L’Osservatorio

Cresce l’offerta di immobili in asta

In Italia nell'ultimo anno l'offerta di immobili in asta e' aumentata del 20% e la domanda ha avuto una variazione positiva del 29%. E' quanto emerge dall'Osservatorio di Immobiliare.it, secondo cui il risparmio medio rispetto al libero mercato e' del 35% (in alcune citta' e regioni e' superiore, per esempio a Napoli arriva al 37%, in Abruzzo, Campania e Liguria al 40%), i tempi dei tribunali sono piu' snelli e l'accessibilita' agli annunci e alle offerte e' maggiore rispetto al passato. "Sul fronte dell'offerta, l'incremento trova giustificazione nelle attivita' degli operatori: nel 2018 il mercato era stato rallentato dall'introduzione della nuova procedura telematica che, pero', una volta avviato e' riuscito nell'intento di dare impulso al comparto", ha detto Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it, sottolineando che "il forte aumento delle richieste, invece, e' lo specchio di un'attenzione sempre maggiore verso questo settore. Inoltre, e' sostenuto da un accesso piu' facile e veloce alle aste, soprattutto grazie alla presenza degli annunci sul web dove appaiono a fianco dei consueti annunci di compravendita". L'aumento delle richieste si traduce in segnali che fanno ben sperare per il settore: un anno fa, dall'analisi del portale, emergeva che un annuncio di asta rimaneva online quattro volte piu' a lungo rispetto alle inserzioni di compravendita tradizionale, mentre oggi questo scarto e' sceso a tre. Dall'analisi degli annunci emerge che l'immobile tipo misura 111 metri quadrati e ha un costo medio di 145.000 euro.

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Impatto socio-economico in Italia di Coca-Cola sfiora il miliardo di euro

Coca-Cola ha pubblicato lo studio realizzato da SDA Bocconi School of Management relativo al proprio impatto socio-economico in Italia, dove è presente con tre società (Coca-Cola Italia, Coca-Cola HBC Italia e Sibeg): sono 980 milioni di euro (pari allo 0,06% del PIL nazionale) le risorse generate nel Paese, suddivise tra famiglie, imprese e Stato. Lo si legge in un comunicato dell'azienda. Per quanto riguarda l'impatto occupazionale, Coca-Cola crea direttamente e attraverso il suo indotto 29.573 posti di lavoro (lo 0,12% degli occupati totali in Italia), con quasi 67.000 persone che dipendono - parzialmente o totalmente - dai relativi redditi di lavoro. Relativamente alla parità di genere, rispetto alla media nazionale, Coca-Cola impiega un maggior numero di donne, sia a livello di quadri (36% contro 29%) che di dirigenti (40% a fronte del 15%). La ricerca ha confermato che Coca-Cola risulta la prima azienda nell'industria delle bibite e delle bevande, sia per impatto economico sia per impatto occupazionale. SDA Bocconi ha analizzato anche gli investimenti a supporto delle comunità locali: solo negli ultimi cinque anni Coca-Cola ha investito in Italia quasi 25 milioni di euro a sostegno di 194 progetti dedicati alla formazione, alla sostenibilità e all'inclusione: dalla collaborazione con Banco Alimentare, con oltre 4 milioni di pasti e più di 3.500.000 litri di prodotto donati negli ultimi anni alle fasce più sensibili della popolazione, al supporto a Special Olympics, movimento sportivo che sostiene oltre 19.000 atleti con disabilità intellettive. A queste iniziative si aggiungono gli investimenti a favore della filiera agrumicola in Sicilia, un comparto strategico per Coca-Cola: Fanta Original, nata a Napoli nel 1955, è ancora oggi preparata con succo di arance 100% italiane. Questa scelta comporta l'acquisto annuale di oltre un terzo della produzione di arance siciliane destinate alla trasformazione. Concreto anche l'impegno nei confronti dell'ambiente, dal processo produttivo a dopo l'utilizzo da parte dei consumatori: in Italia tutte le confezioni sono già al 100% riciclabili. 6 le regioni nelle quali Coca-Cola è presente (Lombardia, Veneto, Abruzzo, Campania, Basilicata, Sicilia) 411 milioni di euro distribuiti a livello regionale: 176 milioni di euro in Lombardia 111 milioni di euro in Veneto 34 milioni di euro in Abruzzo 32 milioni di euro in Campania 10 milioni di euro in Basilicata 48 milioni di euro in Sicilia Circa 49.000 persone che dipendono parzialmente o totalmente dai redditi di lavoro generati da Coca-Cola direttamente o indirettamente: 34.000 in Lombardia 5.800 in Veneto 4.200 in Abruzzo 2.100 in Campania 435 in Basilicata 2.400 in Sicilia

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Nel 2017 sono stati rilevati complessivamente 5.154 siti estrattivi autorizzati

Nel 2017 sono stati rilevati complessivamente 5.154 siti estrattivi autorizzati, dichiarati attivi o non attivi nell'anno di riferimento dalle Istituzioni pubbliche locali che rilasciano le autorizzazioni alla coltivazione. Di tali siti, 5.024 sono cave e 130 miniere. Lo ha fatto sapere l'Istat nella sua ultima nota relativa alle attivita' estrattive da cave e miniere nel 2017. Secondo l'istituto di statistica rispetto al 2016 e' stata registrata una lieve flessione del numero di siti estrattivi autorizzati, -2,3%. Sono stati 4.475 i siti estrattivi attivi, -4,4% rispetto al 2016, e 1.810 i comuni interessati dalla presenza di almeno uno di tali siti. In quasi il 47% di questi comuni sono presenti da 2 a 5 siti estrattivi attivi. Le cave attive sono 4.368, di cui 2.125 sono cave produttive. Delle 130 miniere autorizzate, solo 71 svolgono attivita' di estrazione nell'anno osservato. Nel 2017 l'Italia, secondo i dati Eurostat, ha confermato una posizione significativa nell'Ue collocandosi al quinto posto per estrazione interna di minerali non energetici, dopo Germania, Francia, Polonia e Romania. I prelievi complessivi di risorse minerali non energetiche solide nel 2017 ammontano a 164 milioni di tonnellate, in calo rispetto al 2016 del 2,3%, circa -3,9 milioni di tonnellate. Tale flessione sarebbe ascrivibile alle ridotte estrazioni da cave, -3,3%, che sono scese a 149 milioni di tonnellate, proseguendo una tendenza flessiva manifestatasi a partire dal 2013, primo anno di rilevazione dei dati, a un tasso medio annuo del -4,5%. Le estrazioni nazionali da miniere sono aumentate dell'8,4% e si sono attestate su 14,8 milioni di tonnellate, mantenendo una dimensione fisica modesta nel panorama dei prelievi nazionali di risorse del sottosuolo, 9%. E' diminuito l'indicatore Intensita' di estrazione (Ie) di risorse minerali da cave e miniere, calcolato a livello nazionale, passando da 556 tonnellate estratte per Kmq nel 2016 a 543 tonnellate nell'ultimo anno osservato.

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Auto, in Italia solo lo 0,66 per cento è elettrico

In  Italia la diffusione di automobili green è ancora marginale tanto che, secondo l'analisi di Facile.it su dati ACI, a dicembre 2018 le autovetture elettriche e ibride immatricolate in Italia erano appena poco più di 256.000 unità, vale a dire lo 0,66% del totale parco auto circolante. La situazione, secondo l'analisi di Facile.it, migliora leggermente se si considerano le altre tipologie di alimentazioni più sostenibili per l'ambiente, ovvero quelle a Gpl e metano. Sommando queste alle elettriche e ibride si arriva, complessivamente, a 3,6 milioni di veicoli, ovvero il 9,3% del totale parco auto circolante. Se, in generale, il peso percentuale dei veicoli green cresce a ritmi molto contenuti - dal 2015 al 2018 è aumentato di appena un punto percentuale - il trend cambia se si guarda ai soli modelli elettrici e ibridi. Pur rappresentando ancora una nicchia, la diffusione nella Penisola di questi modelli sta registrando percentuali di crescita a tre cifre: dal 2015 al 2018 sono cresciute del 130%.

Cercando di indagare sulla diffusione locale di questo genere di veicoli, Facile.it ha evidenziato come, essendo strettamente legata allo sviluppo di una rete di punti di ricarica, in testa alla classifica delle regioni italiane per peso dell'elettrico sul totale veicoli circolanti, si trovi la Lombardia, area dove, a dicembre 2018, si contavano più di 73.000 veicoli di questo tipo, pari all'1,20% del totale. Al secondo posto si posiziona il Trentino-Alto Adige, dove l'1,12% dei veicoli è alimentato a energia elettrica/ibrido; al terzo posto l'Emilia-Romagna, con una percentuale pari all'1,03%, seguita da Veneto (0,92%) e Lazio (0,90%). Interessante notare come in queste prime 5 regioni siano presenti il 70% dei veicoli elettrici/ibridi immatricolati in tutta Italia. Scorrendo le posizioni più basse della classifica, all'ultimo posto si trova la Campania (0,13% di auto elettriche sul totale veicoli della regione), seguita dalla Basilicata (0,14%) e dalla Calabria (0,16%); ancora una volta non è un caso che queste aree siano anche quelle in cui la presenza di colonnine elettriche di ricarica è tra le più basse della Penisola. 

Continuando a osservare l'intero insieme dei veicoli green e concentrandosi sulle macro-aree del Paese emerge che gli automobilisti residenti nel Nord Est e nel Centro Italia risultano essere i più sensibili alle tematiche della mobilità sostenibile; nelle due aree, rispettivamente, il 12,50% e l'11% dei veicoli è alimentano a GPL, metano, elettrico o ibrido. I valori scendono sotto la media nazionale, invece, se si guarda alle altre aree; al Sud la percentuale è pari all'8,6%, nel Nord Ovest all'8,1%, mentre sulle Isole il dato crolla al 4%

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Fatturato dell’industria, il calo è dello 0,6% rispetto al trimestre precedente

Ad agosto l'Istat stima che il fatturato dell'industria diminuisca in termini congiunturali dello 0,3%, proseguendo la dinamica negativa registrata nei due mesi precedenti. Nella media degli ultimi tre mesi l'indice complessivo e' calato dello 0,6% rispetto ai tre precedenti. Gli ordinativi registrano un incremento congiunturale dell'1,1%, mentre la media degli ultimi tre mesi registra una riduzione dell'1,6% sui tre precedenti. La dinamica congiunturale del fatturato riflette flessioni su entrambi i mercati: -0,5% il mercato interno e -0,1% quello estero. Per gli ordinativi la crescita congiunturale deriva da incrementi delle commesse provenienti sia dal mercato interno (+1,1%) sia di quelle provenienti dal mercato estero (+1%). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, ad agosto solo l'indice destagionalizzato del fatturato dei beni strumentali segna un aumento congiunturale (+0,9%), mentre si registrano diminuzioni per i beni di consumo (-0,3%), per i beni intermedi (-0,9%) e per l'energia (-2,4%).

La diminuzione su base congiunturale dell'indice generale e' dovuta essenzialmente al calo dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-6,1%), per lo piu' ascrivibile a fattori stagionali. L'inflazione decelera per i beni (da una variazione tendenziale nulla a -0,2%), mentre accelera per i servizi (da +0,8% a +0,9%); il differenziale inflazionistico rimane positivo e pari a +1,1 punti percentuali (era +0,8 ad agosto). L'inflazione acquisita per il 2019 e' +0,6% sia per l'indice generale che per la componente di fondo. Sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto registrano una crescita dello 0,4% (da +0,7% del mese precedente), prossima, in entrambi i casi, a quella riferita all'intero paniere. L'indice armonizzato dei prezzi al consumo aumenta dell'1,4% su base mensile; la stima preliminare era +0,3%. L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,7% su base mensile e un aumento dello 0,1% rispetto a settembre 2018

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In Italia solo un quinto dei processi penali arriva a sentenza

In Italia solo un quinto  dei processi penali arriva a sentenza (20,5%). Nel 78,9% dei casi, il procedimento finisce con il rinvio a giudizio. E la durata media di quest'ultimo si attesta intorno ai cinque mesi (154 giorni) per i procedimenti in aula monocratica e quattro (129 giorni) per quelli davanti al tribunale collegiale. Sono alcuni dei principali risultati emersi dalla nuova indagine sul processo penale in Italia, realizzata dall'Eurispes in collaborazione con l'Unione delle camere penali, e diffusi in occasione di un convegno a Taormina (Messina).A 11 anni di distanza dal primo rapporto del 2008, lo studio è stato ripetuto sempre con l'obiettivo - spiega l'Eurispes - di monitorare i procedimenti attraverso l'analisi di un campione statistico nazionale e comparare i risultati con quelli già ottenuti. Presi, dunque, in esame 32 tribunali da Nord a Sud (Bari, Bologna, Brescia, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, Lucca, Macerata, Milano, Monza, Napoli, Novara, Nuoro, Padova, Palermo, Perugia, Pescara, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Tempio Pausania, Torino, Trani, Trento, Trieste, Venezia, Viterbo). Sotto la lente sono finiti 13.755 processi.Rispetto al 2008, ecco, quindi, un aumento della percentuale dei rinvii ad altra udienza (+9,6%: nel 2008 la quota era del 69,3%). L'incidenza delle sentenze è scesa dal 29,5% al 20,5%. Per quanto riguarda, ancora, i processi terminati in sentenza, le assoluzioni rappresentano poco meno del 30%: di questi, il 4% è rappresentato da assoluzioni ex art. 131 bis codice penale (non punibilità per particolare tenuità del fatto).E non solo. Le condanne incidono per il 43,7% delle sentenze; percentuale più bassa rispetto al 60,6% del 2008. Al contrario, risulta molto più alta la quota relativa all'estinzione del reato: 26,5%, a fronte del 14,9% del 2008.La prescrizione, intanto, è un motivo di estinzione del reato che incide per il 10% sui procedimenti arrivati a sentenza e rappresenta poco più del 2% del totale dei processi monitorati. Ed è peggiorata, secondo il rapporto, la situazione anche dei tempi di rinvio a giudizio, più lunghi rispetto al 2008: 154 giorni per i procedimenti in Aula monocratica (nel 2008 erano 139) e 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale (nel 2008 erano 117). Al contrario, sempre più breve è la durata dei procedimenti (poiché spesso si tratta di procedimenti inconcludenti): solo 14 minuti in aula monocratica (18 nel 2008), 39 minuti davanti al tribunale collegiale (52 nel 2008).Prendendo in esame poi i motivi di rinvio ad altra udienza, più frequenti sono il fatto che si trattava di un'udienza di sola ammissione prove (16,4%), la prosecuzione dell'istruttoria (16,1%), la discussione (10,7%). E, ancora, l'assenza dei testi citati dal pm (8,3%), l'omessa o irregolare notifica all'imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l'assenza del giudice titolare (3,3%). 

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Sondaggio EMG Acqua, la Lega primo partito con il 31,8%

Secondo un sondaggio EMG Acqua presentato oggi ad Agorà, su Raitre, se si votasse oggi la Lega sarebbe il primo partito con il 31,8%, seguono il PD al 19,7 e il M5S al 19,2%. Fratelli d'Italia al 7,8%, seguita da Forza Italia con il 7,1%. Italia Viva è al 4,1%, Più Europa al 2,4%, La Sinistra 1,6%

Matteo Salvini il leader che riscuote maggiore fiducia in Italia, con il 39%, seguito da Giuseppe Conte al 35%, entrambi in calo di un punto rispetto alla precedente rilevazione. Giorgia Meloni al 29% e Luigi Di Maio al 25%. Nicola Zingaretti al 24% e Berlusconi al 17%. Matteo Renzi 14% come Calenda, infine Toti al 13%

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Export fermo ad agosto, -3,4% su anno

Ad agosto 2019 l'export e' stato stazionario rispetto al mese precedente, sintesi di un moderato andamento positivo per l'area extra Ue, +0,6%, e negativo per quella Ue, -0,4%. Le importazioni hanno registrato una crescita congiunturale, +1,8%, da ascrivere all'incremento degli acquisti dall'area Ue. Lo ha fatto sapere l'Istat nel suo ultimo dossier relativo a commercio con l'estero e prezzi all'import ad agosto 2019. Nel trimestre giugno-agosto 2019 rispetto al precedente e' stato rileva un contenuto aumento per le esportazioni, +0,4%, e una riduzione delle importazioni, -0,9%. Ad agosto 2019 la flessione dell'export su base annua, pari a -3,4%, e' dovuta al calo delle vendite registrato sia per l'area Ue, -5,2%, sia, in misura minore, per quella extra Ue, -1,4%. Analogamente le importazioni sono in diminuzione, -4,1%, sia dai mercati extra Ue, -6,2%, sia dall'area Ue, -2,4%. Tra i settori che contribuiscono alla flessione tendenziale dell'export macchinari e apparecchi Nca, -7,8%, autoveicoli, -24,0%, e apparecchi elettrici, -16,3%; mentre nello stesso mese hanno contribuito positivamente gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, +32,0%, i prodotti alimentari, bevande e tabacco, +3,7%, e gli articoli di abbigliamento, anche in pelle e pelliccia, +3,8%.

Secondo l'Istat, su base annua, i paesi che hanno contribuito maggiormente alla diminuzione delle esportazioni sono state Germania, -7,5%, Francia, -5,9%, paesi Opec, -10,7%, e Spagna, -9,0%,mentre e' stato registrato un aumento delle vendite verso Svizzera, +24,9%, e Giappone, +9,9%. Nei primi otto mesi del 2019, l'aumento su base annua dell'export, 2,6%, e' stato determinato principalmente dalle vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, +28,3%, prodotti alimentari, bevande e tabacco, +7,5%, e prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori, +7,0%. E' stato stimato che il surplus commerciale sia aumentato di 94milioni di euro, da +2.491 milioni ad agosto 2018 a +2.585 milioni ad agosto 2019. Nei primi otto mesi dell'anno l'avanzo commerciale a raggiunto +32.282 milioni, +59.112 milioni al netto dei prodotti energetici. Nel mese di agosto 2019 e' stato stimato che l'indice dei prezzi all'importazione e' diminuito dello 0,7% in termini congiunturali e del 2,5% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

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I dati sull’uso dei contanti in Italia

Con il via libera del Documento programmatico di bilancio nasce il piano "Italia Cashless" che, senza penalizzare nessuno, incentiva l'uso della moneta elettronica e i pagamenti digitali per favorire l'emersione dell'economia sommersa. Ecco una piccola mappa con gli ultimi dati di Bankitalia su "L'utilizzo del contante in Italia: evidenze dall'indagine della Bce 'Study on the use of cash by households'" relativo all'anno 2016. Che mostra come il contante venga utilizzato in Italia soprattutto per i micro-pagamenti. E' inoltre il mezzo preferito al Centro-Sud piuttosto che al Nord e dalle donne, dai giovanissimi e dalle persone con il reddito piu' basso. Al contante fanno ricorso i consumatori per pagare circa l'86% delle transazioni nei punti vendita. Questo dato e' leggermente superiore, di circa sette punti, alla media dell'Eurozona (79%) e l'Italia e' tra i grandi Paesi europei quello con la percentuale piu' alta. Quanto ai luoghi di acquisto dei pagamenti in contante prevalgono i negozi per le compere giornaliere, ristoranti bar e caffe', mentre le carte vanno alla grande in hotel e campeggi e nei negozi di beni durevoli.

Nel 2016 il contante e' stato lo strumento piu' utilizzato per i pagamenti nei punti vendita: 85,9% delle transazioni totali (68,4% in valore), anche se carte e strumenti alternativi sarebbero preferiti nel caso in cui l'individuo possa scegliere il metodo di pagamento senza vincoli. - Gli strumenti alternativi al contante piu' usati sono state le carte di pagamento (di debito, di credito, prepagate) con le quali sono state regolate il 12,9% delle transazioni (28,6% in valore). - E' risultata invece ancora poco diffusa la tecnologia contactless: il 49% degli intervistati ha dichiarato di non possedere una carta o uno smartphone con cui poterla utilizzare; il 23,2% di possederla ma di non utilizzarla e solo il 20% di utilizzarla almeno una volta al mese. - Il valore medio delle transazioni e' stato di 13,57 euro in contanti, di 37,70 euro per le carte. Al crescere del valore delle transazioni diminuisce la quota di pagamenti effettuati in contanti. La circostanza che le transazioni considerate nel diario sono quelle presso i punti vendita, per cui gli importi risultano piuttosto ridotti (il 90 per cento e' inferiore a 40,00), potrebbe spiegare il dato sul maggiore utilizzo del contante rispetto agli altri strumenti di pagamento.  Il contante e' maggiormente utilizzato al Centro-Sud piuttosto che al Nord. Piu' in dettaglio, le percentuali piu' basse di transazioni in contante sono state registrate in Lombardia (80,7%), Sardegna (81,7%) e Toscana (82,2%), quelle piu' alte in Calabria (94,3%), Abruzzo e Molise (91,2 %) e Campania (90,8%). - Il contante e' piu' usato dalle donne, dai giovanissimi e da persone con reddito piu' basso. I maschi, pur avendo eseguito piu' transazioni delle femmine presso i punti vendita, hanno utilizzato meno il contante (84,6% del totale delle transazioni rispetto a 87,2%) ma con un valore medio leggermente piu' alto (14,26 euro rispetto a 12,89 euro). Il valore medio delle transazioni con strumenti alternativi e' invece stato piu' elevato per le femmine (39,19 euro rispetto a 36,51 euro per le carte; 68,03 euro rispetto a 22,46 euro per gli altri strumenti). - La ripartizione per occupazione mostra una maggiore propensione all'uso del contante da parte di lavoratori autonomi, casalinghe, studenti e persone in cerca di lavoro. A questi fattori socio-demografici potrebbe essere associata una minore autonomia nella scelta del metodo di pagamento: ad esclusione dei lavoratori autonomi, le categorie che hanno mostrato un maggiore utilizzo del contante potrebbero dipendere economicamente da altri, che decidono quindi il mezzo con cui sovvenzionarli.

L'utilizzo di strumenti alternativi, in particolare le carte, e' maggiore per: gli intervistati con piu' elevato grado di istruzione o che non hanno ancora completato gli studi; le persone con redditi medio-elevati; gli impiegati e i pensionati. Il minore utilizzo di contante per queste categorie e' probabilmente dovuto alla loro "bancarizzazione": essi tipicamente ricevono il loro stipendio tramite accredito su conto corrente e possono quindi esprimere la propria propensione all'utilizzo degli altri strumenti alternativi. Un altro fattore esaminato e' il luogo/tipo di acquisto. - Sono state regolate in contanti oltre il 90% delle transazioni peer to peer (es. carita' e volontariato, servizi domestici); quelle che avvengono tramite distributori automatici e chioschi (e' possibile che qui la scelta sia vincolata dalla indisponibilita' della tecnologia); in ristoranti, bar e caffe', dove invece sono accettati strumenti alternativi. A quest'ultimo riguardo l'indagine ha fatto emergere che gli "acquisti giornalieri" - quelli effettuati presso supermercati, fornai, farmacie, tabaccai, etc., che costituiscono la quota piu' rilevante delle operazioni registrate - sono stati prevalentemente effettuati in contanti, anche quando erano disponibili alternative, probabilmente per il piu' basso valore medio delle operazioni. La scelta dello strumento di pagamento e' quindi influenzata dalle caratteristiche della transazione, ancor piu' che dai fattori socio-demografici: il contante domina nei pagamenti quotidiani di importo ridotto (micro-pagamenti). 

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Nel 2017 l’economia non osservata vale circa 211 miliardi di euro

Nel 2017 l'economia non osservata vale circa 211 miliardi di euro, il 12,1% del Pil. L'economia sommersa ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro e le attivita' illegali a circa 19 miliardi. Le stime per il 2017 confermano la tendenza alla riduzione dell'incidenza sul Pil della componente non osservata dell'economia dopo il picco del 2014 (13,0%). Lo rileva l'Istat.

Nel dettaglio nel 2017 il valore aggiunto generato dall'economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attivita' illegali, si e' attestato a poco meno di 211 miliardi di euro (erano 207,7 nel 2016), con un aumento dell'1,5% rispetto all'anno precedente, segnando una dinamica piu' lenta rispetto al complesso del valore aggiunto, cresciuto del 2,3%. L'incidenza dell'economia non osservata sul Pil si e' percio' lievemente ridotta portandosi al 12,1% dal 12,2% nel 2016, e confermando la tendenza in atto dal 2014, anno in cui si era raggiunto un picco del 13%. La diminuzione rispetto al 2016 e' interamente dovuta alla riduzione del peso della componente riferibile al sommerso economico (dal 11,2% al 11,1%), mentre l'incidenza dell'economia illegale resta stabile (1,1%). L'insieme delle componenti dell'economia sommersa vale nel 2017 circa 192 miliardi di euro, il 12,3% del valore aggiunto prodotto dal sistema economico: la sotto-dichiarazione vale 97 miliardi, l'impiego di lavoro irregolare 79 miliardi e le componenti residuali 16 miliardi. A livello settoriale si evidenzia che il ricorso alla sotto-dichiarazione del valore aggiunto ha un ruolo significativo nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, dove rappresenta il 13,2% del valore aggiunto del comparto, nelle Costruzioni (11,9%) e nei Servizi professionali (11,6%). Il fenomeno risulta meno rilevante nelle attivita' connesse alla Produzione di beni alimentari e di consumo (9,2% del totale del settore), alla Produzione di beni di investimento (2,4%) ed e' solo marginale nella Produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5%). L'impiego di lavoro irregolare ha un peso particolarmente rilevante, pari al 22,7% del valore aggiunto, negli Altri servizi per la persona, dove e' forte l'incidenza del lavoro domestico, mentre il suo contributo risulta molto limitato nei tre comparti dell'industria in senso stretto (tra l'1,1% e il 3,0%) e negli Altri servizi alle imprese (1,7%). 

Nel settore primario il valore aggiunto sommerso e' generato solo dall'impiego di lavoro irregolare, che rappresenta il 16,9% del totale prodotto dal settore. Il 41,7% del sommerso economico si concentra nel settore del Commercio all'ingrosso e al dettaglio, trasporti e magazzinaggio, attivita' di alloggio e ristorazione, dove si genera il 21,4% del valore aggiunto totale. Analogamente l'incidenza relativa del ricorso al sommerso e' alt negli Altri servizi alle persone ed e' pari al 12,3% del sommerso economico, pur contribuendo il settore solo per il 4,1% alla formazione del valore aggiunto totale. All'opposto, il settore degli Altri servizi alle imprese contribuisce al valore aggiunto dell'intera economia per il 27,2% mentre il suo peso in termini di sommerso e' del 12,7%. Anche le attivita' di Produzione di beni intermedi e le attivita' di Produzione di beni di investimento contribuiscono all'economia sommersa in misura piu' ridotta (0,8% e 2,1% rispettivamente) che al valore aggiunto complessivo (6,4% e 6,7%).

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