L’Osservatorio

Prezzi, cresce ad aprile il ‘carrello della spesa’

Corre ad aprile il 'carrello della spesa' stando alla rilevazione dell'Istat che spiega come i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerino in modo marcato da +1,0% a +2,5%, mentre la crescita di quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto passi da +0,6% a +0,8%. Sottolinea l'Istat nel commento: ad aprile "i prezzi del cosiddetto 'carrello della spesa', trainati dagli Alimentari non lavorati, accelerano (+2,5%), portandosi a livelli di crescita che non si registravano da febbraio 2017".

L'Istat spiega che ad aprile, con l'emergenza sanitaria in pieno corso, da una parte il restringersi dell'offerta e della domanda commerciale al dettaglio (concentrate su un minor numero di comparti merceologici), dall'altra il crollo delle quotazioni del petrolio, determinano spinte opposte: inflazionistiche per i prodotti alimentari e deflazionistiche per i Beni energetici. Queste ultime sono prevalse azzerando l'inflazione (non avveniva da ottobre 2016 quando la variazione dell'indice dei prezzi al consumo fu negativa e pari -0,2%); tuttavia, i prezzi del cosiddetto "carrello della spesa", trainati dagli Alimentari non lavorati, accelerano (+2,5%), portandosi a livelli di crescita che non si registravano da febbraio 2017

L'Istat spiega che i Beni energetici, amplificano la loro flessione sia nella componente regolamentata (da -9,4% a -14,1%) sia in quella non regolamentata (da -2,7% a -7,6%); questa dinamica e' in parte compensata dall'accelerazione dei prezzi dei Beni alimentari (da +1,1% a +2,7%), trainata dagli Alimentari non lavorati (+4,3%) e, in misura minore, dalla riduzione della flessione dei prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni (da -2,6% a -1,3%). L'"inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici accelerano rispettivamente a +0,8% a +1,0%, entrambe da +0,7%. L'inflazione acquisita nel 2020 e' pari a +0,1% per l'indice generale e a +0,7% per la componente di fondo. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano in modo marcato da +1,0% a +2,5%, mentre la crescita di quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto passa da +0,6% a +0,8%. 

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La popolazione a rischio di poverta’ o esclusione sociale e’ pari al 27,3%

In Italia, nel 2018, la popolazione a rischio di poverta' o esclusione sociale e' pari al 27,3% (circa 16 milioni e 400 mila individui), in diminuzione rispetto all'anno precedente (28,9%). Il livello italiano resta comunque superiore a quello europeo (21,7% nel 2018 dal 22,4% del 2017). E' quanto si evince dal rapporto dell'ISTAT sugli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile 2020. Anche analizzando i tre indicatori che compongono il rischio di poverta' o esclusione sociale, la situazione nel 2018 (redditi 2017) e' in miglioramento, ad eccezione del rischio di poverta', che riguarda il 20,3% della popolazione ed e' stabile rispetto al 2017 (redditi 2016); in diminuzione la grave deprivazione materiale (8,5% nel 2018, dal 10,1% nel 2017), e la quota di chi vive in famiglie con una intensita' di lavoro molto bassa (11,3% da 11,8%). Nel 2019 si confermano i progressi nella riduzione della poverta' in Italia: l'incidenza di poverta' assoluta riguarda il 6,5% delle famiglie e il 7,8% degli individui (7,8% e 8,4% nel 2018).
Sui dati puramente economici, il rapporto afferma che dopo la ripresa del periodo 2015-2017, gli ultimi due anni evidenziano un rallentamento della crescita del Pil pro capite, piu' accentuato nel 2019 (+0,4%). Ma negli ultimi anni il proseguimento della fase positiva del ciclo economico ha determinato un generalizzato miglioramento dell'occupazione e una riduzione della disoccupazione sia nei Paesi europei sia, in misura piu' contenuta, in Italia. Dal rapporto emerge inoltre che in Italia, nel periodo 2004-2017, la crescita dei redditi della popolazione a relativamente basso reddito ha subito un deciso peggioramento. In particolare nel 2017 i redditi di tutta la popolazione sono aumentati in misura maggiore dei redditi delle persone piu' povere (rispettivamente +1,6% e +0,2%). Nella Penisola la percentuale di reddito disponibile per il 40% della popolazione piu' povero (19,3%) e' inferiore alla media europea (20,9%, dati 2016). Intanto, sul fronte dell'emigrazione, secondo l'ISTAT nel 2018 sono stati rilasciati 242.009 nuovi permessi di soggiorno, il 7,9% in meno rispetto all'anno precedente. La diminuzione e' in larga parte riconducibile al calo dei permessi rilasciati per richiesta asilo. La presenza di rifugiati resta contenuta (meno dell'1% dei permessi validi al 1° gennaio 2019). Continuano a diminuire le acquisizioni di cittadinanza: nel 2018 sono state 103.485, il 23,8% in meno rispetto al 2017. Il rapporto fotografa anche la situazione delle condizioni abitative; quelle non soddisfacenti coinvolgono piu' di un quarto della popolazione italiana. Note dolenti anche sul fronte dell'istruzione. Nel 2018 in Italia la percentuale di studenti che non raggiungono il livello minimo di competenza scientifica raggiunge il 25,9%, dato significativamente peggiore della media Ocse (22%). La percentuale di giovani tra 18 e 24 anni che non hanno concluso il percorso scolastico e formativo e' del 13,5% nel 2019, in diminuzione rispetto al biennio 2017-2018. Sempre nel 2019 soltanto il 27,6% dei giovani di 30-34 anni possiede una laurea o titolo terziario (33,8% delle donne e 21,6% degli uomini), stabile rispetto al 2018. Il livello rimane significativamente inferiore alla media europea (41,3%). La partecipazione degli adulti italiani alle attivita' di formazione, formale e non formale, rimane costante tra il 2018 e il 2019: l'8,1% di coloro che hanno tra 25 e 64 anni ha svolto nelle ultime 4 settimane almeno una attivita' formativa. Sulla ricerca l'Italia resta indietro rispetto agli altri Paesi. L'intensita' di ricerca media dell'Unione europea, misurata rispetto al Pil, e' passata dall'1,93 nel 2009 al 2,12 nel 2018, un valore comunque ancora distante dal target di Europa 2020.

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Eurofund, il 34 per cento ha perso il lavoro per Covid-19

Oltre il 34% degli italiani ha perso il lavoro in modo permanente o temporaneo come conseguenza della pandemia di Covid-19. E' quanto emerge da un sondaggio paneuropeo condotto da Eurofound per la European Trade Union Confederation (Etuc), la confederazione europea dei sindacati. Secondo il sondaggio, effettuato tra il 9 e il 30 aprile su un campione rappresentativo di 86.457 persone nell'Ue e nel Regno Unito (62.755 risposte complete) di età uguale o superiore a 18 anni, l'Italia è uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia sotto il profilo occupazionale. Alla domanda "durante la pandemia avete perso il vostro posto di lavoro o il vostro contratto?", in Italia il 4,7% ha risposto "sì in modo permanente" e il 29,7% "sì in modo temporaneo", per un totale del 34,3%. La media Ue è del 28,5% (5,3% definitivamente, 23,2% temporaneamente). 

I Paesi più colpiti sono l'Irlanda (31,6%), la Spagna (30,7%), Francia (29,8%), Polonia (30,2%), Portogallo (29,3%), Romania (38,7%), Grecia (46,5%), Bulgaria (37,4%), Cipro (44,1%). Per la Confederazione dei sindacati europei il programma Sure della Commissione Europea a tutela dell'occupazione deve arrivare presto: "Arriverà troppo tardi a meno che non sia firmato la settimana prossima, visto che i dati mostrano che il 28% dei lavoratori ha perso il posto in modo permanente o temporaneo a causa della crisi" provocata dalla pandemia, sottolinea la Etuc 

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Istat, crolla la produzione a marzo e il calo è del 28,4%

L'Istat stima che l'indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 28,4% a marzo rispetto a febbraio. Nella media del primo trimestre dell'anno, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dell'8,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Corretto per gli effetti di calendario, a marzo 2020 l'indice complessivo e' diminuito in termini tendenziali del 29,3% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 di marzo 2019). "A marzo le condizioni della domanda e le misure di contenimento dell'epidemia di Covid-19 - commenta l'Istat - determinano un crollo della produzione industriale italiana. In termini tendenziali l'indice corretto per gli effetti di calendario mostra una diminuzione che e' la maggiore della serie storica disponibile (che parte dal 1990), superando i valori registrati nel corso della crisi del 2008-2009. Senza precedenti anche la caduta in termini mensili dell'indice destagionalizzato". L'istituto precisa che "tutti i principali settori di attivita' economica registrano flessioni tendenziali e congiunturali, in molti casi di intensita' inedite: nella fabbricazione di mezzi di trasporto e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori la caduta congiunturale e tendenziale supera ampiamente il 50 per cento. Relativamente meno accentuato e' il calo nelle industrie alimentari, bevande e tabacco che, considerando la media degli ultimi tre mesi mantengono una dinamica tendenziale positiva". 

L'indice destagionalizzato mensile della produzione, spiega l'Istat, mostra marcate diminuzioni congiunturali in tutti i comparti; variazioni negative caratterizzano, infatti, i beni strumentali (-39,9%), i beni intermedi (-27,3%), i beni di consumo (-27,2%) e l'energia (-10,1%).Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a marzo 2020 diminuzioni particolarmente accentuate in tutti i settori; pertanto variazioni negative si registrano per i beni strumentali (-39,0%), i beni intermedi (-28,7%), i beni di consumo (-26,2%) e l'energia (-10,5%). Tutti i principali settori di attivita' economica registrano variazioni tendenziali negative. Le piu' rilevanti sono quelle della fabbricazione di mezzi di trasporto (-52,6%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-51,2%), della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-40,1%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-37,0%) mentre il calo minore si registra nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-6,5%). L'istituto precisa che "nel corso della fase di rilevazione vi e' stata una moderata riduzione del tasso di risposta delle imprese, conseguente all'emergenza sanitaria in corso. Le azioni messe in atto per fare fronte a queste perturbazioni nella fase di raccolta dei dati hanno consentito di elaborare e diffondere gli indici relativi al mese di marzo 2020". 

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Mef, nuove partite Iva -19,7% in tre mesi

Nei primi tre mesi del 2020 sono state aperte 158.740 nuove partite Iva ed in confronto al corrispondente periodo dello scorso anno si registra una flessione del 19,7%, determinata prevalentemente dall'emergenza sanitaria. Lo rende noto il Mef. Piu' in dettaglio si rileva che, nei primi due mesi dell'anno, risulta una contrazione dell'8% delle aperture di partita Iva dovuta principalmente alla diminuzione di avviamenti in regime forfetario rispetto al notevole aumento riscontrato nei primi mesi del 2019 grazie all'innalzamento del limite di ricavi a 65.000 euro. Gli effetti dell'emergenza sanitaria sono rilevabili nel mese di marzo con un calo di aperture pari al 50% rispetto a marzo 2019. 

La distribuzione per natura giuridica mostra che il 76,1% delle nuove aperture di partita Iva e' dovuto alle persone fisiche, il 18,6% alle societa' di capitali, il 3,6% alle societa' di persone; la quota dei "non residenti" e "altre forme giuridiche" rappresenta complessivamente l'1,6% del totale delle nuove aperture. Rispetto al primo trimestre del 2019, tutte le forme giuridiche accusano consistenti cali di aperture: dal -17,1% delle societa' di persone al -20,7% delle persone fisiche; in questo caso, nel primo bimestre la flessione maggiore riguarda le persone fisiche (-9,7%), che l'anno scorso hanno subito un forte aumento a causa delle massicce adesioni al regime forfetario, mentre e' piu' contenuta per le societa' di capitali (-2,9%). Nel mese di marzo le diminuzioni si attestano tra il 50 ed il 57% per tutte le forme giuridiche. Da segnalare in controtendenza i soggetti non residenti, che continuano a registrare un forte aumento (+56,7%) e si concentrano in particolare nel commercio elettronico. Riguardo alla ripartizione territoriale, il 45,2% delle nuove aperture e' localizzato al Nord, il 21,5% al Centro e quasi il 33% al Sud e nelle Isole. Il confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente mostra una generalizzata diminuzione di avviamenti: la piu' contenuta in Valle d'Aosta (-8%), la piu' marcata nel Lazio (-23%). Nei primi due mesi il calo maggiore si e' avvertito in Calabria (-11,3%), mentre l'Abruzzo ha segnato un incremento dell'1,5%; in marzo la Lombardia ha accusato una flessione del 55,2%.

In base alla classificazione per settore produttivo, le attivita' professionali risultano il settore con il maggior numero di aperture di partite Iva (19,7% del totale), seguito dal commercio con il 17,1% e dalle costruzioni (9,7%). Rispetto al primo trimestre del 2019, tra i settori principali la maggiore flessione di aperture si e' avuta nelle attivita' di intrattenimento (-24,9%, in marzo -63,9%), la meno sensibile nella sanita' (-10,5%). Nei primi due mesi i servizi alle imprese registrano una diminuzione di avviamenti del 14,1%, mentre l'istruzione e' in attivo del 2,2%. Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione di genere mostra una sostanziale stabilita' (maschi al 61,1%). Il 47,6% delle nuove aperture e' stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 31,7% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni. Rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, tutte le classi di eta' registrano decrementi di aperture: la piu' consistente e' il -31,9% della classe piu' anziana. Analizzando il Paese di nascita degli avvianti, si evidenzia che il 14,5% delle aperture e' operato da un soggetto nato all'estero. Nel periodo considerato 81.779 soggetti hanno aderito al regime forfetario, pari al 51,5% del totale delle nuove aperture, con una diminuzione del 21,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Al riguardo, in gennaio la flessione e' stata pari al 10,9%, in marzo al 50,6%. 

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Coldiretti, per 3 italiani su 4 fiori per la festa della mamma

Tre italiani su quattro (75%) che fanno regali per la festa della mamma scelgono un mazzo di fiori o una pianta che quest'anno in piena pandemia battono nettamente cioccolatini (12%), gioielli o bigiotteria (12%) o capi di abbigliamento (1%) in occasione della tradizionale ricorrenza. E' quanto emerge da un sondaggio on line effettuato sul sito web della Coldiretti che ha promosso nel week end iniziative nei mercati degli agricoltori in tutta Italia consultabili sul sito www.campagnamica.it dal Veneto alle Marche, dall'Abruzzo alla Puglia, dalla Sicilia alla Sardegna fino a Roma in via San Teodoro 74 con il regalo a tutte le mamme di un fiore e l'opportunita' di una offerta libera per sostenere l'iniziativa la spesa sospesa a favore delle famiglie piu' bisognose. Dopo un lungo periodo di lockdown - sottolinea la Coldiretti - la Festa della mamma e' il primo appuntamento per esprimere i propri sentimenti con un gesto tradizionale particolarmente apprezzato dagli italiani come dimostrano i risultati del sondaggio. Tra i regali floreali che sono tra i piu' svariati tipi - spiega la Coldiretti - prevalgono rose, bouquet vari e lilium, e tra le piante begonie, gerani e azalee. Una boccata di ossigeno per uno tra i settori piu' colpiti dall'emergenza Coronavirus e dalle limitazioni poste al commercio per effetto della chiusura forzata con l'Italia che - sottolinea la Coldiretti - rischia di perdere i propri primati nel mondo dopo il record per le esportazioni florovivaistiche nel 2019.

Il danno stimato dalla Coldiretti nel 2020 per il settore florovivaistico e' pari a 1,5 miliardi di euro dovuto a problemi sull'export, con blocchi al confine ed in dogana di tanti paesi Ue ed extra-Ue, ritardi e problemi nel trasporto su gomma, la chiusura dei canali distributivi ma anche il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali che ora riprendono ma con forti limitazioni e la cancellazione di tutte le manifestazioni fieristiche dedicate agli appassionati. Il risultato - precisa la Coldiretti - e' stata la perdita di fiori e piante appassiti e distrutti nei vivai in Italia. Il settore e' uno dei piu' belli e amati del Made in Italy dove - rileva la Coldiretti - sono impegnate 27mila imprese con circa 200mila posti di lavoro che ora si trovano in gravissime difficolta'. 

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Nel 2019 hanno viaggiato in treno piu’ di 17 milioni di persone

Nel 2019 hanno viaggiato in treno piu' di 17 milioni di persone di 14 anni e piu'. Si tratta soprattutto di un uso occasionale: la gran parte, oltre 13 milioni, ha viaggiato in treno solo qualche volta durante l'anno, mentre circa 900 mila persone l'hanno usato tutti i giorni e poco meno di un milione qualche volta a settimana. E' quanto sottolinea l'Istat nel report 'Gli spostamenti sul territorio prima del Covid-19'. Trentatre' milioni i pendolari che si sono spostati ogni giorno: 22 milioni per andare a lavoro e 11 milioni per andare a scuola. La meta' risiede nelle regioni del Nord e 10 milioni nel Mezzogiorno. Si sono spostati fuori dal proprio Comune 12 milioni di occupati e 3,5 milioni di studenti. Nel dettaglio, in treno quote di utenza superiori alla media si sono registrate tra i residenti del centro e delle periferie delle aree metropolitane e delle regioni del Nord, dove gli utenti del trasporto ferroviario sono stati circa 500 mila ogni giorno e altrettanti piu' volte alla settimana. In particolare, hanno viaggiato tutti i giorni in treno 380 mila persone nel Nord-0vest, 110 mila nel Nord-est, 220 mila al Centro, 150 mila al Sud e poco piu' di 20 mila persone nelle Isole. Piu' consistente il numero di quelli che hanno utilizzato il treno almeno qualche volta a settimana: 290 mila persone nel Nord-0vest, 180 mila nel Nord-est, 230 mila al Centro, 200 mila al Sud e 50 mila persone nelle Isole.

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Istat, attività sospesa per 800 mila aziende

 Le imprese appartenenti alle attività sospese d'autorità sono, al momento, circa 800mila (il 19,1% del totale, rispetto a poco meno del 48% precedente), con un peso occupazionale del 15,7% (era circa il 43%) sul complesso dei settori dell'industria e dei servizi di mercato (escluso il settore finanziario). E' quanto emerge dalla nota mensile sull'andamento dell'economia italiana diffusa dall'Istat. Le imprese attive nei settori sospesi sono concentrate esclusivamente nel terziario, realizzano il 6,9% del fatturato e l'8,2% del valore aggiunto del totale delle imprese industriali e dei servizi. Lo scenario economico internazionale, a causa del perdurare della pandemia di Covid-19 e delle relative misure di contenimento, continua a essere eccezionalmente negativo. L'impatto del Covid-19 sull'economia italiana è profondo ed esteso.

La stima preliminare del Pil riferita al primo trimestre ha fornito una prima quantificazione degli effetti della crisi sull'economia: la caduta dell'attività economica rispetto al trimestre precedente è stata pari al 4,7% mentre la variazione acquisita per il 2020 è del -4,9%. A marzo, le misure di contenimento dell'epidemia in Italia e nei principali paesi partner commerciali hanno avuto effetti negativi sugli scambi con l'estero del Paese. Le vendite al dettaglio hanno registrato un crollo per i beni non alimentari, in presenza di un deciso aumento del commercio elettronico. Gli impatti dell'emergenza sanitaria sui prezzi vedono prevalere al momento gli effetti deflazionistici legati al contenimento della domanda. Frenata dai ribassi degli energetici, l'inflazione in Italia è risultata nulla, riducendo tuttavia il differenziale negativo con l'area dell'euro. Nel corso del mese di aprile, l'indice del social mood sull'economia ha mostrato un ulteriore peggioramento delle percezioni giornaliere sull'andamento dell'economia, con marginali segnali di inversione di tendenza a fine mese.

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I numeri della crisi del trasporto aereo

Il settore del trasporto aereo in sole cinque settimane è passato dai 459.709 passeggeri in arrivo e in partenza di domenica 23 febbraio 2020, ai 6.780 di domenica 29 marzo. Lo rileva l'Istat in un report sul trasporto aereo. Rispetto allo scorso anno, il bilancio del mese di marzo 2020 indica un calo del 66,3% di voli effettuati e dell'85,1% del numero di passeggeri (da 13,988 milioni a poco piu' di 2,083 milioni). In particolare, i passeggeri trasportati nel mese di marzo sono passati da 4,9 milioni a meno di 748 mila per i voli nazionali, per quelli internazionali, che interessano circa il 64% dei passeggeri, questi sono passati da 9,0 milioni a 1,3 milioni. Benche' i servizi per la mobilita' delle persone e delle merci siano stati inclusi tra i settori economici e produttivi essenziali non sottoposti a sospensione delle attivita' - spiega l'Istat - i provvedimenti di contenimento dell'epidemia assunti dalle Autorita' nazionali e internazionali hanno di fatto ridotto le possibilita' di volare, limitandole a ragioni di lavoro, di salute o di assoluta necessita', prevedendo restrizioni all'ingresso e all'uscita in diversi Paesi e stabilendo la chiusura di alcuni aeroporti. I dati testimoniano la drammatica frenata del traffico passeggeri, un settore che per il 2020 a livello mondiale sembrava destinato a un'importante crescita e che invece e' ora investito da una crisi globale. Nel 2017, nel settore del trasporto aereo di passeggeri e merci, operavano in Italia 193 imprese, che hanno realizzato un fatturato di 9,4 miliardi di euro e occupato poco meno di 20 mila unita' di lavoro, di cui il 99,7% sono lavoratori dipendenti. Per il 2020 si attendeva una conferma del trend positivo del traffico aereo a livello mondiale. Anche per il nostro Paese i primi dati registrati nel mese di gennaio lasciavano ben sperare: gli oltre 12,5 milioni di passeggeri transitati negli aeroporti italiani rappresentavano un incremento del 4,1% rispetto al 2019: sostanzialmente lo stesso ritmo di crescita registrato per lo stesso mese dell'anno precedente (+4,9% dal 2018 al 2019)

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Dati Istat-Iss choc sull’aumento dei decessi a marzo

Istat e Istituto superiore di sanita' (Iss) hanno calcolato una mortalita' nel Paese aumentata a marzo quasi del 50% rispetto alla media degli ultimi anni, con un picco abnorme di +568% a Bergamo. E' l'impatto del coronavirus, le cui vittime potrebbero essere alla fine parecchie migliaia in piu'. Le cifre giornaliere scontano i pochi tamponi fatti a causa del ponte del Primo maggio: 37.631 domenica, quasi la meta' della media degli ultimi giorni. Di conseguenza i casi individuati sono di meno, 1.221 i nuovi positivi (compresi deceduti e guariti), con il totale a quasi 212 mila. I dimessi sono 82.879, ossia 1.225 piu' del giorno precedente. Salgono invece a 29.079 le vittime, con un incremento di 195 che fa seguito all'aumento minimo di 174 di domenica, il piu' basso dal 14 marzo. La percentuale di positivi trovati sui casi testati e' del 5,3%, escludendo i tamponi ripetuti, circa il 40% del totale (del 3,2% se invece si includono).

Il Comitato tecnico scientifico ha indicato il 3% come soglia di sicurezza. La Lombardia e' al 12,8%, l'Emilia Romagna al 6,9, il Piemonte al 7,3, ben sopra la media nazionale. In generale il numero di tamponi fatti dovra' essere il piu' alto possibile nella Fase 2. I posti occupati in terapia intensiva scendono ancora, come da settimane, stavolta di 22 unita', portandosi a 1.479 totali (solo l'1% dei malati). Sara' uno degli indicatori chiave del periodo delle riaperture appena iniziato: intorno al 30% di letti in rianimazione occupati da pazienti Covid scattera' l'allerta. Al momento la Lombardia e' al 33%, l'Emilia Romagna al 30%, il Piemonte al 28% (dati Bankitalia-Cattolica-Regioni elaborati da SkyTg24).

Nella regione piu' colpita si conferma comunque il calo dei ricoverati, con 63 morti e una situazione stabile a Milano. Nell'altra Italia c'e' l'Umbria, al secondo giorno senza nuovi casi. Il numero delle vittime di Covid 19 potrebbe pero' essere molto piu' alto, in particolare nelle zone 'cratere'. Istat e Iss nel report su 'Impatto dell'epidemia sulla mortalita' totale della popolazione residente' indicano un aumento del 49,4% a marzo (e nell'ultima settimana di febbraio) rispetto al periodo 2014-2019. La percentuale schizza al 568% in piu' a Bergamo, citta' simbolo con le bare portate via sui mezzi militari. A Cremona i decessi sono 4 volte tanto, quasi 3 volte a Brescia

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