L’Osservatorio

Auto, in Italia solo lo 0,66 per cento è elettrico

In  Italia la diffusione di automobili green è ancora marginale tanto che, secondo l'analisi di Facile.it su dati ACI, a dicembre 2018 le autovetture elettriche e ibride immatricolate in Italia erano appena poco più di 256.000 unità, vale a dire lo 0,66% del totale parco auto circolante. La situazione, secondo l'analisi di Facile.it, migliora leggermente se si considerano le altre tipologie di alimentazioni più sostenibili per l'ambiente, ovvero quelle a Gpl e metano. Sommando queste alle elettriche e ibride si arriva, complessivamente, a 3,6 milioni di veicoli, ovvero il 9,3% del totale parco auto circolante. Se, in generale, il peso percentuale dei veicoli green cresce a ritmi molto contenuti - dal 2015 al 2018 è aumentato di appena un punto percentuale - il trend cambia se si guarda ai soli modelli elettrici e ibridi. Pur rappresentando ancora una nicchia, la diffusione nella Penisola di questi modelli sta registrando percentuali di crescita a tre cifre: dal 2015 al 2018 sono cresciute del 130%.

Cercando di indagare sulla diffusione locale di questo genere di veicoli, Facile.it ha evidenziato come, essendo strettamente legata allo sviluppo di una rete di punti di ricarica, in testa alla classifica delle regioni italiane per peso dell'elettrico sul totale veicoli circolanti, si trovi la Lombardia, area dove, a dicembre 2018, si contavano più di 73.000 veicoli di questo tipo, pari all'1,20% del totale. Al secondo posto si posiziona il Trentino-Alto Adige, dove l'1,12% dei veicoli è alimentato a energia elettrica/ibrido; al terzo posto l'Emilia-Romagna, con una percentuale pari all'1,03%, seguita da Veneto (0,92%) e Lazio (0,90%). Interessante notare come in queste prime 5 regioni siano presenti il 70% dei veicoli elettrici/ibridi immatricolati in tutta Italia. Scorrendo le posizioni più basse della classifica, all'ultimo posto si trova la Campania (0,13% di auto elettriche sul totale veicoli della regione), seguita dalla Basilicata (0,14%) e dalla Calabria (0,16%); ancora una volta non è un caso che queste aree siano anche quelle in cui la presenza di colonnine elettriche di ricarica è tra le più basse della Penisola. 

Continuando a osservare l'intero insieme dei veicoli green e concentrandosi sulle macro-aree del Paese emerge che gli automobilisti residenti nel Nord Est e nel Centro Italia risultano essere i più sensibili alle tematiche della mobilità sostenibile; nelle due aree, rispettivamente, il 12,50% e l'11% dei veicoli è alimentano a GPL, metano, elettrico o ibrido. I valori scendono sotto la media nazionale, invece, se si guarda alle altre aree; al Sud la percentuale è pari all'8,6%, nel Nord Ovest all'8,1%, mentre sulle Isole il dato crolla al 4%

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In Italia solo un quinto dei processi penali arriva a sentenza

In Italia solo un quinto  dei processi penali arriva a sentenza (20,5%). Nel 78,9% dei casi, il procedimento finisce con il rinvio a giudizio. E la durata media di quest'ultimo si attesta intorno ai cinque mesi (154 giorni) per i procedimenti in aula monocratica e quattro (129 giorni) per quelli davanti al tribunale collegiale. Sono alcuni dei principali risultati emersi dalla nuova indagine sul processo penale in Italia, realizzata dall'Eurispes in collaborazione con l'Unione delle camere penali, e diffusi in occasione di un convegno a Taormina (Messina).A 11 anni di distanza dal primo rapporto del 2008, lo studio è stato ripetuto sempre con l'obiettivo - spiega l'Eurispes - di monitorare i procedimenti attraverso l'analisi di un campione statistico nazionale e comparare i risultati con quelli già ottenuti. Presi, dunque, in esame 32 tribunali da Nord a Sud (Bari, Bologna, Brescia, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, Lucca, Macerata, Milano, Monza, Napoli, Novara, Nuoro, Padova, Palermo, Perugia, Pescara, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Tempio Pausania, Torino, Trani, Trento, Trieste, Venezia, Viterbo). Sotto la lente sono finiti 13.755 processi.Rispetto al 2008, ecco, quindi, un aumento della percentuale dei rinvii ad altra udienza (+9,6%: nel 2008 la quota era del 69,3%). L'incidenza delle sentenze è scesa dal 29,5% al 20,5%. Per quanto riguarda, ancora, i processi terminati in sentenza, le assoluzioni rappresentano poco meno del 30%: di questi, il 4% è rappresentato da assoluzioni ex art. 131 bis codice penale (non punibilità per particolare tenuità del fatto).E non solo. Le condanne incidono per il 43,7% delle sentenze; percentuale più bassa rispetto al 60,6% del 2008. Al contrario, risulta molto più alta la quota relativa all'estinzione del reato: 26,5%, a fronte del 14,9% del 2008.La prescrizione, intanto, è un motivo di estinzione del reato che incide per il 10% sui procedimenti arrivati a sentenza e rappresenta poco più del 2% del totale dei processi monitorati. Ed è peggiorata, secondo il rapporto, la situazione anche dei tempi di rinvio a giudizio, più lunghi rispetto al 2008: 154 giorni per i procedimenti in Aula monocratica (nel 2008 erano 139) e 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale (nel 2008 erano 117). Al contrario, sempre più breve è la durata dei procedimenti (poiché spesso si tratta di procedimenti inconcludenti): solo 14 minuti in aula monocratica (18 nel 2008), 39 minuti davanti al tribunale collegiale (52 nel 2008).Prendendo in esame poi i motivi di rinvio ad altra udienza, più frequenti sono il fatto che si trattava di un'udienza di sola ammissione prove (16,4%), la prosecuzione dell'istruttoria (16,1%), la discussione (10,7%). E, ancora, l'assenza dei testi citati dal pm (8,3%), l'omessa o irregolare notifica all'imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l'assenza del giudice titolare (3,3%). 

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Fatturato dell’industria, il calo è dello 0,6% rispetto al trimestre precedente

Ad agosto l'Istat stima che il fatturato dell'industria diminuisca in termini congiunturali dello 0,3%, proseguendo la dinamica negativa registrata nei due mesi precedenti. Nella media degli ultimi tre mesi l'indice complessivo e' calato dello 0,6% rispetto ai tre precedenti. Gli ordinativi registrano un incremento congiunturale dell'1,1%, mentre la media degli ultimi tre mesi registra una riduzione dell'1,6% sui tre precedenti. La dinamica congiunturale del fatturato riflette flessioni su entrambi i mercati: -0,5% il mercato interno e -0,1% quello estero. Per gli ordinativi la crescita congiunturale deriva da incrementi delle commesse provenienti sia dal mercato interno (+1,1%) sia di quelle provenienti dal mercato estero (+1%). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, ad agosto solo l'indice destagionalizzato del fatturato dei beni strumentali segna un aumento congiunturale (+0,9%), mentre si registrano diminuzioni per i beni di consumo (-0,3%), per i beni intermedi (-0,9%) e per l'energia (-2,4%).

La diminuzione su base congiunturale dell'indice generale e' dovuta essenzialmente al calo dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-6,1%), per lo piu' ascrivibile a fattori stagionali. L'inflazione decelera per i beni (da una variazione tendenziale nulla a -0,2%), mentre accelera per i servizi (da +0,8% a +0,9%); il differenziale inflazionistico rimane positivo e pari a +1,1 punti percentuali (era +0,8 ad agosto). L'inflazione acquisita per il 2019 e' +0,6% sia per l'indice generale che per la componente di fondo. Sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto registrano una crescita dello 0,4% (da +0,7% del mese precedente), prossima, in entrambi i casi, a quella riferita all'intero paniere. L'indice armonizzato dei prezzi al consumo aumenta dell'1,4% su base mensile; la stima preliminare era +0,3%. L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,7% su base mensile e un aumento dello 0,1% rispetto a settembre 2018

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Sondaggio EMG Acqua, la Lega primo partito con il 31,8%

Secondo un sondaggio EMG Acqua presentato oggi ad Agorà, su Raitre, se si votasse oggi la Lega sarebbe il primo partito con il 31,8%, seguono il PD al 19,7 e il M5S al 19,2%. Fratelli d'Italia al 7,8%, seguita da Forza Italia con il 7,1%. Italia Viva è al 4,1%, Più Europa al 2,4%, La Sinistra 1,6%

Matteo Salvini il leader che riscuote maggiore fiducia in Italia, con il 39%, seguito da Giuseppe Conte al 35%, entrambi in calo di un punto rispetto alla precedente rilevazione. Giorgia Meloni al 29% e Luigi Di Maio al 25%. Nicola Zingaretti al 24% e Berlusconi al 17%. Matteo Renzi 14% come Calenda, infine Toti al 13%

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Export fermo ad agosto, -3,4% su anno

Ad agosto 2019 l'export e' stato stazionario rispetto al mese precedente, sintesi di un moderato andamento positivo per l'area extra Ue, +0,6%, e negativo per quella Ue, -0,4%. Le importazioni hanno registrato una crescita congiunturale, +1,8%, da ascrivere all'incremento degli acquisti dall'area Ue. Lo ha fatto sapere l'Istat nel suo ultimo dossier relativo a commercio con l'estero e prezzi all'import ad agosto 2019. Nel trimestre giugno-agosto 2019 rispetto al precedente e' stato rileva un contenuto aumento per le esportazioni, +0,4%, e una riduzione delle importazioni, -0,9%. Ad agosto 2019 la flessione dell'export su base annua, pari a -3,4%, e' dovuta al calo delle vendite registrato sia per l'area Ue, -5,2%, sia, in misura minore, per quella extra Ue, -1,4%. Analogamente le importazioni sono in diminuzione, -4,1%, sia dai mercati extra Ue, -6,2%, sia dall'area Ue, -2,4%. Tra i settori che contribuiscono alla flessione tendenziale dell'export macchinari e apparecchi Nca, -7,8%, autoveicoli, -24,0%, e apparecchi elettrici, -16,3%; mentre nello stesso mese hanno contribuito positivamente gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, +32,0%, i prodotti alimentari, bevande e tabacco, +3,7%, e gli articoli di abbigliamento, anche in pelle e pelliccia, +3,8%.

Secondo l'Istat, su base annua, i paesi che hanno contribuito maggiormente alla diminuzione delle esportazioni sono state Germania, -7,5%, Francia, -5,9%, paesi Opec, -10,7%, e Spagna, -9,0%,mentre e' stato registrato un aumento delle vendite verso Svizzera, +24,9%, e Giappone, +9,9%. Nei primi otto mesi del 2019, l'aumento su base annua dell'export, 2,6%, e' stato determinato principalmente dalle vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, +28,3%, prodotti alimentari, bevande e tabacco, +7,5%, e prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori, +7,0%. E' stato stimato che il surplus commerciale sia aumentato di 94milioni di euro, da +2.491 milioni ad agosto 2018 a +2.585 milioni ad agosto 2019. Nei primi otto mesi dell'anno l'avanzo commerciale a raggiunto +32.282 milioni, +59.112 milioni al netto dei prodotti energetici. Nel mese di agosto 2019 e' stato stimato che l'indice dei prezzi all'importazione e' diminuito dello 0,7% in termini congiunturali e del 2,5% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

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I dati sull’uso dei contanti in Italia

Con il via libera del Documento programmatico di bilancio nasce il piano "Italia Cashless" che, senza penalizzare nessuno, incentiva l'uso della moneta elettronica e i pagamenti digitali per favorire l'emersione dell'economia sommersa. Ecco una piccola mappa con gli ultimi dati di Bankitalia su "L'utilizzo del contante in Italia: evidenze dall'indagine della Bce 'Study on the use of cash by households'" relativo all'anno 2016. Che mostra come il contante venga utilizzato in Italia soprattutto per i micro-pagamenti. E' inoltre il mezzo preferito al Centro-Sud piuttosto che al Nord e dalle donne, dai giovanissimi e dalle persone con il reddito piu' basso. Al contante fanno ricorso i consumatori per pagare circa l'86% delle transazioni nei punti vendita. Questo dato e' leggermente superiore, di circa sette punti, alla media dell'Eurozona (79%) e l'Italia e' tra i grandi Paesi europei quello con la percentuale piu' alta. Quanto ai luoghi di acquisto dei pagamenti in contante prevalgono i negozi per le compere giornaliere, ristoranti bar e caffe', mentre le carte vanno alla grande in hotel e campeggi e nei negozi di beni durevoli.

Nel 2016 il contante e' stato lo strumento piu' utilizzato per i pagamenti nei punti vendita: 85,9% delle transazioni totali (68,4% in valore), anche se carte e strumenti alternativi sarebbero preferiti nel caso in cui l'individuo possa scegliere il metodo di pagamento senza vincoli. - Gli strumenti alternativi al contante piu' usati sono state le carte di pagamento (di debito, di credito, prepagate) con le quali sono state regolate il 12,9% delle transazioni (28,6% in valore). - E' risultata invece ancora poco diffusa la tecnologia contactless: il 49% degli intervistati ha dichiarato di non possedere una carta o uno smartphone con cui poterla utilizzare; il 23,2% di possederla ma di non utilizzarla e solo il 20% di utilizzarla almeno una volta al mese. - Il valore medio delle transazioni e' stato di 13,57 euro in contanti, di 37,70 euro per le carte. Al crescere del valore delle transazioni diminuisce la quota di pagamenti effettuati in contanti. La circostanza che le transazioni considerate nel diario sono quelle presso i punti vendita, per cui gli importi risultano piuttosto ridotti (il 90 per cento e' inferiore a 40,00), potrebbe spiegare il dato sul maggiore utilizzo del contante rispetto agli altri strumenti di pagamento.  Il contante e' maggiormente utilizzato al Centro-Sud piuttosto che al Nord. Piu' in dettaglio, le percentuali piu' basse di transazioni in contante sono state registrate in Lombardia (80,7%), Sardegna (81,7%) e Toscana (82,2%), quelle piu' alte in Calabria (94,3%), Abruzzo e Molise (91,2 %) e Campania (90,8%). - Il contante e' piu' usato dalle donne, dai giovanissimi e da persone con reddito piu' basso. I maschi, pur avendo eseguito piu' transazioni delle femmine presso i punti vendita, hanno utilizzato meno il contante (84,6% del totale delle transazioni rispetto a 87,2%) ma con un valore medio leggermente piu' alto (14,26 euro rispetto a 12,89 euro). Il valore medio delle transazioni con strumenti alternativi e' invece stato piu' elevato per le femmine (39,19 euro rispetto a 36,51 euro per le carte; 68,03 euro rispetto a 22,46 euro per gli altri strumenti). - La ripartizione per occupazione mostra una maggiore propensione all'uso del contante da parte di lavoratori autonomi, casalinghe, studenti e persone in cerca di lavoro. A questi fattori socio-demografici potrebbe essere associata una minore autonomia nella scelta del metodo di pagamento: ad esclusione dei lavoratori autonomi, le categorie che hanno mostrato un maggiore utilizzo del contante potrebbero dipendere economicamente da altri, che decidono quindi il mezzo con cui sovvenzionarli.

L'utilizzo di strumenti alternativi, in particolare le carte, e' maggiore per: gli intervistati con piu' elevato grado di istruzione o che non hanno ancora completato gli studi; le persone con redditi medio-elevati; gli impiegati e i pensionati. Il minore utilizzo di contante per queste categorie e' probabilmente dovuto alla loro "bancarizzazione": essi tipicamente ricevono il loro stipendio tramite accredito su conto corrente e possono quindi esprimere la propria propensione all'utilizzo degli altri strumenti alternativi. Un altro fattore esaminato e' il luogo/tipo di acquisto. - Sono state regolate in contanti oltre il 90% delle transazioni peer to peer (es. carita' e volontariato, servizi domestici); quelle che avvengono tramite distributori automatici e chioschi (e' possibile che qui la scelta sia vincolata dalla indisponibilita' della tecnologia); in ristoranti, bar e caffe', dove invece sono accettati strumenti alternativi. A quest'ultimo riguardo l'indagine ha fatto emergere che gli "acquisti giornalieri" - quelli effettuati presso supermercati, fornai, farmacie, tabaccai, etc., che costituiscono la quota piu' rilevante delle operazioni registrate - sono stati prevalentemente effettuati in contanti, anche quando erano disponibili alternative, probabilmente per il piu' basso valore medio delle operazioni. La scelta dello strumento di pagamento e' quindi influenzata dalle caratteristiche della transazione, ancor piu' che dai fattori socio-demografici: il contante domina nei pagamenti quotidiani di importo ridotto (micro-pagamenti). 

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Nel 2017 l’economia non osservata vale circa 211 miliardi di euro

Nel 2017 l'economia non osservata vale circa 211 miliardi di euro, il 12,1% del Pil. L'economia sommersa ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro e le attivita' illegali a circa 19 miliardi. Le stime per il 2017 confermano la tendenza alla riduzione dell'incidenza sul Pil della componente non osservata dell'economia dopo il picco del 2014 (13,0%). Lo rileva l'Istat.

Nel dettaglio nel 2017 il valore aggiunto generato dall'economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attivita' illegali, si e' attestato a poco meno di 211 miliardi di euro (erano 207,7 nel 2016), con un aumento dell'1,5% rispetto all'anno precedente, segnando una dinamica piu' lenta rispetto al complesso del valore aggiunto, cresciuto del 2,3%. L'incidenza dell'economia non osservata sul Pil si e' percio' lievemente ridotta portandosi al 12,1% dal 12,2% nel 2016, e confermando la tendenza in atto dal 2014, anno in cui si era raggiunto un picco del 13%. La diminuzione rispetto al 2016 e' interamente dovuta alla riduzione del peso della componente riferibile al sommerso economico (dal 11,2% al 11,1%), mentre l'incidenza dell'economia illegale resta stabile (1,1%). L'insieme delle componenti dell'economia sommersa vale nel 2017 circa 192 miliardi di euro, il 12,3% del valore aggiunto prodotto dal sistema economico: la sotto-dichiarazione vale 97 miliardi, l'impiego di lavoro irregolare 79 miliardi e le componenti residuali 16 miliardi. A livello settoriale si evidenzia che il ricorso alla sotto-dichiarazione del valore aggiunto ha un ruolo significativo nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, dove rappresenta il 13,2% del valore aggiunto del comparto, nelle Costruzioni (11,9%) e nei Servizi professionali (11,6%). Il fenomeno risulta meno rilevante nelle attivita' connesse alla Produzione di beni alimentari e di consumo (9,2% del totale del settore), alla Produzione di beni di investimento (2,4%) ed e' solo marginale nella Produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5%). L'impiego di lavoro irregolare ha un peso particolarmente rilevante, pari al 22,7% del valore aggiunto, negli Altri servizi per la persona, dove e' forte l'incidenza del lavoro domestico, mentre il suo contributo risulta molto limitato nei tre comparti dell'industria in senso stretto (tra l'1,1% e il 3,0%) e negli Altri servizi alle imprese (1,7%). 

Nel settore primario il valore aggiunto sommerso e' generato solo dall'impiego di lavoro irregolare, che rappresenta il 16,9% del totale prodotto dal settore. Il 41,7% del sommerso economico si concentra nel settore del Commercio all'ingrosso e al dettaglio, trasporti e magazzinaggio, attivita' di alloggio e ristorazione, dove si genera il 21,4% del valore aggiunto totale. Analogamente l'incidenza relativa del ricorso al sommerso e' alt negli Altri servizi alle persone ed e' pari al 12,3% del sommerso economico, pur contribuendo il settore solo per il 4,1% alla formazione del valore aggiunto totale. All'opposto, il settore degli Altri servizi alle imprese contribuisce al valore aggiunto dell'intera economia per il 27,2% mentre il suo peso in termini di sommerso e' del 12,7%. Anche le attivita' di Produzione di beni intermedi e le attivita' di Produzione di beni di investimento contribuiscono all'economia sommersa in misura piu' ridotta (0,8% e 2,1% rispettivamente) che al valore aggiunto complessivo (6,4% e 6,7%).

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Istat, la dimensione media delle imprese in Italia è di 3,8 addetti

Le imprese attive nell'industria e nei servizi di mercato sono 4,4 milioni e occupano 16,5 milioni di addetti, di cui 11,7 milioni dipendenti. La dimensione media è di 3,8 addetti. E' quanto emerge da un report dell'ISTAT sui conti economici delle imprese al 2017. Il 5% delle imprese è organizzato in strutture di gruppo che occupano circa un terzo degli addetti . Sono infatti 219.769 le imprese organizzate in gruppi d'impresa (99.268 gruppi), con 5,7 milioni di addetti, 5,6 milioni di dipendenti e una dimensione media di 26 addetti, che raggiunge i 75,2 addetti nel caso dei gruppi multinazionali. Nel 2017, per il quarto anno consecutivo continua a crescere il valore aggiunto: +3,9% nel 2017 sul 2016, +4,8% nel 2016 sul 2015, +4,0% nel 2015 sul 2014, +1,5% nel 2014 sul 2013. Marcata la performance in termini di redditività, con il margine operativo lordo che, nel 2017, segna un aumento del 3,5%, a seguito di una crescita del costo del lavoro (+4,2%) maggiore di quella del valore aggiunto (+3,9%)

Un impatto significativo sulla crescita del sistema produttivo è determinato dalle imprese organizzate in gruppi, che generano il 56,7% del totale del valore aggiunto, nelle quali l'aumento del valore aggiunto è del 5,8% e quello del margine operativo lordo è del 6,2% (contro +1,4% e +0,7% registrato dalle imprese che non appartengono a gruppi). Alla crescita del valore aggiunto si associa una domanda di lavoro positiva, che ha generato circa 419 mila addetti aggiuntivi (di cui oltre il 60% nelle imprese appartenenti a gruppi), con incrementi in tutte le classi dimensionali, ma più intensi nelle imprese con 10 addetti e oltre. I costi del personale aumentano del 5,5% per le imprese appartenenti a gruppi e del 2,2% per le imprese indipendenti.

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Coldiretti,1,1 milione di firme per dire no al cibo falso

E’ stato raggiunto lo storico obiettivo della raccolta di 1,1 milioni di firme di cittadini europei per chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti con la petizione europea “Eat original! Unmask your food” (Mangia originale, smaschera il tuo cibo) promossa dalla Coldiretti assieme ad altre organizzazioni europee.

E’ quanto reso noto in occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio con la consegna da parte del presidente della Coldiretti Ettore Prandini e della delegata nazionale dei giovani agricoltori Veronica Barbati al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di un “maxi assegno” simbolo dello storico traguardo dall’iniziativa dei cittadini europei (Ice) autorizzata dalla stessa Commissione con la Decisione (UE) 2018/1304 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 244 del 28 settembre 2018 a firma del vice presidente Franz Timmermans. Un’iniziativa che gode del sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza al fianco della Coldiretti e di Fondazione Campagna Amica: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Fondazione Univerde, a Gaia (associazione degli agricoltori greci) a Green protein (Ong svedese), alle quali se ne sono poi aggiunte molte altre.

“In Abruzzo – comunica Coldiretti regionale – le firme raccolte nei mercati di Campagna Amica e in occasione delle iniziative promosse da Coldiretti sono state oltre 34.000 (34mila). Un vero e proprio fronte per la trasparenza che, forte del milione di firme raccolto in tutti i Paesi, non può essere più ignorato da una Ue che – ricorda Coldiretti – ha avuto sinora un atteggiamento incerto e contradditorio, obbligando a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per il miele ma non per lo zucchero”.

Nello specifico – sottolinea la Coldiretti – l’iniziativa dei cittadini si prefigge di rendere obbligatoria l’indicazione del paese di origine per tutti gli alimenti trasformati e non trasformati in circolazione nell’Ue, senza deroghe per i marchi registrati e le indicazioni geografiche e per quanto attiene agli alimenti trasformati, l’etichettatura di origine deve essere resa obbligatoria per gli ingredienti principali se hanno un’origine diversa dal prodotto finale. La petizione chiede infine di migliorare la coerenza delle etichette, inserendo informazioni comuni nell’intera Unione circa la produzione e i metodi di trasformazione, al fine di garantire la trasparenza in tutta la catena alimentare.

“Un obiettivo condiviso dalla maggioranza dei consumatori europei e dall’82% di quelli italiani che ritiene necessario superare le attuali politiche comunitarie sull’origine del cibo per contrastare un fenomeno, quello dei falsi e dei tarocchi, che solo all’Italia costa oltre 100 miliardi di euro all’anno nel mondo” ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che “l’obbligo di indicare l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che, con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare, ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004”.

L’Italia è, infatti, all’avanguardia in Europa proprio grazie al pressing della Coldiretti che ha fatto scattare anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

 

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Clima,per 3 italiani su 4 e’ emergenza grave

Ben 3 italiani su 4 (75%) ritengono che la situazione ambientale nel mondo sia grave o gravissima. E' quanto emerge dalla prima indagine Coldiretti/Ixe' "La svolta green degli italiani" nel 2019 presentato al Forum internazionale dell'agricoltura a Cernobbio dove e' stato aperto il primo 'Salone dell'Economia Circolare'. Nei primi nove mesi del 2019, sottolinea Coldiretti, "ci sono stati 1336 eventi estremi, due volte e mezzo piu' di quelli della Francia e oltre sette volte in piu' rispetto a Spagna e Regno Unito. Rispetto allo scorso anno c'e' stato in Italia un incremento del +75% degli eventi estremi". Fra gli interventi, secondo gli italiani, considerati piu' urgenti per limitare i problemi ambientali ci sono la raccolta differenziata (52%) e la depurazione dei corsi d'acqua e delle falde (37%) in un paese come l'Italia messa in procedura di infrazione da parte della Ue proprio perche', ricorda la Coldiretti, 237 centri urbani in 13 regioni non dispongono di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane. Sul capitolo acque reflue l'Italia - evidenzia la Coldiretti - sta subendo anche altre procedure di infrazione e una di queste ha gia' portato la Corte Ue a condannare il nostro Paese a pagare una multa di 25 milioni di euro, piu' 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre 70 centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie e adeguati depuratori. Il comparto industriale e' ritenuto il principale responsabile dei problemi ambientali con il 76% dei giudizi, seguito dai trasporti con il 43% e dal settore energetico con il 23%, mentre l'agricoltura prende il 14% dei giudizi negativi. Al contrario per oltre 8 italiani su 10 (88%) l'agricoltura e' una risorsa per l'ambiente. (

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