L’Osservatorio

Lo stop cinese al vino Usa avvantaggia il made in Italy

Il vino italiano potrebbe avvantaggiarsi della guerra commerciale tra Usa o Cina dopo che le esportazioni del nettare di bacco Made in Italy nel gigante asiatico hanno fatto registrare nel 2019 un aumento record dell'11%. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al primo mese dell'anno divulgata in occasione dell'annuncio dei superdazi cinesi nei confronti di beni importati dagli Stati Uniti per un totale di 60 miliardi di dollari, tra i quali un lunga lista di alimentari e bevande compreso il vino. Una risposta alla "mossa protezionistica" decisa dal presidente Usa Donald Trump su merci cinesi per 200 milioni di dollari. Le spedizioni di vino statunitense in Cina si sono ridotte del 25% nel 2018 a causa delle tensioni tra i due Paesi mentre l'Italia nello stesso periodo ha venduto al gigante asiatico vino per 127 milioni di euro collocandosi al quarto posto tra i principali fornitori dopo Francia ed anche Australia e Cile che godono di intese commerciali a dazi zero. Per effetto di una crescita ininterrotta nei consumi la Cina - precisa la Coldiretti - e' entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano piu' vino nel mondo ma e' in testa alla classifica se si considerano solo i rossi. Un mercato dunque strategico per i viticoltori italiani che - continua la Coldiretti - puo' essere rafforzato grazie all'accordo sulla Via della Seta.

In realta' - sottolinea la Coldiretti - e' ampia la gamma di prodotti agroalimentari statunitensi colpiti dalla ritorsione cinese e riguarda tra l'altro acqua minerale, frumento, carne, succhi di frutta, olio di oliva, gelati, pasta all'uovo, marmellate, pesche sciroppate e conserve di pomodoro che sono voci molto importanti dell'export agroalimentare Made in Italy. La vendetta della Cina contro i dazi di Trump sta pero' provocando - continua la Coldiretti - lo sconvolgimento dei mercati mondiali anche delle materie prime agricole con le quotazioni della soia che, ad esempio hanno raggiunto i minimi degli ultimi 11 anni al Chicago Board of Trade. Una situazione che ha spinto lo stesso presidente Donald Trump ad annunciare un nuovo programma di aiuti ai farmers statunitensi con il rischio di effetti distorsivi sul commercio internazionale. Una guerra planetaria che - conclude la Coldiretti - va quindi va attentamente monitorata da parte dell'Unione Europea per verificare l'opportunita' di attivare, nel caso di necessita', misure di intervento straordinarie anche a livello comunitario.

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Case, prezzi in calo del 2,9% in un anno

Il prezzo delle abitazioni usate in Italia sembra sulla via della stabilizzazione ad aprile (0,1%), con valori fermi a una media di 1.736 euro/m2. Il calo tendenziale si attesta al 2,9% su base annua secondo una ricerca di Idealsta. I mercati regionali si muovono tra due opposte tendenze questo mese, con 10 regioni in terreno negativo, contro le 9 in saldo positivo; stabile la Calabria rispetto a un mese fa. Le svalutazioni maggiori colpiscono la Puglia (-1,5%), seguita da Liguria (1,4%), Marche (-1,3%) e Valle d'Aosta (-1%). Le migliori performance sono quelle di Basilicata (2,2%), Toscana e Trentino Alto Adige, entrambe con un ritmo di crescita dello 0,7%. La Valle d'Aosta (2.585 euro/m2) è la regione con i metri quadri più cari, davanti alla Liguria (2.510 euro/m2) e il Trentino Alto Adige (2.409 euro/m2). Le macroaree con i prezzi di richiesta più bassi sono il Molise (968 euro/m²) e la Calabria (913 euro/m2). Valori in altalena anche in provincia con una leggera prevalenza di zone in trend negativo (56 sulle 107 province italiane). Il 60% delle variazioni del periodo sono contenute in un range tra il -1% e l'1%. Ai poli opposti degli andamenti provinciali troviamo Fermo (-4,9%), Savona (-3,3%) e Chieti (-3,1%) nella parte bassa; Matera (3,5%), Nuoro (3,1%) e Salerno (2,9%) al top dei rimbalzi. Bolzano (3.355 euro/m2) consolida il suo primato dei valori provinciali scalzando Savona (3.171 euro/m2) e Firenze (2.815 euro/m2)

Nella parte opposta del ranking, 22 macroaree non superano i mille euro al metro quadro in una graduatoria chiusa da Biella con 663 euro. Sono sempre i centri più piccoli a segnare le oscillazioni maggiori, come si vede dai cali di Rieti (-4,1%), Treviso e Agrigento, queste ultime con un calo del 3,2%. All'opposto, i mercati più performanti ad aprile sono stati Nuoro (3,6%), Pordenone e Oristano, entrambe su al ritmo del 2,2%. Grandi mercati all'insegna della stabilità con Firenze (1,8%) e Bologna (1,1%) che crescono sopra la soglia dell'un per centro, mentre tutte le altre registrano scarti minimi rispetto al mese scorso, dallo 0,7% di Milano al meno 0,7% di Roma. I prezzi dicono che è sempre Venezia (4.406 euro/m²) la piazza più cara, davanti a Firenze (3.856 euro/m²) e Bolzano (3.486 euro/m²). Nella parte bassa della graduatoria stilata da idealista troviamo Ragusa (860 euro/m²), Caltanissetta (783 euro/m²) e Biella (731 euro/m²)

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Imposta di soggiorno, gettito totale di 550 milioni di euro nel 2018

L'imposta di soggiorno ha prodotto un gettito totale di 550 milioni di euro nel 2018 e si appresta a superare i 600 nell'anno in corso. Lo prevede da Bologna Crif Ratings, che sottolinea come "nel 2019 contribuiranno al gettito gli accordi con le piattaforme di home sharing". Citta' come Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli, infatti, ne hanno beneficiato solo parzialmente nel 2018. Quasi il 70% delle risorse confluiscono in quattro regioni: Lazio (28%), Veneto (14%), Lombardia (13%) e Toscana (12%). Emilia-Romagna, Liguria,Abruzzo e Sardegna hanno visto crescere di oltre il 50% il valore assoluto riscosso. Considerando i singoli comuni, il 55% delle risorse viene viene spartito fra Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. 

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Dati Mef, aumenta il numero delle partite Iva

Nei primi tre mesi del 2019 sono state aperte 196.060 nuove partite Iva ed in confronto al corrispondente periodo dello scorso anno si registra un aumento del 7,9%. Del totale 104.456 soggetti hanno aderito al regime forfetario, pari a più della metà del totale delle nuove aperture (53,3%), con un aumento di adesioni di ben il 40% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Sono i dati dell'Osservatorio sulle partite Iva del primo trimestre del 2019 pubblicate dal Mef. L'andamento, spiega il ministero, è influenzato dalle modifiche normative introdotte con la legge di bilancio 2019, che ha elevato a 65.000 euro il limite di ricavi per fruire del regime forfetario con l'introduzione anche di alcune agevolazioni contributive per coloro che aderiscono. Tali modifiche hanno quindi avuto un duplice effetto, da un lato hanno determinato un aumento complessivo delle aperture di partita Iva, dall'altro una ricomposizione delle aperture a favore della natura giuridica 'persona fisica' e a sfavore delle forme societarie. Il 77% delle nuove aperture di partita Iva è stato aperto da persone fisiche, il 18,5% da società di capitali, il 3,5% da società di persone. La quota dei 'non residenti' e 'altre forme giuridiche' rappresenta complessivamente l'1% del totale delle nuove aperture. Rispetto al primo trimestre del 2018, vi è stato un notevole aumento di avviamenti per le persone fisiche (+14%), dovuto alle crescenti adesioni al regime forfetario, mentre le forme societarie presentano significativi cali: -17,2% per le società di personee -8,5% per le società di capitali. Riguardo alla ripartizione territoriale, il 45% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22% al Centro e quasi il 33% al Sud e Isole. Il confronto con lo stesso periodo dell'anno 2018 mostra un generalizzato incremento di avviamenti: i più notevoli in Valle d'Aosta (+26,9%), Calabria(+16%) e Liguria (+12,6%); solamente in Abruzzo si registra una lieve flessione (-1,8%). 

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Istat, parte il censimento delle imprese

Mancano pochi giorni all'avvio della prima edizione della rilevazione multiscopo del nuovo Censimento permanente delle imprese, fissato per il 20 maggio, che chiudera' i battenti il 16 settembre. Per la prima volta, il Censimento da decennale diventera' triennale, il che consentira' di rilasciare informazioni continue e tempestive. I dati preliminari saranno infatti disponibili entro la fine del 2019. A differenza dei censimenti tradizionali, la rilevazione alla base del nuovo Censimento permanente delle imprese sara' di tipo campionario mentre la diffusione dei dati ottenuti sara' di tipo censuario grazie all'integrazione delle informazioni raccolte dalla rilevazione con quelle contenute nei registri statistici e nelle indagini economiche correnti. Fra l'altro cio' consentira' di aggiornare annualmente i principali indicatori strutturali a livello nazionale e territoriale. La rilevazione interessera' circa 280mila imprese con 3 o piu' addetti. La raccolta dei dati avverra' esclusivamente tramite un questionario on line, riservato alle sole imprese selezionate nel campione. Previsti sia l'obbligo di risposta che la relativa sanzione in caso di mancato adempimento. Come sempre, i dati acquisiti attraverso la rilevazione saranno coperti dal segreto d'ufficio e dal segreto statistico. 

I principali vantaggi introdotti dalla nuova rilevazione saranno l'aumento della quantita' e della qualita' dell'offerta informativa, il contenimento dell'onere statistico sugli operatori economici e la riduzione dei costi complessivi della produzione statistica ufficiale. Il nuovo Censimento permanente consentira' infatti di restituire informazioni piu' dettagliate, rilevanti e approfondite sulla struttura imprenditoriale e occupazionale del Paese e sui comportamenti e le strategie delle imprese attive. Informazioni fondamentali per le decisioni di politica economica e per la governance del Paese. "Il nostro sistema produttivo sta sperimentando complessi e profondi cambiamenti strutturali che riguardano sia aspetti tecnologici, organizzativi, di mercato e di impiego di capitale umano, sia sfide su responsabilita' ambientale, sociale e per lo sviluppo locale" ha sottolineato il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo. "Sulla capacita' di evolvere del sistema delle imprese si gioca oggi, come in altre fasi della nostra storia economica, la tenuta e l'evoluzione del nostro sistema produttivo nel contesto globale - ha aggiunto il presidente -. Il censimento permanente sulle imprese offre informazioni sempre piu' aggiornate per misurare questi complessi fenomeni di trasformazione"

"E' inoltre un'opportunita' di conoscenza delle caratteristiche della transizione in atto e dei punti di forza e di debolezza del nostro sistema produttivo, di grande impatto potenziale sulle politiche per la crescita", ha concluso Blangiardo. Sono molte le informazioni che potranno essere raccolte ed elaborate con la rilevazione triennale: quali sono i profili di impresa con maggiori performance, quali i fattori di successo e le leve di sviluppo, ma anche le criticita' e gli ostacoli a una maggiore competitivita' e crescita economica. Tra i nuovi quesiti inseriti nel questionario, alcuni saranno utili a comprendere quante imprese commercializzano i prodotti sulle piattaforme digitali e quante fanno uso dei servizi cloud. Tutto questo servira' anche a valutare il grado di competenza digitale del personale delle aziende

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La ricchezza delle famiglie italiane è 9.743 miliardi di euro

A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 9.743 miliardi di euro, pari a 8,4 volte il reddito disponibile. Lo afferma un rapporto di Istat e Bankitalia. Le abitazioni hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, hanno rappresentato la metà della ricchezza lorda. Secondo i dati dell’Ocse, ricorda l'analisi, "questo rapporto è più alto di quello relativo alle famiglie francesi, inglesi e canadesi (intorno a 8), anche se nel periodo il divario si è notevolmente ridotto". Infatti, "negli ultimi anni l’indicatore è gradualmente sceso dal picco raggiunto nel 2013, con un andamento opposto a quello osservato per gli altri paesi" mentre "il livello elevato di quest’indicatore nel confronto internazionale è amplificato dal ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane". 

Il totale delle passività delle famiglie è stato pari a 926 miliardi di euro, un ammontare inferiore, in rapporto al reddito, rispetto agli altri paesi. Le attività finanziarie hanno raggiunto 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente, con la loro incidenza sulla ricchezza netta che è risultata tuttavia inferiore a quella registrata in altre economie.Tra fine 2016 e fine 2017 la ricchezza netta valutata ai valori correnti è aumentata di 98 miliardi di euro (+1%), dopo aver registrato riduzioni nel triennio precedente. L’incremento riflette l’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi di euro (+3,7%), che ha ampiamente compensato la riduzione di 45 miliardi di euro (-0,7%) delle attività reali, in diminuzione dal 2012, e l’aumento delle passività finanziarie di 13 miliardi di euro (+1,4%).La variazione delle attività finanziarie ha beneficiato prevalentemente dei guadagni in conto capitale, derivanti dalla dinamica positiva dei prezzi delle attività, specialmente degli strumenti azionari. Nel 2017 il contributo alla crescita delle attività finanziarie dei guadagni in conto capitale è stato pari al 2,6% mentre l’acquisizione di nuove attività finanziarie ha concorso per lo 1,1%. Negli ultimi anni la prevalenza dei guadagni in conto capitale rispetto ai flussi di risparmio finanziario si osserva anche in altri paesi avanzati. La diminuzione del valore dello stock di attività non finanziarie di proprietà del settore (-0,7%) va imputata essenzialmente al calo registrato alla fine dell’anno dal valore delle abitazioni (-0,6%) e degli immobili non residenziali (-1,9%), riconducibile alla discesa dei prezzi sul mercato immobiliare.Tra il 2005 e il 2011 il peso delle abitazioni sul totale delle attività è salito dal 47% al 54% per poi ridursi negli anni successivi sino al 49% nel 2017. La tendenza alla discesa dei prezzi sul mercato immobiliare residenziale, in atto dal 2012, ha determinato una riduzione del valore medio delle abitazioni e la conseguente contrazione del valore della ricchezza abitativa. 

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Volano consumi frutta e verdura, più di 1 miliardo di chili in 10 anni 

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell'ultimo decennio facendo registrare nel 2018 il record del periodo per un quantitativo complessivo nel carrello di 8,7 miliardi di chili. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione dell'inaugurazione del Macfrut il Fruit & Veg Professional show di Rimini con il presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, nell'ambito dell'incontro 'Ortofrutta: innovazione, politiche e consumi' alla sala Neri 2-Expo Center. "La spinta al consumo è avvenuta per effetto soprattutto delle preferenze alimentari dei giovani che - precisa la Coldiretti - fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie. Se le mele a livello nazionale sono state il frutto più consumato, al secondo posto ci sono le arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell'ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie". In crescita la spesa per gli ortaggi freschi pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma) che chiudono il 2018 con una crescita a valore del +5% rispetto all’anno precedente con quasi 20 milioni di famiglie acquirenti, secondo Ismea. Tra le tendenze si registra il forte aumento degli acquisti diretti dal produttore dove nel corso del 2018 hanno fatto la spesa 6 italiani su dieci almeno una volta al mese, secondo l'indagine Coldiretti/Ixe.

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Volano i consumi di frutta e verdura

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell'ultimo decennio facendo registrare nel 2018 il record del periodo per un quantitativo complessivo nel carrello di 8,7 miliardi di chili. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione dell'inaugurazione del Macfrut il Fruit & Veg Professional show di Rimini con il presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, nell'ambito dell'incontro 'Ortofrutta: innovazione, politiche e consumi' alla sala Neri 2-Expo Center. "La spinta al consumo è avvenuta per effetto soprattutto delle preferenze alimentari dei giovani che - precisa la Coldiretti - fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie. Se le mele a livello nazionale sono state il frutto più consumato, al secondo posto ci sono le arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell'ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie". In crescita la spesa per gli ortaggi freschi pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma) che chiudono il 2018 con una crescita a valore del +5% rispetto all’anno precedente con quasi 20 milioni di famiglie acquirenti, secondo Ismea. Tra le tendenze si registra il forte aumento degli acquisti diretti dal produttore dove nel corso del 2018 hanno fatto la spesa 6 italiani su dieci almeno una volta al mese, secondo l'indagine Coldiretti/Ixe

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Istat, fiducia delle imprese di nuovo in calo ad aprile

 L'indice di fiducia delle imprese "continua fornire segnali altalenanti: ad aprile si e' nuovamente ridotto dopo l'aumento di marzo". Lo scrive l'Istat nella Nota mensile sull'andamento dell'economia, spiegando che la "flessione dell'indice composito del clima di fiducia delle imprese e' risultata diffusa tra i settori economici con un miglioramento solo per le imprese delle costruzioni" e che nel settore manifatturiero "per il quale l'indice ha segnato il calo piu' lieve, sono peggiorati i giudizi sul livello degli ordini e sulle attese sulla produzione, con una diminuzione del saldo relativo alle scorte di magazzino".

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L’agroalimentare ‘made in Italy’ nel mondo vale 41 miliardi

L'agroalimentare "made in Italy" nel mondo vale 41 miliardi di euro all'anno e cresce del +1,4%. Ma per sapere dove va e da dove parte l'export, quali sono i maggiori mercati di sbocco e i prodotti piu' apprezzati arriva la mappa: "L'agroalimentare italiano nel mondo", realizzata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Coldiretti Lombardia, con Promos Italia sui settori dell'agricoltura, della pesca, dell'allevamento, dell'industria alimentare e delle bevande, esclusi silvicoltura e tabacco. La mappa, disponibile in italiano e inglese, e' scaricabile in internet. Una mappa che arriva nei giorni di "Milano Food City", la settimana dedicata al cibo e alla cultura della sana alimentazione, dal 3 al 9 maggio. Agroalimentare italiano nel mondo: Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito i maggiori mercati per l'export. Prima la Germania (+1,6%) seguita da Francia (+4,3%), Stati Uniti (+4%) e Regno Unito (+1,6%). Tra le prime 20 in crescita anche Polonia (+6,3%), Svezia e Australia (+3,8%). Aumenti piu' contenuti per Giappone e Russia, rallenta la Cina. E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini (+4%), acque minerali (+7,4%) e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine (+36,4%) e la Grecia (+7,1%) per alimenti per animali, il Regno Unito per animali vivi e loro prodotti (+33,1%). Il Regno Unito al secondo posto per frutta e ortaggi lavorati e conservati e per gelati, l'Austria al terzo per cereali e riso. In forte crescita per vini la Polonia (+23,3%) e l'Australia (+18,5%) ma anche la Francia (+10,1%), l'Indonesia per alimenti per animali (+100,7%), la Cina per cioccolato, caffe' e spezie (+21,7%), il Canada per formaggi (+27,2%), la Russia per la pasta (+43,5%), la Spagna per frutta (+22,5%) e granaglie (+13,6%), la Croazia per oli (+35,2%), la Slovenia e il Vietnam per carni (+17% circa), l'Ungheria per pesci lavorati e conservati (+44,1%) e il Portogallo per i prodotti di acquacultura (+209%). Emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi insieme a Coldiretti Lombardia e Promos Italia su dati Istat, anni 2018 e 2017.

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