Primo Piano

Referendum, l’analisi di Pagnoncelli

"Il 40,05% di Sì al referendum non sono voti di Matteo Renzi e nemmeno del Pd. Quindi non è da lì che il premier può ripartire come sostengono diversi esponenti della maggioranza". Lo sostiene il sondaggista Nando Pagnoncelli di Ipsos in una intervista a Il Fatto Quotidiano nella quale sostiene che al S' sono arrivati l'80,6% dei voti del Pd alle Europee; il 48,7% di quelli di Ncd-Udc; il 23,8% di quelli di Forza Italia; il 16,4% di quelli di sinistra; il 10,9% degli elettori della Lega, il 10,4% di Fdi e il 9,9% pure dal M5S e "per questo dire che quel 40% è l'embrione del partito di Renzi o del partito della nazione è una semplificazione che non sta né in cielo né in terra. Tra quegli elettori c'è dentro un po' di tutto e molti di loro, in caso di elezioni politiche, non starebbero mai dalla parte di Renzi. Quel 40% non è paragonabile alla cifra ottenuta dal Pd alle Europee del 2014. Un referendum viaggia su binari completamente diversi", "la loro è una semplificazione dovuta anche al linguaggio imposto dai social media, che oltretutto non tiene conto dello scenario tripolare: ormai sempre più spesso assistiamo a due alleati estemporanei che si coalizzano contro un terzo. Lo abbiamo visto in questo referendum, ma anche a Torino con la Appendino". Quindi, aggiunge, Renzi può ripartire "dai voti del Pd, che al momento stanno intorno al 30%, ma nemmeno tutti. Come non può contare nemmeno sui voti totali degli alleati. A farlo sperare potrebbe essere il grado di fiducia degli italiani nei suoi confronti, il 36%, dietro solo a Sergio Mattarella col 61. Ma anche qui non confondiamo: il grado di fiducia non è traducibile in voti nell'urna in caso di elezioni". E' stato un voto contro la riforma o contro Renzi? "Alla vigilia del referendum, secondo un nostro sondaggio, solo il 14% degli italiani dichiarava di conoscere in dettaglio la riforma costituzionale, mentre il 50% diceva di conoscerla a grandi linee. Perciò la politicizzazione e la personalizzazione del voto sono stati elementi decisivi". Sostiene inoltre che hanno votato contro Renzi il Sud e i giovani: "Tutti i ceti più esposti alla crisi: anche disoccupati, partite Iva, precari e piccoli imprenditori. La mancata crescita e l'emergenza immigrazione hanno fatto il resto". 

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Matteo Renzi rassegna le dimissioni al Quirinale

Matteo Renzi si e' dimesso. Dopo la messa in sicurezza dei conti pubblici con un'approvazione lampo della manovra, il presidente del Consiglio alle 19 e' tornato al Quirinale per formalizzare il passo indietro annunciato domenica notte, mentre le urne sancivano una netta vittoria del No al referendum. Si apre cosi' la crisi di governo. Domani pomeriggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avviera' le consultazioni con le alte cariche dello Stato e i gruppi parlamentari. A loro Renzi passa la palla: "Non decido io, i partiti - tutti i partiti - devono assumersi le loro responsabilita'". Ma il premier dimissionario indica due vie: elezioni subito dopo la sentenza della Consulta sull'Italicum, attesa il 24 gennaio, o un governo di responsabilita' nazionale con una maggioranza larga, fino alla fine della legislatura. La giornata si apre con l'atteso voto sulla legge di bilancio del Senato. La fiducia passa con 173 si' e 108 no, al voto finale i si' sono 166: una dimostrazione, sottolinea la sinistra Pd, del fatto che esiste ancora una maggioranza politica in grado di  sostenere un governo. Ma Renzi, che aveva accolto l'invito di Mattarella a garantire il via libera al testo, conferma le sue dimissioni. "Alle 19 le dimissioni formali", annuncia come suo stile sui social network, rivendicando una "ottima" manovra e l'orgoglio per "mille giorni straordinari" di governo. Poco prima di riunire la direzione del Pd, e' in una Enews, la newsletter cui affida un costante dialogo con i suoi elettori, che il premier tratteggia le sue intenzioni. "Stiamo facendo gli scatoloni. Sono pronto a passare la campanella di Palazzo Chigi con un abbraccio al mio successore", racconta. Ma aggiunge che non ha intenzione di "disperdere la fiducia" espressa da "milioni di elettori" con il Si' al referendum: "E' gia' tempo di rimettersi in cammino", annuncia confermando di voler restare in campo.

Secondo un sondaggio di Piepoli al 57% degli elettori di centrosinistra piacerebbe un "partito di Renzi". Ma in queste ore "c'e' un boom di iscrizioni" al Pd, racconta il segretario al 'parlamentino' Dem riunito al Nazareno, che lo accoglie con un lungo applauso (c'e' Bersani, ma non D'Alema). La tensione nel partito e' alta ma Renzi, che riserva una battuta amara a chi ha festeggiato il No, rinvia a dopo il "duro confronto" interno e anche scenari come un soggetto a sinistra evocato da Pisapia. Prima c'e' da affrontare la crisi di governo. Che si apre verso le 20, quando il Quirinale da' notizia che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accettato con riserva le dimissioni del premier, chiedendogli di restare per gli affari correnti. Da questo momento la partita e' nelle mani del capo dello Stato. Che domani alle 18, con i presidenti delle Camere e l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, aprira' le consultazioni, che si chiuderanno sabato con il Pd. Nella delegazione Dem (Guerini, Rosato, Zanda, Orfini) non ci sara' Renzi, ma il premier prima di dimettersi lascia nero su bianco la sua proposta: o si forma un governo con largo sostegno che arrivi a fine legislatura ("Vedremo cosa pensano anche i partiti del No, non solo quelli dell'attuale maggioranza") o si va a votare con l'Italicum cosi' come sara' modificato dalla Consulta. Un'ipotesi, quest'ultima, che non coincide con l'indicazione del presidente Mattarella che ritiene "inconcepibile" andare al voto con due leggi non omogenee. Un'ipotesi bocciata come "incomprensibile" anche dall'ex presidente Giorgio Napolitano, che nel pomeriggio ha una conversazione con Renzi al telefono. "Elezioni subito o il 17-18 dicembre scendiamo in piazza", proclama intanto Matteo Salvini. E anche i Cinque stelle (in delegazione al Quirinale non ci sara' Beppe Grillo), paventando un accordo degli altri per fare una legge elettorale "contro" di loro, confermano la richiesta di voto anticipato con l'Italicum, dopo aver modificato la legge elettorale per il Senato. Silvio Berlusconi tiene Fi su una linea di responsabilita', con la disponibilita' a sedersi a un tavolo per le riforme, ma non va per ora a 'vedere' le carte della proposta di Renzi e si affida al ruolo di garanzia di Mattarella. Dal Pd la minoranza - ma non solo - invoca un governo che intervenga sull'Italicum e sulle priorita' economico-sociali (dalle banche, che impensieriscono i mercati e l'Ue, al lavoro e alla scuola). Ma Renzi in direzione afferma: "Anche altri devono caricarsi il peso" di un governo, il Pd "ha gia' pagato il prezzo di averlo fatto da solo".

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Di Marco: bocciata la riforma, siamo tornati costituzionali

"Siamo tornati costituzionali, il ministro Delrio ha voluto fare una riforma in vitro che non si e' conclamata con l'approvazione del referendum, quindi bisogna tornare indietro perche' di fatto e' incostituzionale". Cosi' Antonio Di Marco, presidente della Provincia Antonio Di Marco, commenta la situazione che riguarda le province, all'indomani della bocciatura del referendum costituzionale che prevedeva la loro abolizione. "Come rappresentante di questa istituzione - prosegue Di Marco - ritengo che sia una votazione che risponde alle difficolta' riscontrate dai cittadini alla luce della trasformazione delle province, che sono rimaste comunque a gestire le deleghe specifiche della viabilita' e delle scuole, con la difficolta' ulteriore che i trasferimenti non ci sono piu' e che addirittura ci sono i tagli. Il mantenimento delle Province nella Costituzione mette il territorio in una condizione di maggiore certezza rispetto agli interventi che il Governo dovra' fare in termini di pianificazione finanziaria - aggiunge il presidente della Provincia pescarese - C'e' bisogno di rivedere la legge Delrio perche' dobbiamo essere forniti delle risorse necessarie". A breve, infatti, occorrera' approvare il bilancio di  previsione 2017. "Con la fiducia sulla finanziaria non si avra' nessun emendamento, che come Unione delle Province italiane avevamo richiesto, in modo da consentire alle Province di fare il nuovo bilancio - sottolinea Di Marco - A gennaio dovra' dunque partire una ulteriore fase di rettifica e di approfondimento della finanziaria, per consentire alle province di fare i bilanci. Peraltro e' entrato nel merito anche il presidente della Repubblica - continua il presidente della Provincia di Pescara - per dire che le province, dal momento che restano in Costituzione, non possono non avere le risorse necessarie per gestire le deleghe". Secondo Di Marco, infine, "i cittadini hanno scelto di confermare le province nell'assetto costituzionale e questo mette noi presidenti nelle condizioni di sapere che dovremo ricevere risposte sul piano finanziario, ma anche nella riorganizzazione dell'assetto elettivo, perche' non puo' essere che i consigli si rinnovino ogni due anni, che il presidente dura solo quattro anni e che le aree vaste non si sa esattamente cosa significhino"

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Confindustria, cresce l’export in Abruzzo del 13,6 %

"L'aumento del valore delle esportazioni  (+13,6%) che porta l'Abruzzo ad incrementare la propria quota sull'export nazionale dello 0,2%". Emerge dall'indagine semestrale sull'industria abruzzese del centro studi Confindustria Abruzzo relativa all'andamento del I semestre 2016 ed alle previsioni per il II semestre 2016. Risultano tutti in miglioramento gli indicatori relativi al mercato del lavoro, in particolare per quanto concerne la CIG straordinaria. Con riferimento all'area della produzione, il segnale derivante dalle risposte delle imprese evidenzia una sostanziale situazione di stabilita' (tra -0,5% e + 0,5%), sia sul dato concernente le giornate di lavoro (stabili anche in questo semestre) che sull'utilizzo della capacita' produttiva (anch'esse in linea con il periodo precedente). In leggera riduzione la percentuale (14%) di imprese che dichiara una riduzione dell'utilizzo di capacita' produttiva rispetto al semestre precedente. Considerando l'andamento degli indicatori  commerciali, si evidenzia un quadro positivo dato che poco meno del 50% delle imprese propende per la stabilita' ed il 35% per una crescita (valori ambedue migliori rispetto all'indagine precedente). Per quanto concerne le  esportazioni, il dato predominante e' ancora una volta rappresentato dalla stabilita' (43% in forte crescita rispetto al 34%, il 37% e 30% delle tre precedenti indagini). 

L'indagine sull'industria abruzzese relativa al I semestre 2016 evidenzia un parziale miglioramento degli indicatori macro a cui pero' si accompagna una diffusa propensione alla stabilita' per la gran parte degli indicatori produttivi e commerciali. Inoltre le previsioni per il II semestre 2016 appaiono meno brillanti rispetto al consuntivo dei sei mesi precedenti, con una preponderanza di orientamenti alla mera stabilita'. Con riferimento al tema degli investimenti, il primo semestre ha evidenziato una leggera ripresa in alcuni comparti ma le previsioni sono meno positive per la seconda parte dell'anno. Persiste quindi una diffusa difficolta' delle imprese abruzzesi a supportare la propria crescita futura con adeguati progetti, il che costituisce un'ipoteca sulla possibilita' per il sistema imprenditoriale regionale di cogliere quei seppur timidi segnali di ripresa (comunque contenuta) che si registrano nelle previsioni dei principali centri studi e delle istituzioni economiche internazionali. Confindustria Abruzzo plaude alle iniziative nazionali (Industria 4.0 e credito alle imprese) e locali (Carta di Pescara per l'industria sostenibile) ma ritiene che esse debbano essere supportate da interventi volti a migliorare il "doing business". In quest'ottica, appare pero' fondamentale l'emanazione dei bandi per l'innovazione -recentemente preannunciati dall'Assessorato allo Sviluppo economico -, gli interventi atti a facilitare il credito alle imprese di minori dimensioni, cosi' come la concretizzazione di tutti quei provvedimenti e progetti a valere sui vari programmi nazionali e europei, atti a immettere liquidita' e lavoro e a dare maggiore competitivita' al territorio. A cio' si aggiungono non piu' procrastinabili interventi attinenti l'impianto istituzionale e amministrativo, l'ammodernamento della rete infrastrutturale materiale ed immateriale, il sistema formativo. 

"I dati relativi alla prima parte del 2016 confermano il leggero miglioramento gia' registrato nel secondo semestre dell'anno scorso" afferma il Presidente di Confindustria Abruzzo, Agostino Ballone. "Nel primo semestre, peraltro, si registra anche qualche ripresa negli investimenti, vero problema dell'economia abruzzese negli ultimi anni - continua Ballone - E' un segnale incoraggiante seppure ancora debole, in linea, del resto, agli scenari economici e politici che si paventano a livello italiano ed europeo. A fronte di questi scenari economici, il nostro Paese e la nostra Regione hanno bisogno di dare giusta soluzione a problemi antichi che ostacolano un giusto approccio alle nuove tematiche finanziarie e produttive da parte del sistema economico. Rispetto alla nuova era economica in corso, definita ormai comunemente "Industria 4.0", restano nodi da aggredire per rendere piu' competitivo il nostro sistema produttivo e il relativo contesto territoriale e amministrativo. Burocrazia e sistema autorizzativo, infrastrutture materiali e immateriali, sistema formativo, servizi pubblici locali, difficolta' di accesso al credito, tanto per citare alcune questioni prioritarie, restano ancora ostacoli alla crescita e allo sviluppo di una regione che, invece, ha in se' enormi potenzialita' imprenditoriali e voglia di crescere". 

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In 81 comuni abruzzesi si supera il 65% di raccolta differenziata

In 81 comuni abruzzesi, il 26,56% del totale, si supera il 65% di raccolta differenziata di rifiuti, a Balsorano, primo "Comune Riciclone", si raggiunge il 94,09%. Sono dodici i Comuni 'rifiuti free' - di cui tre sopra i diecimila abitanti, Cepagatti, Ortona e Pineto - ovvero quelli che puntano sulla riduzione del residuo non riciclabile da avviare a smaltimento, producendo meno di 75 kg annui per abitante di rifiuto secco indifferenziato. E' quanto emerge dai dati 2016 di Legambiente. "Ora la vera scommessa - dichiara il presidente Legambiente Abruzzo Giuseppe Di Marco - e' far diventare tutto l'Abruzzo 'Rifiuti free' con crescita della differenziata, tariffazione puntuale, aumento dei costi di discarica e un sistema impiantistico che metta al centro l'economia circolare. Quella dei Comuni ricicloni e dei Rifiuti free e' una riforma anti-spreco che dimostra quanto l'economia del riciclo e' gia' in parte in atto". "E' ora di traghettare i tanti comuni ricicloni verso la nuova sfida della riduzione del secco residuo da avviare in impianti di incenerimento e in discarica - prosegue Di Marco - per accompagnarli verso la rottamazione di questo sistema impiantistico che ha caratterizzato gli anni '90 e 2000. Per realizzare cio', oltre all'impegno delle amministrazioni e dei cittadini, e' importante che la politica faccia la sua parte attraverso l'introduzione di un sistema di tariffazione puntuale su larga scala, replicando le buone pratiche su tutto il territorio e definendo un nuovo sistema di incentivi e disincentivi per far in modo che prevenzione e riciclo siano sempre piu' convenienti". Nonostante i passi avanti dal punto di vista normativo, per promuovere riciclo e prevenzione bisogna fare di piu'. Per Legambiente occorre, tra l'altro, utilizzare i proventi dell'ecotassa per politiche di prevenzione, riuso e riciclo; completare la rete impiantistica regionale per riciclaggio e riuso con impianti anaerobici e aerobici per trattare l'organico, quelli di riciclo di tutte le filiere e frazioni nelle regioni sprovviste; stop a qualsiasi commissariamento per l'emergenza rifiuti.

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Referendum, Acerbo: D’Alfonso si tagli lo stipendio

 "Il governatore dell'Abruzzo, Luciano D'Alfonso, dovrebbe dimettersi, ma non lo fara'. Lo invitiamo, pero', a mantenere la parola data e a rispettare gli impegni: si tagli almeno lo stipendio, come aveva promesso in campagna elettorale. Non c'e' bisogno di modificare la Costituzione per tagliare i privilegi". Lo afferma Rifondazione Comunista Abruzzo che, nel commentare l'esito del referendum, parla di "debacle per il presidente di Regione, una vera e propria batosta, con i risultati del Si' ben al di sotto della media nazionale". Nel corso di una conferenza stampa, Maurizio Acerbo, della segretaria nazionale Rc, il segretario provinciale pescarese, Corrado Di Sante, e Walter Rapattoni, della segreteria provinciale del partito, hanno parlato di una "bocciatura per D'Alfonso che, insieme a De Luca, e' stato uno dei presidenti che si sono scatenati nella campagna referendaria, con telefonate, sms, lettere e affissioni abusive. Tutto - hanno sottolineato - si e' tradotto in un clamoroso No".

Quindi l'invito alle dimissioni, ma "dato che non lo farà", ecco l'appello affinche' "mantenga la parola data: hanno sostenuto che bisogna stravolgere la Costituzione e togliere ai cittadini il diritto di voto per tagliare i costi della politica, ma e' una cosa che si puo' fare senza modificare nessun articolo della Costituzione. D'Alfonso, infatti - hanno aggiunto - in campagna elettorale si era impegnato a ridurre il suo stipendio, quello degli assessori al livello di quello del sindaco della citta' capoluogo di regione". "Sono passati due anni e mezzo e sarebbe di procedere in quella direzione. Dopo tutto dicevano che era lo scopo del referendum. Gli abruzzesi hanno votato no - hanno concluso gli esponenti di Rifondazione Comunista - perche' non si sono bevuti la propaganda di chi predica bene e razzola male".

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Lolli presenta il nuovo bando per centri storici del cratere

Presentate a L'Aquila le misure contenute nel decreto legge 78/2015 con legge 125/2015 (4% delle risorse destinate alla ricostruzione nel quinquennio 2016/2020) che individua un programma quinquennale con una dotazione di circa 220 milioni di euro e 6 priorità di intervento, con uno o più Bandi per aiuti o interventi di infrastrutturazione materiale per lo sviluppo economico: piste ciclabili, infrastrutturazioni sportive per la montagna, il Bando Fare centro e altri interventi a favore delle imprese e di professionisti.

'Fare Centro' in particolare prevede iniziative, illustrate dal vice presidente Giovanni Lolli, per valorizzare i centri storici, arricchendo con incentivi alla creazione di nuove imprese o alla riqualificazione di attività già esistenti. Sarà articolato su tre diversi interventi: progetti promossi da soggetti (Micro Imprese) già esistenti alla data del 6 aprile 2009 (nei centri storici meglio individuati sulla base delle perimetrazioni ex DCD n. 3/2010); progetti promossi da soggetti (Micro Imprese) che hanno già avviato alla data di pubblicazione del Bando o intendono avviare una nuova attività in tali ambiti; progetti di ricollocazione/riconversione/riqualificazione promossi da soggetti (Micro Imprese) che svolgono e/o svolgevano al 6 aprile 2009 la propria attività in aree interessate da riqualificazione urbana a seguito del sisma (solo in tal caso saranno ammissibili spese per l'acquisto/realizzazione della sede aziendale). "Un momento di condivisione con i potenziali beneficiari - ha commentato Lolli - per presentare una grande opportunità e riattivare l'intero tessuto economico e sociale dei centri del cratere. In arrivo agevolazioni fino al 70 per cento a fondo perduto. La somma a disposizione è di 20 milioni di euro. A beneficiare del regime di de minimis saranno commercianti e artigiani, studi professionali e tutti i titolari di partita Iva"

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Referendum, vince il no e Renzi si dimette

Matteo Renzi ha annunciato le sue dimissioni da premier, dopo la vittoria del No al referendum,  in una conferenza stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento a moglie e figli. Il popolo italiano "ha parlato in modo inequivocabile chiaro e netto", ha detto il premier Matteo Renzi. In prima persona si e' buttato nella campagna referendaria, su di se si assume tutta le responsabilita' della debacle. "Ho perso io, volevo tagliare le poltrone del Senato, e' saltata la mia sedia", riconosce Matteo Renzi, provando a sdrammatizzare ma in realta' tradendo nel rossore degli occhi e nella voce quasi commossa, parlando da Palazzo Chigi con al fianco la moglie Agnese, il peso di una sconfitta che nessuno, ne' al governo ne' al Pd, aveva immaginato. Il piu' giovane premier lascia la guida di un governo durato mille giorni ma non il Pd. Martedi' riunira' la direzione e da li' si cerchera' di capire la strada da prendere. In molti gli chiedono di restare ma Renzi stasera e' apparso inamovibile: "Come era evidente e scontato dal primo giorno la mia esperienza finisce qui, volevamo vincere e non partecipare", dice rivendicando la coerenza del rottamatore e la distanza dalla vecchia politica dove nessuno si dimette. Una distanza dai suoi predecessori che assicura di dimostrare anche quando avverra' il passaggio della campanella con il suo successore.

"Con amicizia e con un abbraccio consegnero' la campanella ed i dossier su che cosa fare", assicura alludendo a quel gelido passaggio di consegne con Enrico Letta che da sempre l'ex sindaco di Firenze si e' sentito addosso come un marchio di infamia. Dopo aver votato in mattinata a Pontassieve, Renzi e' rientrato a Roma nel pomeriggio quando dagli exit polls si era capito che piu' che una sconfitta il governo avrebbe subito una batosta. Con la moglie, il portavoce e pochissimi fedelissimi ha preferito aspettare i dati a Palazzo Chigi e non al Nazareno, dove erano riuniti i ministri piu' stretti, come Maria Elena Boschi e Dario Franceschini, e i vertici del Pd. Mentre dentro Palazzo Chigi i giornalisti stranieri parlavano di 'Renxit' in attesa di salire alla Sala dei Galeoni, fuori, a pochi metri dalla sede del governo, una trentina di militanti dell'Usb hanno acceso dei fumogeni al grido di 'Dimissioni, dimissioni'. Pochi minuti di tensione, subito calmati dalla polizia, mentre il leader Pd confermava nei dati reali del Viminale l'entita' della perdita. Non e' la prima sconfitta per Renzi, battuto alle primarie per la premiership da Bersani nel 2012, ma sicuramente questa e' la piu' dura. "C'e' rabbia, delusione, amarezza, tristezza", elenca il giovane leader che rivolgendosi a volontari e militanti, con parole quasi da congedo definitivo, assicura: "Tornerete a festeggiare una vittoria". Se lui ci sara' ancora, e' presto per dirlo: per ora Renzi alza bandiera bianca, teso ma sforzandosi in undici minuti di discorso di sorridere. 

E' stata del 68,48% l'affluenza definitiva alle urne in Italia per il referendum.

Grillo: subito al voto

Subito al voto e con l'Italicum. Il M5s attende con sapiente pazienza le parole del premier dimissionario e poi dal blog Beppe Grillo detta l'agenda del Movimento: l'avvio del conto alla rovescia per portare gli  italiani al voto. "Evviva! Ha vinto la democrazia. La risposta degli italiani come affluenza alle urne e come indicazione e' stata netta" esulta Beppe Grillo dal suo blog da dove annuncia anche che il M5s si mettera' subito al lavoro per preparare la sua squadra di governo. Le elezioni, i 5 Stelle le vogliono subito: per il Senato "proponiamo di applicare dei correttivi per la governabilita' alla legge che c'e' gia': il Consultellum. Ci vogliono cinque giornate di lavoro. La nostra proposta a tutti e' di iniziare a lavorarci domani e avere la nuova legge elettorale in settimana". Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista esultano: a Montecitorio negli uffici dei gruppi brindano con tutto il gruppo e poi scendono in sala stampa a parlare molto tardi. La cautela e' la linea che hanno perseguito fino alla fine. Hanno frenato l'entusiasmo per il risultato del referendum fino all'ultimo e nonostante il divario enorme e schiacciante a favore del No degli exit poll non hanno ceduto a fare commenti subito. Il primo a farsi sentire, questa volta, e' Roberto Fico che esulta per la grande partecipazione degli elettori: "l'Italia c'e'!" e invita a raccolta, a Napoli, gli attivisti per attendere insieme i risultati definitivi. Anche Grillo ha dato sfoggio di fair play fino alla fine: "Abbiamo fatto un grande lavoro, quindi l'importante, se dovessimo perdere, e' non dare colpe a nessuno, abbiamo lavorato tutti bene. Se gli italiani hanno scelto una cosa diversa noi la rispettiamo" ha detto dopo aver votato nel pomeriggio al seggio di Sant'Ilario a Genova. Con il suo solito humor ha ironizzato sulla querelle del giorno sulle matite copiative e dopo aver succhiato la matita copiativa che gli era stata consegnata. "Noi anziani sappiamo come fare: nell'era digitale, succhiamo un attimo la matita". Netto invece il commento di Alessandro Di Battista che si offre sui social con il suo casco da moto in mano, si complimenta per il lavoro fatto ma poi avverte: " ora basta ad associare la parola anti-politica con il M5s". E basta, gli fa eco Luigi Di Maio, con l'uomo solo al comando: "non esiste piu', da domani sono i cittadini che governano le istituzioni"

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Referendum, l’Abruzzo sceglie il No per il 64,39%

 L'Abruzzo sceglie il No per il 64,39% e i Sì al 35,61%. All'Aquila i No sono 64,95%, i Sì al 35,05%. A Teramo i No al 63,42%, i Sì al 36,58%. A Pescara il No al 64,80%, Sì al 35,20%. A Chieti il No al 64,40%, Sì al 35,60%.

"Gli italiani si sono espressi contro la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, e di questo bisogna prendere atto. Il premier - con un discorso di altissimo livello - ha comunicato la sua intenzione di rassegnare le dimissioni da capo dell'esecutivo. Ora sara' il Presidente Mattarella a tracciare il percorso istituzionale da seguire". Lo scrive sulla sua pagina facebook il presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso. "Ho sostenuto con tutte le mie forze il progetto riformatore e l'esperienza di governo di Matteo Renzi, e se potessi tornare indietro lo rifarei persino con maggiori energie, perche' sono convinto della bonta' di quanto veniva proposto. Sostengo ancora di piu' la sua attivita', poiche' ogni volta che c'e' stato un problema lo abbiamo sempre trovato presente come persona e come istituzione", prosegue. "Adesso si riparte dai voti espressi a livello nazionale e territoriale senza perdere una sola ora di tempo. Ci vediamo tra 29 mesi per il giudizio che gli abruzzesi dovranno esprimere sull'operato e sulle decisioni della Giunta regionale. Naturalmente alle elezioni territoriali metteremo in campo il lavoro straordinario di una grande coalizione, nella quale i protagonisti cresceranno a vista d'occhio", chiude D'Alfonso

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Via libera del Cipe ai fondi del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020

Via libera del Cipe ai fondi del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 con 1,8 miliardi saranno destinati all'Ambiente. Le risorse saranno trasferite alle Regioni per attuare un programma concordato di interventi di ammodernamento degli impianti di gestione del ciclo dei rifiuti, di mitigazione del rischio idrogeologico, Infrastrutture verdi, bonifica delle discariche, bonifica dei Siti di interesse nazionale (Sin), efficientamento energetico negli scuole e negli edifici pubblici e collettamento delle rete fognaria e depurazione. "L'impegno messo in campo con i fondi europei per l'ambiente - afferma il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti - e' un segnale storico della direzione che il Governo intende imprimere allo sviluppo del Paese, in direzione della green economy e dell'economia circolare. Con uno stanziamento che non ha precedenti per la quantita' e la qualita', si interverra' sanando le carenze del passato e investendo nel futuro con una attenzione particolare al Mezzogiorno che ha bisogno di maggiori investimenti ambientali e di un impegno particolare per rilanciare lo sviluppo". Infatti sono 236,5 i milioni destinati alla Puglia, 225,7 alla Campania e 200,4 alla Sicilia, 156,6 alla Calabria, 75 alla Sardegna, 64,4 alla Basilicata, 62,4 all'Abruzzo, 28,8 al Molise

Fra le regioni del nord e del centro oltre 317 milioni sono stati assegnati al Veneto, 87 alla Lombardia 49,4 alla Toscana, 38,2 al Friuli Venezia Giulia, 22,5 al Piemonte, 16.9 alla Liguria, 16,4 al Lazio, 10,4 alle Marche, 7.9 all'Emilia Romagna, 3,5 alla Valle d'Aosta, 2,8 all'Umbria, 1,4 alla Provincia autonoma di Bolzano e 1,2 alla Provincia autonoma di Trento. Inoltre sono previsti 2 milioni di euro per ciascuno dei 7 distretti idrografici per un totale di 14 milioni necessari a interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, a cui si aggiungono 75 milioni per le regioni del Mezzogiorno e 12 milioni per il Centro-Nord per interventi sul collettamento fognario e la depurazione. "Gli interventi programmati - rileva inoltre Galletti - consentiranno di affrontare anche le criticita' esistenti con l'Europa per le infrazioni in materia di depurazione, discariche e ciclo dei rifiuti. Per questi settori sono stati programmati interventi rispettivamente per quasi 600, 208 milioni e 123 milioni. Di rilievo anche gli stanziamenti per la messa in sicurezza del territorio che ammontano a 273 milioni e per la bonifica dei SIN, programma strategico per il risanamento ambientale ma anche per il rilancio produttivo dei siti, con un impegno di spesa di 533 milioni. Trovo infine qualificante - afferma ancora Galletti - aver inserito uno stanziamento specifico di 8 milioni per bonifiche dall'amianto in edifici scolastici del sud, e anche due filiere di intervento specificamente orientate verso la green economy: i 93 milioni destinati ad interventi per l'efficienza energetica e i 16 per le infrastrutture verdi"

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