima parte sono contraddistinti dalla presenza di Pmi a conduzione famigliare che, in molti casi, hanno raggiunto nei propri settori posizioni di leadership mondiale. A seguito di questo straordinario fenomeno che ha avuto inizio nei primi anni '60 del Novecento, l'espressione "made in Italy" si è trasformata in qualcosa di molto più importante di un semplice marchio di origine, giungendo ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio "brand", dotato di un'identità ben definita e divenuto sinonimo di qualità e affidabilità che ci sono riconosciute in tutto il mondo. A livello territoriale, le Regioni protagoniste di questo straordinario risultato sono, in particolar modo, tre: il Veneto (con un saldo "made in" pari a +25,5 miliardi), l'Emilia Romagna (+ 23,6 miliardi) e la Lombardia (+21,4 miliardi). Si pensi che nel 2016 l'incidenza percentuale di queste tre realtà sul saldo commerciale Italia è stato del 58,7 per cento. "Grazie a questo risultato - esordisce il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia - possiamo dire che il successo delle produzioni made in Italy ha disegnato il nuovo triangolo industriale del paese. Se il motore dell'economia si concentrava tra Milano, Torino e Genova, da qualche decennio, invece, questa figura ha mantenuto un vertice sulla città meneghina, ma si è spostata su due di nuovi: Venezia e Bologna. All'interno della Pedemontana lombardo-veneta, della via Emilia e dell'asse Bologna-Venezia, infatti, si concentrano conoscenze, saperi, qualità produttive, elevata mobilità professionale e sociale che hanno proiettato stabilmente quest'area tra le macroregioni più avanzate d'Europa". Germania (30,8 miliardi di euro), Francia (28,3 miliardi), Stati Uniti (25,9 miliardi) e Regno Unito (14,9 miliardi) sono i principali mercati di sbocco dei prodotti "made in Italy". In questi quattro Paesi confluisce il 37 per cento del totale delle esportazioni "made".

"I prodotti del made in Italy - segnala il Segretario della CgiaRenato Mason - costituiscono, ancora oggi, le voci principali delle esportazioni italiane e, nel corso degli anni, il surplus commerciale fatto registrare da queste merci ha consentito al Paese di finanziare l'acquisto di energia e materie prime da cui dipende. Da tutto ciò si deduce l'importanza cruciale di perseguire politiche idonee al mantenimento e all'accrescimento delle posizioni di competitività fino ad ora raggiunte, soprattutto dai distretti industriali che continuano ad essere l'habitat naturale per la nascita di queste produzioni". Sempre in riferimento al "made in Italy", i dati riferiti alle esportazioni sono molto confortanti anche nei primi quattro mesi di quest'anno. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, infatti, le vendite all'estero sono aumentate di 4,4 miliardi di euro (+ 5,1 per cento). In termini assoluti spicca il dato riferito alla raffinazione dei prodotti petroliferi (+1,7 miliardi di euro) e ai macchinari (+1 miliardo di euro). Sempre in relazione alle sole esportazioni, sono in crescita anche quelle dei prodotti "non made": in particolar modo la chimica-farmaceutica (+1,8 miliardi) e degli autoveicoli (+1,2 miliardi di euro) (vedi Tab. 4). "Sebbene i dati statistici siano molto buoni - conclude Zabeo - i problemi non mancano. L'elevato livello dei costi energetici, il mercato della contraffazione che, secondo il Censis, vale 7 miliardi l'anno e il deficit infrastrutturale in campo immateriale sono solo alcuni degli ostacoli che minano la tenuta di questo settore". Si pensi che per quanto concerne la banda ultra larga, ad esempio, da un recente censimento fatto su 11.376 zone industriali d'Italia, emerge che la copertura fissa si ferma al 22 per cento e il 13 per cento è addirittura privo di banda larga di base. Nonostante ciò, va segnalato che l' "effetto made in Italy", strettamente legato alla necessità di comprimere i costi, i tempi logistici e di migliorare il servizio post vendita hanno indotto molte aziende che avevano delocalizzato in parte o completamente l'attività a rientrare in Italia. Secondo l'Osservatorio Uni-Club MoRE Back-reshoring, infatti, si parla di 121 casi in Italia di imprese che hanno riportato la produzione in patria in questi ultimi 10 anni - quasi esclusivamente tra l'abbigliamento, l'elettronica e la meccanica leggera - su 376 casi che, sempre nello stesso periodo, si sono verificati in tutta Europa. 

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