L’Osservatorio

Rapporto sull’economia del Mediterraneo con l’impatto dei cambiamenti climatici

L'ambiente e le sue interrelazioni con le dinamiche economiche e sociali nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, i cambiamenti climatici e il loro impatto sui territori, i costi in termini di mortalità, morbilità e qualità della vita dell'inquinamento ambientale sono i temi al centro del "Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019" (REM19) curato dall'Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismed), che viene presentato il oggi a Napoli, presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare. All'evento, che si svolge nell'ambito della giornata di studi su "Clima, economia e ambiente", prenderanno parte diversi studiosim il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ed il segretario generale dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi. REM19 - edito da Il Mulino e giunto alla 15ma edizione - parte dai risultati del convegno "Mutamenti climatici, crisi socio-economiche e (in)sicurezza alimentare: un Mediterraneo in transizione", organizzato dall'Istituto di studi sul Mediterraneo (Cnr-Ismed) in memoria di Eugenia Ferragina, ricercatrice e curatrice del Rapporto per diversi anni. "I cambiamenti climatici sono un fatto eclatante il cui impatto sull'ambiente e sui territori si manifesta attraverso fenomeni estremi, che generano ingenti costi e difficoltà per la crescita sostenibile dell'ecosistema", "al crescere dello sviluppo, i paesi possono infatti permettersi tecniche di produzione più efficienti, virare la struttura economica verso settori meno inquinanti, cambiare attitudini culturali e aumentare il valore della qualità ambientale nel paniere dei consumatori. Anche le pressioni demografiche e il grado di urbanizzazione sfavoriscono le economie meno sviluppate della sponda sud" spiega Salvatore Capasso, curatore del volume e ricercatore associato Cnr-Ismed.

"Le anomalie climatiche hanno agito da acceleratore delle tensioni sfociate in conflitti e rivolte che a partire dal 2011 hanno infiammato il Nord Africa e la Siria", sottolinea Grammenos Mastrojeni, vicesegretario generale dell'Unione del Mediterraneo (UfM) incaricato per il settore clima ed energia. "Anche se non si possono etichettare le rivolte del Mediterraneo come conflitti ambientali, non vi è dubbio che il cambiamento climatico risulta spesso il fattore scatenante dei conflitti". "L'elevata sensibilità al degrado ambientale dell'area mediterranea impatta negativamente sulle condizioni ambientali e socio-economiche, e sul livello di sicurezza umana. Questi fattori, combinati con altri, sono spesso alla base di processi migratori molto complessi. A partire dal 2011, fattori quali le primavere arabe, le crisi alimentari e lo scoppio della guerra in Siria hanno contribuito a creare un'emergenza migratoria che pone sotto pressione la frontiera euro-mediterranea" sostiene Alfonso Giordano, docente di Geografia politica alla Luiss Guido Carli di Roma. "Chiaramente, il cambiamento climatico non porta automaticamente a situazioni di insicurezza o conflitti, ma esistono relazioni complesse tra climate change e fattori politici, sociali, economici, ambientali che possono minare la sicurezza o innescare/esacerbare i conflitti. La maggioranza degli studi scientifici indica, non a caso, che la vulnerabilità ai cambiamenti climatici nel Mediterraneo e nell'Africa sub-sahariana risulta tra le principali determinanti delle dinamiche migratorie". "Il bacino è particolarmente sensibile alle vicissitudini climatiche in quanto collocato in un'area di transizione tra i climi aridi e caldi del Nord Africa e quelli piovosi e temperati dell'Europa centrale. Il clima del Mediterraneo si distingue per la forte variabilità spaziale, con differenze marcate tra il Nord e l'area meridionale, nella stagione sia invernale che estiva", prosegue Giorgio Budillon, ordinario di Oceanografia e fisica dell'atmosfera alla Parthenope di Napoli. 

Rosaria Battarra, ricercatrice Cnr-Ismed, e Carmela Gargiulo, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica dell'università di Napoli Federico II, si concentrano sugli effetti sulle aree costiere dovuti all'innalzamento del livello del mare, con l'obiettivo di fornire indicazioni di policy utili. "Circa 150 milioni di persone vivono sulle coste del Mediterraneo, 1/3 della popolazione totale degli Stati che vi si affacciano, quota che raddoppia al 65 per cento sulla riva Sud. Forte aumento demografico, progressivo inurbamento e crescita della pressione demografica nelle aree costiere caratterizzano quasi tutta la regione. In tale contesto, il principale rischio per le aree costiere è costituito dall'innalzamento del livello del mare e dall'erosione. Diversi organismi sovranazionali stanno mettendo in campo iniziative per supportare i paesi rivieraschi nella messa a punto di strategie comuni ma diversificate. Per esempio, l'Ue finanzia iniziative volte a migliorare l'efficienza energetica quale strategia di mitigazione e la politica europea sottolinea la necessità di implementare strategie di adattamento transfrontaliere utilizzando strumenti come l'Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument). L'obiettivo è rendere l'Europa più resiliente". "Esplorando il nesso tra acqua, cibo ed energia", osserva Desireé Quagliarotti, ricercatrice Cnr-Ismed, "la tendenza verso un uso più intenso delle fonti rinnovabili nei paesi euro-mediterranei potrà favorire un duplice obiettivo: diminuire la dipendenza da paesi politicamente instabili e ridurre le emissioni di gas serra". Purtroppo, conclude Silvana Bartoletto, professore associato di Storia economica all'università Parthenope di Napoli, "sebbene l'area sia particolarmente esposta agli effetti del cambiamento climatico, la quota delle rinnovabili dal 1971 al 2016 è aumentata di soli due punti percentuali. Oltretutto, pur possedendo il Mediterraneo un notevole potenziale per la produzione di elettricità da energia solare, almeno la metà del consumo rinnovabile in quest'area è rappresentato da biocombustibili, legna in primis. È necessario uno sforzo maggiore in tal senso".

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Scendono del 7,3% i prezzi dei vegetali freschi

 Scendono del 7,3% i prezzi dei vegetali freschi rispetto allo scorso anno, in un febbraio segnato dal caldo anomalo fuori stagione che ha anticipato le primizie e provocato la maturazione contemporanea delle colture con un aumento dell’offerta. E’ quanto emerge da un'analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi al mese di febbraio 2020, in un inverno caldo e senza precipitazioni con l’allarme siccità nelle campagne. Sui banchi - sottolinea la Coldiretti - sono arrivate con oltre un mese di anticipo le primizie per effetto di un inverno anomalo segnato da temperature bollenti che hanno mandato in tilt le colture lungo tutta la penisola, con la raccolta delle fave nel Lazio avviata molto prima del tradizionale appuntamento del primo maggio, l’arrivo delle fragole in Puglia e dei primi asparagi in Veneto.

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Coronavirus, Cgia Mestre: Metà dell’economia e gettito fiscale viene dal nord

 Se l'emergenza coronavirus dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese il rischio che una buona parte dell'economia nazionale si fermi e' alquanto probabile. La Cgia ricorda che in Lombardia, Veneto, Emilia R., Piemonte e Liguria viene "generata" la meta' del Pil nazionale e del gettito fiscale; vi lavorano 9 mln nelle imprese private (53% del totale nazionale); da questi territori partono per l'estero i 2/3 dell'export e si concentra il 53% circa degli investimenti fissi lordi. Oltre alle misure urgenti che interessano le attivita' e i contribuenti che rientrano nei Comuni nella cosiddetta zona rossa e' altresi' necessario che l'Esecutivo metta a punto una misura strutturale che interessi tutta l'economia. "Il danno di immagine provocato al nostro Paese dal coronavirus e' alquanto pesante. Molti settori produttivi - segnala Paolo Zabeo - sono gia' allo stremo, per questo chiediamo al governo di approvare subito un intervento di medio-lungo termine che preveda il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e l'estensione degli stessi ai settori che oggi ne sono sprovvisti, si rafforzino le misure di accesso al credito delle Pmi e la Pa paghi tutti i debiti che ha contratto con i propri fornitori". Oltre a questo, la Cgia chiede di rilanciare anche gli investimenti pubblici. Renato Mason, segretario Cgia, rileva che "il Commissario Europeo all'Economia, Paolo Gentiloni, ha annunciato che Bruxelles, cosi' come ha gia' fatto in passato quando abbiamo affrontato altre importanti emergenze come il terremoto nel centro Italia e l'arrivo in massa dei migranti nei porti del Sud, ci riconoscera' una dose di flessibilita' che ci consentira' di non rispettare gli impegni assunti in merito al rapporto deficit/Pil. Risorse che, a nostro avviso, devono essere spese per la rilanciare gli investimenti pubblici, per ammodernare questo Paese, in altre parole per ridare fiato ad una economia che, altrimenti, rischia di entrare in recessione".

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Istat, 11% donne lascia l’occupazione con la maternita’

La nascita dei figli comporta anche una interruzione nell'attivita' lavorativa delle donne. Lo ha sottolineato Linda Laura Sabbadini, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche sociali e demografiche dell'Istat in audizione in commissione Lavoro della Camera. Considerando le donne non nubili di 25 anni e piu' emerge che la quota di donne che hanno interrotto il lavoro in seguito alla nascita dei figli e' pari all'11% nel caso ne abbia avuto uno solo, al 17% nel caso ne abbia avuti 2 e al 19% nel caso ne abbia avuti 3 o piu'. Lo ha sottolineato Linda Laura Sabbadini, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche sociali e demografiche dell'Istat in audizione in Commissione Lavoro della Camera. L'analisi per classi di eta' mette in luce come la decisione di interrompere il lavoro riguardi sia le giovani sia le piu' anziane, con percentuali in alcuni casi piu' alte per le giovani. Cio' significa che le difficolta' di conciliazione dei tempi di vita non diminuiscono particolarmente nel tempo. D'altro canto la disparita' di genere riguarda anche la condivisione dei carichi familiari. Persiste, infatti, la tradizionale asimmetria nella ripartizione del lavoro familiare, sebbene in diminuzione. La percentuale del carico di lavoro familiare svolto dalla donna (25-44 anni) sul totale del carico di lavoro familiare della coppia, in cui entrambi i componenti sono occupati, diminuisce dal 71,9% del 2008-2009 al 67% nel 2013-2014 (ultimo dato disponibile). Peraltro, le donne presentano anche una maggiore quota di sovraccarico tra impegni lavorativi e familiari: piu' della meta' delle donne occupate (54,1%) svolge oltre 60 ore settimanali di lavoro retribuito e/o familiare (46,6% gli uomini). I nonni e in particolare le nonne sono il pilastro del supporto alle lavoratrici madri con figli fino a 10 anni. Nei casi in cui entrambi i genitori sono occupati, se ne prendono cura nel 60,4% dei casi quando il bimbo piu' piccolo a fino a 2 anni, nel 61,3% quando ha da 3 a 5 anni e nel 47,1% se piu' grande. Valori che superano il 65% nel caso del Mezzogiorno.

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In calo l’indice del clima di fiducia dei consumatori

 A febbraio 2020 si stima una diminuzione dell'indice del clima di fiducia dei consumatori (da 111,8 a 111,4) mentre l'indice composito del clima di fiducia delle imprese registra un aumento (da 99,2 a 99,8). Lo ha reso noto l'Istat. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono in flessione, seppur con intensità diverse. Più in dettaglio, il clima economico, il clima personale e il clima corrente registrano un lieve calo (da 123,8 a 123,4, da 108,4 a 107,8 e da 110,7 a 110,6, rispettivamente) mentre il clima futuro subisce una diminuzione più marcata (da 114,6 a 112,7). Con riferimento alle imprese, segnali eterogenei provengono sia dall'industria sia dai servizi. In particolare, nel settore manifatturiero l'indice aumenta da 100,0 a 100,6 mentre nelle costruzioni l'indice è in calo passando da 142,7 a 142,3; nei servizi la fiducia rimane stabile rispetto al mese scorso (a quota 99,4) e nel commercio al dettaglio l'indice aumenta da 106,6 a 107,6. Per quanto attiene alle componenti dell'indice di fiducia, nell'industria manifatturiera migliorano i giudizi sugli ordini e le scorte di prodotti finiti sono giudicate in decumulo; le attese di produzione, tuttavia, sono in calo. Nelle costruzioni, l'evoluzione negativa dell'indice è determinata dal peggioramento dei giudizi sugli ordini. Nei servizi di mercato, si rileva una dinamica negativa sia dei giudizi sull'andamento degli affari sia di quella delle attese sugli ordini. I giudizi sugli ordini, invece, sono in miglioramento. Nel commercio al dettaglio l'aumento della fiducia è trainato dalle attese sulle vendite, in deciso miglioramento. L'aumento delle attese è diffuso sia alla grande distribuzione sia a quella tradizionale. 

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Export verso i paesi extra Ue in aumento del 5,4 per cento a gennaio

A gennaio 2020 l'export verso i paesi extra Ue segna un aumento congiunturale del 5,4% mentre l'import registra un aumento del 7,2%. Lo rileva l'Istat aggiungendo che. le esportazioni sono in netto aumento anche su base annua (+4,4%) con un incremento rilevante per energia (+24,5%) e beni strumentali (+10,1%). Le importazioni registrano un aumento tendenziale del 2,3%, determinato da energia (+11%), beni di consumo non durevoli (+6,2%) e beni strumentali (+3,8%). Il saldo commerciale a gennaio 2020 e' negativo per 280 milioni (-586 milioni a gennaio 2019). Aumenta l'avanzo nell'interscambio di prodotti non energetici (da +2.719 milioni per gennaio 2019 a +3.319 milioni per gennaio 2020).

L'incremento congiunturale dell'export - spiega l'Istat - riguarda in particolare energia (+13,6%), beni strumentali (+9,5%) e beni di consumo non durevoli (+4,5%). Dal lato dell'import, si rilevano aumenti su base mensile per energia (+13,2%), beni strumentali (+8,9%), beni di consumo non durevoli (+6,0%) e beni intermedi (+2,9%), mentre sono in diminuzione gli acquisti di beni di consumo durevoli (-1,1%). Nel trimestre novembre 2019-gennaio 2020, la dinamica congiunturale delle esportazioni verso i paesi extra Ue e' negativa (-2,7%) e imputabile ai cali registrati per tutti i raggruppamenti principali di industrie. Nello stesso periodo, anche per le importazioni, si rileva un calo congiunturale (-1,7%) A gennaio 2020 l'export verso Turchia (+35,1%), Giappone (+33,1%), paesi OPEC (+16%) e Stati Uniti (+9,5%) e' in forte aumento su base annua. In diminuzione, le vendite di beni verso India (-15,2%), Cina (-11,9%) e paesi MERCOSUR (-4,1%). Gli acquisti da Medio Oriente (+17,3%), Stati Uniti (+15,7%), India (+11,7%), paesi ASEAN (+7,1%) e paesi OPEC (+6,8%), registrano incrementi tendenziali molto piu' ampi della media delle importazioni dai paesi extra Ue. In diminuzione gli acquisti da paesi MERCOSUR (-32,9%), Russia (-27,4%) e Svizzera (-3,1%). L'aumento dell'export verso i paesi extra Ue registrato a gennaio 2020, su base sia mensile sia annua - spiega l'Istituto - e' influenzato da movimentazioni occasionali di elevato impatto (cantieristica navale) verso gli Stati Uniti; queste contribuiscono da sole a spiegare per circa 3 punti percentuali l'incremento tendenziale dell'export nazionale verso i paesi extra Ue. La dinamica sia congiunturale sia tendenziale delle importazioni (quest'ultima torna a essere positiva da luglio 2019) e' in larga misura imputabile all'aumento degli acquisti di prodotti energetici. A gennaio 2020 il saldo commerciale elaborato su dati grezzi risulta negativo riflettendo un effetto di stagionalità rilevato per lo stesso mese anche negli anni precedenti; al netto di questa componente il saldo è? positivo per 3.306 milioni.

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Turismo, i viaggiatori si informano online

E' online che i viaggiatori si informano prima di avventurarsi in un nuovo viaggio. Per questa ragione, gruppi turistici, agenzie di viaggio online, hotel, compagnie aeree e molte altre realtà turistiche si rivolgono al Web per raggiungere un pubblico interessato e per accompagnarlo durante il suo percorso di scelta e di acquisto. Uno scenario valido anche nel Paese Italia in cui l'Industria Turistica ha contribuito al prodotto interno lordo italiano nel 2017 per 223,2 miliardi di euro (il 13% del PIL) e che si prevede raggiungerà il 14,3 per cento nel 2028*. I ricavi del turismo in Italia sono nel mentre attesi a 2.700 milioni di euro entro la fine del primo trimestre 2020 (secondo le aspettative dei modelli macroeconomici globali e degli analisti di Trading Economics). In prospettiva, si stima che i Ricavi del Turismo in Italia si attestino a 2.500 milioni di euro tra 12 mesi.

Partendo da questi dati, la piattaforma leader a livello mondiale di discovery e native advertising dell'open web, Outbrain, ha rivolto l'attenzione all'indagine delle abitudini dei consumatori online, con particolare riferimento all'industria Viaggi. Tre sono le fasi nel processo decisionale degli utenti italiani che emergono da questa analisi: quella del Sogno, della Pianificazione e della Prenotazione, con alcuni dati sulle abitudini degli utenti per ciascuna di queste. Nella fase del sogno, i trend mostrano come: il 44% delle esperienze di viaggio inizia senza una destinazione specifica in mente; l'86% dei millennials si orienta verso destinazioni che offrano loro l'opportunità di conoscere una nuova cultura; il 64% di chi sta pianificando un viaggio guarda i video per informarsi e farsi un'idea. Nella seconda fase, quella di pianificazione concreta del viaggio: il 78% dei viaggiatori si dichiara influenzato dai brand di viaggi nel prendere una decisione finale; il 90% si attenderebbe di essere affiancato in maniera personalizzata durante la fase decisionale; sono in media 4,8 le pagine lette online dai viaggiatori prima di prendere una decisione.

 In ultimo, nella fase di prenotazione e acquisto: il 94% di chi viaggia per piacere effettua la propria prenotazione passando da desktop a mobile, indifferentemente - di qui l'importanza di un'ottimale responsività dei siti; l'88% si dichiara disposto a cambiare sito o app in caso di transizioni o prenotazioni complicate o difficoltose - di qui l'importanza ancora una volta di un customer journey efficace e semplice. L'analisi rivela poi come i contenuti relativi ai viaggi ricevano tassi di engagement più alti se pubblicati in siti di Editori premium, ovvero in siti editoriali di qualità in cui gli utenti sono al riparo da fake news e protetti invece da trasparenza e veridicità delle informazioni. In questi siti, inoltre, le sezioni News sono quelle a incontrare il maggior gradimento da parte degli utenti con gli annunci di formato Native a risultare premianti per editori e inserzionisti nel favorire la scoperta di contenuti di viaggio di reale interesse per ogni genere di viaggiatori, siano questi esperti o alle prime armi. L'apice dell'interesse informativo online è a inizio anno, in particolare nel mese di gennaio, periodo dell'anno quindi perfetto per gli operatori del settore per lanciare le proprie campagne advertising online e convertire i viaggiatori ispirati in veri e propri clienti. 

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Nel 2019 le tariffe in Italia hanno continuato ad aumentare

Nel 2019 le tariffe in Italia hanno continuato ad aumentare: le uniche in controtendenza sono state il gas (-0,9 per cento) e i servizi telefonici (-6,1 per cento). Queste voci, assieme alle corse dei taxi (+0,5 per cento) e ai pedaggi sono le sole a essere rimaste al di sotto dell'inflazione che, l'anno scorso, e' salita dello 0,6 per cento. Tutte le altre, invece, hanno subito dei rincari importanti: in particolar modo i trasporti urbani (+2,6 per cento), i servizi postali (+3,4), l'energia elettrica (+5) e i trasporti ferroviari (+7 per cento). Piu' contenuti, ma comunque superiori all'incremento del carovita, gli aumenti registrati dalla raccolta dei rifiuti (+1) e dalla fornitura dell'acqua (+2 per cento). Solo i pedaggi autostradali/parchimetri non hanno subito sostanziali variazioni rispetto al 2018. "La diminuzione del costo del gas naturale registrato nell'ultimo anno - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - ha contribuito a frenare l'aumento dei prezzi di una buona parte delle tariffe prese in esame"

 "Nonostante cio' - prosegue Zabeo - i rincari dei trasporti e delle bollette della luce sono stati importanti e a risentirne sono state le famiglie con redditi medio-bassi, visto che questi costi incidono in misura piu' significativa tra i nuclei che hanno una capacita' di spesa piu' contenuta e molto meno in quelli che dispongono di risorse economiche maggiori". Gli aumenti tariffari avvenuti nel 2019, comunque, sono stati sensibilmente inferiori a quelli che si sono verificati nell'ultimo decennio. Se il costo della vita tra il 2009 e il 2019 e' salito del 12,3 per cento, nello stesso periodo il gas e' aumentato del 6,2 per cento, i taxi del 15,7, l'energia elettrica del 25,7, i rifiuti del 31,5, i pedaggi del 34,5, i trasporti urbani del 36,9, quelli ferroviari del 38, i servizi postali del 46,3 e l'acqua dell'81,6 per cento. Tra le 10 tariffe esaminate solo i servizi telefonici hanno subito una contrazione di prezzo (-15,9 per cento)

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I giovani sono più felici, soddisfatto oltre il 50% degli under 25

Oltre la metà dei giovani italiani under 25 è molto soddisfatta della propria vita. Lo riferisce Istat, spiegando che complessivamente la soddisfazione diminuisce con il progredire dell'età. La quota di molto soddisfatti è infatti di oltre il 55% tra i 14-19 anni mentre scende sotto al 40% tra le persone di 65 anni e più. In particolare la crescita è stata più elevata della media tra i giovani di 14-24 anni (dal 48,3% al 51,3%), tra i 45-54 anni (dal 40,7% al 43,1%) e tra i 55-64 anni (dal 39,3% al 42,7%). La condizione occupazionale influisce sul giudizio, sottolinea l'istituto di statistica. La popolazione attiva nel mercato del lavoro o impegnata in un’attività formativa (occupati e studenti) è la più soddisfatta ed esprime più frequentemente giudizi molto positivi. Il 47,5% degli occupati e il 51,7% degli studenti infatti esprimono una elevata soddisfazione

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Vertenza Auchan, non ci saranno licenziamenti per il 2020

Non ci saranno licenziamenti per tutto il 2020, questo e' l'impegno che ha assunto il segretario generale di Conad, Sergio Imolesi, nel corso dell'audizione davanti alla commissione Attivita' produttive della Camera dei deputati. Rispetto ai 6 mila esuberi denunciati dopo l'annuncio dell'acquisto di Auchan da parte del gruppo italiano, Imolesi ha chiarito che 3 mila dipendenti sono gia' stati ricollocati attraverso la cessione dei negozi, mentre per i restanti 3 mila saranno attivate procedure che vanno dall'esodo incentivato, alla cassaintegrazione, alla mobilita' fino a sistemi di ricollocazione incentivata che Conad sta studiando in particolare di concerto con le Regioni Marche e Lombardia. Imolesi ha annunciato la creazione di "un team di lavoro che partira' a marzo e sara' attivo per l'intero anno per studiare modalita' di incontro tra segnalazioni di offerta e opportunita' di ricollocazione". "Siamo pronti - ha detto Imolesi - a concedere anche gratis le aree dove sono collocati alcuni spazi commerciali purche' l'operatore si prenda una parte dei personale che eccede". " E se le Regioni Marche e Lombardia potranno fornire una piccola dotazione per favorire la ricollocazione incentivata, noi metteremo altrettanto". "Non possiamo garantire il successo al 100 per cento di non creare esuberi- ha detto poi Imolese rispondendo alle domande dei deputati - ma spero che sia apprezzato lo sforzo, considerando che tra esodi e incentivi contiamo di impegnare quasi 100 milioni di euro". L'acquisto di Auchan da parte di Conad in Italia deve ancora ottenere il via libera antitrust a livello europeo. Imolesi ha detto che adesso Conad diventera' il primo gruppo della distribuzione italiana e "per questo ci assumiamo le nostre responsabilita'"

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