Primo Piano

Cgia: +77% denunce estorsione negli ultimi 10 anni

Negli ultimi 10 anni il numero delle denunce per estorsione e' aumentato del 77,2 per cento. Se in termini assoluti nel 2006 c'erano state 5.400 segnalazioni alle forze dell'ordine, nel 2016 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati) hanno raggiunto quota 9.568. Soglia, quest'ultima, comunque in diminuzione di 2,7 punti percentuali rispetto al risultato registrato nel 2015. A dirlo e' l'Ufficio studi della Cgia. "Le estorsioni - afferma il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - sono reati spesso compiuti dalle organizzazioni di stampo mafioso nei confronti degli imprenditori. Oltre ad acquisire illecitamente del denaro attraverso soprusi, ritorsioni o minacce, l'obbiettivo di questi malavitosi e' di esercitare un forte controllo del territorio. Il deciso aumento delle denunce, comunque, presenta diverse chiavi di lettura. Una di queste e' ascrivibile anche alla ritrovata fiducia delle vittime nei confronti delle forze dell'ordine. In particolar modo al Nord, dove solo da qualche decennio il tessuto produttivo di quest'area ha cominciato a conoscere questo fenomeno criminale"

Secondo i dati di Transcrime (Centro di ricerca dell'Universita' Cattolica di Milano), fa sapere l'Ufficio studi della Cgia, si stima che il fatturato complessivo dell'estorsione organizzata in Italia oscilli tra i 2,7 e i 7,7 miliardi di euro l'anno. A livello regionale il trend di crescita delle denunce registrato tra il 2010 e il 2016 ha interessato soprattutto le regioni del Nordest: ad eccezione della Valle d'Aosta (+533,3 per cento), nel Trentino Alto Adige (+188 per cento) e in Emilia Romagna (+ 179,7 per cento) si sono verificate le variazioni piu' importanti. Pur essendo decisamente piu' contenute (nel 2016 le segnalazioni a livello nazionale sono state 408), non va nemmeno sottovalutato il fenomeno dell'usura. "Con le sole denunce effettuate all'Autorita' giudiziaria - dichiara il segretario Renato Mason - non e' possibile dimensionare il fenomeno dell'usura. Le segnalazioni, purtroppo, sono molto esigue. Tuttavia, l'attenzione non va assolutamente abbassata, perche' come sanno gli esperti di questo fenomeno e' molto difficile che le vittime trovino la forza di denunciare i propri strozzini. Oltre agli effetti della crisi che abbiamo subito negli anni scorsi, un impatto negativo l'ha provocata la stretta creditizia praticata dalle banche nei confronti degli imprenditori, fenomeno, purtroppo, che continua ancora adesso". Come per le estorsioni, anche i dati regionali sulle denunce per usura vedono il Nordest, e in particolar modo l'Emilia Romagna, tra le realta' piu' colpite: tra il 2010 e il 2016 la variazione percentuale della regione guidata dal governatore Bonaccini e' salita di oltre 266 punti. Seguono la Calabria (+100 per cento) e le Marche (+85,7 per cento). Una delle cause che probabilmente ha spinto molti piccoli commercianti e artigiani tra le braccia degli usurai e' il perdurare del credit crunch praticato dalle banche agli imprenditori.

Rispetto alla fine del mese di giugno del 2011, nello stesso mese di quest'anno l'importo complessivo dei prestiti bancari alle imprese e' stato inferiore di quasi 217 miliardi di euro. Le sofferenze in capo alle imprese sono ancora elevate (101 miliardi di euro a fine giugno 2018), nonostante nell'ultimo anno si sia registrata una vendita massiccia di crediti problematici (quasi 56 miliardi di euro di cartolarizzazioni e cessioni relativi alle societa' non finanziarie) che sono usciti cosi' dai bilanci bancari, scomparendo dalle statistiche delle sofferenze e dei prestiti. Negli ultimi mesi, secondo quanto indicato dalla Banca d'Italia il 9 agosto 2018, la situazione creditizia sarebbe tuttavia migliorata: nello scorso mese di giugno l'ammontare dei prestiti alle societa' non finanziarie (imprese con piu' di 5 addetti) e' cresciuta dello 0,6 per cento (il dato tiene conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti/cancellati dai bilanci bancari ed e' costruito sulla base di tassi di variazione sui 12 mesi precedenti). Rimane tuttavia evidente come rispetto a prima della seconda ondata di crisi economica (iniziata nell'autunno del 2011), il credito disponibile per le imprese risulta, a fine giugno 2018, piu' basso di almeno il 20 per cento. E volgendo lo sguardo ai prestiti vivi, ovvero ai crediti in bonis (prestiti al netto delle sofferenze), tra fine giugno 2011 e fine giugno 2018 si contano quasi 245 miliardi di euro in meno. E laddove il credito viene meno e' sempre in agguato l'usura

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Sequestrata discarica abusiva nel Pescarese

I militari della Guardia di Finanza di Pescara hanno posto sotto sequestro una discarica abusiva di autoveicoli e rottami. I finanzieri mentre eseguivano un accesso, finalizzato anche al controllo fiscale, nei confronti di una ditta individuale del pescarese operante nel settore del commercio di autoveicoli, ricambi e accessori, hanno accertato la presenza, nell'area esterna di pertinenza della ditta, di numerosi autoveicoli rottamati e di una ingente quantità di pneumatici e parti di autoveicolo, in completo stato di abbandono rinvenienti da attività di rottamazione non autorizzata ma che soprattutto, costituiva una vera e propria discarica abusiva, con materiali - qualificati come rifiuti speciali che erano a diretto contatto col terreno, senza alcuna precauzione. I Finanzieri della Compagnia, con l'ausilio di militari della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Pescara hanno proceduto alla contestazione delle gravi violazioni alla normativa ambientale, nonché al sequestro dell'intera area adibita all'abusiva attività e alla denuncia del titolare della ditta all'autorità giudiziaria.

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Confartigianato, in un anno le assunzioni degli apprendisti aumentano del 20 per cento

Tra aprile 2017 e marzo 2018 le assunzioni di apprendisti sono state 283.000, il 20,2% in più rispetto al 2017. Il dato supera inoltre dell'11,4% le 254.000 assunzioni di giovani a tempo indeterminato avvenute nello stesso periodo. Lo riferisce Confartigianato, segnalando inoltre che tra gennaio e maggio 2018 i contratti di apprendistato sono aumentati più degli altri rapporti di lavoro: ne sono stati attivati 134.358 (il 96% dei quali riferiti a giovani under 30) con una crescita del 13,7% rispetto allo stesso periodo del 2017.

 La classifica delle regioni in cui prevalgono le assunzioni di apprendisti, rileva un rapporto dell'associazione, vede in testa l'Umbria (18,5% di nuovi contratti di apprendistato sul totale delle assunzioni), la Toscana con 16,2%, il Veneto con 15,6%, le Marche con 15,4% e il Piemonte con 14,5%. Nel terzetto di coda si collocano la Basilicata con il 5,9% di apprendisti sul totale delle assunzioni di under 30, la Sardegna (6,7%) e il Molise (6,4%)

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Caldo, Coldiretti: Il 2018 è il quarto anno più bollente della Terra

 Il 2018 sarebbe fino ad ora al quarto posto tra gli anni più bollenti del pianeta facendo registrare una temperatura media sulla superficie della Terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,77 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo. È quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti relativa ai primi sette mesi dell’anno sulla base della banca dati Noaa, il National Climatic Data Centre che rileva i dati dal 1880."Si tratta - sottolinea la Coldiretti - di una conferma del cambiamento climatico che si avverte anche in Europa dove i primi sette mesi si classificano al terzo posto tra i più caldi da quando sono iniziate le rilevazioni con pesanti effetti anche sui raccolti a partire dal grano la cui produzione è in sofferenza dagli Stati Uniti al Canada, dall’Ucraina alla Russia, dall’Australia alla Turchia fino in Europa dove la siccità ed il caldo hanno tagliato la produzione di grano del 10% rispetto allo scorso anno per effetto del calo dei raccolti soprattutto in Nord Europa, in Germania e Francia".

Secondo una stima di Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia la qualità è salva grazie a un buon contenuto proteico ma la produzione in calo del 10% anche in Italia dove l’anomalia climatica è ancora più rilevante con il 2018 che è stato fino ad ora l’anno più caldo dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni, con una temperatura superiore di 1,46 gradi rispetto alla media storica sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr da gennaio a luglio. "E’ evidente - sottolinea la Coldiretti - la tendenza al surriscaldamento dopo che il 2017 in Italia si era classificato al sesto posto tra gli anni più caldi da 218 anni con una temperatura che era risultata di 1,16 gradi superiore alla media del periodo di riferimento. Peraltro nella classifica degli anni interi più caldi ci sono nell’ordine - precisa la Coldiretti - il 2015, il 2014, il 2003, il 2016, il 2007, il 2017, il 2012, il 2001, poi il 1994, il 2009, il 2011 e il 2000".

Secondo Coldiretti, "il 2018 è stato segnato anche da intense precipitazioni con nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate che hanno colpito a macchia di leopardo la Penisola con oltre mezzo miliardo di danni provocati dal maltempo all’agricoltura con coltivazioni distrutte, alberi abbattuti e aziende allagate, ma anche esondazioni, frane e smottamenti. Sono gli effetti - conclude - dei cambiamenti climatici in atto che si manifestano con una più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo". 

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Elezioni regionali, Febbo scrive a Mattarella

 "Salvaguardare e tutelare l'equilibrio e la tenuta non solo giuridica, ma anche democratica degli assetti politici della Regione Abruzzo poiché attori istituzionali, a cui sono demandate determinate decisioni, potrebbero non agire con la dovuta imparzialità ed estraneità sulla data nella quale dovranno essere svolte le elezioni per la scelta del nuovo Presidente della Regione Abruzzo e del Consiglio Regionale". Questo la sintesi dell'appello che il consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo scrive in una lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dove spiega come "sia inderogabile e indifferibile fissare immediatamente la data del rinnovo del Consiglio regionale tra il 25 novembre e il 2 dicembre prossimo".

"Lo statuto della Regione Abruzzo, la legge elettorale ed il regolamento interno per i lavori del Consiglio sono assolutamente chiari ed inequivocabili sul punto, - afferma Febbo - come d'altronde chiarisce anche la Corte costituzionale (sentenza 196/2003) ed il Consiglio di Stato. Si è arrivati alle dimissioni del Presidente D'Alfonso in notevole, ingiustificato e voluto ritardo, il Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio ha firmato il Decreto di scioglimento solo il 16 Agosto, quando poteva farlo già il 13 o 14, per poi giustificare la sua pubblicazione sul BURA per domani 22 agosto. A Natale giustamente non si può votare mentre a Gennaio/Febbraio non è possibile votare in Abruzzo visto che abbiamo più di 100 comuni montani oltre gli 800 metri e oggettivamente impossibilitati per causa neve"

La replica di Silvio Paolucci

 "Non c'era bisogno di quest'ulteriore intervento del consigliere regionale Mauro Febbo, per apprezzare lo stile scomposto e rissoso che sempre lo ha accompagnato nel suo impegno di amministratore regionale". E' questa la replica dell'assessore regionale Silvio Paolucci, alle dichiarazioni del consigliere regionale di Forza Italia, Mauro Febbo, relativamente alla data, ancora da fissare, delle elezioni regionali in Abruzzo. "E' appena il caso di ricordare che Febbo e company sono stati protagonisti nel 2014 dell'allungamento della legislatura. In quell'occasione pregarono il Governo italiano di emanare un decreto legge per condurre la legislatura abruzzese da 60 a 66 mesi, lasciando la Regione in prorogatio per mesi e mesi". 

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La città più estiva d’Italia è Cagliari

La città più estiva d'Italia è Cagliari con 145 giorni l'anno. Mentre Perugia è quella dove ci sono più giorni caldi (103). Sono ben tre i capoluoghi con il maggior numero di notti calde: Milano, Bolzano e Napoli; invece Palermo è quella con più notti tropicali (94). Le rilevazioni contenute nel report Istat 'Temperature e precipitazioni nelle principali città', ed elaborate dall'Adnkronos, evidenziano che la bella stagione nei capoluoghi è passata da una media di 92,7 giorni nel periodo 1971-2000 a 109,4 giorni nel 2002-2016, con un aumento di 16,7 giorni. Nel capoluogo della Sardegna i giorni estivi erano 125 l'anno, nel periodo 1971-2000 ma la media nel 2002-2016 fa registrare un incremento di ben 20 giorni. Le altre città dove l'estate dura più a lungo sono Palermo (139 giorni) e Roma (135 giorni); rispetto alle rilevazioni fino al 2000 l'incremento è rispettivamente di 8 e 20 giorni. Tra le città in cui la bella stagione si lascia desiderare di più, invece, ci sono Campobasso, con solo 72 giorni (erano 57 nel periodo precedente), Genova con 79 giorni (dai 74 degli anni precedenti), e Venezia con 80 giorni (contro i 77 del periodo 1971-2000).

Il capoluogo dove ci sono più giorni caldi è Perugia (103), dove il numero è addirittura triplicato (erano 34). Al secondo posto si posiziona Trieste con 101 giorni e, anche in questo caso, si è passati da un mese e tre mesi (erano 32). Tra le città dove fa più caldo ci sono anche Ancona e Roma rispettivamente con 96 e 95 giorni l'anno; rispetto al periodo precedente (quando erano 34 e 33) si registra un incremento analogo ai precedenti. La città con meno giorni caldi è invece Bolzano (40), che registra un notevole incremento rispetto ai 28 giorni che si registravano fino a 18 anni fa.

Passando alle notti calde, al primo posto ci sono tre città: Milano, Bolzano e Napoli, con 84 giorni. L'aumento maggiore si registra a Bolzano, dove negli anni fino al 2000 le notti calde erano solo 25, mentre a Napoli e Milano erano rispettivamente 31 e 33. All'ultimo posto c'è Cagliari, dove si è arrivati a 33 notti (solo una in più rispetto al periodo precedente). Palermo vince la classifica delle notti tropicali (94), registrando un incremento di 19 giorni l'anno. A Bari la media del ventunesimo secolo è di 90 notti l'anno, contro le 69 a cui si arrivava fino al 2000. Segue a distanza Catanzaro con 70 notti tropicali, in aumento di 17 giorni rispetto alle 53 delle vecchie rilevazioni. Aosta è invece il luogo dove, dal 1971 al 2016, in tutto l'anno c'è solo una notte tropicale all'anno.

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Nel 2018 pressione fiscale in aumento

Ogni italiano versa mediamente all’erario quasi 8.300 euro di tasse all’ anno. Le più gravose sono l’Irpef e l’Iva che incidono sul gettito tributario totale, che nel 2017 è stato di 502,6 miliardi di euro, per oltre la metà: precisamente per il 55,4 per cento. Se alle tasse aggiungiamo anche i contributi previdenziali, il peso complessivo del fisco su ciascun italiano si aggira attorno ai 12.000 euro all’anno. Nel 2017 la pressione fiscale si è attestata al 42,5 per cento. A dirlo è la CGIA

“Per capire se nel 2018 pagheremo più o meno tasse dell’anno scorso – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - dovremo attendere la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def prevista per il prossimo mese di settembre. Tuttavia, a seguito del rallentamento del Pil, è molto probabile che rispetto al 2017 la pressione fiscale sia destinata ad aumentare di qualche decimale, nonostante il carico fiscale per l’anno in corso non abbia subito alcun inasprimento. Per il 2019, invece, dovremo attendere la legge di Bilancio che dovrà essere approvata dal Parlamento entro la fine di quest’anno”. E’ importante ricordare che la pressione fiscale è data dalla somma delle entrate tributarie e previdenziali rapportata al Pil.

L’Ufficio studi della CGIA, che da anni monitora il panorama fiscale italiano, è giunto alla conclusione che, nel complesso, il sistema è troppo esoso e molto frammentato, anche se la stragrande maggioranza delle entrate è riconducibile all’applicazione di poche tasse. Se, come dicevamo, Irpef e Iva assicurano il 55,4 per cento del totale del gettito tributario, quando allarghiamo lo sguardo alle prime 10 imposte elencate per importo riscosso, emerge che l’incidenza sul totale incassato sale addirittura all’85,2 per cento

Nel confronto con gli altri Paesi, la pressione fiscale (imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali sul Pil) in Italia è la sesta più elevata dell’Ue dopo la Francia (48,7 per cento), la Danimarca (47,3), il Belgio (46,5), la Svezia (44,3) e la Finlandia (43,3)

“Si tratta di una posizione ancor più negativa se si considera l’altra faccia della medaglia, ovvero il livello dei servizi che nel nostro Paese deve migliorare moltissimo. Il percorso assunto dal Governo e volto alla riduzione della pressione tributaria – dichiara il segretario della CGIA Renato Mason – è necessario e apprezzabile, ma dovrà procedere di pari passo con il miglioramento della qualità dei servizi e della loro qualità”. Tornando ai dati della ricerca, le tasse che pesano di più sui portafogli dei cittadini italiani sono l’Irpef e l’Iva. La prima (Imposta sul reddito delle persone fisiche) nel 2017 ha garantito alle casse dello Stato un gettito di 169,8 miliardi di euro (il 33,8 per cento ovvero un terzo del totale) mentre la seconda è stata pari a 108,8 miliardi di euro (21,6 per cento).

Per le aziende le imposte che pesano di più sono l’Ires (Imposta sul reddito delle società), che nel 2017 ha consentito all’erario di incassare 34,1 miliardi di euro e l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) che ha assicurato 22,4 miliardi di gettito. Altrettanto onerosa è l’imposta sugli oli minerali che l’anno scorso ha garantito 26 miliardi di gettito. Imu e Tasi, invece, hanno prelevato dalle tasche dei possessori di case, negozi e capannoni 21,5 miliardi, mentre l’imposta sull’energia elettrica e gli oneri di sistema ha consentito di riscuotere 14,4 miliardi di euro. In coda alla “top ten” delle tasse versate dagli italiani scorgiamo i prelievi garantiti dall’addizionale regionale Irpef (11,8 miliardi), l’imposta sui tabacchi (10,5 miliardi) e l’imposta sul lotto e le lotterie (8,8 miliardi). Nel 2017 le restanti imposte (quasi un centinaio) hanno permesso alle casse dello Stato di incassare oltre 74 miliardi di euro.

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Bellachioma: un candidato della Lega sarebbe la soluzione più giusta e credibile

"Sono certo che in questo momento un candidato presidente di Regione della Lega sarebbe la soluzione più giusta e credibile per l'Abruzzo, se così non fosse spero che il candidato che rappresenterà il centrodestra sia una persona che dia un segnale forte di discontinuità rispetto al passato e a una politica regionale che sappiamo benissimo quali danni ha fatto in cinque anni". Lo ha detto a Chieti il coordinatore regionale della Lega in Abruzzo, Giuseppe Bellachioma, a margine della conferenza stampa per ufficializzare l'ingresso dell'assessore comunale Alessandro Bevilacqua che ha lasciato Forza Italia, attuale partito del sindaco, Umberto Di Primio. "Il candidato presidente dovrebbe essere una persona con un profilo di grande credibilità, un profilo di novità, ma al tempo stesso che non abbatta il grado di fiducia che l'elettorato ha nei confronti soprattutto della Lega. E non lo dico - ha aggiunto Bellachioma - per i sondaggi che ci danno in Abruzzo oltre il 20%, ma per il livello di percezione che abbiamo, con un leader che sta facendo bene e una compagine di governo, di cui faccio parte come parlamentare, che sta lavorando a tanti progetti, e al tempo stesso con la squadra in Abruzzo della Lega che in questo momento è la forza propulsiva del centrodestra".

"Se si ripristinano le condizioni per cui, seduti a un tavolo, in maniera molto schietta, coerente e franca, decidiamo quello che dobbiamo fare, come farlo e poi lo facciamo, e non cambiamo idea, se ci sono le condizioni un centrodestra unito, con la Lega, può decisamente battere sia il M5S che il Pd" ha detto ancora Bellachioma in conferenza stampa. "A livello regionale sapete bene quello che è accaduto nei giorni scorsi. Ho lanciato un segnale forte al centrodestra perché cessassero situazioni di ambiguità, l'ho fatto con convinzione e lo rifarei cinquanta volte, perché secondo me, se vogliamo riconquistare la Regione Abruzzo dobbiamo portare avanti una politica trasparente, coerente e soprattutto di buon senso, smettendola di sposare logiche precedenti che l'elettorato fa fatica a comprendere". "Se correremo da soli in Abruzzo? Non sono né un gambero né un ipocrita. Da segretario regionale - ha detto Bellachioma - ho dato un segnale forte, il segretario federale Matteo Salvini in alcune occasioni aveva detto che saremmo stati noi a dover decidere cosa fare, lanciando anche lui un messaggio al centrodestra. Ora vedremo".

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Quattro italiani su dieci tornano dalle vacanze con prodotti tipici come souvenir

 Più di quattro italiani su dieci (42%) tornano dalle vacanze con prodotti tipici come souvenir che si classificano come i preferiti nell'estate 2018. E' quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè divulgata in occasione dei primi rientri dalle vacanze dopo il Ferragosto. Quest'anno appena il 19% degli italiani torna a mani vuote dalle ferie ma le difficoltà economiche - sottolinea la Coldiretti - spingono però verso spese utili, con i prodotti tipici come vino, formaggio, olio di oliva, salumi o conserve che vincono su tutte le altre scelte. Una scelta d'acquisto che supporta l'economia di realtà rurali e spesso in aree interne visto che, come ricorda la Coldiretti, il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce nei piccoli comuni italiani con meno di cinquemila abitanti. Al secondo posto tra i souvenir, ricorda la Coldiretti, si classificano prodotti artigianali e a seguire gadget, portachiavi, magliette. L'agricoltura italiana - conclude la Coldiretti - è la più green d'Europa e può contare oltre alle 5056 bandiere del gusto, su 294 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg insieme alla leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole biologiche, la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm), 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il maggior numero di prodotti agroalimentari con residui chimici regolari (99,4%)

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Fabris (Strada dei Parchi) sollecita lo stanziamento delle risorse per la sicurezza

"Stiamo valutando seriamente cosa fare nel caso in cui non ci vengano date le risorse adeguate per la messa in sicurezza delle autostrade A24-A25. Se il governo ci darà in tempi stretti gli strumenti bene, altrimenti ci sono le responsabilità del gestore da tenere in conto'', ha detto il vicepresidente di Strada Dei Parchi, spa concessionaria delle A24 A25 di Lazio e Abruzzo sulla sicurezza nelle due arterie, Mauro Fabris. "Se non si potrà mettere in definitiva sicurezza l'autostrada, in un'area a rischio sismico, personalmente ritengo che andrà fatta una proposta molto seria al governo, ovvero se valuti di riprendersi indietro le due autostrade, ponendo termine alla concessione", ha aggiunto Fabris.

Il riferimento, dopo il tragico crollo di Genova, è al braccio di ferro tra la concessionaria e il ministero delle infrastrutture sulla erogazione di fondi necessari per la messa in sicurezza che si e' fermata a meta' per il blocco di circa 250 milioni di euro, in arterie che hanno subito scosse anche forti dal 2009, anno del sisma dell'aquila, e nel 2016 e 2017, in cui si sono verificati quelli del centro Italia. Strada dei Parchi invoca da mesi che vengano sbloccati per completare la prima tranche dei lavori dopo quella che ha riguardato l'antiscalinamento, finanziato con 170 milioni.

"Siamo un paese democratico: trent'anni fa ci fu dibattito feroce in materia, e si decise che lo Stato uscisse dall'economia, si disse basta ai 'panettoni di Stato', alle banche pubbliche, si stabilì che l'Anas non dovesse più gestire le autostrade perché era ritenuta un baraccone". Cosi' Mauro Fabris, vicepresidente di Strada Dei Parchi, spa concessionaria delle A24 A25 di Lazio e Abruzzo, sul dibattito innescato dopo la tragedia di Genova dalla decisione del governo di avviare le procedure per revocare la concessione ad autostrade, gestore della A10. Sulla sicurezza nelle due arterie. "Oggi si decide di cambiare linea e tornare alla gestione pubblica? E' una scelta che farà il Parlamento e i cittadini che condividono questa linea. Per quello che ci riguarda, c'è un contratto, e laddove si decidesse di rescinderlo, ci sono clausole, basta che ci venga riconosciuto il corrispettivo economico previsto dal contratto'', conclude.

Strada dei Parchi chiede che venga approvato immediatamente il Piano economico finanziario, atteso dal 2012 quando la messa in sicurezza definitiva è stata inserita nella legge di stabilità alla luce della strategicità dell'opera in occasione di calamità naturali. Anche per trovare una soluzione condivisa per evitare nuovi aumenti dei pedaggi, lievitati a inizio anno di un ulteriore 13 per cento, provocando le proteste dei sindaci e cittadini abruzzesi e laziali". Si tratta di un progetto di circa tre miliardi di euro. "Noi abbiamo scritto una decina di lettere - spiega Fabris - a tutti i nuovi ministri per avvisarli della situazione, oggi rinnoveremo la richiesta di un incontro urgente al ministro Toninelli : la A24 e A25 sono sicure per quanto riguarda il presente, costantemente monitorate, ma siamo preoccupati per il futuro. Voglia Dio che non ci siamo eventi sismici importanti, perché le due autostrade sono garantite fino ad un certo livello". "Siamo partiti con i lavori di messa in sicurezza urgente, detta di anti-scalinamento da 170 milioni - prosegue Fabris -, come ci ha ordinato il governo, ma senza darci le coperture. Così abbiamo anticipato i fondi delle rate annuali da versare all'Anas, visto che le avevamo già messe da parte, poi nel 2030 dovremmo pagarle con gli interessi. Ma adesso è urgente sbloccare gli ulteriori fondi per terminare la messa in sicurezza urgente, e poi per la messa in sicurezza definitiva e completa, con i 250 milioni di fondi europei, che ironia della sorte ci sono già, ma sono fermi". "Noi di 1 euro di pedaggio - ribadisce Fabris - tratteniamo 43 centesimi, con cui dobbiamo fare investimenti, pagare personale e costi di gestione, e possibilmente remunerare il nostro investimento, perché va ricordato che la nostra società ha dal 2009 speso 700 milioni in messa in sicurezza, e non ha ancora mai fatto utili".

 

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