L’Osservatorio

Crescono del 6,1 per cento le compravendite di immobili in Italia

Crescono del 6,1 per cento le compravendite di immobili in Italia nel 2018 rispetto al 2017, con performance positive in quasi tutte le province italiane, solo sette hanno segno negativo. Piu' marcata nel Nord Italia, la crescita riguarda anche il Mezzogiorno in cui, considerando le prime 10 province per numero di compravendite, le crescite maggiori si registrano in quelle di Catania (+9,5%), Sassari (+7,9%) e Bari (+7,4%), seguite da Foggia (+6,9%), Palermo (+6,5%) e Napoli (+6%). In controtendenza le province di Matera (-6,2%), Potenza e Vibo Valentia (entrambe -4,3%). Tra le 10 province col maggior numero di compravendite a livello nazionale, sono quelle di Bologna (+12,3%), Venezia (+9,1%) e Bergamo (+8,8%) a segnare le performance migliori. Sono i dati che emergono dalla nota economica di sintesi sul mercato immobiliare condotta dall'osservatorio di Economia e finanza, nato a Bari nel 1996 e impegnato in attivita' di studio, ricerca e divulgazione per favorire lo sviluppo del Mezzogiorno. 

A spingere al rialzo l'intero mercato sono soprattutto le compravendite delle abitazioni a uso residenziale: il numero delle compravendite di abitazioni e', infatti, aumentato a livello nazionale nel 2018 del 6,7% (da 542.480 a 578.647) con le province di Napoli (+5,7%) e Bari (+7,6%) prime in classifica nel Mezzogiorno per numero delle transazioni, ma superate in termini di crescita percentuale sul 2017 da quelle di Sassari (+8,6%) e Palermo (+8%). Meno positiva e' la situazione del mercato degli immobili con destinazione non residenziale, con il numero delle compravendite aumentato in Italia del 5% (da 164.222 a 172.325). Nel Mezzogiorno, tra le province col maggior numero di transazioni, notevole la crescita per Catania (+ 20,4%), Foggia (+8,8%), Lecce (+7,9%), Napoli (+7,5%) e Bari (+6,2%). Al contrario, decisamente diminuite le compravendite di tipo non residenziale nelle province di Pescara (-7,9%) e Benevento (-6%). 

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Imprese, Istat: frena la delocalizzazione delle attività all’estero

Rallenta la tendenza delle imprese italiane a delocalizzare. Nel periodo 2015-2017, rileva l'Istat in un suo report, soltanto il 3,3% delle medie e grandi imprese ha trasferito all'estero attività o funzioni svolte in Italia, contro il 13,4% del periodo 2001-2006. Analogo trend in Europa.Tra le imprese che hanno delocalizzato, il 69,3% ha trasferito all'estero attività o funzioni di supporto dell'attività principale, il 43,4% l’attività principale.Riduzione della pressione fiscale (84,5% delle imprese), politiche per il mercato del lavoro (79%) e incentivi per Innovazione, Ricerca e Sviluppo (70,9%) sono tra i fattori indicati da medie e grandi imprese per scegliere di riportare in Italia attività o funzioni svolte all'estero

Più nel dettaglio sottolinea l'Istat, nel periodo 2015-2017, circa 700 imprese (pari al 3,3% delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi) hanno trasferito all'estero attività o funzioni aziendali precedentemente svolte in Italia. Tale percentuale è nettamente inferiore a quella registrata nella precedente indagine (riferita al periodo 2001-2006) quando era pari al 13,4%. La tendenza al ridimensionamento del fenomeno è confermata a livello europeo. Infatti la percentuale di imprese della Ue che trasferiscono oltre i confini nazionali attività o funzioni aziendali è passata dal 16,0% del 2001-2006 al 3,0% del 2015 – 2017.L'internazionalizzazione ha interessato più diffusamente le imprese industriali (4,2%) rispetto a quelle operanti nel settore dei servizi (2,3%). In particolare, nel settore manifatturiero sono le industrie ad alta e medio-alta tecnologia a trasferire all'estero, con percentuali pari rispettivamente all’8,5% e al 6,6%. La dimensione aziendale e l'appartenenza a gruppi di impresa rappresentano fattori importanti per tale scelta. Delocalizza all'estero il 5,6,% delle grandi imprese contro il 2,9% delle medie e il 4,6% delle imprese appartenenti a gruppi contro lo 0,6% delle imprese indipendenti.I fattori che più incidono sulla scelta di trasferire all'estero attività o funzioni aziendali sono la riduzione del costo del lavoro (fattore considerato 'abbastanza importante' o 'molto importante' dal 62,2% delle imprese), la riduzione di altri costi d'impresa (48,8%) e la necessità di concentrare in Italia le attività strategiche di 'core business' (40,2%). La riduzione dei costi incide in modo significativo nelle scelte delle imprese industriali per il trasferimento all'estero. In particolare le industrie manifatturiere ad alta tecnologia ritengono fondamentale la riduzione del costo del lavoro (81,4%) e la riduzione degli altri costi d'impresa (67,7%). Nei servizi, in particolare nelle imprese attive nelle attività professionali scientifiche e tecniche è ritenuto importante l'aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (47,1%).I principali fattori di ostacolo all'internazionalizzazione indicati da oltre il 30% delle imprese riguardano la difficoltà a trasferire personale all'estero. Seguono gli ostacoli legali o amministrativi (29,7%) e la necessità di operare a stretto contatto con i clienti (29,2%)

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Cgia, debiti commerciali della Pubblica Amministrazione per 53 miliardi di euro

Secondo la stima della "Relazione annuale 2018", presentata ieri dal Governatore della Banca d' Italia, Ignazio Visco, l'ammontare complessivo dei debiti commerciali della nostra Pubblica Amministrazione (Pa) sarebbe pari a 53 miliardi di euro. In calo, rispetto al 2017, di 4 mld. Lo rileva la Cgia secondo la quale l'uso del condizionale e' d'obbligo, visto che la periodica indagine si basa su indagini statistiche, condotte sulle imprese, e dalle segnalazioni di vigilanza da cui emergono dei risultati che, secondo gli stessi estensori delle stime, sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. l'Italia ha il debito di parte corrente piu' alto d'Europa e a Napoli la situazione e' disastrosa. Per la Cgia e' intollerabile che il Mef non riesca ancora adesso a quantificare con esattezza l'ammontare complessivo del debito commerciale contratto dalla Pa italiana con i propri fornitori. I casi limite sono molti, specie nel Mezzogiorno. Il Comune di Napoli, ad esempio, paga mediamente i fornitori con 320 giorni di ritardo (dato riferito al 2018), l'Asl Napoli 1 con 167 (dato I trim. 2019) e l'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria con 163 (dato medio 2018). "Pur riconoscendo l' impegno profuso negli ultimi anni,- osserva Paolo Zabeo - in Europa nessun altro Paese puo' contare su un debito commerciale cosi' smisurato. Secondo i dati Eurostat, la Grecia, ad esempio, ha un'incidenza dei mancati pagamenti di parte corrente sul Pil dell'1,4%, mentre da noi e' al 2,9%, praticamente il doppio. Una situazione inaccettabile per un Paese civile che continua a produrre effetti molto negativi sui bilanci di migliaia e migliaia di imprese fornitrici della nostra Pa". Con l'obbligo della fattura elettronica le cose sono un po' migliorate. "Anche se l'introduzione della fattura elettronica non ha consentito al Mef di dimensionare lo stock dei debiti accumulati - afferma Renato Mason, segretario Cgia - negli ultimi anni i tempi medi di pagamento sono leggermente scesi". 

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Pil, Istat: nel 2019 crescita acquisita pari a zero

 La variazione acquisita per il 2019 del Pil risulta pari a zero. La crescita acquisita è la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell'anno. Lo ha reso noto l'Istat che ha rivisto al ribasso le stime del Pil del primo trimestre (in aumento dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e in calo dello 0,1% nei confronti del primo trimestre del 2018)

Anche se si conferma la fine della recessione dopo i due cali del Pil degli ultimi due trimestri del 2018, la flessione del Pil su base annua è la prima dal quarto trimestre del 2013, quando la caduta era stata dello 0,8%. Il primo trimestre del 2019, precisa l'Istat, ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e due in meno rispetto al primo trimestre del 2018. Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano aumenti, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dello 0,6% degli investimenti fissi lordi. Le esportazioni sono cresciute dello 0,2%, mentre le importazioni sono diminuite dell’1,5%.La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per +0,2 punti percentuali alla crescita del Pil: +0,1 punti i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private Isp, +0,1 punti gli investimenti fissi lordi e un contributo nullo la spesa delle Amministrazioni Pubbliche (Ap). L’apporto della domanda estera netta è risultato positivo per 0,5 punti percentuali. Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla variazione del Pil per 0,6 punti percentuali. Si registrano andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto dell’agricoltura e dell’industria, cresciute rispettivamente del 2,9% e dello 0,9%, mentre il valore aggiunto dei servizi è diminuito dello 0,2%.

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Inail, in aumento le denunce di infortunio

Le denunce di infortunio presentate all'Inail entro lo scorso mese di aprile sono state 210.720, in aumento di circa 4.900 casi (+2,4%) rispetto alle 205.826 del primo quadrimestre del 2018. I dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un incremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 177.216 a 180.311 (+1,7%), sia di quelli in itinere, occorsi cioe' nel tragitto di andata e ritorno tra l'abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un incremento pari al 6,3%, da 28.610 a 30.409. Ad aprile 2019 il numero degli infortuni sul lavoro denunciati e' aumentato dell'1,2% nella gestione Industria e servizi (dai 153.737 casi del 2018 ai 155.588 del 2019), del 5,8% in Agricoltura (da 9.641 a 10.199) e del 5,9% nel Conto Stato (da 42.448 a 44.933). L'analisi a livello territoriale evidenzia un aumento delle denunce di infortunio in tutte le ripartizioni geografiche: Nord-Ovest (+2,0%), Nord-Est (+3,2%), Centro (+3,1%), Sud (+0,9%) e Isole (+1,1%).

Tra le regioni che hanno fatto registrare gli incrementi percentuali maggiori spiccano l'Umbria (+8,6%), la provincia autonoma di Bolzano (+5,3%), il Veneto (+4,4%) e la Sardegna (+4,2%), mentre i decrementi riguardano la Valle d'Aosta (-5,3%), la provincia autonoma di Trento (-4,5%) e, con cali inferiori, Abruzzo, Calabria e Sicilia. L'aumento che emerge dal confronto dei primi quadrimestri del 2018 e del 2019 e' legato sia alla componente maschile, che registra un +2,2% (da 129.998 a 132.811 denunce), sia a quella femminile, con un +2,7% (da 75.828 a 77.909). L'incremento percentuale e' stato maggiore per i lavoratori extracomunitari (+6,2%, da 23.695 a 25.167 infortuni denunciati), seguiti da quelli italiani (+1,9%, da 174.449 a 177.766) e comunitari (+1,3%, da 7.681 a 7.784). Dall'analisi per classi di eta' emergono aumenti generalizzati in tutte le fasce, con l'unica eccezione di quella centrale, compresa tra i 35 e i 49 anni, che registra una flessione dell'1,7%.

Le denunce di incidente mortale sul lavoro presentate all'Istituto entro il mese di aprile sono state 303, 17 in piu' rispetto al primo quadrimestre 2018 (+5,9%). A livello nazionale, i dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano 14 denunce in piu' di casi mortali avvenuti in occasione di lavoro (da 190 a 204) e tre in piu' di quelli occorsi in itinere (da 96 a 99). L'Agricoltura ha registrato un aumento di 12 denunce (da 21 a 33) e l'Industria e servizi di nove (da 259 a 268), a fronte di quattro casi in meno nel Conto Stato (da 6 a 2). Dall'analisi territoriale emerge un aumento dei casi mortali solo al Centro e nel Meridione del Paese: 15 in piu' al Centro (da 54 a 69), 17 in piu' al Sud (da 47 a 64) e nove in piu' nelle Isole (da 21 a 30). Nel Settentrione si rileva invece una diminuzione sia nel Nord-Est (da 80 a 61) che nel Nord-Ovest (da 84 a 79). A livello regionale, spiccano i 10 casi mortali in piu' denunciati in Puglia e Sicilia e gli 11 in meno in Veneto. L'analisi di genere ha mostrato, tra il primo quadrimestre del 2019 e del 2018, un andamento opposto tra i due sessi: 29 casi mortali in piu' per gli uomini (da 248 a 277) e 12 in meno per le donne (da 38 a 26). In aumento le denunce di infortuni con esito mortale sia dei lavoratori italiani (da 241 a 247), sia di quelli comunitari (da 16 a 24) ed extracomunitari (da 29 a 32).

Dall'analisi per classi di eta' emergono incrementi nella fascia 45-54 anni (+35 casi) e in quella 20-29 anni (+14), a fronte di cali generalizzati nelle altre fasce. In entrambi i primi quadrimestri del 2018 e del 2019 sono avvenuti sette incidenti "plurimi", espressione che indica gli eventi che causano la morte di almeno due lavoratori, con 18 vittime tra gennaio e aprile dell'anno scorso e 14 nei primi quattro mesi del 2019. In particolare, i sette incidenti plurimi avvenuti quest'anno - tre dei quali in Emilia Romagna - sono stati tutti stradali. Le denunce di malattia professionale protocollate dall'INAIL nel primo quadrimestre del 2019 sono state 21.224, 164 in piu' rispetto allo stesso periodo del 2018 (+0,8%). Le patologie denunciate sono aumentate solo nella gestione Industria e servizi, da 16.526 a 16.830 (+1,8%), mentre sono diminuite in Agricoltura, da 4.275 a 4.172 (-2,4%), e nel Conto Stato, da 259 a 222 (-14,3%). A livello territoriale, l'aumento ha riguardato solo il Centro e il Sud (+1,9% per entrambi) e le Isole (+1,8%). Nel Nord-Est e Nord-Ovest, invece, i cali sono stati pari, rispettivamente, all'1,8% e all'1.

In ottica di genere si rilevano 212 denunce di malattia professionale in piu' per le lavoratrici, da 5.563 a 5.775 (+3,8%), e 48 in meno per i lavoratori, da 15.497 a 15.449 (-0,3%). In diminuzione anche le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 19.762 a 19.732 (-0,2%), mentre sono aumentate quelle dei comunitari, da 424 a 514 (+21,2%), e dei lavoratori extracomunitari, da 874 a 978 (+11,9%). Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (11.658 casi), del sistema nervoso (2.102, con una prevalenza della sindrome del tunnel carpale) e dell'orecchio (1.382) continuano a rappresentare le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dalle patologie del sistema respiratorio (811) e dai tumori (792).

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In calo il valore del mercato immobiliare non residenziale

Torna a contrarsi il valore del mercato immobiliare non residenziale, dopo una una fase positiva che durava dal 2014. Nel 2018 il valore di scambio di negozi, uffici e capannoni e' di 15,6 miliardi di euro, in leggero calo rispetto al 2017 (-0,4%), secondo il Rapporto sugli immobili non residenziali dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate e di Assilea, l'Associazione Italiana Leasing. Crescono le compravendite dei negozi (+4,6%) e dei capannoni (+0,6%) mentre sono in flessione quelle degli uffici (-3,7%). Le compravendite dei negozi, che valgono circa 6 miliardi di euro, sono 29.463 con una quotazione media nazionale di 1.540 euro al metro quadro, in calo dell'1,7%. I valori oscillano dai quasi mille euro della Basilicata e della Calabria agli oltre 2 mila del Lazio. Tra le grandi citta', i maggiori incrementi delle compravendite sono a Bologna (+31,2%), Catania (+14,0%) e Palermo (+11,0%). Segno meno, invece, a Torino (-1,7%), a Roma (-3,6%) e a Genova (-11,9%)

"I negozi hanno perso il 20% dei valori dal 2008 ma anche per uffici e capannoni la quotazione e' in discesa", spiega il coordinatore della redazione del rapporto dell'Omi Agenzie delle Entrate, Maurizio Festa, spiegando che ancora non sono stati recuperati i valori pre-crisi: per le tre categorie di immobili non residenziali analizzate dal rapporto, "il valore era di oltre 25 miliardi di euro nel 2018 e nel 2012 si era dimezzato a 12 miliardi". Il mercato immobiliare produttivo segna un leggero incremento degli scambi pari allo 0,6% raggiungendo quota 12.120 transazioni e un valore di 6,5 miliardi di euro. L'unica area che chiude l'anno col segno meno e' quella delle Isole, con un -38%. La quotazione media dei capannoni industriali si attesta sui 484 euro al metro quadro, in calo dell'1,9%. Le compravendite di uffici, dopo due anni di espansione, subiscono una battuta di arresto, con 9.988 transazioni (-3,7%) e un valore di poco piu' di 3 miliardi di euro. Per acquistare un ufficio si spendono, in media, 1.366 euro al metro quadro, quotazione in calo dell'1,1% rispetto al 2017. La Liguria e' l'unica regione con una quotazione media superiore a 2 mila euro al metro quadro, seguita dal Lazio (1.963 euro). Le regioni piu' economiche, con una quotazione media inferiore ai mille euro sono Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia. Tra le grandi citta', crescono le compravendite a Venezia (+25,9%), a Verona (20,9%), a Catania (13,2%) e a Milano (12,7%).

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Crescono le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico

Nel primo trimestre del 2019 le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico raggiungono complessivamente circa 145 MW (+5% rispetto al 2018). Analizzando i dati congiunturali, il primo trimestre dell'anno segna un rallentamento della nuova capacità in esercizio rispetto al trimestre precedente. Lo segnala Anie Rinnovabili in un comunicato. Per raggiungere gli obiettivi al 2030 del PNIEC - Piano nazionale integrato per l'energia ed il clima - occorre un maggior contributo da parte dell'eolico, fotovoltaico ed idroelettrico in termini non solo di nuova capacità, ma anche di revamping/repowering. Quest'ultima tipologia di interventi è al momento difficilmente mappabile, in assenza di dati ufficiali. Nel 2018 il GSE ha evidenziato 314 interventi di potenziamento non incentivato su impianti fotovoltaici, di cui il 72% su impianti di potenza < 20 kW e il 28% su impianti di potenza tra 20 e 1.000 kW; il potenziamento non incentivato non ha interessato gli impianti di potenza > 1.000 kW.

FOTOVOLTAICO Si conferma il trend mensile delle installazioni fotovoltaiche che con i 39 MW del mese di marzo 2019 raggiunge complessivamente 105 MW (+18% rispetto allo stesso periodo del 2018). In aumento il numero di unità di produzione connesse (+17%) frutto principalmente delle detrazioni fiscali per il cittadino. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di potenza sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Lazio, Sardegna, Trentino-Alto Adige, mentre quelle con il maggior decremento sono Emilia-Romagna, Molise e Umbria. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di unità di produzione sonoAbruzzo, Basilicata, Calabria e Friuli-Venezia Giulia, mentre quelle con il maggior decremento sono Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Gli impianti di tipo residenziale (fino a 20 kW) costituiscono il 59% della nuova potenza installata nel 2019. Da segnalare l'attivazione nel mese di marzo di un impianto di circa 3 MW nel Lazio. EOLICO Nel mese di marzo 2019 l'eolico ha registrato solo 60 kW di nuove installazioni. Complessivamente il comparto nel primo trimestre 2019 raggiunge 31 MW (+24% rispetto allo stesso periodo del 2018). In calo, invece, il numero di unità di produzione connesse (-68% rispetto al 2018). Per quanto riguarda la diffusione territoriale, la maggior parte della potenza connessa (99%) è localizzata nelle regioni del Sud Italia. In riferimento alla taglia, le richieste di connessione di impianti di potenza inferiore ai 60 kW sono soltanto lo 0,2% del totale installato nel 2019, mentre gli impianti superiori ai 200 kW costituiscono oltre il 99% del totale.

IDROELETTRICO In calo le installazioni idroelettriche che con i 2 MW del mese di marzo 2019 raggiungono quota 9 MW nel 2019 (-64% rispetto al 2018). Si registra invece un incremento (+13%) per le unità di produzione rispetto al primo trimestre del 2018. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento di potenza rispetto all'anno precedente sono Piemonte e Valle d'Aosta. Gli impianti idroelettrici di taglia inferiore a 1 MW connessi nel 2019 costituiscono il 40% del totale installato. Da segnalare l'attivazione nel mese di marzo 2019 di un impianto di oltre 1 MW in Piemonte.

BIOENERGIE Nel mese di marzo 2019 si è registrata l'attivazione di 4 impianti contestualmente alla riduzione di potenza per 15,9 MW dovuto alla disattivazione di un impianto da 16 MW in Emilia-Romagna. Complessivamente, nel primo trimestre 2019 il contributo delle bioenergie è quindi negativo con una riduzione complessiva di 14 MW di potenza.

MERCATO ELETTRICO Nel mese di marzo 2019 si registra una riduzione del PUN e dei prezzi zonali rispetto al 2018. Per quanto riguarda MSD ex-ante (Mercato Servizi Dispacciamento ex-ante), si sono registrati incrementi nei prezzi medi sia a salire che a scendere. È aumentato anche il prezzo medio a salire su MB (Mercato Bilanciamento), mentre si è registrato un decremento del prezzo medio a scendere su MB rispetto a marzo 2018.

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Commercio estero: Istat, export ad aprile +0,5%, su anno 

Dopo due mesi di flessioni congiunturali, l'export italiano verso i paesi extra Ue torna a crescere ad aprile, secondo i dati Istat, "seppur con un incremento contenuto", dello 0,5%. Mentre su base annua l'export e' in "forte crescita" (+6,7%). L'import dai paesi extra Ue, aumenta su base mensile dello 0,9% e su base annua del 7,4%. "La vendita di prodotti farmaceutici verso gli Stati Uniti - osserva l'Istat - contribuisce per oltre un punto percentuale alla crescita tendenziale dell'export", cui si aggiunge la positiva performance di prodotti in pelle e macchinari e apparecchi. Le vendite verso l'Asia, Giappone (+25,6%) e paesi Asean (+19,4%) in particolare, sono in accelerazione". Calano, invece, le vendite di beni verso Turchia (-15,5%), paesi Opec e Mercosur. L'incremento mensile dell'export e' limitato ai beni di consumo non durevoli (+3%) e all'energia (+1,9%), gli altri gruppi di industrie sono in calo. L'aumento su base annua, dovuto anche al diverso numero di giorni lavorativi rispetto al 2018, e' rilevante per beni di consumo non durevoli (+22,5%) e intermedi.

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Elezioni europee, l’analisi dell’Istituto Cattaneo

Lega 'pigliatutto' conquista voti dall'alleato di governo 5 Stelle, dai partiti di centrodestra e (qualche volta) anche dal Pd. M5s 'traghetta' voti verso il partito leghista di Matteo Salvini. Mentre il Partito Democratico limita le perdite ma non attrae nuovi elettori. E' l'analisi dell'Istituto Cattaneo sui flussi di voto relativi alle elezioni Europee che si sono tenute ad un anno di distanza dalle precedenti consultazioni politiche e che quindi rappresentano un'occasione importante per misurare il consenso dei partiti. Rappresentano, viene evidenziato dall'Istituto Cattaneo, un momento di verifica del gradimento che le forze di governo hanno presso l'elettorato. Dopo una campagna elettorale caratterizzata dalla crescente 'litigiosita'' dei due partiti di governo - Lega e M5s - i risultati elettorali hanno premiato la Lega e punito il Movimento 5 Stelle. 

Nelle elezioni europee l'astensione e' sempre molto piu' alta che alle politiche - avverte l'analisi dell'istituto Cattaneo - e, per questo motivo, gli osservatori possono cadere in "errori interpretativi", cosi' vengono definiti, quando cercano di decifrare gli spostamenti di voto che hanno determinato un certo risultato elettorale. L'Istituto Cattaneo ha indagato - attraverso il cosiddetto 'modello di Goodman' - i flussi elettorali avvenuti in alcune citta' (Brescia, Torino, Firenze, Napoli, Palermo) e ha considerato gli spostamenti di voto tra il 2018 (elezioni politiche) e il 2019 (elezioni europee). 

Il quadro relativo al Pd, spiega l'analisi condotta, rivela luci e ombre. Da un lato, relativamente ai flussi in uscita, risulta che il partito guidato da Nicola Zingaretti ha tenuto rispetto all'astensione e ha sostanzialmente interrotto l'emorragia che negli anni scorsi aveva portato molti voti del suo bacino elettorale verso M5s. Inoltre, gran parte degli elettori che nel 2018 avevano scelto Pd confermano oggi il loro voto. Le 'ombre' si vedono invece nei flussi in entrata, dai quali emerge la scarsa capacita' di espansione del partito. 

L'Istituto Cattaneo ricorda che tutte le elezioni di second'ordine - amministrative, europee - sono particolarmente difficili per M5s. In questo caso, il divario tra i consensi ottenuti alle politiche dell'anno scorso e il risultato elettorale delle europee e' definito "clamoroso".

Nei precedenti studi sulle elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna - sottolinea ancora l'Istituto Cattaneo - gli elettori che abbandonavano il Movimento 5 Stelle erano stati suddivisi in tre categorie: i disillusi (se lasciavano i pentastellati per andare verso l'astensione); i pentiti (se si dirigevano verso il centrosinistra; chiamati cosi' perche' negli anni scorsi la crescita di M5s e' stata alimentata soprattutto da flussi provenienti dal centrosinistra); e i traghettati (se si dirigevano verso il centrodestra). I dati dimostrano che i cosiddetti 'pentiti' sono una quota di entita' numerica quasi ovunque trascurabile. Piu' numerosi i 'disillusi': soprattutto al Sud, dove M5s partiva da percentuali molto forti, si sono registrate perdite verso il non-voto. Mentre al centro-Nord e' significativa anche la quota dei 'traghettati', che va a premiare i compagni di governo della Lega. I 'fedeli', coloro i quali confermano il voto ai 5 Stelle, sono una minoranza (in genere si aggira intorno a un terzo, o poco piu', del bacino elettorale accumulato nel 2018).

Dall'analisi condotta, emerge che la Lega subisce in alcuni casi perdite di un certo rilievo verso l'astensione: non e' una novita', viene sottolineato, anche nelle elezioni regionali degli scorsi mesi, pur vincendo e ampliando i propri consensi, subiva contemporaneamente perdite non trascurabili per questo motivo. In genere, in Italia, il grado di 'mobilita'' dell'elettorato di centrodestra nelle elezioni di second'ordine e' piu' basso di quello dell'elettorato di centrosinistra. Per il resto, sono poche le perdite della Lega (qualcosa verso il M5s in alcuni collegi, qualcosa verso il Pd).

Mentre per quanto riguarda Forza Italia, oltre alle 'ingenti' perdite verso l'astensione, si registrano anche significative fuoriuscite a favore della Lega (a parte il caso eclatante di Torino - 52% - si puo' dire che queste perdite si aggirino intorno al 15%, pur con molta variabilita'). L'Istituto Cattaneo pero' mette in evidenza che lo 'stato di salute' di un partito e' determinato non solo dai flussi in uscita (che indicano la capacita' di 'difesa' dei partiti dagli attacchi degli avversari o, al contrario, la loro vulnerabilita'), ma anche dai flussi in entrata che indicano la capacita' di penetrare in altri bacini di voti e conquistare nuove quote di elettori. In questo caso, e' quanto emerge dalla ricerca, si pone uguale a 100 il bacino attuale di un partito e lo si suddivide in quote a seconda delle scelte compiute nella precedente elezione considerata: l'analisi si sofferma in particolare su Lega e Pd, e mostra che i due partiti sono in una condizione molto diversa. Da un lato, c'e' la notevole capacita' di penetrazione della Lega, il cui bacino attuale e' composto non solo da chi aveva gia' optato per il partito di Salvini nel 2018 ma anche da grossi flussi di nuovi elettori provenienti da M5s e da FI. Soprattutto al Sud il bacino attuale della Lega ha tratto da M5s una notevole linfa. Per il Pd la situazione e' diversa. Lo studio mostra il sostanziale isolamento del Partito democratico: il suo attuale elettorato e' composto nella quasi totalita' da elettori consolidati (ossia da chi gia' lo aveva votato nel 2018). L'unica novita' e' costituita dall'apporto di 'Liberi e uguali'. Per il resto, la capacita' di penetrazione in altri bacini elettorali e' quasi nulla, secondo l'indagine effettuata: il Pd non attrae nuovi elettori. In particolare, a parte pochi dei collegi considerati, non si registrano significative (ri)conquiste di elettori 5 Stelle. Quindi, se i flussi in uscita hanno mostrato che il Pd e' ancora 'vivo' e ha una sua posizione consolidata nel sistema politico, i flussi in entrata dicono che 'non e' ancora tornato ad essere competitivo' e non lo sara', sostengono all'Istituto Cattaneo, finche' non riuscira' a riconquistare i voti che oggi sono del Movimento 5 stelle

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Elezioni europee, lo studio Cise-Luiss sui flussi del Movimento 5 Stelle

 Il movimento 5 stelle crolla di oltre 15 punti percentuali rispetto alle ultime elezioni del 4 marzo 2018. Secondo quanto riportato dai dati del CISE, Centro italiano Studi Elettorali della Luiss, il calo del partito di governo è omogeneo tra le diverse aree del paese, ma risulta minore al Sud e fortemente accentuato al Nord del paese con l'11,1% nel Nord Ovest e il 10,3% nel Nord Est. Non sorprende che il maggiore consenso del Movimento pentastellato sia radicato nelle province in cui si è registrato un maggior numero di domande per il reddito di cittadinanza: "ma mentre nel 2018 il M5S era il partito che più di ogni altro riceveva consensi nelle aree con una maggiore domanda di attenzione ai temi sociali, nel 2019, invece, sembra che il M5S abbia resistito soltanto nelle aree dove è più forte la domanda di assistenzialismo, perdendo la sua capacità di presa nelle aree che, seppur socialmente ed economicamente svantaggiate, sembrano manifestare una domanda di lavoro più che di sussidi". 

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